GENTILESCHI LOMI, Orazio

Enciclopedia Italiana (1932)

GENTILESCHI LOMI, Orazio

Carlo Gamba

Pittore, nato a Pisa nel 1563 (o 1565), morto a Londra nel 1647 (o 1638). Si formò a Firenze sotto il proprio fratello Aurelio Lomi nella tradizione tecnica del Pontormo e con influenza cromatica del Ligozzi. A 17 anni andò a Roma presso uno zio materno, di cui tolse il cognome. Ivi subì influenze romane e bolognesi soprattutto di Guido Reni, poi quella più potente e decisiva del Caravaggio. Si formò allora un proprio stile di un plasticismo molto definito e limpido, che si distingue dal Caravaggio nell'intonazione chiara, nelle ombreggiature diafane e nel gioco dei riflessi sulle sete. Dipinse affreschi in S. Maria Maggiore, in S. Giovanni Laterano, in S. Nicola in Carcere al Quirinale, nel palazzo oggi Rospigliosi, ecc., tavole in S. Adriano, in S. Maria della Pace, in S. Silvestro e altre disperse per varie quadrerie. Lasciò varî dipinti a Fabriano (casa Agabiti, S. Domenico, S. Benedetto, S. Venanzio), ad Ancona (Gesù). Dalle Marche probabilmente pervenne a Brera nel 1805 l'Estasi di S. Cecilia. Dal 1621 a Genova molto lavorò per quei patrizî e vi conobbe il van Dyck, che gli fece il ritratto. Di lui in S. Siro una Annunciazione la cui replica per il duca di Savoia viene considerata un capolavoro. Fu chiamato in Francia presso Maria de' Medici (Riposo in Egitto al Louvre, replicato a Vienna), e nel 1626 in Inghilterra presso Carlo I con pensione annua di 500 sterline. Quivi rimase fino alla morte, ma delle molte opere che vi produsse, specialmente per il palazzo reale di Greenwich e per quello del duca di Buckingham, non rimane in vista al pubblico che una Castità di Giuseppe a Hampton Court. Nel 1630 mandò a Filippo IV un Mosé salvato dalle acque oggi al Prado.

Orazio ebbe tre figli pittori. Di Francesco e di Giulio si sa che nel 1641 passarono da Londra in Portogallo e che il primo tra il 1660 e il 1665 viveva ad Angers come pittore del re di Francia; non si conoscono loro opere. Mol. to più illustre fu Artemisia, nata a Roma nel 1597 e maritata nel 1615 a Pier Antonio Stiattesi. Allieva eccellente del padre, rimase però più fedele di lui all'arte del Caravaggio. Nel 1621 si fermò a Firenze ove dipinse varie cose (RR. Gallerie). Dopo il 1636 con un intervallo di qualche anno a Londra (autoritratto a Hampton Court) dimorò a Napoli donde, come si conosce dal suo carteggio con Cassiano Dal Pozzo, mandò dipinti a sovrani e personaggi di ogni paese. Dipinse per la cattedrale di Portici tre grandi tele. L'ultima sua opera fu una Betsabea mandata nel 1652 al granduca di Toscana (depositi RR. Gallerie). Non si conosce l'anno della sua morte. Ebbe larga influenza sull'evoluzione della pittura napoletana contemporanea.

La celebrità di Orazio Gentileschi fu vasta nelle regioni nordiche; la sua influenza si estese in particolare nella scuola di Utrecht e contemporaneamente su taluni rami della pittura olandese. Ciò nonostante, rare sono le opere che la più recente critica ha potuto identificare con sicurezza come dipinte da lui.

Bibl.: R. Longhi, G., padre e figlia, in L'Arte, XIX (1916), pagine 245-314; H. Voss, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XIII, Lipsia 1920; C. Gamba, O. G., in Dedalo, III (1922-1923), pagine 245-66; U. Ojetti, L. Dami, N. Tarchiani, La pitt. ital. del '600 e '700 alla mostra di palazzo Pitti, Milano-Roma 1924; N. Pevsner, Ein Altargemälde von G. in Turin, in Zeitschr. f. bild. Kunst, LXIII (1929-30), pp. 272-275; T. Mezzetti, L'attività di O. G. nelle Marche, in Dedalo, n. s., I (1930-31), pp. 541-57; B. Molajoli, A proposito del G. nelle Marche, in Rass. march., IX (1930-31), pp. 99-106.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata