NUOVA GUINEA

Enciclopedia Italiana (1935)

NUOVA GUINEA (A. T., 162-163 e 164-165)

Ferdinando MILONE
Carlo ERRERA
Giovanni NEGRI
Mario SALFI
Hendricus Johannus Tobias BIJLMER
Iliehard DANGEL
Richard DANGEL
Carlo TAGLIAVINI
Gennaro MONDAINI
Giuseppe MOLTENI
Adriano ALBERTI
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GUINEA È la maggiore isola dell'Oceania e la più grande del globo, dopo la Groenlandia: la sua superficie, infatti, raggiunge quasi gli 865 mila kmq. (oltre due volte e mezzo l'area della penisola italiana). Per la sua struttura geologica è intimamente connessa con le terre dell'Arcipelago Indiano, poiché rappresenta la continuazione, e la culminazione insieme, contro l'ostacolo opposto dall'antico baluardo australiano, del ripiegamento recente che ha fatto emergere le isole della Sonda e le Molucche (v.).

Una bassa soglia sottomarina unisce l'isola all'Australia: un sollevamento di poche diecine di metri nel fondo dello Stretto di Torres basterebbe a unire le due terre. Gl'intimi legami geologici di esse sono, poi, dimostrati con evidenza dai massi granitici diffusi nel mezzogiorno della Nuova Guinea, i quali trovano chiaro riscontro nelle ampie espansioni della stessa roccia nel continente, dove forma tutta la parte orientale della penisola del Capo York, e nella serie di isole granitiche, più o meno dissimulate dalle costruzioni coralline, che attraversano lo Stretto di Torres.

Le sue forme a qualcuno hanno ricordato quelle di un uccello gigantesco, col capo rivolto all'occidente; ed effettivamente l'isola si allunga con direzione ONO.-ESE., e raggiunge la maggiore estensione in latitudine verso la sua metà. Assai meno tozza del vicino continente, assume forme esili nelle sue estremità: in quella di NO., a cui l'ampia Baia di Geelvink, profondamente inoltrantesi nelle terre, dà carattere peninsulare; e nell'estremità di SE., che, sempre più assottigliandosi, si protende nel mare, contornata da alcune isole maggiori e da infinite altre più piccole.

La Nuova Guinea è divisa in tre territorî politicamente distinti: 1. la Nuova Guinea Olandese, che comprende la metà occidentale dell'isola sino al 141° di long. E.; 2. il Territorio dei Papua, che comprende la Nuova Guinea di SE. e le isole adiacenti, il quale dipende dalla Federazione australiana; 3. il Territorio della Nuova Guinea o ex-protettorato tedesco, che comprende la Nuova Guinea di NE. (Kaiser Wilhelms Land), l'arcipelago di Bismarck e le isole più settentrionali del gruppo delle Salomone, amministrato dalla Federazione australiana per mandato della Società delle nazioni.

Sommario. - Esplorazioni e missioni (p. 56); Geologia e morfologia (p. 57); Idrografia (p. 58); Clima (p. 58); Flora (p. 58); Fauna (p. 59); Antropologia (p. 59); Etnografia (p. 59); Storia (p. 62). - Nuova Guinea Olandese (p. 63). - Territorio dei Papua (p. 63). - Il territorio di mandato della Nuova Guinea (p. 64).

Esplorazioni e missioni. - Quale navigatore europeo abbia primo rivelata l'esistenza di questa grandissima isola, rimane incerto tuttora. D'una pretesa scoperta portoghese del 1511 manca ogni prova, ed è piuttosto da ritenere sia stato lo scopritore quel Jorge de Meneses portoghese che, spinto dal monsone di NO. toccò la sponda settentrionale dell'isola nel 1526 e la chiamò Papùa dal nome degli abitanti; ritoccò l'isola nel 1528 Álvaro de Saavedra, e Nuova Guinea la denominò un altro spagnolo, Inigo Ortíz de Retes, per avervi nel 1545 incontrato sulla costa settentrionale gente negra che gli parve somigliare assai ai negri africani.

Del 1605 è il primo approdo dei nuovi conquistatori olandesi, avendo la nave Duifken, comandata da Willem Janszoon, seguito la costa meridionale, dall'isola del principe Federico Enrico verso lo stretto che oggi è detto di Torres. Questo nome dello stretto documenta tuttora una scoperta spagnola del 1606, poiché Luis Váez de Torres, avendo navigato fino a questi paraggi con la spedizione di Pedro Fernández de Quiros, proseguì, dopo che il suo capitano ebbe rivolto le prue verso l'America, la navigazione per conto proprio, prima fra le isole Luisiadi, poi lungo la costa meridionale della Papuasia arrivando fino al capo Falso dell'isola Federico Enrico, percorrendo cioè tutto il braccio di mare fra la Nuova Guinea e l'Australia. Il Torres prese anche possesso dell'isola per la Spagna, ma né questa diede alcun valore alla scoperta né lo stesso distacco reciproco delle due grandi terre fu per lungo tempo creduto.

