ORCHIDACEE

Enciclopedia Italiana (1935)

ORCHIDACEE (o Orchidee; lat. scient. Orchidaceae)

Emilio CHIOVENDA
Fabrizio CORTESI

Famiglia di piante Monocotiledoni estremamente polimorfe per svariati adattamenti alle condizioni ambientali e ai mezzi d'impollinazione fiorale, sempre zoidiofila anzi, più particolarmente, entomofila. I fiori sono sempre zigomorfi, monoclini, con perianzio omoclamide o eteroclamide, trimeri: generalmente sono resupinati, cioè hanno subito una torsione di 180° intorno all'asse, per cui il petalo posteriore o superiore diviene anteriore o inferiore e il sepalo anteriore diventa superiore. I sepali sono più o meno uguali, talora speronati, i petali pari sono uguali fra loro, liberi o saldati, l'impari anteriore è assai differente e costituisce il labello, di forma e sviluppo varî, che può, essere distinto in varie parti divise da strozzature e articolazioni trasversali e spesso nella parte inferiore può essere munito di 1 o 2 sproni (calcar).

Degli stami sono sviluppati soltanto 1 o 2, muniti di 2 o 1 staminodio, gli altri mancano: i filamenti si saldano con lo stilo formando il ginostemio in forma di colonnetta centrale e di vario sviluppo, portante verso la base gli stimmi e verso la sommità l'antera o le due antere costituenti il clinandro. L'antera è biloculare e racchiude il polline conglomerato che forma il pollinario: questo è costituito da 2, 4, 8 pollinî, ognuno formato da massule costituite dalle tetradi polliniche tenute insieme spesso da un reticolo cellulosico. I pollinî hanno aspetto granulare o cereo a seconda che le massule siano o non distinte, sono sessili oppure muniti di appendici (caudicoli) munite ciascuna di una ghiandola glutinosa distinta oppure con ghiandola comune (retinacolo) che può essere nuda o racchiusa in una borsetta (bursicula) che appartiene al lobo stimmatico detto rostello; oppure i caudicoli o i pollinî direttamente si attaccano a uno stipite laminare o foggiato a bottoncino che a sua volta s'inserisce sul rostello con o senza ghiandola viscosa.

Gli stimmi sono 3, per lo più situati sul lato interno del ginostemio col lobo impari, costituente il rostello, talora rudimentale. Il perianzio talvolta si attacca uniformemente al ginostemio, talora la base di esso si prolunga in un'appendice più o meno lunga (piede) all'estremità della quale si attacca il labello. I carpelli sono 3, immersi nell'asse fiorale, e costituiscono un ovario triloculare o uniloculare, infero, con tre placente parietali che portano numerosissimi ovuli.

Il frutto è una capsula che si apre in vario modo, con semi numerosi, piccoli, a tegumento per lo più membranoso, raramente crostoso; l'embrione è poco o affatto differenziato, senza albume.

Le Orchidacee sono erbe terrestri o epifite con radici talora tuberizzate, gemmifere, talora aeree e spesso assumenti funzione assimilatrice per la presenza della clorofilla o cirrante per avvolgersi ai sostegni. I germogli sono monopodiali o simpodiali, talora tuberizzati o con rami ridotti a 1-2 internodî tuberizzati (pseudobulbi); le foglie sono più o meno sviluppate con lamine plurinervie, convolute o conduplicate, unicostate, continue con la guaina e perciò persistenti o articolate e caduche, ridotte nelle forme parassite e saprofite a squame o a guaine senza clorofilla. I fiori sono disposti in grappoli, spighe, pannocchie o, più raramente, sono solitarî, di forme svariatissime e talora bizzarre, spesso di consistenza carnosa e assai appariscenti. La ghiandola o le ghiandole viscose dei pollinarî hanno importanza nell'impollinazione, perché permettono che essi aderiscano al corpo degli animali (insetti generalmente, più di rado uccelli) che visitano i fiori e ne fanno il trasporto a fiori differenti.

La famiglia comprende circa 500 generi e all'incirca 20.000 specie, che vivono prevalentemente nelle regioni calde e temperate, senza calcolare le numerosissime forme le quali sono state ottenute in coltura e per ibridazione dai giardinieri e dai floricoltori.

I tuberi di talune Orchidee terrestri dei generi Orchis, Ophrys, Serapias, Eulophia, ecc., forniscono la droga conosciuta col nome di salep (v.); i frutti della Vanilla planifolia costituiscono la vaniglia del commercio che è una droga e anche una spezie (vedi vaniglia); i frutti della V. pompona vengono usati in profumeria.

