OMEOSTASI

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1979)

OMEOSTASI

Alessandro Pilo

. Il termine homeostasis fu per la prima volta introdotto nel 1929 dal fisiologo americano W. B. Cannon e definito come "le reazioni fisiologiche coordinate che mantengono la massima parte degli stati stazionari dell'organismo"; o. ha quindi un significato analogo a quello di regolazione: regolazione, quando è usato per descrivere le caratteristiche di un sistema di controllo (v. controlli automatici, in questa App.), si riferisce al fatto che certi cambiamenti indotti da disturbi esterni vengono automaticamente minimizzati; regolazione si riferisce anche ai meccanismi attraverso i quali tale minimizzazione è raggiunta. O., omeostato, meccanismi omeostatici sono usati con senso analogo in un contesto biologico (v. cibernetica, in questa App.).

Come molti concetti fondamentali, la regolazione nei sistemi biologici, od o., ha origine remote; la storia del suo sviluppo è stata descritta da E. F. Adolph insieme con le molte interpretazioni del concetto di o. e delle idee correlate. Probabilmente il primo a riconoscere la presenza di meccanismi regolatori negli organismi e a formulare il concetto in termini ragionevolmente precisi e moderni fu il fisiologo francese C. Bernard cui si deve l'enunciazione del concetto di ambiente interno (milieu intérieur).

Gli organismi mono e pluricellulari più semplici sono in contatto diretto con l'ambiente esterno. All'aumentare delle dimensioni di questi aggregati appaiono specializzazioni cellulari e si hanno organismi pluricellulari complessi; le cellule interne di questi si trovano fisicamente separate dall'ambiente esterno. La necessità per ciascuna cellula di assorbire ossigeno e sostanze nutritizie e di smaltire prodotti di rifiuto è supplita in questo caso da un fluido che bagna tutte le cellule e che costituisce l'ambiente interno con il quale la cellula è in diretto contatto. Ciascuna cellula di un organismo multicellulare complesso, come l'uomo, è circondata da un fluido chiamato liquido extracellulare. C. Bernard per primo chiaramente enunciò che il fluido extracellulare costituisce l'ambiente con cui le cellule sono in immediato contatto, che permette loro di scambiare sostanze e provvede al mantenimento delle condizioni fisico-chimiche stabili richieste per il funzionamento della membrana e della cellula. Nell'uomo, per es., in media il 60% del peso corporeo è costituito da acqua; di questa una parte (40% del peso corporeo) è contenuta entro le cellule mentre il rimanente (30% del peso corporeo) costituisce i liquidi extracellulari. Il liquido extracellulare è a sua volta diviso in due compartimenti: circa l'80% circonda le cellule ed è chiamato liquido interstiziale; il restante 20% dei liquidi extracellulari costituisce la parte fluida del sangue o plasma che è continuamente fatto circolare per azione del cuore attraverso tutte le parti del corpo; scambi tra plasma e liquido interstiziale avvengono poi al livello della parete capillare di modo che il fluido che bagna le cellule è continuamente rinnovato.

C. Bernard non solo riconobbe l'esistenza dell'ambiente interno ma ne comprese anche il ruolo vitale. "È la costanza dell'ambiente interno condizione di vita libera e indipendente.... Tutti i meccanismi vitali comunque vari hanno un solo scopo, quello di conservare costanti le condizioni di vita nell'ambiente interno". Queste conclusioni furono in gran parte derivate da studi sul glucosio e sul fegato; C. Bernard trovò che il fegato rilascia glucosio nel sangue quando la concentrazione sanguigna del glucosio si abbassa e dedusse, correttamente, che la concentrazione di glucosio nel sangue e quindi in tutti i fluidi extracellulari è mantenuta costante dall'attività del fegato; successivamente egli formulò il concetto generale di ambiente interno. L'idea di Bernard è una chiave interpretativa efficace per capire le molteplici attività specializzate dei vari tessuti e organi di organismi multicellulari complessi. Le concentrazioni di ossigeno e di CO2, di sostanze nutritizie, di prodotti del catabolismo, di ioni inorganici, la temperatura, ecc., devono tutti rimanere relativamente costanti nel fluido che bagna le cellule dell'organismo. Praticamente ogni attività del corpo contribuisce in qualche modo al mantenimento di questa stabilità: il fegato con la sua attività metabolica aggiunge o rimuove molecole organiche a secondo delle necessità; i polmoni apportano ossigeno ed eliminano CO; il tratto gastrointestinale rende possibile all'organismo l'assorbimento dell'acqua ingerita, delle sostanze nutritizie, dei sali; il rene elimina la giusta quantità di prodotti catabolici, acqua e sali; e così via nella lunga lista delle attività dell'organismo. Ciascuna cellula contribuisce quindi a suo modo alla sopravvivenza dell'intero organismo, mantenendo condizioni stabili per la vita nel fluido che le bagna tutte.