Pochi anni dopo, la spedizione olandese di Wouters Schouten e di Isaac Lemaire, dopo essere entrata nel Pacifico girando a S. della Terra del Fuoco, navigò fin qui (1616) e girò a N. la grande isola dando nome a molti punti della costa, tra altro al gruppo delle isole Schouten. Nel 1623 una spedizione, affidata dal governatore olandese delle Molucche a Jan Carstenszoon, raggiunge la costa meridionale e scopre da lungi nell'interrio una catena coperta di nevi, nella quale la vetta più alta porta oggi appunto il nome di lui; conferma però ancora il Carstenszoon la pretesa congiunzione dell'isola con l'Australia, che neppure Abel Janszoon Tasman potrà smentire, ritornando nel 1644 dalla scoperta della Nuova Zelanda lungo la costa settentrionale della Papuasia.

Mezzo secolo più tardi reca nuova luce la memoranda spedizione di William Dampier inglese, che, visitata nei primi giorni del 1699 la estrema costa occidentale dell'isola, indi passato per lo stretto che conserva il nome di lui fra la costa papuana e l'isola Waigeo, navigò la sponda settentrionale quasi intera, riconoscendo l'isolamento della Nuova Britannia dall'isola maggiore. Ogni altra esplorazione è poi trascurata per molti decennî, se si prescinde dalla spedizione della nave olandese Geelvink, che nel 1705 esplora la grande baia che conserva ancora il suo nome. Finalmente nel 1768 ripercorre la sponda settentrionale da E. a O. il francese L.-A. de Bougainville, e nel 1770 James Cook, raggiungendo dall'australiana penisola del Capo York la costa papuana fronteggiante, dimostra in modo incontrovertibile il distacco dell'isola dall'Australia che in verità era stato rivelato dal malcompreso Torres tanto tempo prima.

Col sec. XIX cominciano anche qui, come nell'Australia, le esplorazioni costiere più minute e poi la penetrazione nell'interno. Particolari notevoli dà il francese Dumont D'Urville, approdato sulla costa nord nel 1827, e un rilievo minuzioso della stessa costa si ha per 350 leghe grazie all'approdo dell'Astrolabe condotto dal D'Urville stesso e a una sua ricognizione prolungata fin oltre il capo di Buona Speranza. Ma maggiori esplorazioni conseguono alla presa di possesso da parte di potenze colonizzatrici: i Paesi Bassi, la Gran Bretagna e la Germania. Spedizioni scientifiche sempre però limitate alle coste si hanno nel settore occidentale per opera di A. R. Wallace con cinque viaggi (1856-63) e di Rosenberg (1869-71) inviato dal governo olandese, nonché del russo Miclucho Maclay (1874) lungo l'orlo meridionale. Isolati, senza appoggio del patrio governo, compaiono anche viaggiatori italiani: il Cerruti (1860) nel golfo di Mai Cluer, e, assai più notevoli, primi ad avanzarsi nell'interno sfidando la foresta insidiosa e gl'indigeni ostili, i due naturalisti Luigi Maria D'Albertis e Odoardo Beccari, che nel 1872 tentano qualche breve escursione entro la doppia penisola occidentale; il D'Albertis stesso poi nel 1874, accompagnatosi con l'inglese S. MacFarlane che aveva con poco frutto esplorato sul versante meridionale il corso del Mai Kassa, risale fin nel centro dell'isola, con un piccolo piroscafo, il fiume Fly, e vi ritorna senza più compagni europei nel 1875 e nel 1876 arrivando fino alla catena centrale cui dà nome di Monti Vittorio Emanuele.

Altre minori esplorazioni d'altre fiumane si susseguono per opera di varî viaggiatori: come gl'inglesi E. F. Bevan e Douglas, J. Chalmers e Gill nell'estrema penisola SE., e ancora Clarkson e G. Hunter, tutti nella parte inglese dell'isola, tra il 1870 e il 1890. Per cura del governo germanico si compie l'esplorazione minuta della costa NE., e dapprima Oscar Finch, poi il Dallmann, poi lo Schrader e finalmente, per 300 km., il von Schleinitz risalgono il fiume Augusta massimo del versante settentrionale. La prima traversata dell'isola tenta dalla sponda tedesca Otto Gregor, che nel 1896 e nel 1898 attraversa l'isola dov'è meno larga all'altezza di Port Moresby; si devono al Mac Gregor stesso altre numerose esplorazioni della porzione britannica e, tra altro, l'ascensione della più alta cima dei monti Owen Stanley a più di 4000 m.

