OPLONTIS

Enciclopedia dell' Arte Antica (1996)

OPLONTIS (Oplontis, Eplotis)

¿. de Franciscis

) Nell'area della Campania meridionale compresa tra Ercolano a o, Pompei e Stabia a E, si trova nella Tabula Peutingeriana l'indicazione toponimica Oplontis cui corrisponde Eplontis in Guidone (33, 13) ed Eplontis-Opolontis nell'Anonimo Ravennate (IV, 32 e V, 2). Ma oltre a ciò nessuno scrittore e nessun testo epigrafico, per quanto conosciamo, reca tale nome. Dobbiamo ritenere che si tratti di un centro abitato sepolto insieme a tutta l'area circostante dall'eruzione vesuviana dell'anno 79 d.C. Inoltre, le distanze indicate nella Tabula rispetto a Ercolano e a Pompei consentono di identificare il sito di O. ove è oggi Torre Annunziata, tanto più che si sono avute interessanti scoperte archeologiche di elementi struttivi riferibili a ville. Anche i ruderi delle «Terme Nunziante», pur possedendo molti elementi di un impianto termale, si può ritenere che facciano parte di una villa, anziché essere ima struttura a sé stante.

È lecito dunque considerare O. non come un centro cittadino con una sua organizzazione urbana (mancano infatti finora testimonianze di un tessuto urbano viario, di edifici pubblici, di botteghe), ma come un centro residenziale, collegato in particolare con Pompei e costituito da grandi ville che si dovevano trovare lungo la strada litoranea che da Napoli portava a Ercolano, e che poi da O. si diramava verso Pompei e Stabia. È forse per questo suo carattere che, come si è detto, troviamo citata O. soltanto nelle fonti cartografiche e itinerarie; nella Tabula Peutingeriana, inoltre, il simbolo adoperato per questo sito si accosta a quello della «villa».

A causa di questo stretto rapporto topografico con l'area pompeiana, per alcune scoperte archeologiche del periodo borbonico è avvenuto che fosse indicato il nome di Pompei, mentre esse debbono intendersi come pertinenti alla zona di Torre Annunziata. Di solito si tratta di scoperte occasionali che hanno dato però sempre utili contributi, soprattutto per quanto riguarda il carattere dell'insediamento in età romana.

Notevoli sono i risultati degli scavi iniziati nel 1964 e proseguiti fino ad anni recenti. Un complesso, che pare possa considerarsi proprietà di un Lucius Crassus Tertius, presenta un particolare impianto e ha restituito reperti che fanno ritenere trattarsi di una villa residenziale fornita di apprestamenti collegati a produzioni agricole, come testimoniano numerose anfore vinarie. Si sono inoltre trovati i resti delle vittime dell'eruzione, e un notevole numero di oggetti preziosi che a quelle vittime dovevano appartenere.

Un'altra esplorazione ha portato alla luce il grandioso complesso di una villa, tra le più ampie e meglio conservate della zona vesuviana. Lo scavo della villa conferma la stratigrafia, caratteristica per la zona, del seppellimento provocato dall'eruzione vesuviana del 79 d.C.: quattro strati di lapillo alternati con tre strati di cenere, seguiti in alto da uno strato di fango indurito sul quale si è creato lo strato di humus. Il complesso della villa, che sin dal suo primo impianto presentava ampie proporzioni, è costituito dall'edificio e da un'ampia area scoperta, con viridarium. Non conosciamo ancora la facciata sull'asse centrale: gli ambienti si sviluppano nel senso N-S e sono collegati tra loro. A un ampio atrio, con ambienti di passaggio, segue l'area tenuta a giardino e infine un vasto salone: il tutto si richiama alla disposizione tipica della casa urbana, anziché a quella della villa extraurbana o suburbana, ma con adattamento alla planimetria e alle esigenze complessive della villa.

