opera
Spettacolo, detto anche melodramma, in cui l’azione teatrale si sviluppa attraverso la musica e il canto. Pur assumendo denominazioni diverse a seconda di argomento (o. buffa, o. seria), epoca e paese (opéra-ballet, opéra-comique, tragédie-lyrique, grand-opéra, Singspiel ecc.), questo genere è accomunato da alcuni elementi: testo poetico appositamente predisposto (il libretto), musica, scenografie, costumi ed eventuali azioni coreografiche.
Sebbene esistessero precedenti forme di azione musicale, l’o. nacque intorno al 1600 grazie a un cenacolo di musicisti e letterati che si riuniva a
All’inizio del 18° sec., con A. Scarlatti e poi G.F. Haendel, si affermò uno schema detto ‘a numeri chiusi’, a causa della netta separazione tra i vari momenti musicali (arie e recitativi). Grande importanza avevano i cantanti, soprattutto i castrati, che univano potenza vocale e virtuosismo tecnico (epoca del ‘belcanto’). Per dare nuova vitalità all’o. seria, minata dal predominio dei cantanti e fiacca dal punto di vista drammatico, C.W. Gluck tentò una riforma, abolendo parzialmente i virtuosismi canori e affidandosi a libretti più coerenti scritti da R. de’ Calzabigi. Parallelamente all’o. seria nacque, a Napoli, e si sviluppò l’o. buffa, specie di melodramma basato su soggetti di matrice popolare che traeva origine dalla forma dell’intermezzo; l’esempio più famoso fu La serva padrona (1733) di G.B. Pergolesi. Da allora, l’o. buffa dominò in tutta Europa, grazie a compositori come N. Piccinni,
Con W.A. Mozart il teatro d’o. ebbe uno dei suoi momenti più alti, anche se con schemi che erano ancora quelli dell’o. seria (
Dopo l’esperienza di
In
In Francia, oltre alla presenza di musicisti italiani (Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi), si registrò la nascita di un teatro musicale nazionale, comprendente il grand-opéra (il cui principale esponente fu G. Meyerbeer; ➔ grand-opéra), l’opéra-comique(spettacolo misto con parti recitate e cantate che prende il nome dal teatro parigino deputato a ospitare commedie inframezzate da brani musicali), coltivato in particolare da
Anche in altri paesi europei venne elaborata un’o. nazionale nella lingua locale: molto attive furono le scuole russa (M.I. Glinka, M.P. Musorgskij, A.P. Borodin, N.A. Rimskij Korsakov, P.I. Čajkovskij) e slava (
4. Gli sviluppi di fine Ottocento e le avanguardie novecentesche
Oltre che dal filone verista (
Dopo gli anni 1920 la crisi del linguaggio musicale si è proiettata anche in ambito operistico. Alcuni compositori hanno raccolto la tradizione ottocentesca rielaborandola, altri l’hanno rifiutata cercando nuovi tipi di teatro musicale, altri ancora hanno recuperato, ma in senso polemico, la struttura a numeri chiusi, e così via. Terminato il periodo delle cosiddette avanguardie (tra gli anni 1950-70) che rifiutavano l’idea stessa di o., si è profilato un nuovo interesse per il teatro musicale, anche tradizionalmente inteso.
L’avvento della televisione, del computer, dell’elettronica e di nuovi modi di rapportarsi alla storia e alla vita culturale ha permesso a molti compositori di intrecciare il teatro musicale con altri tipi di spettacolo, creando così eventi musicali multimediali (che si avvalgono cioè di mezzi diversi), multilinguistici (uso di differenti linguaggi) e multiculturali (uso di diverse tradizioni culturali). Tra i maggiori operisti del Novecento:
La teologia cattolica definisce o. buone le attività, sia di carattere spirituale (azione morale) sia pratiche, che, fatte in determinate condizioni di libertà e di grazia, sono degne di premio soprannaturale. Prima di arrivare a questo significato, l’espressione ne ebbe altri. Nel Vecchio Testamento indicò in un primo momento in genere la non violazione dei comandi di Dio; poi andò determinandosi verso un significato più positivo di osservanza delle leggi nei sacrifici, nella preghiera, nelle relazioni con il prossimo ecc. Contro un’accezione prevalentemente culturale e meccanica insorsero i Profeti a proclamare che davanti a Dio era o. buona non tanto il sacrificare animali o compiere altre pratiche di purificazione, quanto «soccorrere l’orfano, aiutare la vedova» (o. di carità). Contro ogni formalismo Gesù proclamò che l’o. da fare è «compiere la volontà del Padre», con un concetto nuovo di o. buona, non limitato agli atti del culto, ma esteso a tutti i momenti della vita. Questa concezione è dominante in tutta la letteratura neotestamentaria pur con sfumature diverse, accentuandosi ora l’importanza delle o., ora l’assoluta necessità della fede.
L’equilibrio tra fede e o. fu mantenuto dalla teologia cattolica, mentre la riforma luterana, insistendo sull’assoluta incapacità per l’uomo peccatore di compiere o. buone, negò al libero arbitrio ogni possibilità di compiere materialmente il bene.
O. fortificataOgni apprestamento militare atto ad assicurare per lungo tempo, con poche forze, il possesso di un determinato punto del terreno. La denominazione ha assunto tuttavia un più preciso significato con l’evolversi (16° sec.) dell’arte fortificatoria, dalle antiche cinte murate con torri e cortine alle fortezze isolate a recinto continuo e tracciato poligonale bastionato, e specialmente con l’avvento (19° sec.) dei grandi campi trincerati, nei quali alle potenti o. fortificate (capisaldi) abbondantemente provviste di artiglieria era affidata la protezione degli intervalli. Tali o. furono dapprima in muratura e terra; all’inizio del 20° sec. subentrarono le o. in calcestruzzo e cupole corazzate in acciaio, soli materiali atti a resistere alla potenza distruttiva dei proiettili ad alto esplosivo. La loro evoluzione culminò, come frutto dell’esperienza della