Altre spedizioni per una conoscenza più particolareggiata delle singole parti sono poi state condotte per cura dei singoli governi anche in anni più recenti, incontrando assai spesso gravissime difficoltà sia per l'intricata vegetazione, sia per l'asprezza del terreno montagnoso e dei rapidi fiumi, sia anche per il contegno malfido degl'indigeni: così che pur oggi non poco manca a una conoscenza completa delle terre più discoste dal mare.

L'attività delle missioni cristiane si svolse soprattutto a partire dalla seconda metà del sec. XIX, per opera principalmente di missioni cattoliche (missionarî del Sacro Cuore di Gesù, Società del Divin Verbo di Steyl, e maristi), e riformate di diverse confessioni e nazionalità (missioni anglicane della società londinese, e metodiste wesleyane; missioni della società missionaria di Neuendettelsau e della Rheinische Missionsgesellschaft). I missionarî tedeschi, cattolici e luterani, hanno operato soprattutto nella parte della Nuova Guinea già tedesca, dove sono rimasti o ritornati nel dopoguerra.

Geologia e morfologia. - La struttura orografica dell'isola appare dominata da un'elevata serie di rilievi, la quale, leggermente piegata ad arco, ne costituisce la potente spina dorsale, dalla baia di Geelvink all'estremità sud-orientale; e a NO., dopo aver subito una strozzatura tra la baia anzidetta e l'angusto golfo di Bintoeni, si allarga ancora a settentrione di questo. È un complesso di potenti catene, che si allunga per circa 2000 km., con una larghezza media di 150. Parecchie sono le cime che si avvicinano ai 5000 m. di altezza, oltrepassando il limite delle nevi persistenti, che qui pare si mantenga intorno ai 4500 o 4600.

Le maggiori altitudini si raggiungono a ovest nella Nuova Guinea Olandese, dove la larghezza della catena appare minore, ma con più ripido pendio i monti si adergono imponenti sulla pianura meridionale: se, infatti, nella penisola occidentale i rilievi si espandono alquanto e nei monti di Arfak le vette più alte non raggiungono i 3 mila metri, e su per giù alla stessa altezza si mantengono, secondo gli ultimi rilievi, i monti Carlo Luigi, a oriente dell'Omba; ben presto i monti Nassau si avvicinano ai 5 mila metri (cima Carstensz, m. 4788, che è forse la vetta più alta di tutta l'isola); e con diverse altre vette (cima Guglielmina, m. 4750; cima Giuliana, m. 4720; e forse alcune altre ancora), su per giù della medesima altezza, la fascia montuosa procede verso oriente neì monti Orange, meno larga, ma assai ripida e impervia a mezzodì, sino oltre i 140° di longitudine.

Tutta questa parte delle montagne centrali pare che si componga di rocce antiche, in prevalenza filliti, gneiss, scisti cristallini e, parzialmente, anche graniti, nella sua base; ma un ampio e spesso mantello di arenarie e calcari mesozoici e cenozoici si è sovrapposto a tale imbasamento e forma le vette più elevate.

A levante del 141° meridiano, questi rilievi centrali continuano ininterrotti, su per giù con gli stessi caratteri; ma dapprima scemano d'altezza, e si espandono; poi, più a oriente, dove piegano nettamente verso SE., si restringono di nuovo in larghezza e aumentano di nuovo in altitudine, presentando diverse cime al disopra dei 3500 m. Ma, in complesso, l'altezza media dei rilievi nella metà orientale dell'isola risulta di parecchio inferiore a quella dei monti occidentali.

Non appena dalla Nuova Guinea Olandese si passa nella metà orientale dell'isola, oggi amministrata dalla Confederazione australiana, s'incontra, subito a E. del 141° meridiano, lo Star Range, che fa da spartiacque tra i due fiumi più noti dell'isola, il Sepik e il Fly, ed è il punto d'incrocio delle tre ripartizioni territoriali in cui è divisa l'isola stessa. In questa catena nell'Antares si superano i 4000 m. e nel Capella i 3990 m. Un po' meno elevati, i rilievi continuano verso oriente coi M. Vittorio Emanuele (3000-3600 m.) e coi M. Centrali, che, a loro volta, si collegano coi M. Schrader e con quelli di Bismarck: di queste ultime due catene, parecchio più bassa è la prima (circa 2300 m.); parecchio più alta la seconda, che nelle cime Herbert e Wilhelm oltrepassa di nuovo i 3900 m. Su per giù alla longitudine dei M. Centrali e di Bismarck, che si prolungano ancora a oriente coi Krätke (circa 3050 m.), il rilievo centrale raggiunge la sua maggiore espansione e si affaccia sulle pianure meridionali coi M. Musgrave. Quindi, sempre più piegando verso SE., si restringe in superficie e costituisce l'estremità orientale dell'isola, dove si sogliono distinguere i monti Stirling, Hornby, Owen Stanley, Albert Victor, Sir Arthur Gordon, e dove si raggiungono le maggiori altitudini negli Owen Stanley (M. Vittoria, m. 4032).

