Organizzazione

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

organizzazione

Margherita Zizi

Una struttura ordinata in vista di un dato fine

L’organizzazione è una forma di unione e di coordinamento di singoli elementi in base a principi razionali per il raggiungimento di un determinato fine. In questo senso generale parliamo di organizzazione di un ufficio, di un’impresa, ma anche di una festa o di una cena. Spesso nel linguaggio comune intendiamo per organizzazione anche il gruppo di persone impegnate a conseguire un certo scopo: in questo senso sono organizzazioni un partito politico, un’azienda, un sindacato e via dicendo

Un termine dai molti significati

Il termine organizzazione viene usato in genere in un duplice significato. In una prima accezione si parla di organizzazione per indicare una struttura ordinata in cui le varie parti o componenti sono connesse e coordinate tra loro in vista di un fine determinato. In questa accezione il termine ha un campo di applicazione vastissimo: in biologia e in etologia, per esempio, si parla di organizzazione per indicare i processi attraverso cui organi e strutture si formano, si sviluppano, si differenziano e si coordinano in modo da costituire un organismo vivente; nel linguaggio quotidiano si parla di organizzazione domestica, della vita quotidiana, del lavoro, di un viaggio o di una festa.

In una seconda accezione, più specifica, il termine è usato per indicare un’attività diretta intenzionalmente a coordinare tra loro in modo sistematico e razionale un insieme di organi o di elementi per raggiungere un fine: parliamo così di organizzazione dell’amministrazione pubblica, dell’esercito, dello Stato e via dicendo. Per estensione, lo stesso termine può indicare anche l’entità concreta che risulta da tale attività: organizzazione indica allora una determinata categoria di enti sociali fondata sulla divisione del lavoro e delle competenze, per esempio un’impresa economica, un partito politico, un’associazione culturale.

La riflessione teorica

Organizzazioni anche complesse di ogni tipo – politico, economico, religioso – sono esistite sin dall’antichità: pensiamo all’efficiente organizzazione politica introdotta ad Atene nel 6° secolo con la Costituzione di Clistene, o alla Lega Anseatica, che nel 14° secolo elaborò un sistema di finanziamento e di ripartizione dei rischi simile a quello di una moderna società di assicurazione, o alle banche italiane e olandesi del Cinquecento, per fare solo alcuni esempi.

Tuttavia una riflessione sistematica sui principi di una buona organizzazione, sul modo in cui le organizzazioni operano all’interno e all’esterno, sulle conseguenze della loro presenza nella società ebbe inizio solo con la nascita dello Stato moderno – con la sua complessa struttura organizzativa – e con lo sviluppo di grandi e potenti organizzazioni economiche – imprese industriali e commerciali, banche, società di assicurazione – nel corso dell’Ottocento.

All’origine della moderna teoria dell’organizzazione vi è il pensiero di due autori fra loro assai diversi per quanto riguarda sia la formazione culturale sia gli interessi: il sociologo tedesco Max Weber e l’ingegnere statunitense Frederick Winslow Taylor.

La teoria di Weber dell’organizzazione burocratica

Weber offrì un contributo fondamentale allo studio delle organizzazioni analizzando nei suoi scritti (in particolare in Economia e società, pubblicato postumo nel 1922) l’essenza, i presupposti e il funzionamento del potere burocratico, con particolare riferimento alla formazione dello Stato e delle imprese capitalistiche nelle società moderne.

Per Weber la burocrazia è una forma di potere legale e razionale, cioè di un potere legittimato attraverso il richiamo a regole razionali prestabilite, che possono essere imposte o concordate, e che sono orientate al perseguimento di un dato scopo. I caratteri distintivi della burocrazia sono: una gerarchia di autorità stabile, una specializzazione funzionale dei compiti, un personale tecnicamente qualificato e scelto in base alle sue competenze specifiche e infine l’impiego di procedure formali per la condotta dell’ufficio.

L’amministrazione dello Stato era per Weber il prototipo dell’organizzazione burocratica, ma caratteristiche simili si potevano riscontrare a suo avviso nella grande impresa capitalistica e in tutte le associazioni moderne orientate razionalmente a uno scopo.