Questa vasta famiglia viene suddivisa nei seguenti gruppi:

Sottofamiglia I: Pleonandrae. - Stami del ciclo interno, 2 fertili e l'impari non sviluppato, quelli del ciclo esterno i pari mancanti e l'impari sviluppato o ridotto a staminodio; stimma con tre lobi uguali.1. Apostasiee (Indo-Malesia, alcuni autori fanno di questo gruppo una famiglia distinta). 2. Cipripediee (v. cipripedio).

Sottofamiglia II: Monandrae. - Stami del ciclo interno tutti mancanti o i due pari più spesso trasformati in staminodî; quelli del ciclo interno l'impari fertile e i pari mancanti. 3. Ofridee: Ophrys (v.), Orchis (v.), Serapias (v.), Aceras, Himanthoglossum (v.), Anacamptis (v.), Chamaeorchis, Herminium, Coeloglossum, Gymnadenia, Platanthera, Neotinea, Habenaria (tutti questi generi si trovano in italia e in Libia); in Eritrea: Peristylus, Deroemeria, Holothrix, Satyrium, Disa; in Eritrea e Somalia: Bonatea, Habenaria; in Africa: Disperis. 4. Neottiee: Listera, Neottia, Spiranthes, Goodiera, Cephalanthera, Epipactis, Epipogon, Limodorum (tutte in Italia); in Eritrea: Nervilia, Vanilla. 5. Celoginee: Coelogine (110 sp., Asia tropicale), Dendrochilum (120), Pleione (20), Pholidota (35), Bletilla, Thunia (5), Trichosma. 6. Liparidee: Coralliorrhiza (v.), Liparis (200), Malaxis, Microstylis. 7. Polistachiee: Polystachia (150, specialmente africane). 8. Leliee, tutte americane: Epidendrum (800), Cattleya (40, v.), Brassavola (120), spesso coltivate nelle serre. 9. Sobraliee: Sobralia (50, America). 10. Pleurotallidee, tutte americane: Masdevallia (150), Pleurothallis (600), Stelis (150), spesso coltivate nelle serre. 11. Faiee: Phajus (20; Asia, Africa, Australia), Calanthe, Bletia, Chysis (6, America), spesso coltivate. 12. Cirtopodiee: Lissochilus (60, Africa, Eritrea), Eulophia (200; Africa e Asia, Eritrea, Somalia). 13. Catasetee: Catasetum (v.). 14. Licastee, tutte americane. 15. Gongoree, tutte americane e spesso coltivate nelle serre: Acineta (15), Stanhopea (50), Gongora (50). 16. Zigopetalee, tutte americane e spesso coltivate: Zygopetalum (20), Eriopsis (10), Colax (2). 17. Dendrobiee, Indo-Malesia e Australia, spesso coltivate: Dendrobium (1000), Eria (230). 18. Bolbofillee: Bolbophyllum (1000; Africa e Asia tropicale, Eritrea). 19. Maxillariee, americane: Maxillaria (200). 20. Cimbidiee: Cymbidium (30, Asia trop.). 21. Huntleyee. 22. Telasiee. 23. Oncidiee: tutte americane, frequentemente coltivate: Trichopilia, Odontoglossum (150), Brassia, Miltonia, Oncidium (400). 24. Tecosteliee: Malesia. 25. Steniee: Stenia (Guiana e Colombia). 26. Dichee: America. 27. Sarcantee: Angraecum (v.), Aerangis, Gussonea, Listrostachys, Mystacidium (anche in Eritrea e Somalia); coltivate specialmente: Phalenopsis (35, Indo Malesia), Saccolabium (50, id.), Vanda (20, id.), Aerides (30, id.), Angraecum (150, Africa).

Coltivazione. - L'introduzione delle Orchidee esotiche nei nostri giardini rimonta al 1732, quando fiorì in Inghilterra, per la prima volta, la Bletia verecunda proveniente dalle Isole Bahama; trent'anni più tardi venne introdotta la Vanilla planifolia e negli anni successivi fiorirono alcuni Epidendrum delle Indie Occidentali. Nel 1780 il Fothergill portava dalla Cina il Phajus Tankervillae e il Cymbidium ensifolium; sette anni dopo fioriva a Kew l'Epidendrum fragrans e nel 1795 quel celebre giardino botanico già possedeva nelle sue serre 15 diverse specie d'Orchidacee esotiche. Negli anni successivi il numero aumentò con l'introduzione di Dendrobium, Vanda, Aerides, ecc., e quindi crebbe continuamente col progressivo sviluppo e perfezionamento dei metodi di coltivazione che richiesero non pochi tentativi e per il sempre maggior interesse suscitato da queste piante dai fiori bizzarri, pittoreschi, negli orticoltori professionisti e in genere negli amatori.

