OGM. Le biotecnologie OGM nel campo agroalimentare

Dizionario di Medicina (2010)

OGM. Le biotecnologie OGM nel campo agroalimentare

Roberto Defez

Nel 2008 sono stati coltivati al mondo oltre 125 milioni di ettari con OGM (ossia circa 10 volte l’intera superficie agricola italiana). La produzione riguarda soprattutto la soia, il mais, il cotone, oltre ad altri cereali e a diversi prodotti da orto.

La produzione di OGM: soia e mais

Circa il 70% della soia prodotta al mondo è OGM e questa percentuale sale ancora se si considera quella prodotta nei Paesi esportatori: soprattutto USA, Brasile, Argentina e Canada. Circa il 24% del mais mondiale deriva da OGM così come il 46% del cotone. Solo in India 5 milioni di agricoltori coltivano cotone resistente all’attacco di alcuni parassiti su campi grandi in media 1,5 ha perché ottengono aumenti delle rese del 31%, abbattimenti nell’uso di pesticidi del 39% e vantaggi che arrivano ai 250 dollari per ettaro. In Argentina oramai il 99% della soia prodotta è da OGM resistente a un erbicida e il successo di questa coltivazione deriva dalla possibilità di attuare la semina su sodo, tecnica di lavorazione agricola su terreno non lavorato. Questa tecnica evita di dissodare i terreni per rimuovere le erbe infestanti. Il terreno viene seminato ed irrorato di erbicida che produce un forte vantaggio di crescita alla soia resistente all’erbicida. In questo modo da un lato si riduce il dilavamento dei terreni (oramai a forte rischio nella pampa), dall’altro si riducono in modo consistente le emissioni di anidride carbonica sequestrata nei terreni. Si stima che la parte di terreni coltivati con OGM che usavano la semina su sodo ha consentito nel solo 2006 di evitare l’emissione di tanta anidride carbonica quanta quella emessa da 6,56 milioni di autovetture che percorrano 15.000 km ognuna. Quasi 40 milioni di ettari sono oggi coltivati al mondo con mais da OGM. L’utilizzo di questo tipo di mais, quasi tutto del tipo Bt, resistente all’attacco di parassiti, ha consentito di ridurre l’uso di pesticidi, aumentare le rese per ettaro in percentuali che variano a seconda dell’intensità dell’attacco di parassiti e soprattutto hanno consentito di ridurre nel mais l’insorgenza di fumonisine (➔), pericolose tossine dannose per l’uomo. L’uso del mais Bt è fortemente dipendente dall’intensità degli attacchi di parassiti (ad es., della piralide in Italia) e varia a seconda del clima e delle caratteristiche dell’area di coltivazione. Sono ora disponibili piante di mais che portano fino a otto diversi sistemi di protezione dall’attacco di parassiti sia della parte aerea che della parte radicale, colpite soprattutto da un insetto di origine americana (diabrotica virgifera). La disponibilità di resistenze multiple rende sempre più improbabile l’insorgere di mutanti spontanei tra i parassiti del mais. Esistono molti altri tipi di piante da OGM come ad es. la papaya resistente a virus, e poi la colza, la patata, l’erba medica, il pioppo, la barbabietola. Sono in avanzata fase di sperimentazione riso, grano e mais resistenti alla siccità.

La posizione critica dell’Europa

L’utilizzo di questi derivati è praticamente universale mentre molti contrasti provoca la coltivazione di OGM in Europa. Attualmente l’Europa tollera malvolentieri la coltivazione di un solo mais Bt, vecchio ormai di 11 anni, mentre consente l’uso anche umano di oltre 20 derivati di OGM. Molti di questi sono essenziali per la composizione dei mangimi e l’Unione Europea ha sottolineato come senza mangimi da OGM la zootecnia europea sarebbe insostenibile. La stragrande maggioranza di latte, formaggi, carni bovine e suine, e quindi prosciutti e salami prodotti in tutta Europa, deriva da animali alimentati con soia da OGM, anche nel caso di prodotti di alto pregio come i prodotti a denominazione di origine controllata (DOC) o di indicazione geografica protetta (IGP).

Gli OGM nelle aree di sottosviluppo

Un fronte di polemica riguarda l’uso di piante da OGM per combattere i problemi alimentari delle aree sottosviluppate, realtà fragili e poverissime che dipendono dalle esportazioni e dagli aiuti umanitari. In realtà nessuna delle piante da OGM oggi commercializzata da aziende private può alleviare i problemi di insicurezza alimentare: le varietà resistenti agli erbicidi hanno comunque bisogno che si acquisti l’erbicida, mentre il mais del tipo Bt necessita di fertilizzanti azotati e di irrigazione, condizioni incompatibili con quelle economie. Ben altro progetto è quello che vede coinvolta la ricerca pubblica internazionale che mira a modificare geneticamente piante come sorgo, miglio, cassava e vigna che potrebbero davvero cambiare la disponibilità alimentare dell’Africa sub-sahariana.

Gli interessi economici

Gli aspetti economici giocano un grande ruolo nel dibattito sugli OGM la cui produzione, a causa degli elevatissimi costi necessari alla validazione della loro innocuità, sono oggi controllati da grandi aziende, in genere a capitale statunitense. Ma il successo planetario rapido degli OGM (oggi l’8% di tutti i terreni coltivati al mondo lo sono con OGM) non poteva non causare opposizioni a carico delle aziende concorrenti, come quelle che commercializzano pesticidi (le prime tre per fatturato al mondo sono europee). In questi scenari giocano un ruolo notevole le grandi aziende della distribuzione organizzata (GDO) del cibo che hanno fatturati di 20 volte superiori a quelle del biotech e degli agrofarmaci. La GDO segue logiche di promozione del prodotto che non si conciliano con l’uso di piante da OGM.

Uno sviluppo inarrestabile

Il settore tecnologico del miglioramento genetico dei vegetali è inarrestabile, al di là delle chiusure europee (alle coltivazioni, ma non al consumo). Si stanno producendo piante che producono più vitamine, più antiossidanti e cardioprotettori. Le piante stanno diventando produttrici di vaccini e di anticorpi a costi fino a 50 volte inferiori a quelli che si ottengono da sieri animali e con minori pericoli, dal momento che le piante e l’uomo non hanno patogeni comuni.

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