occupazione
Modo di acquisto della proprietà a titolo originario (art. 923 e s. c.c.). Consiste nella materiale apprensione di una cosa mobile che non sia di proprietà di alcun soggetto (cosiddetta res nullius) con l’intenzione di farla propria. In alcuni casi si possono acquistare per o. anche beni mobili che invece sono di proprietà di determinati soggetti: per es., la fauna selvatica (che appartiene al patrimonio indisponibile dello Stato) abbattuta durante l’esercizio venatorio, nel rispetto delle disposizioni della l. 157/1992, appartiene a colui che l’ha cacciata. Per lungo tempo è stata assai discussa la natura negoziale o non negoziale dell’o., ma sembra oggi prevalente l’opinione che la qualifica come un atto non negoziale.
Provvedimento con cui la pubblica amministrazione dispone coattivamente la privazione o la limitazione del godimento di un bene, incidendo sulla sfera patrimoniale dei privati. Può essere disposta per l’esecuzione di opere di pubblica utilità, qualora l’avvio dei lavori sia caratterizzato da una particolare urgenza, tale da non consentire di attendere i tempi previsti per l’espletamento della procedura ordinaria di espropriazione. In questi casi, ai sensi dell’art. 22 bis del d.p.r. 327/2001 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità), l’autorità espropriante adotta, senza particolari indagini o formalità, un decreto motivato con il quale determina in via provvisoria l’indennità di espropriazione e dispone l’o. anticipata dei beni immobili necessari. L’esecuzione dell’o., preordinata alla realizzazione dell’espropriazione, deve avvenire nel termine perentorio di 3 mesi dalla data di emanazione del relativo decreto, che in ogni caso perde efficacia qualora il decreto di esproprio non sia emanato nel termine previsto dalla dichiarazione di pubblica utilità, ovvero in quello di 5 anni, decorrenti dalla data in cui diviene efficace l’atto che dichiara la pubblica utilità dell’opera.
Nell’ambito del procedimento espropriativo, accanto all’o. di beni immobili per ragioni d’urgenza si rinviene l’o. temporanea di aree non soggette a esproprio, cui si ricorre qualora risulti necessario per la corretta esecuzione dei lavori. L’o. temporanea è disposta con ordinanza, che viene eseguita secondo la disciplina di cui all’art. 49 del testo citato. In entrambe le fattispecie sopra descritte al proprietario è corrisposta una indennità di o., quantificata ai sensi dell’art. 50 del d.p.r. 327/2001.
L’o. d’urgenza può dare luogo alla cosiddetta o. appropriativa, definita anche espropriazione indiretta o accessione invertita. Si tratta di un istituto di creazione giurisprudenziale che consiste nell’acquisto a titolo originario, da parte dell’amministrazione, della proprietà del suolo occupato in modo illegittimo (bene immobile occupato senza titolo o in base a un provvedimento divenuto inefficace), qualora la realizzazione di un’opera pubblica determini una modifica irreversibile delle caratteristiche e della destinazione del medesimo fondo. Parte della dottrina e della giurisprudenza sono contrarie all’introduzione e al consolidamento di un simile istituto, ritenendolo peraltro non conforme ad alcune disposizioni di rango comunitario.
Situazione di un territorio preso in possesso da parte di uno Stato cui detto territorio non appartiene in sovranità (Territorio. Diritto internazionale).
Gli effetti di diritto internazionale prodotti dall’o. possono essere diversi, a seconda della diversa posizione giuridica originaria del territorio: nel caso, cioè, che esso non appartenga in sovranità ad alcun altro Stato (occupazione di territorio nullius); ovvero, nel caso che faccia parte del territorio di un altro Stato (o. di territorio altrui). Nell’una e nell’altra ipotesi, affinché l’o. costituisca una situazione giuridica, occorre che essa sia effettiva, ossia che lo Stato occupante sia realmente in condizione di assicurare il controllo e di esercitare i poteri previsti dal diritto internazionale sul territorio occupato.
Occupazione di territorio nullius. - L’o. di un territorio non sottoposto alla sovranità di alcuno Stato è compiuta allo scopo di acquistare la sovranità su di esso. In tal caso, l’o. è un modo di acquisto originario del territorio, in quanto non implica alcun trasferimento di sovranità da uno Stato ad un altro Stato. L’o. deve accompagnarsi alla volontà di acquistare la sovranità del territorio (animus possidendi) e non può consistere solo in atti formali o simbolici, quali la pubblicazione di proclami o l’innalzamento della bandiera, ma deve affermarsi concretamente, con l’istituzione di organi idonei a esercitare la potestà di governo sul territorio in modo effettivo e permanente.