Questo concetto di mantenimento di uno stabile ambiente interno fu successivamente elaborato e convalidato dal fisiologo americano W. B. Cannon, il quale sottolineò che tale stabilità poteva essere raggiunta solo attraverso le operazioni di processi fisiologici accuratamente coordinati che egli chiamò omeostatici. Le attività dei vari organismi e tessuti devono essere regolate e integrate reciprocamente in modo tale che ogni cambiamento dell'ambiente interno automaticamente dia inizio a una reazione atta a minimizzare questo cambiamento. O. indica la condizione di stabilità che risulta dalla risposta compensatoria di questi meccanismi di regolazione. Naturalmente si ha un certo grado di variazione nella composizione dell'ambiente interno, ma tali fluttuazioni sono minime e mantenute entro limiti stretti dai vari processi omeostatici coordinati, la cui descrizione costituisce uno dei principali argomenti della moderna fisiologia.

Il concetto di regolazione e relativa stabilità è valido anche nel contesto della singola cellula; ciascuna cellula di un organismo multicellulare possiede un sistema complesso di controlli omeostatici che regolano e condizionano le attività dei suoi molteplici componenti. I cammini metabolici all'interno della cellula sono regolati dalla legge di azione di massa e da cambiamenti nelle attività degli enzimi in modo da mantenere costanti le concentrazioni dei vari metaboliti entro la cellula (v. metabolismo, in questa App.). Nell'uomo questi sistemi di regolazione intracellulare primitivi e altamente sofisticati sono sempre presenti di modo che ciascuna cellula possiede un certo grado di autoregolazione; l'esistenza di un gran numero di cellule differenti, organizzate in tessuti specializzati che sono a loro volta combinati per formare organi, impone inoltre l'esistenza di meccanismi regolatori generali che coordinino e integrino l'attività di tutte le cellule. Diviene quindi essenziale la capacità di comunicazione intracellulare su distanze relativamente lunghe. Tale comunicazione è realizzata attraverso i nervi e i messaggeri chimici circolanti nel sangue noti come ormoni. L'o. è quindi fondamentalmente il risultato delle attività coordinate di due principali sistemi: il sistema endocrino e il sistema nervoso autonomo (v. endocrinologia, App. III, 1, p. 550; nervoso, sistema, in questa App.).

Per comprendere come questi due sistemi di comunicazione operino, il loro ruolo e le caratteristiche basilari dei processi omeostatici, è opportuno introdurre alcuni concetti mutuati dalla teoria dei sistemi e dei servomeccanismi (v. automazione, App. III, 1, p. 178). Un sistema omeostatico può essere considerato come un insieme di componenti tra loro connessi la cui funzione sia quella di mantenere un certo parametro fisico o chimico dell'organismo relativamente costante. Per fissare le idee possiamo riferirci a un sistema di controllo non biologico costituito al fine di mantenere la temperatura di un bagno costante su 30 °C indipendentemente dalle fluttuazioni della temperatura ambiente che può variare tra 25 e 10 °C (vedi figura).

Dato che la temperatura dell'acqua è sempre maggiore di quella dell'ambiente circostante ci sarà una continua perdita di calore dal bagno. Inoltre più è bassa la temperatura ambiente maggiore sarà tale perdita; di conseguenza l'acqua andrà continuamente riscaldata per compensare questa perdita e il grado di riscaldamento cambiato quando la temperatura esterna cambia. L'aggiustamento della quantità immessa di calore alla perdita di calore, di modo che la temperatura rimanga approssimativamente uguale a 30°, è il compito del nostro sistema di controllo.