Nella coltivazione delle Orchidee si sono incontrate nei primi tempi due gravi difficoltà: la prima era rappresentata dalla scelta e dalla preparazione del substrato favorevole al loro sviluppo, la seconda dalla difficilissima germinazione dei semi per la loro propagazione. Le cause di questa seconda difficoltà furono scientificamente conosciute molto più tardi e dipendono dal fatto che queste piante presentano nelle loro radici una micorriza (v.) endotrofica dovuta al micelio di funghi di entità sistematica non definita, indispensabile alla loro vita, giacché i semi non germinano se nel substrato non si trova presente il fungo simbionte: solo allora la germinaziune è stimolata e immediatamente avviene l'infezione della giovane piantina per opera del fungo stesso e si forma la micorriza. Questo fatto, dimostrato scientificamente dagli studî di N. Bernard, di H. Burgeff e di altri, era empiricamente conosciuto da molti anni, perché si era visto che i semi delle Orchidacee non germinavano che nei substrati ove già erano cresciute altre piante di questa famiglia.

Come è stato già detto, in grande maggioranza le Orchidacee vivono nelle regioni tropicali e crescono nelle foreste umide o come epifite o come terrestri. Però negli stessi paesi tropicali si trovano in stazioni svariate, che vanno dalle pianure a bassa quota molto calde fino ad altezze che giungono a 4000 m. s. m. e perciò molto fredde. Ne segue che sono necessarî ambienti diversi e adatti per la coltivazione; bisogna disporre almeno di tre serre distinte: una fredda, l'altra temperata e la terza calda, o di un'unica serra divisa in tre ambienti a temperatura diversamente regolabile. Altro elemento importantissimo per la buona riuscita delle colture è l'umidità: è necessario saper alternare il periodo umido della vita vegetativa con quello secco del periodo di riposo, altrimenti le piante finiscono col marcire e morire.

Il substrato di coltivazione varia a seconda che si tratti di epifite o di terrestri, ma la sua ricerca è costata ai coltivatori di Orchidacee non poche pene e fatiche. Nel 1813 il Fairbairn, giardiniere a Claremont, riuscì a far fiorire l'Aerides odoratum collocandolo in una mescolanza di residui di concia e sfagno e tenendolo sospeso in serra. Fu questa la prima coltura sospesa che J. Banks, direttore del giardino botanico di Kew, perfezionò nel 1817 usando cestini di vimini, poi sostituiti da gabbie di legno, rami, pezzi di sughero o vasi traforati che si tengono sospesi nelle serre e, nelle regioni ove la buona stagione lo permette, anche per qualche mese in piena aria. Per le epifite si deve usare una mescolanza fatta di due parti di sfagno intero ben mondato, una parte di torba fibrosa in pezzi, una parte di radici di polipodio o di osmunda ben pulite e una parte di pezzetti di castagno (zeccoli) della grossezza d'una noce.

Per le forme terrestri s'usa una miscela di terra di foglie semidecomposte (1/3), di terra di castagno (1/3), di torba fine o terra di scopa fibrosa (1/6), arena fine di mare o sabbia bianca (1/6).

Le epifite si mettono in vasi speciali, o panierini, che si sospendono nell'ambiente o sui cosiddetti tronchi, pezzi di rami d'albero o di sughero con un po' di sfagno che si tengono parimenti sospesi.

In tutte le Orchidacee terrestri o epifite comunque coltivate è necessario mettere un po' di sfagno vegetante al piede delle piante, da rinnovarsi ogni anno all'inizio del periodo vegetativo.