L’organizzazione scientifica del lavoro secondo Taylor

Anche Taylor, con la proposta di introdurre nelle fabbriche l’organizzazione scientifica del lavoro, fornì un contributo determinante per la concettualizzazione delle organizzazioni produttive come burocrazie. In un importante saggio, Principi di organizzazione scientifica del lavoro, pubblicato nel 1911, egli proponeva un metodo – che da lui ha preso il nome di taylorismo – per razionalizzare il lavoro umano. Il taylorismo è noto soprattutto come strumento per standardizzare e suddividere in fasi il lavoro esecutivo, e per questo motivo esso ha conquistato la dubbia fama di voler ottenere l’efficienza attraverso la ripetitività e la costrizione del lavoro.

L’organizzazione scientifica del lavoro non riguarda solo il modo di lavorare in fabbrica, ma l’intero modo di organizzare e di gestire un’impresa, quindi anche il modo di comandare. L’idea fondamentale di Taylor è che l’arbitrio dei capi deve essere sostituito dall’autorità della legge, e questa si basa sulla valutazione scientifica del modo migliore di raggiungere il risultato.

Le teorie manageriali e la scuola delle relazioni umane

Weber e Taylor influenzarono profondamente lo studio delle organizzazioni nella prima metà del 20° secolo, che vide lo sviluppo della cosiddetta scuola classica delle teorie manageriali e d’impresa.

L’intento di questa scuola era quello di individuare i principi generali in base ai quali ottimizzare l’organizzazione delle imprese. Alla base di questo orientamento vi era il presupposto che la razionalità è una sola, e che di conseguenza esiste un solo criterio ottimale per organizzare le imprese, qualunque sia la loro attività e l’ambiente in cui agiscono.

Questa impostazione venne messa sotto accusa negli anni Trenta dallo psicologo e sociologo statunitense Elton Mayo (in particolare nell’opera I problemi umani e socio-politici della società industriale) e dai ricercatori che con lui fondarono la cosiddetta scuola delle relazioni umane. Mayo sottolineò la necessità di pervenire a una visione più completa del rapporto uomo-organizzazione, recuperando il cosiddetto fattore umano, e cioè il complesso dei fattori psicologici che condizionano il comportamento delle persone. La tesi fondamentale della scuola delle relazioni umane è che l’ordine sociale nei luoghi di lavoro viene garantito non soltanto da regole formali, ma anche e soprattutto dal clima che si instaura nella interazione quotidiana. Una leadership basata sulla collaborazione che favorisca rapporti armonici nel gruppo è essenziale per l’efficienza delle organizzazioni: queste non sono strutture astratte, ma organismi sensibili e capaci di trasformarsi, che assolvono fondamentali compiti di integrazione sociale.

La teoria funzionalista di Parsons

fig.

Il tentativo più ambizioso di formulare una teoria generale delle organizzazioni fu intrapreso negli anni Cinquanta dal sociologo statunitense Talcott Parsons, in particolare nell’opera Il sistema sociale (1951). Come la società nel suo complesso, anche le organizzazioni secondo Parsons possono essere concepite come sistemi che devono soddisfare quattro imperativi fondamentali: il reperimento e l’adattamento delle risorse; la determinazione e il perseguimento degli scopi; l’integrazione, cioè l’organizzazione dei rapporti tra le unità del sistema; la conservazione delle motivazione degli attori e il controllo delle tensioni e dei conflitti (v. fig.).

Questi imperativi forniscono il criterio per distinguere quattro categorie di sottosistemi, a ciascuno dei quali corrisponde un particolare tipo di organizzazione. Nel primo tipo rientrano le organizzazioni economiche che reperiscono e collocano le risorse, per esempio le imprese. Nel secondo tipo rientrano le organizzazioni che definiscono e perseguono gli scopi del sistema: per esempio gli organi del potere esecutivo e legislativo. Nel terzo tipo rientrano le organizzazioni impegnate nei processi di educazione e motivazione degli individui, come la Chiesa, la scuola, le associazioni ricreative e culturali e così via. Nel quarto tipo rientrano le organizzazioni che assolvono funzioni di integrazione sociale mediante la composizione di conflitti, come per esempio la magistratura. Nonostante le critiche rivolte alla teoria di Parsons, accusata di essere eccessivamente astratta e di trascurare il comportamento degli esseri umani all’interno delle organizzazioni, essa ha avuto una grande influenza, e i suoi schemi concettuali sono applicati oggi all’analisi organizzativa di aziende, partiti politici, ospedali, scuole, associazioni e via dicendo.

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