Anche qui l'imbasamento della montagna si compone di gneiss e scisti cristallini, uniti ad argilloscisti e a rocce profonde ed effusive, a cui si sovrappone una coltre di arenarie; ma lo spessore di questa coltre appare minore che nell'occidente e, procedendo verso l'E., essa scompare quasi del tutto. Rimangono, così, a costituire questi monti le sole rocce scistose, che in alcune zone presentano ricche vene di quarzo aurifero, e diffusi vi appaiono anche i graniti, ai quali si uniscono rocce eruttive recenti: ancora è viva nel ricordo degl'indigeni una forte eruzione, che si ebbe nel vulcano Nelson, il quale non può dirsi del tutto spento. Ma più frequenti, anzi predominanti, appaiono le recenti costruzioni vulcaniche negli arcipelaghi D'Entrecasteaux e Luisiade, nei quali la catena si prolunga nel mare.

Una seconda serie di rilievi ripete a settentrione, in vicinanza della costa nordica, l'andamento della catena principale: tra le due serie di rilievi scorrono i maggiori fiumi dell'isola. Anche in questa seconda catena, la metà occidentale, appartenente alla Nuova Guinea Olandese, è assai meno nota dell'altra, più orientale, che fa parte del territorio affidato per mandato. alla Federazione australiana. Mentre, infatti, i rilievi a O. del 141° meridiano non furono quasi esplorati e, tranne qualche eccezione, per lo più non hanno neppur nome; subito a E. della longitudine indicata, invece, si distinguono le seguenti catene: i M. Bougainville, che raggiungono i 1200 m. e che coi M. Bewani, su per giù della stessa altezza, si espandono sino alla valle dell'alto Sepik; i M. Torricelli, che non toccano i 1000 m.; i M. del Principe Alessandro, anch'essi intorno ai 1900. Con questi ultimi, il rilievo bruscamente s'interrompe e dà luogo a un'ampia bassura, nella quale il Sepik e il Ramu svolgono il loro corso inferiore. A oriente di tale bassura, tra il corso del Ramu e del Markham e la costa, il rilievo continua e raggiunge, anzi, anche maggiori altezze: il Finisterre Range supera i 3500 m. nelle cime Disraeli e Gladstone; e, più a levante, nella penisola di Huon, si ergono imponenti dapprima la catena Rawlinson e poi quella Saruwaged, che nella vetta omonima oltrepassa i 1200 m.

Anche in questa serie di rilievi, mentre nell'O. dominano le arenarie e le marne, col procedere verso l'E. queste rocce sempre più cedono il campo agli gneiss e agli scisti cristallini o argillosi, a cui si aggiungono materiali vulcanici. Come rileva il Geisler, è interessante osservare che la serie di materiali vulcanici, iniziatasi con le eruzioni andesitiche presso Eitape, si continua dritta verso l'E. e, attraverso le isole di Schouten, quelle di Long e di Umboi e attraverso i residui dell'isola Ritter, mena ai vulcani della Nuova Britannia.

Oltre la metà della superficie dell'isola risulta, dunque, notevolmente accidentata, e da qualche studioso si vuole che il rilievo della Nuova Guinea, insieme con quello delle isole adiacenti, rappresenti l'antico orlo del continente australiano. I monti descritti si stendono ad arco solo nella metà settentrionale dell'isola, e si ergono bruscamente dall'ampio territorio pianeggiante, che, in gran parte ancora malnoto, ne occupa tutto il mezzogiorno, dove s' incontra qua e là qualche serie di colline più o meno elevate, ma dove di gran lunga predominano le bassure, assai spesso, specie lungo le coste, affatto paludose e impraticabili.

Idrografia. - Come semplice risulta, in complesso, nelle sue linee generali la struttura di questa grande isola, così anche semplice ne è il reticolo idrografico. L'abbondanza e il regime delle precipitazioni, l'imponenza della catena assiale e la presenza in questa di numerosi ghiacciai, determinano fiumi importanti e ricchi d'acqua. Oltre a quelli numerosi e a carattere più o meno torrentizio, che presto si gettano nel mare, dove i rilievi sono vicini alla costa, e oltre a diversi altri minori, i fiumi che disservono un più ampio bacino sono: il Digoel e il Fly, nel mezzogiorno; il Mamberamo, il Sepik, il Ramu e il Markham, nel settentrione. I primi due si gettano nel mare con amplissimo delta, e, per la loro capacità di trasporto, rendono difficile la navigazione nei mari presso la foce. Il Fly, che è stato risalito per oltre 970 km., raccoglie le acque del versante meridionale dello Star Range e dei M. Vittorio Emanuele, ed è navigabile da piccole imbarcazioni per circa 850 km. Dal versante settentrionale degli stessi rilievi raccoglie le acque il Sepik, lungo circa 965 km. e largo alla foce quasi 2 km.; i piroscafi transoceanici possono risalirlo per un centinaio di km., e le imbarcazioni minori per 500 km. all'incirca. Il Ramu, lungo quasi 650 km., ha per suo bacino buona parte delle catene di Bismarck e Finisterre, ma uno sbarramento alla foce ne limita di molto la navigabilità.

