Organismi transgenici

Lessico del XXI Secolo (2013)

organismi transgenici


organismi transgènici locuz. sost. m. pl. – Organismi modificati per mezzo delle tecniche dell’ingegneria genetica, ossia per isolamento e trasferimento di specifiche sequenze di DNA. La permette di modificare esseri viventi (per es. batteri, animali o piante) in modo più mirato rispetto alle tecniche tradizionali, come la mutagenesi o gli incroci, che comportano modificazioni genetiche su scala più vasta. Gli o. t. (OT) trovano applicazione in diversi settori, tra cui quello biomedico, farmaceutico, ambientale (v. ) e industriale (per es. detergenti), in cui il loro utilizzo non ha suscitato grandi dibattiti a livello pubblico. L’applicazione al settore agroalimentare, a cui questa voce è dedicata, ha al contrario innescato un confronto fortemente polarizzato tra fautori e detrattori.

Caratteristiche delle piante transgeniche. – La transgenesi applicata alle specie vegetali ha permesso negli anni Ottanta e Novanta del 20° sec. di sviluppare, più facilmente rispetto al passato, varietà con due caratteri di grande utilità agronomica: la tolleranza a erbicidi e la resistenza ad alcuni insetti. Questi caratteri, indicati rispettivamente con le sigle HT (Herbicide tolerant) e Bt (da Bacillus thuringiensis, batterio che produce la tossina con proprietà insetticide), sono stati introdotti nelle più diffuse piante agricole (soia, mais, colza e cotone) per combattere due delle principali avversità delle piante coltivate: le erbe infestanti e gli insetti. L’efficacia e la semplificazione delle pratiche di coltivazione associate a questi caratteri ne hanno determinato il successo, tanto che la superficie dedicata a queste colture è aumentata fino a raggiungere, nel 2011, i 160 milioni di ettari; inoltre il 90% dei 16 milioni di utilizzatori è costituito da agricoltori con pochi mezzi dei paesi in via di sviluppo. Nel frattempo la ricerca, pubblica e privata, ha sviluppato piante dotate di altri caratteri, ma, per ragioni politiche e normative, non ne è permessa la coltivazione, specialmente in Europa. Tra le migliaia di nuovi OT risaltano le colture con un profilo nutrizionale migliorato per il contenuto di vitamine, oli e proteine o con un ridotto contenuto di allergeni e tossine, caratteri che presentano benefici diretti anche per il consumatore. Tra le colture arricchite in vitamine merita particolare menzione il cosiddetto Golden rice (riso dorato), una varietà transgenica di riso che accumula β-carotene convertito in vitamina A dal corpo umano. La prima varietà di Golden rice è stata sviluppata da Ingo Potrykus nel 1999. Successivamente anche altre colture (patata, pomodoro, mais, frumento, cassava e banana) sono state ingegnerizzate in modo analogo. Studi nutrizionali indicano che il Golden rice è una buona fonte di vitamina A e quindi la sua assunzione potrebbe abbattere in modo significativo i casi di cecità e di malnutrizione dovuti alla carenza di tale vitamina A, che riguardano ogni anno oltre 4 milioni di bambini, soprattutto in Asia e Africa. Un altro esempio di OT è una varietà di cotone il cui seme è stato reso commestibile riducendone il contenuto di gossipolo, un alcaloide tossico che impedisce all’uomo e ad altri animali il consumo alimentare. Considerando l’elevato contenuto in proteine del seme di cotone e l’entità della produzione mondiale (destinata principalmente a fornire fibra tessile e olio), si ritiene che l’introduzione di questo carattere nelle varietà coltivate permetterebbe a mezzo miliardo di persone di soddisfare, grazie al seme prodotto, le dosi proteiche giornaliere raccomandate. Altri esempi di nuovi caratteri sono: a) la resistenza ad avversità abiotiche come siccità, freddo, allagamento e carenza di nutrienti; b) la resistenza ad avversità biotiche come microbi, insetti, nematodi ed erbe parassite; c) la resistenza a virus. Sul primo fronte occorre menzionare la creazione di varietà di mais tolleranti alla siccità, di prossimo lancio negli Stati Uniti, mentre nel secondo caso ricordiamo sia le patate resistenti alla peronospora (patogeno fungino particolarmente virulento), sia il melo resistente alla ticchiolatura (malattia di particolare rilevanza per l’agricoltura italiana), OT che permetterebbero di ridurre i numerosi trattamenti fungicidi. Per quanto riguarda il terzo tipo (la resistenza a virus, un carattere molto difficile da ottenere con tecniche convenzionali) merita menzione il fagiolo resistente al virus del mosaico dorato, sviluppato in Brasile. Per ultime, ricordiamo le piante transgeniche per la produzione di farmaci come vaccini e anticorpi (v. pharming), per la fitodepurazione, ossia la rimozione di agenti inquinanti, e per la produzione di biocarburanti.