Il primo componente del sistema detto sensore è lo strumento termosensibile A; esso genera una corrente elettrica d'intensità inversamente proporzionale alla temperatura del bagno; più alta la temperatura, minore il flusso di corrente. È da notare che l'intensità di questa corrente è molto piccola e non può da sola influire sulla temperatura. La corrente generata raggiunge attraverso il filo B l'unità di controllo C costruita in modo tale da fornire in uscita (filo D) una corrente proporzionale a quella in ingresso. La corrente che proviene dalla scatola di controllo alimenta l'unità di riscaldamento E immessa nel bagno; la quantità di calore prodotto per unità di tempo è pertanto direttamente proporzionale al segnale in ingresso e cioè al flusso di corrente in D. Il bagno viene riempito con acqua a temperatura ambiente e il sistema messo in funzione. Inizialmente, dato che la temperatura dell'acqua è bassa, la corrente generata dal sensore A è grande e l'unità di riscaldamento funziona a pieno regime; l'acqua si scalda rapidamente ma l'aumento della temperatura produce due eventi:

a) una maggiore dissipazione di calore dal bagno verso l'ambiente esterno; b) una diminuzione del segnale che esce da A, quindi una corrente più bassa all'unità E e pertanto una diminuzione della quantità di colore fornita al bagno.

Dopo un certo tempo il sistema si stabilizza a una particolare temperatura dell'acqua, tale che la quantità di calore persa verso l'esterno per unità di tempo eguaglia quella prodotta dall'unità di riscaldamento. Il sistema si trova a questo punto in condizioni stazionarie; l'ingresso eguaglia l'uscita e la temperatura rimane costante. In realtà si hanno alcune oscillazioni intorno a questa temperatura di equilibrio a causa del ritardo di E nello scaldarsi o raffreddarsi. La temperatura all'equilibrio è determinata dalle caratteristiche del sensore e dell'unità di controllo; per es. se si fosse usato un sensore termosensibile la cui uscita fosse stata la metà a qualsiasi temperatura, avremmo avuto un'uscita di corrente più bassa da C, una minore quantità di calore prodotta e in definitiva una temperatura all'equilibrio più bassa. Similmente alterando le caratteristiche dell'unità di controllo, cioè la relazione tra corrente in ingresso e corrente in uscita, si otterrebbe una temperatura all'equilibrio diversa. Le nostre componenti sono state quindi tarate di modo che la temperatura all'equilibrio risulti di 30 °C.

La cosa più importante comunque è che questo tipo di sistema si oppone a ogni perturbazione dello stato di equilibrio, cioè, nel nostro caso, previene automaticamente ogni allontanamento della temperatura del bagno da quella assegnata. Supponiamo per es. che, dopo che il bagno ha raggiunto l'equilibrio, la temperatura ambiente abbia una brusca diminuzione di modo che la perdita di calore dal bagno aumenti; questo ovviamente comporta uno squilibrio tra quantità di calore persa e quantità di calore fornita e pertanto la temperatura dell'acqua tende a diminuire. Ma la diminuzione della temperatura ha come effetto immediato un aumento della corrente generata da A; di conseguenza una maggiore corrente esce da C e fa aumentare l'attività del riscaldatore E, che riporta la temperatura dell'acqua verso il suo valore originale. Si raggiunge perciò un nuovo stato di equilibrio in cui ancora uscita ed entrata di calore sono uguali ma entrambi aumentati rispetto allo stato di equilibrio antecedente alla diminuzione della temperatura ambiente.

La temperatura dell'acqua in questo nuovo stato stazionario sarà solo leggermente più bassa di quella dello stato stazionario precedente, in relazione alla sensibilità del sistema; è chiaro che la temperatura non può essere esattamente la stessa perché in questo caso il segnale da A e in definitiva la quantità di calore prodotta sarebbe uguale a quella prodotta nello stato di equilibrio precedente e perciò non adatta a controbilanciare la maggiore perdita di calore dovuta alla più bassa temperatura ambiente. La maggiore produzione di calore necessaria può essere ottenuta solo se un segnale più grande proviene da A e per questo la temperatura del bagno dev'essere leggermente più bassa; sistemi di controllo del tipo illustrato non possono perciò prevenire completamente il verificarsi di variazioni delle quantità regolate, ma piuttosto contengono tali variazioni entro limiti ristretti relativamente alla sensibilità del sistema.

