OMOGENEO

Enciclopedia Italiana (1935)

OMOGENEO

Luigi CAMPEDELLI

. In algebra (v.) un polinomio intero (funzione razionale intera) in due o più variabili x, y, ... z, si dice omogeneo, di grado o ordine n, quando tutti i suoi addendi (monomî) sono di grado n rispetto al complesso di quelle variabili. Se il polinomio omogeneo è completo, cioè contiene effettivamente i termini relativi a tutte le combinazioni di esponenti che hanno per somma n, il numero dei suoi addendi è uguale a quello dei termini dello sviluppo di (x + y + ... + z)n: numero che è facile determinare con i metodi del calcolo combinatorio (v. combinatoria, analisi). Si abbia un polinomio intero non omogeneo, di grado n nelle variabili x, y, ..., z; ove si sostituiscano a queste i rapporti x/t, y/t,..., z/t e si moltiplichi il risultato per tn, il polinomio diviene omogeneo, di grado n, rispetto alle nuove variabili omogenee x, y, ..., z, t. Se, limitandoci per esempio al caso di tre sole variabili x, y, z, le interpretiamo come coordinate di un punto dello spazio le x, y, z, t costituiscono le coordinate omogenee del punto stesso, le quali servono per trattare le questioni proiettive in modo da non dovere avere speciale riguardo agli enti all'infinito (v. algebra, n. 63; coordinate, n. 20).

Se in un polinomio omogeneo di grado n, si moltiplica ciascuna variabile per una stessa quantità k, il polinomio resta moltiplicato per kn: si approfitta di questo fatto per estendere il concetto di omogeneità dal caso dei polinomî interi a quello di una qualsiasi funzione f, che appunto si dirà omogenea di grado n rispetto a certe variabili x, y, ..., z, quando renda soddisfatta l'identità

dove n è un numero determinato qualsiasi (cioè non più necessariamente intero positivo). La proprietà più notevole delle funzioni omogenee è espressa dall'uguaglianza (teorema di Eulero):

Il concetto d'omogeneità si presenta nell'interpretazione geometrica o meccanica di formule algebriche o analitiche. Si abbia da risolvere un problema di geometria elementare, in cui si richieda di determinare la lunghezza x di un segmento, date le lunghezze a, b, ..., c di altri segmenti, riferite a una certa unità di misura u. Traducendo algebricamente le proprietà geometriche che legano l'incognita ai dati, si giunge a una equazione nella x: f (x, a, b, ..., c) = 0. Se si cambia l'unità u, le misure a, b, ..., c, x si moltiplicano per uno stesso numero, che è la misura della u rispetto alla nuova unità (modulo di ragguaglio); mentre la f = 0, esprimendo una proprietà geometrica, deve restare inalterata. Ne segue che la f deve essere una funzione omogenea rispetto a x, a, b, ..., c (principio dell'omogeneità). Precisamente l'espressione che si ha per la x se si risolve la f = 0, risulterà omogenea di primo grado. Però se fra le lunghezze date ve ne è una che sia espressa con un numero anziché con una lettera, l'omogeneità della f sembra cadere in difetto: giova in tal caso tenere presente che quel numero non è un coefficiente di cui si vuole conservare il valore qualunque sia l'unità u, ma una misura che dipende da questa. Così l'omogeneità torna a ristabilirsi. Per es., si prenda la formula x = ab, dove x e a denotano misure di lunghezze: se b non è un numero puro (cioè indipendente dall'unità di misura), ma rappresenta anch'esso una lunghezza, la x = ab si deve interpretare come se fosse scritta ux = ab.

Più in generale, si abbia una relazione f(α, β, ..., γ) = 0 (o un sistema di relazioni) fra le misure α, β, ..., γ di alcune grandezze, la quale esprima una proprietà geometrica o meccanica o una legge fisica: le misure α, β, ..., γ dipendono da varie unità di misura a seconda della specie delle grandezze a cui si riferiscono; ma tutte queste unità si esprimono per mezzo di certe unità fondamentali. Cambiando queste ultime, le misure α, β, ... γ, variano in proporzione a certi determinati prodotti di potenze dei moduli di ragguaglio delle unità fondamentali (v. unità, sistemi di). Allora il principio dell'omogeneità richiede, che cambiando le unità fondamentali, la funzione f (α, β, ..., γ) rimanga inalterata, salvo a moltiplicarsi per potenze dei moduli di ragguaglio. Questa legge serve utilmente a richiamare le formule, a prevedere certe relazioni e a evitare delle sviste negli sviluppi algoritmici.