OCCHIO

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1979)

OCCHIO (XXV, p. 116; App. II, 11, p. 432; III, 11, p. 292)

Giovanni Battista Bietti

Anatomia e fisiologia. - Notevoli progressi sono stati realizzati nella conoscenza delle più minute strutture dei tessuti oculari, attraverso una vasta utilizzazione della microscopia elettronica, e dei fenomeni neurochimici, che sono alla base della visione.

Risultati particolarmente importanti sono stati ottenuti soprattutto in ciò che concerne la struttura della retina, con particolare riguardo a quella degli elementi del neuro-epitelio. Da segnalare in special modo la struttura a dischi sovrapposti dei membri esterni delle cellule visive (coni e bastoncelli), la precisa localizzazione e l'approfondimento conoscitivo del ruolo funzionale dei pigmenti fotosensibili.

Sono state ulteriormente approfondite le conoscenze sui processi biochimici della visione e in particolare sul ruolo svolto dalla vitamina A nelle sue due forme: il retinolo (precedentemente chiamato Vit. A1) e il 3-diidroretinolo (precedentemente chiamato Vit. A2). I cromofori sono le aldeidi rispettivamente dei retinolo (retinal, già chiamato retinene 1) e del 3-diidroretinolo (3-diidroretinal, precedentemente chiamato retinene 2). Questi composti sono legati a diversi tipi di opsine (proteine incolori) presenti nel segmento esterno dei bastoncelli e dei coni. Le quattro classi principali di pigmenti fotosensibili sono dovute alla combinazione dei due retinali con i diversi tipi di opsina. La rodopsina è, com'è noto, il pigmento dei bastoncelli e il suo massimo spettro di assorbimento si trova intorno ai 500 nm. Nei coni si sono riconosciuti tre diversi pigmenti fotosensibili, con massimi di assorbimento rispettivamente a circa 445 nm (sensibile all'azzurro), a 535 nm (sensibile al verde) e a 570 nm (sensibile al rosso). La retinaldeide si presenta con cinque diverse strutture molecolari: i cosiddetti cis-isomeri. Solo l'11 cis-isomero si coniuga con le opsine. Con l'assorbimento della luce si modifica l'isomero suddetto e si determina una struttura "tutto-trans" del retinolo, reazione che richiede l'intervento della deidrogenasi e del DPN (cozimasi).

Il processo della visione - al quale ha portato fondamentali contributi G. Wald - è quindi legato all'assorbimento dell'energia elettromagnetica (porzione visibile dello spettro) da parte dei dischi pigmentati del membro esterno dei coni e dei bastoncelli, ciò che determina un impulso nervoso trasmesso poi alle zone cerebrali visive.

Patologia. - Sono state approfondite le conoscenze sui processi degenerativi, principalmente senili, ma anche eredo-familiari, della cornea e del fondo oculare.

È anche identificata una congiuntivite emorragica acuta epidemica (sostenuta da picornavirus) che si è diffusa dal Giappone sino all'Atlantico, principalmente lungo una fascia subtropicale, ma anche con focolai sporadici in altre aree geografiche. Una degenerazione corneale a bandelletta con formazioni nodulari di aspetto ialino è stata identificata come proveniente da fattori ambientali in climi tropicali aridi, ma anche fortemente freddi, ove un fattore determinante è rappresentato da microtraumatismi di particelle di sabbia o di ghiaccio sollevati da vento intenso. E conosciuta anche come "cheratopatia climatica". Si sono altresì notevolmente accresciute le conoscenze sulla partecipazione dell'apparato oculare a malattie generali. Da segnalare principalmente le acquisizioni nel campo di malattie dismetaboliche, di quelle nervose e delle dermatosi.

Un problema che tuttora appassiona gli oculisti e i microbiologi è quello del grado di parentela esistente tra due noti agenti della patologia oculare, cioè Chlamidia Trachomatis (responsabile del tracoma) e Chlamydia oculo-genitalis (responsabile della congiuntivite da inclusi sia del neonato che dell'adulto). Sappiamo oggi che i legami tra i due agenti, d'identica morfologia, sono molto stretti, anche se le indagini immunologiche hanno mostrato che dei 14 sierotipi di Chlamydiae sono i primi quattro della classificazione (A, B, Ba, C) a essere abitualmente presenti nel tracoma ove questo è endemico.

Gli studi immunologici hanno anche stimolato un buon numero di ricercatori all'allestimento di vaccini antitracomatosi. Questi si ottengono per lo più con corpi elementari coltivati nel sacco vitellino dell'uovo di pollo fecondato e uccisi poi, per es. col formolo. Il vaccino, somministrato per iniezioni, è in grado di conferire un'immunità verso l'infezione tracomatosa, immunità che è però di durata limitata, onde non è stato ritenuto consigliabile raccomandarlo su vasta scala nelle zone ove il tracoma (che colpisce 400-500 milioni di individui nel mondo) è molto diffuso. Secondo la nostra esperienza, tuttavia, esso può servire a una vaccinazione "selettiva" in persone particolarmente esposte al contagio (medici, missionari, infermieri, turisti, familiari sani di famiglie tracomatose). Esso inoltre migliora su scala individuale il decorso della malattia trattata con chemioterapici e antibiotici ed è in grado, per un certo tempo, di prevenire le reinfezioni tracomatose.

Per la bibliografia, v. oculistica, in questa Appendice.

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