In conclusione dall'esempio appaiono alcune caratteristiche generali che un sistema di controllo deve possedere; anzitutto deve esistere una componente sensibile alla variabile da regolare, la cui uscita cambi in funzione dei cambiamenti di questa. Inoltre ci dev'essere un trasferimento d'informazione da questo sensore all'unità di controllo dalla quale a sua volta un segnale di comando raggiunge un apparato che in risposta al segnale varia la sua uscita (produzione di calore nel nostro caso). Un concetto fondamentale presente nell'esempio descritto è quello di retroazione (feed-back). L'effetto finale del cambiamento nell'uscita del sistema deve in qualche modo influire sul sensore che ha iniziato la sequenza di eventi. Nel nostro sistema è l'acqua che fa da tramite tra il riscaldatore e il sensore; quando la temperatura dell'acqua si abbassa il sensore rivela questo cambiamento e lo rende noto all'unità di controllo che fa aumentare la risposta del riscaldatore; a sua volta il sensore A è informato di questo cambiamento dell'uscita dal risultante aumento di temperatura dell'acqua; di conseguenza la sua produzione di corrente cambia causando un cambiamento nella corrente dall'unità di controllo e nella generazione di calore. Senza retroazione non ci sarebbe relazione tra il segnale del sensore e la quantità di calore prodotta dal riscaldatore e il sistema sarebbe incapace di mantenere la sua costanza. Questo tipo di retroazione nel quale un aumento dell'uscita del sistema provoca una diminuzione del segnale in ingresso è chiamata retroazione negativa.

I sistemi omeostatici di controllo negli organismi viventi possiedono caratteristiche molto simili a quelle sopra descritte; la terminologia presenta tuttavia alcune diversità. Si definisce stimolo una variazione dell'ambiente come un cambiamento di temperatura, concentrazione di potassio, pressione, ecc.; recettore è la componente che riceve lo stimolo, cioè che rivela il cambiamento nelle condizioni ambientali. Lo stimolo altera il segnale trasmesso dal recettore al centro integratore attraverso un percorso afferente; il centro integratore generalmente riceve l'ingresso da una molteplicità di recettori che possono anche rispondere a stimoli molto diversi. Perciò la risposta di questo componente risulta da un'integrazione di numerosi e spesso contraddittori elementi d'informazione. L'uscita del centro integratore raggiunge attraverso un percorso efferente l'ultima componente del sistema il cui cambiamento di attività costituisce la risposta; questa componente è chiamata effettore. Come risultato della risposta dell'effettore lo stimolo originale può essere controreazionato; cioè se lo stimolo è ridotto dalla risposta dell'effettore l'attività del recettore in risposta allo stimolo è a sua volta ridotta e infine l'attività dell'effettore tende a ritornare verso il livello antecedente. Il trasferimento d'informazione dei percorsi afferenti ed efferenti può essere realizzato da percorsi nervosi od ormonali; il centro integratore può a seconda dei casi risiedere nel sistema nervoso o in una ghiandola endocrina. Infine possono essere considerati effettori virtualmente ogni cellula dell'organismo in quanto la loro attività è controllata da nervi od ormoni; ci sono comunque due tessuti specializzati, muscolo e ghiandola, che includono i principali effettori dei sistemi di controllo biologici. La fisiologia del muscolo involve il fenomeno della contrazione mentre l'attività basilare delle ghiandole è spiegata con i concetti di trasporto della membrana cellulare e di sintesi molecolare.

Mentre un trattamento qualitativo come quello sinora impiegato può essere adeguato per una discussione dei concetti introduttivi della regolazione nei sistemi biologici, dev'essere tuttavia chiaro che questo tipo di trattamento non è sufficiente per quei concetti che implicano le grandezze relative di numerose variabili. Una descrizione puramente verbale dei meccanismi omeostatici non permette di cogliere tutti gli aspetti dei vari processi che avvengono simultaneamente interagendo tra loro. Si rende perciò necessario descrivere in termini matematici le relazioni tra le grandezze che possono essere osservate e cioè impiegare un modello matematico del sistema; questo modello viene verificato con i dati acquisiti in esperimenti condotti in condizioni opportune e controllate, per es. in stati stazionari diversi, dopo stimoli noti o dopo aver bloccato alcuni degli anelli di controreazione. Il modello matematico viene formulato sulla base delle conoscenze dei processi fisico-chimici implicati e il suo grado di complicazione viene proporzionato alla quantità di dati sperimentali disponibili di modo che il modello non risulti indeterminabile. La risoluzione del modello e il suo adattamento ai dati sperimentali possono implicare un certo grado di complicazione matematica (generalmente risoluzione di sistemi di equazioni differenziali lineari o non lineari) e richiedere l'impiego di un calcolatore.

