Opposizione di terzo

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L’ opposizione di terzo è l’impugnazione straordinaria riservata a coloro che non hanno assunto la qualità di parte all’interno del processo, e può essere ordinaria o revocatoria (art. 404 c.p.c.).

L’opposizione ordinaria può essere proposta dal terzo avverso la sentenza esecutiva, anche non passata in giudicato e pronunciata tra altre persone, quando questa pregiudichi i suoi diritti. Secondo l’interpretazione dominante, il rimedio spetta al terzo, titolare di un diritto incompatibile e prevalente rispetto a quello in contesa tra le parti, che intenda evitare il pregiudizio che può derivargli dall’attuazione anche volontaria di quanto accertato in sentenza. D’altro canto, in dottrina e giurisprudenza si ammette l’utilizzo del rimedio anche da parte del litisconsorte necessario pretermesso o da parte del terzo falsamente rappresentato.

L’opposizione revocatoria, invece, è riservata a due nominate categorie di terzi, gli aventi causa e i creditori delle parti, e può essere proposta solo quando la sentenza sia l’effetto della collusione tra le parti, cioè quando queste si accordino per ottenere una pronuncia giudiziale che rappresenti una realtà sostanziale diversa da quella effettivamente esistente, o in caso di dolo di una parte, cioè quando questa osservi una condotta processuale volta ad alterare fraudolentemente la realtà sostanziale a danno del terzo.

L’impugnazione si propone davanti al giudice che ha pronunciato la sentenza, secondo le regole del procedimento che ha condotto alla stessa. Mentre l’opposizione di terzo ordinaria può essere proposta in ogni tempo, quella revocatoria deve essere proposta entro 30 giorni dalla scoperta del dolo o della collusione e l’atto introduttivo deve indicare, oltre alla sentenza impugnata, anche il giorno in cui il terzo è venuto a conoscenza del dolo o della collusione, nonché i relativi mezzi di prova.

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