Clima. - Per essere compresa tra l'equatore e l'11° grado di latitudine, la Nuova Guinea ha clima equatoriale, con temperature medie mensili appena oscillanti intorno ai 26° nelle zone costiere (l'amplitudine in molti luoghi non raggiunge neppure un grado); con precipitazioni che quasi ovunque superano il metro, ma spesso sorpassano anche i 3 m., e in qualche luogo raggiungono i 6 m. Ma temperature e precipitazioni variano, naturalmente, secondo l'altitudine e l'esposizione ai venti dominanti, che per la presenza dell'imponente catena principale, sono senza dubbio uno dei più efficaci fattori climatici. I venti che più agiscono nella distribuzione delle piogge sono: il monsone di NO. e l'aliseo di SE. Il primo soffia nell'estate australe, quando un'ampia regione di bassa pressione viene a formarsi nel N. del continente australiano: richiamate da quell'area di depressione, le correnti aeree provenienti dal nord investono la parte settentrionale dell'isola, e vi lasciano cadere abbondanti le precipitazioni. Nelle altre stagioni dell'anno, invece, è l'aliseo di SE. che predomina, e che investe in special modo l'estremità sud-orientale dell'isola, irrorandola abbondantemente. E perciò le parti settentrionali dell'isola, meglio esposte al monsone estivo, ricevono piogge in quella stagione assai più che negli altri mesi dell'anno; mentre le regioni sud-orientali, meno colpite da quello, hanno estate quasi asciutta e piogge abbondanti durante tutto il resto dell'anno. Ma soprattutto la situazione topografica di un luogo modifica sensibilmente la quantità d'acqua che esso riceve e la distribuzione entro l'anno.

Solo scarsa importanza si può attribuire ai dati della seguente tabella, che non si riferiscono a un sufficiente numero di anni; essi, però, valgono a dimostrare che la differenza delle precipitazioni può essere notevole anche da una località all'altra della stessa costa sud-orientale dell'isola mentre solo di poco si discostano tra loro la temperatura e l'umidità.

Elevatezza delle temperature e dell'umidità relativa rendono poco salubre agli Europei il clima della regione costiera, dove in molte zone domina anche la malaria.

Flora. - La Nuova Guinea forma, con le isole Aru e Key e gli arcipelaghi di Bismarck e Salomon, una provincia botanica distinta del dominio dei monsoni, la ricca e polimorfa vegetazione della quale pure essendo, malgrado l'alta proporzione di endemismi paleogenici, strettamente affine a quella della porzione orientale dell'Asia tropicale e dell'arcipelago Malese, presenta inoltre numerosi trapassi alla flora della Polinesia e rapporti, meno importanti, con la flora australiana.

All'interno della costa, occupata, sui fondi fangosi e in corrispondenza degli estuarî, da Mangrovie, costituite da generi largamente diffusi nell'Asia orientale (Rhizophora, Brugniera, Avicennia, Sonneratia, Nipa) e popolata, al disopra del livello delle alte maree, da boschi di cocchi, alternati però anche da altre specie arboree (Casuarina equisetifolia, Thespesia populnea, Hibiscus tiliaceus, eec.), si inizia la foresta pluviale. Questa formazione, densa ed estremamente complessa, presenta una regolare stratificazione dei suoi piani di vegetazione, il superiore dei quali, elevantesi in media di una trentina di metri dal suolo, è formato da specie dei generi Ficus, Celtis, Pasania, Inocarpus, Mangifera, Eugenia, Rhus, ecc., e ne domina almeno due altri, sempre arborei e raggiungenti l'uno una ventina di metri, con Gnetum, Myristica, Ficus, Evodia, Aleurites, Pometia, ecc., l'altro limitato a circa dieci, con Cycas, Pandanus, Licuala, Pittosporum, Mallotus, Macaranga, ecc.; seguono verso il suolo un denso strato arbustaceo, molto ricco di specie e, nelle radure e nei punti particolarmente umidi, colonie di piante erbacee parimenti vigorose e variate. Le liane sono più abbondanti numericamente che specificamente (Lygodium, Calamus, Smilax, Piper, Aristolochia, Stephania, Viona, Parsonia, Ipomoea, Mikania, ecc.); le epifite rappresentate molto riccamente, ma predominantemente, da Felci, Licopodiacee, Briofite, più sporadicamente da Aracee, Orchidacee, Gesneracee, ecc. Questo è lo aspetto generale della foresta che riveste le alluvioni e il fondo delle valli; ma una densa coltre boscosa s'innalza sui pendii montani sino a un massimo osservato di 3800 m. s. m., mutando progressivamente di tipo con l'altezza. Una distinzione di zone altimetriche valida per tutto il distretto, non è ancora consentita dall'imperfezione delle nostre conoscenze; Lauterbach ha distinto, in parecchi settori, una foresta submontana fra 100 e 400 m. s. m., una montana fra 400 e 700 e finalmente una formazione boscosa superiore, propria della zona frequentemente nebulosa, estendentesi sino al limite della vegetazione arborea. Quest'ultima zona, che trova la sua corrispondenza nelle altre catene montuose della Malesia, è caratterizzata qui dal predominio delle Conifere (Araucaria, Libocedrus, Phyllocladus), pure accompagnate da numerose Angiosperme arboree, da un sottobosco ricco di rododendri, da una riduzione del numero delle liane, da abbondanti Lorantacee parassite e da un eccezionale sviluppo di Muschi e Licheni epifiti, con Felci, Orchidacee, Piperacee, Urticacee frammiste.