Impollinazione e ibridazione. - Si è detto che l'impollinazione delle Orchidacee è zoidiofila, anzi prevalentemente è compiuta pel tramite di determinate specie d'insetti che costituiscono i pronubi. Ma questi mancano alle piante coltivate nelle nostre serre lungi dai paesi d'origine e quindi per farle fruttificare e per avere i semi bisogna ricorrere all'impollinazione artificiale. Questa si compie asportando con cautela, per mezzo di una punta o di una sottile pinza, le masse polliniche e operando con esse l'impollinazione dello stimma, in seguito alla quale avviene la fecondazione degli ovuli e la fruttificazione. Il primo tentativo d'impollinazione artificiale nelle Orchidacee fu fatto dal Wachter nel 1799 sull'Habenaria bifolia e fu coronato da successo perché ottenne dei semi maturi. Seguirono nel 1802 le esperienze del Salisbury su alcune Orchis e Ophrys nostrali, su Bletia verecunda e Epidendrum cochleatum. La spiegazione della fecondazione degli ovuli in seguito all'impollinazione fu data da G. B. Amici nel 1830 con la scoperta del tubo pollinico. Il Morren a Liegi, il Neumann a Parigi continuarono con successo gli studî e le prove sull'impollinazione artificiale di queste piante. E. Albius nel 1841 all'isola Riunione trovò il modo d'impollinare e fecondare artificialmente la vaniglia, che introdotta nell'isola restava sterile per mancanza dei pronubi, permettendo così la coltura industriale di questa pianta.

Si era visto che in natura, dato questo modo d'impollinazione, era facile che avvenisse spontaneamente l'ibridazione e si era osservato che questi ibridi si presentavano con caratteri fissi ed ereditarî. Allora si volle tentare la produzione d'ibridi artificiali: nel 1852 il Dominy, addetto allo stabilimento Veitch, fu uno dei primi - se non il primo - che tentò con successo l'ibridazione di queste pimnte.

Il primo ibrido si ottenne dall'incrocio Calanthe furcata e C. masuca, si chiamò × C. Dominyi e apparve nel 1856; nel 1859 si ebbe il primo ibrido di Cattleya C. hybrida) di parentela incerta e nel 1862 si ottenne il primo ibrido bigenerico incrociando la Cattleya Mossiae con la Laelia purpurata (Laeliocattleya). Fino al 1871 la produzione degl'ibridi costituì una specie di monopolio del Dominy e degli stabilimenti Veitch; dopo questa data noi vediamo che il Cross, il Mitchell, il Bowring, il Leech, il Mylan, il Clay e altri successivamente riescono a ottenere ibridi e ora il numero degl'ibridatori, come quello degl'ibridi, non si conta più.

Nell'incrocio bisogna tenere nel massimo conto la grandezza dei fiori, evitando l'ibridazione delle forme a fiori grandi con quelle a fiori piccoli, a meno che le prime non assumano la funzione di padri. Il polline, asportato dai fiori e conservato in capsuline ben asciutte e sterilizzate, conserva per parecchi mesi la sua germinabilità e il suo potere fecondativo; questo fatto permette l'incrocio di specie che fioriscono in epoche molto diverse.

Il periodo di maturazione delle capsule è variabile nei diversi generi e nelle differenti specie e va da 3-5 mesi (Calanthe) a 12-17 mesi (Odontoglossum): bisogna osservare bene l'epoca della loro perfetta maturazione, quando cioè s'inizia l'apertura delle capsule, per evitare la perdita dei piccolissimi semi.

L'ibridazione, che attualmente ha raggiunto un enorme sviluppo, si pratica non solo fra specie congeneri, ma fra generi diversi, ottenendosi ibridi bigenerici e perfino trigenerici. I principali generi d'origine ibrida sono i seguenti: Adioda (Ada × Cochlioda); Anoectomaria (Anoectochilus × Haemaria); Brassolaelia (Brassavola × Cattleya × Laelia), 11 forme diverse; Brassocattleya (Brassavola × Cattleya), 37 forme; Brassoepidendrum (Brassavola × Epidendrum); Brassolaelia (Brassavola × Laelia), 11 forme; Dialaelia (Diacrium × Laelia); Dossinimaria (Dossinia × Haemaria); Epicattleya (Epidendrum × Cattleya), 12 forme; Epidiacrium (Epidendrum × Diacrium), 2 forme; Epiphronitis (Epidendrum × Sophronitis), 2 forme; Epilaelia (Epidendrum × Laelia), 16 forme; Laeliocattleya (Laelia × Cattleya), 354 forme; Leptolaelia (Leptotes × Laelia); Macomaria (Macodes × Haemaria); Miltonodia (Miltonia × Cochlioda), 3 forme; Odontioda (Odontoglossum × Cochlioda), 5 forme; Odontonia (Odontoglossum × Miltonia), 3 forme; Oncidioda (Oncidium × Cochlioda), 7 forme; Phajocalanthe (Phajus × Calanthe), 11 forme; Phajocymbidium (Phajus × Cymbidium); Schombocattleya (Schomburgkia × Cattleya); Sophrocatlaelia (Sophronitis × Laeliocattleya), 12 forme; Sophrocattleya (Sophronitis × Cattleya), 5 forme; Sophrolaelia (Sophronitis × Laelia), 9 forme; Zygobatemannia (Zygopetalum × Batemannia); Zygocolax (Zygopetalum × Colax, 4 forme; Zygonisia (Zygopetalum × Aganisia).