La semplice ‘scoperta’ del territorio, non trasformatasi in occupazione effettiva, non costituisce titolo sufficiente né all’acquisto del territorio, né alla priorità per l’acquisto stesso. Tale forma di o. ha ormai valore puramente storico, legato al periodo delle grandi scoperte geografiche e dell’espansione coloniale.
Occupazione di territorio altrui. - L’o. di un territorio appartenente in sovranità ad un altro Stato può assumere varie qualificazioni giuridiche; sono da menzionare, in particolare: l’occupazione bellica, l’o. armistiziale, l’occupazione convenzionale post-bellica.
Le fonti principali delle norme internazionali in materia di o. bellica sono il regolamento allegato alla IV Convenzione dell’Aia del 18 ottobre 1907 (art. 43 e seg.), la IV convenzione di
In passato, l’o. bellica poteva concludersi anche con l’annessione del territorio occupato allo Stato occupante, in caso di debellatio dello Stato occupato; tale conseguenza dell’o. bellica non è invece ammessa nel diritto internazionale contemporaneo, nel quale vige il divieto dell’uso della forza nelle relazioni fra Stati e, in particolare, la qualificazione della guerra di aggressione come crimine internazionale (Guerra; Aggressione. Diritto internazionale).
L’o. armistiziale è quella che si prolunga dopo la conclusione di una convenzione di armistizio fra la potenza occupante e quella che subisce l’o. stessa. Si differenzia dall’o. bellica nella misura in cui le clausole della convenzione di armistizio e le successive intese eventualmente intercorse fra Stato occupante e Stato occupato stabiliscano una disciplina diversa da quella di diritto internazionale generale.
L’insieme delle forze di lavoro occupate, e anche l’assorbimento di lavoro da parte delle attività produttive di un dato sistema economico in un dato momento. Secondo le definizioni adottate dall’ISTAT, che corrispondono a quelle raccomandate dagli Enti internazionali, l’aggregato occupati comprende sia le persone in età di 15 anni e più che dichiarano di possedere un’o. (occupati dichiarati) sia quelle che, pur dichiarando una condizione diversa da quella di occupato, hanno effettuato almeno un’ora di lavoro nella settimana del campionamento (altre persone con attività lavorativa). Tra gli occupati sono dunque inclusi anche i cosiddetti sottoccupati, ossia coloro che svolgono un lavoro effettivo di qualità più scadente (per livello di retribuzione, stabilità ecc.) rispetto a quello abituale oppure che lavorano a tempo parziale. La differenza tra il complesso del lavoro disponibile e l’o., sia in termini di unità di lavoro sia in termini di ore di lavoro (la differenza cioè tra l’insieme delle forze di lavoro esistenti e il numero dei lavoratori occupati), dà la disoccupazione fenomeno che non è però inteso univocamente ed è suscettibile di varie qualificazioni e classificazioni. Per piena o. (full employment) s’intende non l’occupazione di tutta la forza lavoro ma solo di quella disponibile a occuparsi dato il salario dell’economia; in altri termini, gli individui che volontariamente non sono disponibili a occuparsi al salario vigente non vengono considerati come disoccupati. La disoccupazione viene solitamente scissa in strutturale e frizionale; la prima attiene alla definizione di disoccupazione vera e propria, cioè a un sistema di mercato che non riesce a occupare tutti gli individui che si offrono come lavoratori. La seconda è di natura ‘fisiologica’ e rappresenta solo lavoratori temporaneamente disoccupati a causa dei ritardi temporali esistenti nel passaggio tra una occupazione e un’altra.
1. Il mercato del lavoro negli economisti classici e neoclassici
Nel modello neoclassico la sostituibilità dei fattori produttivi (capitale e lavoro) e la perfetta flessibilità dei loro prezzi fanno invece sì che il sistema economico si muova nel lungo periodo sempre verso il pieno impiego. In effetti qualsiasi perturbazione, anche di tipo tecnologico, che si verifichi sul mercato del lavoro si traduce in una rapida modificazione dei prezzi e dei salari in modo da ristabilire l’equilibrio di piena occupazione. Di conseguenza, quando il salario è al livello di equilibrio, la disoccupazione esistente è volontaria e può verificarsi nel breve periodo solo a causa dell’imperfetta valutazione da parte degli individui (lavoratori, consumatori e imprese) dell’andamento futuro dei prezzi e dei salari.