Una foresta secondaria infine, caratterizzata da specie arboree dei generi Trema, Premna, Mallotus, Macaranda, Acalypha, Phyllanthus, ecc.,. ripopola rapidamente i terreni abbandonati dalle colture indigene o comunque devastati, e può essere interpretata come una fase di ricostituzione della foresta primitiva, inevitabile quando il giuoco delle condizioni naturali venga lasciato liberamente a sé.

La foresta è naturalmente interrotta nelle aree sottratte all'azione del monsone per interposizione di catene montuose o altrimenti asciutte grazie a condizioni topografiche ed edafiche locali. La sostituiscono allora, specialmente verso i 400-500 m. s. m., vaste savane di tipo australiano formate, nel loro strato erbaceo, da Graminacee dei generi Imperata, Andfiopogon, Rottboellia, Ophiurus, Tremeda, Pennisetum, Apluda, intercalate da arbusti e da erbe di varie famiglie, Ipomoea, Anisomeles, Mussaenda, Melothria, Desmodium, Crotalaria, Lourea, Osbeckia, Wahlembergia, Vernonia, Blumea, ecc., e, per quanto riguarda il componente arboreo, sia sporadico, sia formante i comuni boschi a galleria, da specie dei generi Albizzia, Myristica, Rhytidocaryum, Codiaeum, Psychotria e in qualche punto, specialmente nella porzione meridionale dell'isola, anche Acacia ed Eucalyptus, accompagnati, nei limitati popolamenti che costituiscono in contatto con acque superficiali, da numerose forme cespugliose, felci, liane ed epifite. Invece dove le aree scoperte sono umide o acquitrinose la vegetazione erbacea è formata piuttosto da estesi popolamenti di Saccharum spontaneum e di Ciperacee, intercalate da palme (Metroxylon, Calamus) e da Pandanus.

Le vette montuose scoperte sono infine occupate da una flora di pascolo e di rupe costituita, come in tutte queste catene dell'estremo Oriente tropicale, da una caratteristica mescolanza di generi boreali e australi (Aira, Festuca, Scirpus, Carex, Uncinia, Ranunculus, Potentilla, Epilobium, Stypelia, Gentiana, Myosotis, Veronica, Euphrasia, Taraxacum, ecc.). Diels ha dedicato uno studio speciale a questa flora risultante dalla mescolanza di componenti molto varî. Sulle interessanti considerazioni che essa può suggerire e del resto sugli elementi genetici della flora papuasica in genere, v. oceania: Vegetazione.

Le piante di maggior valore per gl'indigeni sono, oltre a numerose specie locali utilizzate per una reale importanza economica o apprezzate per qualità più o meno fittizie, il cocco, il taro (Colocasia), varie specie di yam (Dioscorea). Diffusamente coltivate sono la canna da zucchero, il banano, l'albero del pane (Artocarpus incisa) e, come legume, l'Abelinoschus esculentus.

Fauna. - La fauna della Nuova Guinea appartenente al complesso della sottoregione austro-malese della regione australiana è scarsa di specie di Mammiferi. I Rosicanti vi sono in certo senso numerosi; fra questi noteremo, fra i topi, il ratto nuotatore, l'Uromys. Citeremo inoltre il cinghiale della Nuova Guinea, simile al nostro cinghiale, e diffuso in tutte le isole della Sonda. Tra i Marsupiali il Doncopsis Mülleri e il peramele, falangista, ecc. Notevole è la presenza nel SE. della regione dell'Echdna aculeata, il noto monotremo dal becco sottile, dalla lingua protrattile, dal pelo folto con corti aculei e dai forti unghioni alle zampe. Nel NO. vive un'altra specie di echidna: la Proechidna Bruijni. L'avifauna è oltremodo lussureggiante; la caratteristica famiglia delle Paradisee (uccelli del paradiso) è ricca di numerose specie peculiari, principalmente, della Nuova Guinea. Notevoli sono anche i pappagalli, fra cui varie specie di Cacatua. Fra i Gallinacei si notano i caratteristici megapodi e fra gli struzzi qualche specie di Casuarius. Numerosi i Rettili rappresentati da varie specie di serpenti, lucertole, testuggini. Gl'Insetti sono numerosissimi e specialmente fra i Coleotteri si annoverano specie bellissime per colori e ornamentazioni.

