Ombelico

Universo del Corpo (2000)

Ombelico

Daniela Caporossi
Red.
Marco Bussagli

L'ombelico (dal latino umbilicus, derivato da umbo, "umbone") è una formazione cicatriziale, localizzata sulla superficie anteriore dell'addome, lungo la linea alba, corrispondente al punto di inserzione del cordone ombelicale, o funicolo, che, durante lo sviluppo intrauterino, collega il feto al corpo materno, garantendogli il rifornimento di sangue ossigenato e principi nutritivi. In seguito a un processo di retrazione, l'ombelico si presenta come una depressione circoscritta da un cercine cutaneo (cercine ombelicale), nel fondo del quale sporge una prominenza (capezzolo ombelicale). Alla cicatrice ombelicale corrisponde una fitta rete di anastomosi venose; l'area circostante rappresenta il punto di minore resistenza della parete addominale. L'ombelico, in quanto centro geometrico del corpo, è divenuto, in varie culture, simbolo della centralità.

filogenesi e ontogenesi (Daniela Caporossi)

L'ombelico, che nell'individuo adulto testimonia la presenza del cordone ombelicale nella vita intrauterina, appare nel mondo animale in relazione alla comparsa della viviparità, o, per essere più precisi, in relazione alla formazione di annessi embrionali che permettono il collegamento e il completo supporto metabolico del feto, da parte dell'organismo materno, durante la quasi totalità dello sviluppo embrionale. È quindi presente soltanto nei Mammiferi placentati, dove si osserva appunto lo sviluppo della placenta, mentre è assente nei Mammiferi prototeri (echidna e ornitorinco), che producono ancora uova provviste di una certa quantità di tuorlo, e nei Mammiferi metateri (Marsupiali) che producono uova alecitiche, ma nei quali non si osserva sviluppo di placenta. I piccoli dei Marsupiali, infatti, vengono alla luce in una fase estremamente precoce di sviluppo, poi ultimato all'interno del marsupio.

L'ombelico si origina sotto forma di peduncolo ombelicale successivamente all'impianto dell'embrione sulla parete uterina e al conseguente sviluppo delle membrane extraembrionali. Il peduncolo ombelicale deriva come peduncolo allantoideo dall'intestino primitivo posteriore, il quale si estende a circondare una parte del celoma, o cavità, extraembrionale. In seguito all'espansione della componente mesodermica, la cavità celomatica si riduce fortemente, con lo sviluppo del tessuto connettivale, delle arterie allantoidee e della vena ombelicale.

Tramite i vasi sanguigni dell'allantoide, ossigeno e sostanze nutritive che provengono dal circolo materno possono raggiungere le varie regioni embrionali, mentre l'anidride carbonica e le sostanze di rifiuto derivanti dal metabolismo fetale sono esportate al circolo materno. Il collegamento tra circolo sanguigno fetale e circolo sanguigno materno non è diretto, non prevede cioè mescolamento di cellule ematiche, ma lo scambio gassoso e lo scambio di molecole avvengono tramite la placenta. Questa rappresenta una massa discoidale di tessuto spugnoso derivante dal corion embrionale, che interagisce con l'endometrio materno. Già alla 3ª settimana dal concepimento, la placenta ricopre circa il 20% della superficie uterina. Dal momento di stabilizzazione degli annessi embrionali sino alla nascita, l'embrione resta saldamente unito alla parete uterina tramite il cordone ombelicale, rimanendo sospeso nel liquido contenuto nel sacco amniotico. Subito dopo il parto, il cordone ombelicale viene reciso; il moncone residuo va incontro a necrosi e si distacca, in genere alla fine della 1ª settimana di vita, lasciando la formazione cicatriziale.

patologia  (Red.)

Per la sua costituzione anatomica, l'ombelico rappresenta un punto di minore resistenza della parete addominale: pertanto, in alcune condizioni morbose (per es. asciti), oppure durante la gravidanza, la depressione scompare e la cicatrice ombelicale può addirittura estroflettersi. Un'alterazione abbastanza frequente, che può instaurarsi in periodo prenatale o postnatale, in seguito all'incompleta chiusura dell'ombelico, è rappresentata dall'ernia ombelicale, consistente nell'estroflessione di un tratto intestinale dalla cicatrice ombelicale, causata da un anomalo riposizionamento delle anse intestinali all'interno della cavità addominale durante la 10ª settimana di sviluppo fetale. Ha dimensioni variabili che vanno da quelle di una biglia a quelle di un grosso pompelmo; si rende maggiormente evidente sotto sforzo, per es. durante il pianto o a causa di un colpo di tosse, manifestazioni che tendono a comprimere la cavità addominale aumentandone la pressione. L'ernia ombelicale può essere ridotta facilmente costringendo l'ansa intestinale all'interno del cordone fibroso che circonda l'ombelico. L'ombelico può essere sede di processi infiammatori, detti onfaliti, frequenti soprattutto nei neonati quando, dopo la caduta del cordone ombelicale, resta una zona disepitelizzata, sulla quale possono impiantarsi germi piogeni.

simbolismo (Marco Bussagli)

Nell'ambito della cultura mitologica e letteraria della Grecia classica, il termine ombelico è generalmente riferito al tempio di Apollo a Delfi dove, secondo la tradizione, si sarebbe trovato il centro del mondo. Vi fa più volte riferimento Pindaro nei suoi epinici, componimenti celebrativi delle vittorie dei giochi ginnici che si svolgevano a Delfi e che erano detti pitici, dall'antica denominazione della città, Πυθώ. Questo nome derivava, secondo il mito, dal fatto che qui il dio dell'armonia aveva sconfitto il serpente Pitone. Sul luogo in cui fu ucciso Pitone sarebbe stato eretto l'ὀμϕαλός, ricordato da Pindaro (Pitiche, 4, 74; 6, 4; 8, 59; 11, 10) e ora visibile nel locale museo di Delfi, costituito da una pietra bianca di forma vagamente conica che pare imbrigliata da una sorta di rete, pure finemente scolpita. Pindaro lo definisce come "il centro della madre terra dai begli alberi" (Pitica, 4, 74). Che Delfi fosse effettivamente ritenuta il centro del mondo è attestato anche dalla carta di Ecateo di Mileto (logografo del 6°-5° secolo a.C.), recentemente ricostruita da F. Cordano (1992), oltre che dalla solida tradizione mitologica secondo la quale per segnare il centro della Terra Zeus inviò due aquile, una da Oriente e una da Occidente, che si andarono a fermare proprio a Delfi.