L'impiego di questo tipo di approccio è stato reso possibile anche dallo sviluppo in un settore separato (teoria dei sistemi di controllo) di un formalismo matematico adeguato. Negli ultimi anni sono stati fatti molti tentativi d'introdurre la teoria dei sistemi nello studio quantitativo dei processi fisiologici regolatori. L'obiettivo di questa fisiologia dei sistemi è di determinare le interconnessioni tra i sottosistemi che costituiscono il sistema in esame e studiare la loro dinamica descrivendo in un modello tutte le componenti tecnicamente possibili. Lo scopo finale è un modello matematico (eventualmente risolvibile con l'impiego del calcolatore) che risulti in una fedele riproduzione dinamica dell'intero sistema. Il raggiungimento di questo scopo fornisce molto più che una simulazione del sistema, dato che permette di valutare come i sottosistemi componenti cooperino nel produrre le proprietà funzionali dell'intero sistema. Oltre a soddisfare uno degli scopi della ricerca fisiologica, l'acquisizione di questo genere d'informazione ha notevoli implicazioni pratiche per la diagnosi e il trattamento di malattie e per il disegno di meccanismi prostetici.

In conclusione i recenti sviluppi delle scienze biologiche hanno reso sempre più chiaro che l'organizzazione è una componente fondamentale della biologia. È assiomatico che i fenomeni biologici sono spiegati in termini di processi fisico-chimici ma tali processi componenti come la diffusione, trasporto di massa, sintesi proteica non sono sufficienti a render conto della fisiologia dell'intero organismo. A questi componenti dev'essere aggiunto lo schema organizzativo, cioè il modo in cui questi processi sono tra loro correlati. Tra i molti tipi di organizzazione che caratterizzano i processi biologici in cellule e organismi, quelli chiamati regolatori od omeostatici sembrano i più diffusi. L'analogia tra questi sistemi omeostatici e i sistemi di controllo tecnologici ha dato un punto di partenza allo studio quantitativo dei meccanismi omeostatici. I sistemi omeostatici fanno largo uso della retroazione per raggiungere la regolazione e un sistema con retroazione mostra proprietà molto diverse da quelle dei componenti individuali. Lo studio quantitativo di questi processi è tuttavia ancora in una fase iniziale perché richiede contemporaneamente l'uso di tecniche sperimentali complesse per l'acquisizione dei dati, di teorie matematiche per la formulazione dei modelli e di metodi di analisi numerica per la loro risoluzione con l'impiego di calcolatori; questi tipi di conoscenze sono raramente riscontrabili in un solo individuo mentre la collaborazione tra esperti in discipline biologiche e in discipline matematiche e tecnologiche non è ancora molto diffusa, probabilmente a causa della diversità dei linguaggi e degli approcci usati.

Bibl.: C. Bernard, Les phénomènes de la vie, Parigi 1865; W. B. Cannon, Organization for physiological homeostasis, in Physiol. Rev., 9 (1929), pp. 399-431; E. F. Adolph, Early concepts of physiological regulations, ibid., 41 (1961), pp. 737-70; Concepts and models of bio-mathematics, a cura di F. Heinmets, New York 1969; E. B. Stear, A. H. Kadish, Hormonal control systems. (Mathematical Biosciences, suppl. i), ivi 1969:; J. A. Vander, J. H. Sherman, D. S. Luciano, Human physiology, ivi 1970; J. A. Jacquez, Compartmental analysis in biology and medicine, Amsterdam 1972; R. W. Jones, Principles of biological regulation, New York 1973; H. Rasmussen, Organization and control of endocrine systems. Textbook of endocrinology, a cura di R. H. Williams, Filadelfia 1974.

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