Antropologia. - I Papua sono gli aborigeni della Nuova Guinea. Un tipo di popolazione simile a quello della Nuova Guinea si trova anche negli arcipelaghi che la circondano. A mano a mano che si penetra nell'Oceania, questo tipo appare sempre più diluito da mescolanza di elementi polinesiani. Tuttavia la preponderanza della razza nera è così evidente nella parte sud-occidentale, che ad essa fu dato il nome di Melanesia. La popolazione negroide di questa regione, compresa la Nuova Guinea, costituisce la razza melanesiana. Di essa i Papua formano quindi la parte maggiore e più pura (v. melanesia: Antropologia).

Dominio dei veri Papua è la Nuova Guinea con le isole a essa più prossime di Nuova Britannia e Nuova Irlanda. La parte orientale della Nuova Guinea, che ne forma la lunga "coda", mostra chiari influssi degli arcipelaghi orientali e in essa non si trova più il tipo papua genuino. Il tipo puro vive a occidente d'una linea che va dal Capo Possession, sulla costa meridionale, al golfo di Huon su quella settentrionale. Lungo la costa settentrionale il cosiddetto influsso melanesiano si spinge un poco oltre e raggiunge il capo Bougainville. Ma questo influsso, che proviene dalle isole della Melanesia e che perciò più propriamente si chiamerebbe polinesiano o almeno oceaniano, è solo culturale con minime tracce fisiche. Le parti meridionale e occidentale della Nuova Guinea non subirono influssi stranieri, all'infuori d'un lievissimo influsso culturale indonesiano all'estremità occidentale.

Il tipo papua è chiaramente definito, sebbene soggetto, per natura, a forti variazioni. Il colorito è bruno scuro e da una certa distanza appare decisamente nero, sebbene non a tal punto quale si osserva in talune tribù melanesiane (specialmente i Buka). I capelli sono uniformemente crespi, sebbene nelle regioni della costa settentrionale appartenenti all'Inghilterra, il Neuhauss e il Hagen abbiano trovato alcuni casi eccezionali di capelli ondulati. Il colore dei capelli è nero, ma molti autori, e segnatamente il Neuhauss, fanno menzione di capelli rossicci e perfino biondi, specie in bambini. Effettivamente questo colore rossiccio s'incontra con frequenza, ma non si può affatto ritenere particolare dei Papua: esso è comune anche fra le tribù dell'Indonesia che non usano olio come cosmetico per ungersi i capelli. Esso è da ritenere il colore fondamentale del nero, colore che è, solo, invisibile, quando il pigmento nero raggiunge il pieno sviluppo. Si deve quindi credere che ciò che noi chiamiamo in Europa capelli rossi e biondi, non esiste tra i Papua. La statura di questa razza presenta forti differenze, variando da un minimo inferiore a 150 cm. fino a un massimo che supera i 170 cm. In questo ci è dato vedere una delle più notevoli caratteristiche dei Papua, cioè il loro passaggio graduale dalla statura di pigmei a una struttura più sviluppata. Dopo che nel 1907 la spedizione fatta dal Lorentz nelle montagne dell'interno ebbe scoperto la cosiddetta tribù di Papua pigmei Pesegem, le successive spedizioni che raggiunsero le montagne centrali, sia dell'E. e sia dell'O., scoprirono molte volte tribù pigmoidi dello stesso genere. I più piccoli sono i pigmei Tapiro del Mimika, scoperti dalla spedizione Rawling-Wollaston nel 1910 e descritti dal Haddon come Negriti (144,6 cm.). Ma s è constatato sul luogo che i Tapiro del Wollaston sono identici, p. es., ai Timorini che vivono presso il monte Guglielmina. È da ritenere, d'accordo con lo Schlaginhaufen, che i Papua pigmei costituiscano un tipo più piccolo di Papua e non una razza diversa. D'altra parte vi è molta somiglianza tra questi pigmei e i Negriti, sicché dopo la scoperta dei pigmoidi della Nuova Guinea, può esser dubbio se convenga considerare ancora i Negriti come una razza a sé. A un'identificazione non è di ostacolo neanche la forma del cranio. Certo la maggior parte dei Papua è dolicocefala, ma la mesocefalia è molto comune e non manca del tutto neppure la brachicefalia. Il tipo dei Papua pigmei nelle regioni centrali è tra mesocefalo e basso brachicefalo (indice cefalico: da 78 a 82), collegandosi in tal modo con l'estremità superiore della scala riscontrata fra i Papua comuni (indice cefalico da 72 a 78). Anche la fisionomia è la medesima: in entrambi prevalgono sia il tipo estremo camarrino e sia l'euriprosopico. Fra le tribù di piccola statura si trovano barbe e nasi semitici con la stessa frequenza con cui si trovano ora le tribù di statura più alta. Le tribù pigmee vivono in completo isolamento, almeno nella parte olandese della Nuova Guinea; verso oriente hanno invece qualche rapporto con le tribuù costiere.