Il settore occidentale, invece, doveva probabilmente costituire il quartiere di rappresentanza e la parte più nobile della villa; notiamo la grande cucina e il settore termale al quale la cucina stessa serve da fonte di calore. I varî ambienti si dispongono intorno a un atrio tetrastilo. Il settore orientale sembra destinato agli aspetti più intimi della vita quotidiana e allo svolgimento dei servizi, il tutto forse collegato anche con le attività produttive di un praedium che dipendeva dalla villa: si nota un ampio peristilio, un salone con il larario e ambienti destinati a magazzino. In questo settore vi è anche la testimonianza di un piano superiore con scala di accesso e varî ambienti.

Un nuovo nucleo architettonico venne edificato a E del complesso originario; da notare un portico a tre bracci (porticus triplex) che racchiude un'area di giardino; a Ν si trova un gruppo di ambienti fra cui un vasto salone e a E un'area con ampia piscina decorata con statue.

La villa nel suo complesso presenta dunque un impianto e uno sviluppo planimetrico che è nello stesso tempo funzionale e in armonia con l'ambiente esterno e con le esigenze di vita di ima famiglia di ceto elevato.

Della pittura parietale molto si è potuto recuperare e salvare, grazie a particolari interventi conservativi. Interessante è la decorazione di secondo stile, presente soprattutto nell'atrio, nel triclinio e nel salone. Motivi diffusi sono la porta chiusa, il colonnato in fuga prospettica, motivi arricchiti di varî elementi, clipei, maschere, uccelli, vasi con frutta, elementi vegetali; possiamo parlare di un'unità stilistica e di un'affinità con altri complessi pittorici, come quelli della Villa dei Misteri a Pompei e ancor più con le pitture di Boscoreale. Alcuni ambienti sono decorati nel tardo secondo stile, nel terzo e nel quarto stile, sempre nella tradizione pompeiana e in rapporto con la storia edilizia del complesso. Nell'atrio si sono riconosciuti anche resti di sinopie, schizzi tracciati dal pittore come primo appunto del lavoro che egli intendeva svolgere.

Dei rinvenimenti fanno parte molte sculture, che adornavano varie parti del complesso, i giardini, le fontane, le aree verdi intorno alla piscina, sviluppando una ricca tematica, ispirata di preferenza al mondo ellenico: gruppo con Satiro e Ninfa, fanciullo che lotta con l'oca, Nike, Afrodite, Centauro, cratere di tipo neoattico con danzatori. Vi è inoltre un ritratto femminile che si ritiene possa rappresentare l'imperatrice Poppea. Varî indizî e coincidenze inducono infatti a ipotizzare che la villa, nel penultimo periodo della sua vita, sia stata dimora, se non anche proprietà, di Poppea Sabina, la consorte di Nerone morta nell'anno 65 d.C.

Iscrizioni rinvenute nella villa si richiamano a eventi e persone collegate con Poppea stessa e con la gens Poppaea, i cui rapporti con Pompei sono largamente documentati. Vi è inoltre un'interessante coincidenza poiché la villa doveva essere disabitata al momento dell'eruzione e vi erano in corso lavori di restauro e di rifacimento: si prospetta perciò l'ipotesi che fosse disabitata per un evento diverso dal terremoto del 62 d.C., e che potrebbe coincidere con la morte di Poppea, avvenuta nel 65 d.C.

La prima fase costruttiva della villa risale alla metà del I sec. a.C., e fin dall'inizio costituiva non solo un sito residenziale, ma anche un centro di vita agricola e industriale, collegato con una proprietà fondiaria; può darsi che sin da allora appartenesse alla gens Poppaea. In età augustea vi furono lavori di ristrutturazione e di ampliamento e venne creata la grande piscina. Dagli elementi a nostra disposizione si può dedurre che pochi danni furono causati dal terremoto del 62 d.C. Come si è detto, al momento dell'eruzione la villa non doveva essere abitata: si sono trovate tracce di lavori in corso e mancano gli oggetti e le suppellettili che di solito si ritrovano nei siti seppelliti dall'eruzione vesuviana del 79 d.C.

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(Α. de Franciscis)