Rischi e consenso scientifico. – Gli OT destinati all’agricoltura hanno suscitato numerose preoccupazioni, soprattutto relative alla possibilità di indurre reazioni allergeniche o effetti tossici nell’uomo e di causare inquinamento nell’ambiente. Buona parte della comunità scientifica internazionale, sulla base delle comunicazioni e dei dati disponibili, ha più volte affermato che le modificazioni genetiche indotte per transgenesi non differiscono sostanzialmente da quelle spontanee o da quelle indotte con metodi convenzionali e che non si evidenziano rischi a essa intrinseci. Tale posizione è stata riaffermata in Italia, tra l’altro, in due documenti, sottoscritti nel 2004 e nel 2006 dalle maggiori società scientifiche e dall’Accademia italiane delle scienze, dedicati alla sicurezza alimentare degli OT e alla coesistenza tra i diversi tipi di agricoltura (tradizionale, biologica, transgenica). D’altronde, esiste anche una parte della comunità scientifica che si dichiara contraria all’uso degli OT in agricoltura, ritenendo non adeguati gli studi svolti per la valutazione della loro sicurezza. Date queste premesse, parte della società rimane diffidente sull’uso degli OT in agricoltura, come rilevato, per es., dal sondaggio di Eurobarometro del 2010, secondo cui nell’UE il 66% degli intervistati manifesta preoccupazione riguardo alla presenza di OT in cibi e bevande. Questo clima, insieme a una normativa stringente, in Europa preclude di fatto alla ricerca pubblica la possibilità di sviluppare OT destinati all’agricoltura e, in Italia, anche la sperimentazione in campo volta a valutarne la sicurezza.

Normativa europea. – Tra il 2001 e il 2010 l'UE ha rivisitato l’intera normativa sulla commercializzazione, la coltivazione e il consumo di piante transgeniche emanando la direttiva 2001/18 (sul rilascio deliberato nell’ambiente), i regolamenti 1829 e 1830 del 2003 (sull’autorizzazione, l’etichettatura e la tracciabilità degli alimenti e dei mangimi) e la raccomandazione 2010/200 (sulla coesistenza tra colture). Tali norme, sebbene prevedano un processo di autorizzazione basato su evidenze scientifiche, presentano due significativi limiti. Il primo è costituito dall’essere focalizzate sul processo, poiché riguardano solo le piante create per transgenesi e non quelle con caratteri analoghi e impatti simili ma ottenute per altre vie. In tal modo un OT tollerante agli erbicidi per essere autorizzato richiede studi di sicurezza alimentare e impatto ambientale molto costosi, mentre per un'analoga varietà, tollerante al medesimo erbicida ma ottenuta per mutagenesi, non sono richiesti studi sanitari o ambientali. Il secondo limite è la subordinazione dell’iter autorizzativo alla Comitatologia, ovvero al vaglio di una serie di tavoli politici costituiti dai rappresentanti degli stati membri. Questo ha portato a uno stallo delle autorizzazioni per la coltivazione o il consumo, nonostante i dossier scientifici fossero valutati positivamente dall’EFSA (European food safety authority). Dopo l’introduzione della nuova normativa è stata approvata per la coltivazione unicamente la patata Amflora (modificata per possedere solo uno dei due tipi di amido normalmente presenti e non destinata all'uso alimentare) e solo nel 2010, dopo un iter di 13 anni. Rimangono valide le autorizzazioni alla coltivazione concesse con la precedente normativa, che riguardano principalmente il mais Bt resistente alla piralide. Sono state invece approvate per l’importazione e il consumo nell'Unione Europea alcune decine di varietà vegetali, soprattutto mais, colza, cotone e soia, mentre oltre 75 sono in attesa di giudizio.

Situazione italiana. – L’opposizione verso gli OT è particolarmente forte in Italia, dove si è assistito negli anni all’emanazione di provvedimenti sempre più restrittivi che hanno determinato un blocco totale della coltivazione e della sperimentazione in campo, anche se a fronte di elevate importazioni annuali di soia e derivati (circa 4 milioni di tonnellate nel 2010) provenienti soprattutto dai paesi che coltivano la varietà transgenica e necessarie a sostenere la filiera agroindustriale nazionale. Va rilevato che i diversi provvedimenti emanati a partire dal 2000 dai diversi governi si sono tutti rivelati inconsistenti o in conflitto con la normativa comunitaria e quindi sono stati annullati, anche se con anni di ritardo. L’ultimo esempio è del 2012, quando la Corte di giustizia europea ha invalidato la procedura di autorizzazione aggiuntiva richiesta dall'Italia per gli OT tramite la legge 212/2001. La sentenza ha pertanto invalidato i divieti nazionali imposti alla coltivazione degli OT autorizzati in UE nel corso degli anni. Analogo epilogo hanno avuto il decreto Amato del 2000, che bloccava la commercializzazione di 4 tipi di mais, invalidato dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio nel 2004 per mancanza di prove di nocività, e la legge 5/2005 (sulla coesistenza tra agricoltura tradizionale, biologica e transgenica), anch’essa invalidata perché ritenuta incostituzionale. Tale opposizione viene spesso giustificata come difesa della tipicità dei prodotti italiani, molti dei quali peraltro dipendono dalle importazioni di soia che, come detto, è soprattutto transgenica.