ODERZO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1996)

Vedi ODERZO dell'anno: 1963 - 1996

ODERZO (v. vol. V, p. 623)

M. Tirelli

Fino a pochi anni or sono la fase protostorica era attestata solo da sporadici e casuali rinvenimenti: recenti scavi hanno permesso una parziale individuazione topografica dell'abitato paleoveneto e delle necropoli a esso relative e una più puntuale definizione cronologica dell'insediamento. L'abitato si localizza a un livello sottostante l'area stessa che sarà in seguito occupata dal municipio romano. Un nucleo di materiali ceramici, databili alla primissima Età del Ferro, tra il X e il IX sec. a.C., ne costituisce a tutt'oggi la documentazione più antica.

Delle necropoli, che con ogni probabilità dovevano disporsi tutto attorno l'antico centro, è stato finora individuato (1982) un unico tratto, nella collinetta artificiale detta Mutera, situata c.a 1 km a O della città, in località Colfrancui. Oltre a un nucleo di frammenti ceramici databili al VII sec. a.C., sono venuti alla luce una sepoltura di cavallo, testimonianza di un particolare rituale paleoveneto già documentato, p.es., ad Altino, Este, Adria e Padova, e i resti di una tomba a cremazione, databile nell'arco del VI sec. a.C. e distrutta dalla fossa di deposizione del cavallo.

Della città, in corso di romanizzazione, è stato di recente individuato, negli strati sottostanti l'impianto augusteo, un primo impianto urbano, inquadrabile cronologicamente tra la metà del II e la metà del I sec. a.C. Tale primitivo assetto urbano sembra configurarsi come logica conseguenza di quell'incremento edilizio che dovette caratterizzare la città negli anni in cui venne inserita, grazie alla Via Postumia, nell'orbita dei maggiori centri della Cisalpina. L'unica testimonianza monumentale di questa fase è costituita da un capitello corinzio-italico conservato nel locale Museo Civico.

Il successivo e definitivo impianto urbano è cronologicamente inquadrabile in età cesariana e augustea.

Recenti campagne di scavo hanno reso possibile una ricostruzione, seppure parziale, di alcuni settori della città relativi a questo assetto urbano. Il rinvenimento (1983-1992) dell'area forense e degli edifici siti lungo il suo lato SO si configura come la scoperta di gran lunga più importante.

La piazza del foro, lastricata in trachite euganea, misurava m 40 di larghezza totale e almeno m 98 di lunghezza, come risulta dal settore finora esplorato del lato SO. Lungo quest'ultimo correva un porticato, raccordato alla piazza da una gradinata, su cui prospettavano la basilica e una serie di botteghe. La basilica presenta una suddivisione di tipologia inconsueta, con due navate laterali disuguali, la più larga delle quali coincideva con il braccio antistante del portico; dato il pessimo stato di conservazione dei resti, la ricostruzione della sua pianta e, più in generale, di tutto il complesso forense si basa quasi esclusivamente sulle tracce delle trincee scavate per asportare blocchi di muri.

Le botteghe, tutte a pianta quadrata e delle medesime dimensioni, risultano allineate paratatticamente in duplice fila. In un momento successivo, che non è stato possibile definire puntualmente dal punto di vista cronologico, sull'area precedentemente occupata dalle botteghe vennero innalzati alcuni edifici a pianta rettangolare o pseudoabsidata, composti ciascuno da un'unica aula, la cui destinazione è suscettibile di diverse interpretazioni (sale di riunione di magistrati, sedi di corporazioni, sacelli di culto).

Il complesso forense risulta separato dai quartieri meridionali della città dal cardo maximus. Lo scavo che ha portato all'individuazione dell'area forense, ha contemporaneamente permesso l'esplorazione di una grande domus che costeggiava il lato SO del cardo stesso.

La domus, databile in età augustea, risulta costituita dall'aggregazione di due nuclei di ambienti ben distinti, con orientamento diverso. Notevoli sono i tre triclini, pavimentati in battuto a fondo bianco con ricco repertorio di motivi decorativi ottenuti con l'inserzione di tessere bianche e nere e di scutulae marmoree variopinte. Al medesimo ambito cronologico appartengono numerosi lacerti di pavimenti musivi, in cocciopesto e in battuto a fondo bianco rinvenuti nell'area posta immediatamente a S della domus.

Nelle immediate vicinanze settentrionali dell'area forense, nel 1988, è stato riportato alla luce un balneum, perfettamente allineato con l'impianto urbano di età augustea e inquadrabile in quest'ambito cronologico.

Due campagne di scavo (1971-1972 e 1984) nell'area dei quartieri settentrionali della città hanno portato al rinvenimento di un tratto di cardo e di un'altra domus. Quest'ultima presenta due fasi struttive, la prima databile all'età augustea, la seconda al II sec. d.C.

I resti di una terza domus, essa pure di impianto augusteo, sono stati riportati alla luce nel 1988 ai margini NO dell'antico centro urbano. Anche in questo contesto abitativo è stata rinvenuta una pavimentazione in battuto a fondo bianco decorata da scutulae marmoree variopinte.

Risale al 1986 il rinvenimento del molo fluviale, localizzato nel settore occidentale, a monte della città, probabilmente in relazione alla via Opitergium-Tridentum. È stato messo in luce un tratto d'angolo di banchina, costruito in massi squadrati di calcare su palificata lignea di fondazione, in relazione con un complesso sistema di arginature e barriere lignee, talvolta dotate di apparati spondali mobili, associate a «cassoni» con riempimento di frammenti fittili e laterizi. Tale opera è interpretabile come un sistema di regolamentazione del flusso della corrente verso un bacino opportunamente scavato.

L'ubicazione delle necropoli opitergine che dovevano, come di consueto, fiancheggiare le grandi vie extraurbane, resta in gran parte ancora da chiarire. Tuttavia una serie di campagne di scavo (1986-1993) in località Spinè, ha contribuito a far luce su un vasto settore della necropoli che si allineava lungo la strada che univa O. con la Via Postumia. L'impianto della necropoli è databile in età augustea, ma l'utilizzo della zona a scopo funerario risulta pressoché ininterrotto fino al IV-V sec. d.C., come attestano le numerose deposizioni databili in quest'arco cronologico. Sono testimoniati i riti della cremazione e dell'inumazione. Diversificata appare la tipologia delle tombe: in semplice fossa e in olla-ossuario, con o senza protezione dell'anfora segata, per le incinerazioni; ancora in semplice fossa, a cappuccina, in cassone laterizio e in anfora di tipo africano per le inumazioni. Tra i materiali di corredo si segnalano alcuni pregevoli esemplari di vasi vitrei.

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