Quando al mondo ellenocentrico se ne sostituì uno che aveva in Roma il suo fulcro, fu questa città a venire considerata come 'ombelico del mondo', la cui centralità fu decretata dal sistema viario romano, sopravvissuto nel Medioevo. Successivamente, il vero centro del mondo fu ritenuto Gerusalemme: centro di fede, naturalmente, ma anche reale centro geografico, fisicamente segnato dalla presenza della colonna eretta dall'imperatore Adriano. Questa centralità è tutt'oggi documentata da un mosaico della seconda metà del 6° secolo d.C., contenente una rappresentazione topografica della Terra Santa, rinvenuto nel pavimento di una chiesa a Madaba. Dante, basandosi sull'autorità di Ezechiele (5, 5), indica in Gerusalemme l'ombelico del mondo attorno al quale ruota addirittura il Sole (Purgatorio, 2, 1-3). Si può dunque osservare come, pur rimanendo di fatto identica la realtà geografica del bacino del Mediterraneo dal tempo dei greci a quello di Dante (e anche oltre, ovviamente), si sia di volta in volta individuato un diverso 'ombelico' del mondo, che altro non era se non la proiezione delle conoscenze, ma soprattutto delle credenze, di quell'epoca.

Naturalmente queste forme di assimilazione dipendono dalla reale posizione dell'ombelico al centro del corpo umano, quando l'individuo si dispone in modo da permettere l'inscrizione della figura con braccia e gambe divaricate in un cerchio come dimostrò Leonardo nell'Uomo di Vitruvio (1490 circa; Gallerie dell'Accademia di Venezia), dove si trovano riunite le tipologie medievali dell'homo ad circulum e dell'homo ad quadratum (v. norma, La norma di rappresentazione; Bussagli 1999). Ma, al di là dell'antropometria leonardesca, è facile e intuibile considerare l'ombelico come il centro geometrico del corpo. Per questo motivo, quello dell'ombelico è un simbolismo transculturale che proietta sul concetto stesso di centro l'analogia tra macrocosmo e microcosmo, tra Universo e corpo umano. Ecco anche la ragione per cui, per es., le popolazioni scandinave individuano nella Stella polare l'ombelico del cielo (Harva 1959, p. 32).

L'altro aspetto simbolico strettamente legato alla fisiologia del corpo è quello che considera l'ombelico come il centro generatore per eccellenza. È questa la ragione per la quale, secondo la visione cosmologica tramandataci dai Purana, componimenti poetici indiani la cui redazione si presume ultimata fra il 6° e l'8° secolo d.C., la creazione del mondo sarebbe avvenuta grazie a Visnu, divinità solare per eccellenza la cui dimensione raggiunge però valenze totalizzanti. L'Universo sarebbe stato creato proprio dal suo ombelico: disteso sul serpente Ananta, che galleggia sulle acque cosmiche, infatti, Visnu emette dall'ombelico il Brahma, il principio generatore che ricrea i mondi che la divinità cosmica aveva riassorbito alla fine del precedente ciclo (Filippani-Ronconi 1981, p. 94). È dunque attraverso l'ombelico, come in effetti accade nella fisiologia del feto, che passano tutti i flussi vitali. Tuttavia, nella visione tramandataci dalle Upanishad, attraverso l'ombelico che compare sul corpo dell'essere primordiale, l'Atman, entra nell'Universo la morte. Non si tratta di una contraddizione perché il flusso vitale che attraversa l'intero Universo deve contemplare anche la sospensione temporanea dello stesso, affinché si possa generare l'eterno fluire delle cose.

Bibliografia

Marco Bussagli, A misura d'uomo. Leonardo e l'Uomo vitruviano, "Art e Dossier", 1999, 146, pp. 17-20.

Mario Bussagli, Miti e leggende del mondo, Roma, Casini, 1976.

F. Cordano, La geografia degli antichi, Roma-Bari, Laterza, 1992.

P. Filippani-Ronconi, Magia, religioni e miti dell'India. Dall'ascesi delle selve alle esperienze paranormali, Roma, Newton Compton, 1981.

E Giavini, Embriologia comparata dei Vertebrati, Napoli, SES, 1989.

Gray's anatomy, ed. P.L. Williams et al., Edinburgh, Churchill Livingstone, 198937 (trad. it. Bologna, Zanichelli, 19933).

W.J. Hamilton, J.D. Boyd, H.W. Mossman, Human embryology, Cambridge, Heffer, 1945 (trad. it. Padova, Piccin-Nuova libraria, 19774).

U. Harva, Les représentations religieuses des peuples altaïques, Paris, Gallimard, 1959.

A.E. Padoa, Manuale di anatomia comparata dei Vertebrati, Milano, Feltrinelli, 199615.

A.S.. Romer, T.S. Parson, The vertebrate body, Philadelphia, Saunders, 19866 (trad. it. Anatomia comparata dei Vertebrati, Napoli, SES, 19872).

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