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Nella tradizione paleografica moderna, in campo greco genericamente la scrittura maiuscola libraria, in campo latino una particolare scrittura libraria di forme rotondeggianti, usata fra 4° e 9° secolo.

Nell’ambito della scrittura greca si è tradizionalmente indicato con il termine o. ogni tipo di scrittura maiuscola con forme più o meno rotonde adoperata in campo librario dal 1° sec. d.C. fin oltre il 10° secolo. Si distinguono all’interno di questa vasta categoria un’o. romana dal tratteggio sottile e dagli eleganti apici ornamentali, adoperata soprattutto fra 1° e 3° sec. d.C.; un’o. biblica, cui appartengono alcuni codici famosi dei Vangeli, quali il Vaticano (Vat. gr. 1209), il Sinaitico, l’Alessandrino (ambedue nel British Museum di Londra), il Rossanense, il Genesi e il Dioscuride di Vienna, e diffusa in tutto il mondo di lingua greca fra 3° e 7° sec.; un’o. copta, nata fra 5° e 6° sec. e caratterizzata dal contrasto dei tratti e da noduli ornamentali, e, per il periodo più tardo (7°-11° sec.), un’o. ogivale inclinata a destra ed estremamente artificiale, un’o. ogivale diritta e la più nota e monumentale o. liturgica, che sostituì in parte l’o. biblica nell’uso ecclesiastico.

Per quanto riguarda le origini dell’o. latina, che compare, già perfetta, nel 4° sec., è quasi certo che questa si sia formata nell’Africa occidentale, in ambiente cristiano e sotto la diretta influenza stilistica della maiuscola biblica greca. L’o. latina è una scrittura libraria fondamentalmente bilineare, caratterizzata dalle forme rotonde, da alcune lettere particolari (a, d, e, m) e dalla presenza contemporanea nell’alfabeto di elementi capitali e minuscoli. Gli esempi del 4° e 5° sec. (Vangeli, il Livio Vaticano, il palinsesto del De re publica di Cicerone) rappresentano il canone della scrittura nel suo pieno sviluppo; all’inizio del 6° sec. si ha un mutamento di stile, caratterizzato dall’allungamento delle aste, dal rinforzo del tratteggio e dalla prevalenza di elementi ornamentali; l’artificiosità diviene ancora più evidente nel 7° e 8° sec., mentre l’o. di epoca carolingia (8°-9° sec.) rappresenta un ritorno puramente imitativo ai modelli più antichi. Tra la fine del 5° e gli inizi dell’8° sec., l’o. latina fu la principale e la più diffusa scrittura libraria dell’Occidente europeo (particolarmente importante il centro scrittorio promosso a Roma da Gregorio Magno); sotto Giustiniano fu usata anche a Bisanzio. Scomparsa praticamente dall’uso con l’affermarsi della minuscola carolina, l’o. fu ancora adoperata a lungo nei codici come maiuscola per le rubriche e per i titoli.

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