2. Le teorie keynesiane dell’occupazione
J.M. Keynes mise in luce (1936) come possa invece riscontrarsi disoccupazione involontaria anche in situazione di equilibrio e, soprattutto, dimostrò la rigidità dei salari reali in periodo breve e la dipendenza del volume dell’o. dal livello della domanda effettiva di beni e servizi e, assunta come relativamente stabile la propensione al consumo, dagli investimenti (➔ macroeconomia). Secondo la primitiva ipotesi statica posta da Keynes e gli apporti integrativi di altri economisti (J.R. Hicks, O.R. Lange, A.C. Pigou ecc.), salvo casi eccezionali di aspettative molto elastiche, ogni sistema economico potrebbe raggiungere la piena o. attraverso riduzioni adeguate dei prezzi e dei salari monetari; tuttavia, dato il lungo periodo necessario per tale adattamento e il disagio e l’incertezza che deriverebbero dal suo processo, è consigliabile invece il ricorso all’aumento della spesa pubblica, anche a debito (deficit spending), per compensare l’insufficienza della domanda effettiva globale dei privati qualora non si riesca a stimolarli sufficientemente, e inoltre alla redistribuzione del reddito a mezzo del sistema fiscale, in modo da accrescere la parte goduta dalle classi meno abbienti che hanno una più elevata propensione al consumo. Inoltre tali economisti affermano che la stessa riduzione dei salari comporterebbe una riduzione del potere di acquisto, anche in presenza di una riduzione dei prezzi (real balance effect) tale da contrarre la domanda globale e quindi lo stimolo per le imprese ad aumentare la quantità di lavoro domandata.
Alla teoria keynesiana si riallacciano anche: la teoria della maturità economica o del ristagno secolare di A.H. Hansen, sorta come interpretazione della grande crisi del 1929 e affermatasi negli USA, la quale sostiene che nelle economie capitalistiche, dato il declino delle opportunità di investimento, il sistema economico è destinato a permanere in uno stadio di sottoccupazione, a meno che lo Stato non intervenga con la tassazione redistributiva e con il deficit spending; e la teoria del cosiddetto effetto di Ricardo, elaborata da F.A. von Hayek, che, pur ritenendo la crisi dovuta a insufficienza della domanda effettiva, la considera inizialmente dipendente dalla caduta della domanda dei beni di investimento.
3. La disoccupazione involontaria
Le due principali posizioni sulla disoccupazione involontaria sono quella degli economisti nuovi classici (noti anche come economisti delle aspettative razionali) e quella dei cosiddetti neokeynesiani. I primi, applicando l’analisi tradizionale della domanda e dell’offerta al mercato del lavoro, affermano che la disoccupazione è un fenomeno di disequilibrio che deriva dalla prevalenza e dalla persistenza su tale mercato di salari reali e monetari più elevati di quelli che la domanda di lavoro sia disposta ad accettare. La soluzione per essa è quindi diminuire i salari reali, o al massimo sussidiare la ricerca di lavoro per ridurre i tempi e quindi i periodi di inattività. Ogni stimolo intenzionale della domanda di lavoro (mediante politiche monetarie e fiscali espansive) condurrebbe invece soltanto a un aumento dell’inflazione (curva di Phillips) e/o a una diminuzione degli investimenti privati mediante un aumento dei tassi di interesse; analogamente ogni limitazione del progresso tecnologico che comporta una sostituzione del capitale al lavoro (e quindi una riduzione degli occupati) provocherebbe un rallentamento della
I secondi riprendono le tesi keynesiane evidenziandone i fondamenti microeconomici di razionalità, e affermano che la disoccupazione risulta da un livello di equilibrio del prodotto nazionale insufficiente a richiedere i servizi produttivi del totale dell’offerta di lavoro. Di conseguenza, per raggiungere la piena o. sono necessarie misure espansive della domanda e, nel breve periodo, anche monetarie; innovazioni che risparmino
In
Con più specifico riferimento all’o. giovanile particolare rilievo assume il nuovo ruolo attribuito dal d. legisl. 276/2003 al contratto di apprendistato. Ulteriori misure sono state introdotte, in questa materia, dal d.l. 185 /2008 (convertito in l. 2/2009), che ha previsto, tra le varie misure straordinarie volte a fronteggiare la disoccupazione, l’istituzione di un Fondo di sostegno per l’o. e l’imprenditoria giovanile. Infine, nell’ambito degli interventi volti a promuovere le pari opportunità, la l. 53/2000 ha recato disposizioni a sostegno della maternità e della paternità, per