Un certo numero di Orchidacee possono essere coltivate in piena aria; per la maggior parte si tratta di specie nostrali le quali, se non posseggono la grandezza e la vivacità di colore dei fiori di quelle esotiche, pur tuttavia sono molto interessanti. Fra queste la più bella e appariscente di tutte è il Cypripedium calceolus; seguono poi Cephalanthera, Epipactis, Hymanthoglossum, Ophrys, Orchis, Platanthera, ecc., che, coltivate in gruppi, costituiscono elementi ornamentali non disprezzabili, che si vanno introducendo nei giardini dell'Europa centrale.

Le Orchidacee costituiscono nell'orticoltura un elemento di commercio importante ed esistono molti stabilimenti specializzati in Belgio, in Olanda, in Inghilterra, in America per la loro produzione. Anche il commercio dei loro fiori recisi per panieri, corbeilles, ecc. raggiunge ogni anno cifre abbastanza cospicue.

Malattie e cause nemiche. - La mancanza di un'oculata sorveglianza nel regolare la temperatura e l'umidità delle serre può esser causa di danni alle colture delle Orchidacee e può determinare gravi perdite.

Parecchi insetti o altri animali nocivi arrecano danni più o meno gravi. Fra questi sono importanti: la mosca delle Cattleya (Isosoma orchidearum); i coleotteri (Diaxenes dendrobii, Xyleborus morigenus, Apotomorrhinus); gli scarafaggi o blatte (Periplaneta occidentalis), che rosicchiano le radici specialmente durante i viaggi sui bastimenti; le forficule; le formiche; alcuni Tisanopteri (Heliothrips haemorroidalis, H. femoralis, Anaphothrips orchidaceus); afidi; cocciniglie; il cosiddetto ragno rosso (Tetranychus telarius); le lumache; e infine recano danni rosicchiando i pseudobulbi e le radici anche topi e ratti. Tra i funghi, che attaccano specialmente gli organi vegetativi (pseudobulbi, fusti, foglie), sono importanti: Gloeosporium Beyrodtii, G. cinctum, G. macropus; Cladosporium orchidearum; Cercospora odontoglossi; Calospora vanillae; Hemileia americana; Caeoma orchidis. (V. tavole LXV-LXVIII e tavola a colori).

Bibl.: J. Lindley, The genera and species of Orchidaceus plants, Londra 1830-1840; H. G. Reichenbach, in Walpers, Annales, I, III, VI, 1848-60; id., Xenia Orchidacea, voll. 3, Lipsia 1858-88; J. Linden, Pescatorea, Iconographie des Orchidées, Bruxelles 1860; J. e L. Linden e Rodigas, Lindenia, Iconographie des Orchidées, voll. 17, Gand 1885-1901; J. Veitch, Manual of Orchidaceus plants cultivated under glass, voll. 9, Londra 1877-96; F. Sander, Reichenbachia, voll. 4, Londra 1888-94; A. Cogniaux e A. Gossens, Dictionnaire iconographique des Orchidées, Bruxelles 1896; Fr. Kränzlin, Orchidacearum genera et species, voll. 2, Berlino 1897-1904; A. Engler, Das Pflanzenreich, fasc. 12: Pleonandrae 32: Coelogyninae, 45: Dendrobiinae, 50: Dendrobiinae et Thelasinae, 80: Odontoglosseae (II), 83: Pseudomonopodiales, Lipsia 1903-1923; R. Schlechter, Die Orchideen: ihre Beschreibung, Kultur und Züchtung, Berlino 1915; E. G. e A. Camus, Iconographie des Orchidées d'Europe et du bassin mediterranéen, voll. 2 e un atlante, Parigi 1921-1929; G. Keller, e R. Schlechter, Monographie und Iconographie der Orchideen Europas und des Mittelmeergebietes, volumi 3, Berlino 1928-32.