Omografi

Enciclopedia dell'Italiano (2011)

omografi

Luca Cignetti

Definizione

Sono omografi tutti i foni, i fonemi o le parole diversi rappresentati nella scrittura da uno stesso segno grafico. L’omografia (dal gr. omós «uguale» e gráphō «scrivo») è una sorta di omonimia tra due o più espressioni che hanno significante identico sul piano grafico ma diverso sul piano fonico (cfr. De Mauro 2005: 69-71) (➔ grafemi).

Sono esempi di parole omografe il numerale venti ([ˈventi] «numero pari a due decine») e il nome venti ([ˈvɛnti] «correnti d’aria»); il nome ancora ([ˈaŋkora] «arnese di ferro atto a fissare sul fondo un’imbarcazione») e l’avverbio ancora ([anˈkora] «di nuovo, ulteriormente»); il verbo capitano ([ˈkapitano], da capitare) e il nome capitano ([kapiˈtano] «ufficiale che comanda una compagnia»).

Per evitare l’omografia, nella storia della definizione normativa dell’italiano si è fatto in genere ricorso a segni cosiddetti paragrafematici, come l’➔ apostrofo, la dieresi e soprattutto l’accento (➔ accento grafico).

Bardo Segni, nei Sonetti e canzoni di diversi antichi autori toscani del 1527, ricorre agli accenti acuto e grave per distinguere monosillabi altrimenti omografi, come é (verbo) ed è (congiunzione), ó (interiezione) e ò (disgiunzione), (pronome) e (congiunzione), e Paolo Manuzio, nella sua edizione di Petrarca del 1533, usa sempre con valore diacritico gli accenti acuto, grave e circonflesso per distinguere é (verbo), è (congiunzione) ed ê (pronome atono maschile); per gli altri monosillabi non propone invece l’opposizione tra accento acuto e grave, distinguendo («deve»), («diede») e de («dei»); («giorno»), (imperativo di dire) e di (preposizione); (fiume), («puoi» o «può») e po («poi»); (pronome), («sei») e se (congiunzione) (cfr. Richardson 2008: 120-121) (➔ editoria e lingua; ➔ accento grave e acuto).

All’esigenza di evitare l’omografia può essere attribuita anche la conservazione in alcune voci italiane della grafia etimologica, anche quando questa non coincide con la pronuncia moderna: in cielo, ad es., la i semiconsonantica è mantenuta per evitare l’omografia con celo (da celare; cfr. Serianni 2006: 106).

Casi di omografia

La relazione di omografia può riguardare foni, fonemi o parole. Hanno riflessi grafici omografi l’occlusiva velare /g/ di gatto e l’affricata palatale /ʤ/ di giro. Le parole omografe possono essere dovute a tre fenomeni:

(a) perfetta identità grafica: danno «risultato di danneggiamento» ~ danno «voce del verbo dare»;

(b) diversa posizione dell’accento sulla sillaba;

(c) mancata distinzione grafica tra fonemi diversi

Sono es. di omografi dovuti alla posizione dell’accento le coppie:

(1) a. leggere ([ˈlɛdːʒere] «scorrere con la vista i caratteri della scrittura») ~ leggere ([leˈdːʒɛre] femm. plur. di leggero)

b. perdono ([ˈpɛrdono] da perdere) ~ perdono ([perˈdono] «atto di clemenza»)

c. scrivano ([ˈskrivano] da scrivere) ~ scrivano ([skriˈvano] «chi scrive o trascrive per conto di altri»)

d. subito ([ˈsubito] «immediatamente») ~ subito ([suˈbito] da subire)

In questi casi, nella scrittura, si suole segnare l’accento grafico sulla parola meno frequente o più marcata.

La mancata distinzione grafica può riguardare: le sibilanti sorde e sonore, da cui le coppie chiese ([ˈkjɛze] plur. di chiesa) ~ chiese ([ˈkjɛse] da chiedere); le affricate dentali intense sorde e sonore: razza ([ˈratːsa] «insieme di animali o piante della stessa specie») ~ razza ([ˈradːʒa] «pesce dell’ordine dei raiformi») (➔ coppia minima); oppure l’apertura o chiusura delle vocali /e/ e /o/ sotto accento, da cui coppie come:

(2) a. pesca ([ˈpɛska] «frutto del pesco») ~ pesca ([ˈpeska] da pescare)

b. legge ([ˈlɛdːʒe] da leggere) ~ legge ([ˈledːʒe] «norma di condotta»)

c. mente ([ˈmɛnte] da mentire) ~ mente ([ˈmente] «complesso delle facoltà intellettive»)

d. affetto ([aˈfːɛtːo] «sentimento positivo di tenerezza») ~ affetto ([aˈfːetːo] da affettare)

e. botte ([ˈbɔtːe] plur. di botta) ~ botte ([ˈbotːe] «recipiente a forma di cilindro»)

f. colto ([ˈkɔlto] da cogliere) ~ colto ([ˈkolto] «coltivato»)

g. porci ([ˈpɔrʧi] plur. di porco) ~ porci ([ˈporʧi] da porre).

Omografi e omofoni

Non sempre due parole omografe sono anche omofone: i nomi riso («pianta erbacea di origine orientale») e riso («atto del ridere») e il verbo saliva (da salire) e il nome saliva («liquido secreto dalle ghiandole salivari») sono omofoni e omografi, mentre le citate coppie vénti / vènti, àncora / ancóra e càpitano / capitàno sono omografi ma non omofoni. Esempi di omofoni non omografi sono invece la ~ ; ha ~ a; lamenta ~ la menta; cieco ~ ceco; le lezioni ~ l’elezioni. Questo fenomeno è piuttosto raro in italiano, ma frequente in lingue come il francese, dove dà luogo a calembours.

L’omografia può riguardare anche più parole, ed eccezionalmente intere frasi. Un caso estremo di ambiguità dovuta a omografia è la frase

(3) la vecchia porta la sbarra

dove più parole omografe possono essere attribuite a diverse categorie grammaticali, e l’intera frase si presta a due interpretazioni:

(4) a. [la vecchia]sintagma nominale [porta]verbo [la sbarra]sintagma nominale

b. [la vecchia porta]sintagma nominale [la sbarra]sintagma verbale

In alcuni generi testuali come il testo pubblicitario l’ambiguità prodotta dagli omografi può essere ricercata per ottenere particolari effetti espressivi, mentre nel testo poetico l’omografia contribuisce alla realizzazione di un tipo particolare di rima equivoca (cfr. Beltrami 20024), come nel seguente passo di Poliziano, con omografi scoglio («roccia che affiora») ~ scoglio («pelle di serpente abbandonata dopo la muta»):

Giovane donna sembra veramente

quasi sotto un bel mare acuto scoglio,

o ver tra’ fiori un giovincel serpente

uscito pur mo’ fuor del vecchio scoglio

(Angelo Poliziano, Stanze, libro I, ottava 15, vv. 1-4).

Studi

Beltrami, Pietro G. (20024), La metrica italiana, Bologna, il Mulino (1a ed. 1991).

De Mauro, Tullio (2005), La fabbrica delle parole. Il lessico e problemi di lessicologia, Torino, UTET.

Richardson, Brian (2008), Dalla metà dal Quattrocento alla metà del Cinquecento, in Storia della punteggiatura in Europa, a cura di B. Mortara Garavelli Roma-Bari, Laterza, pp. 99-121.

Serianni, Luca (2006), Prima lezione di grammatica, Roma - Bari, Laterza.

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