Oltre alle tribù pigmee, uno dei tipi più cospicui dei Papua è rappresentato dagli abitanti della costa meridionale. Essi sono di statura alta e muscolosi, nettamente dolicocefali, e rivelano tendenza a un viso più stretto e al naso aquilino.

Etnografia. - I contrasti e le affinità delle culture papuana e melanesiana costituiscono il tema fondamentale della storia della civiltà della Nuova Guinea. Questa potrà essere scritta soltanto quando una ricerca particolare avrà esaminato le migrazioni delle singole tribù e i loro rapporti reciproci; argomenti divenuti di grande interesse proprio in questi ultimi tempi. Basi importanti offrono anche le terrecotte, i mortai e le schegge di pietra preistoriche trovate in molte località. Le più importanti tribù dell'isola sono le seguenti: nel Territorio dei Papua procedendo da O. a E., vivono i Kiwai (estuario del fiume Fly), i Namau (delta del Purari), i Roro (a O. del Capo Possession), i Mekeo (nel retroterra dei Roro), i Koita (Baia Redscar), i Motu (Port Moresby); nel Territorio di mandato vivono, procedendo dal NO. al SE.: i Walman (presso Eitape), i Monumbo (Potsdamhafen), i Bongu e i Bogadjim (Baia dell'Astrolabio), i Jabim e i Bukaua (Costa N. del Golfo Huon), i Kai (retroterra di Hatbon Finsch); delle numerose tribù della Nuova Guinea Olandese sono da ricordare i Mafoor in Doreh e nelle isole occidentali della Baia Geelvink, e i Marind-anim nell'estremo SE., che, conosciuti prima come Tugeri o Kaya-Kaya, si spingevano per le loro cacce alle teste fin nell'interno del Territorio dei Papua, dove del resto si trovava forse la loro terra d'origine.

Eccettuati casi particolari, l'economia è basata principalmente sull'agricoltura e sulle piantagioni di alberi da frutta.

Nei giardini si coltivano taro, yam, batata, cocomeri, zucche, cetrioli, fave, banane, canna da zucchero e occasionalmente anche il tabacco e il Piper methysticum. Degli alberi da frutta si coltiva specialmente la palma da cocco, le cui piantagioni sono situate di solito in vicinanza del villaggio; la palma da sago, che per lo più cresce selvatica nelle bassure paludose, viene pure coltivata qua e là, p. es. presso i Kiwai, e fornisce un alimento pregiato che viene ricavato ovunque con metodi ingegnosi. I campi dovettero essere guadagnati mediante il dissodamento della foresta; lavoro assai faticoso prima dell'introduzione delle scuri di ferro europee e che veniva fatto sempre dagli uomini di tutto un villaggio in gruppo, mentre compito delle donne sono la seminagione, la sarchiatura e la mietitura. Per proteggerle dai maiali selvatici, le piantagioni vengono recinte con una siepe; nel dissodamento si lasciano intatti gli alberi appariscenti che si credono animati dagli spiriti; il tempo delle semine è fissato dalla fioritura di certe piante, dai monsoni, dalla comparsa delle Pleiadi.

Degli animali domestici si allevano i maiali, le cui stalle si trovano spesso fra le palizzate su cui poggiano le case e la cui carne rappresenta l'arrosto delle solennità, i cani e in alcuni distretti il pollame. La caccia, che, come è naturale, è più abbondante nell'interno che sulle coste, è fatta spesso con cani da caccia, mediante la lancia, le frecce e l'arco, le reti e le trappole; si cacciano specialmente maiali selvatici, ma anche orsi arboricoli, wallabi, casuari e altri uccelli, bisce, iguane, piccoli coccodrilli, e non sono disdegnati neppure i ratti né i sorci. La pesca, esercitata con l'amo e il bucine, le reti, le frecce, le lance a più punte, o avvelenando le acque, ha una grande importanza così sulle coste come sulle piccole isole. Quali materie voluttuarie sono largamente diffusi il tabacco, il betel, la cava (Piper methysticum) e una creta mangereccia. Alcune tribù (p. es. i Marind-anim) non conoscono l'uso del sale per condire i cibi. In generale per soddisfare il bisogno del sale si ricorre all'acqua del mare e per il diritto di poterla raccogliere in recipienti da portare a casa le tribù dell'interno pagano spesso un tributo a quelle della costa. I cibi vengono cotti sui focolari in pentole di creta (dove queste sono conosciute) o in grosse conchiglie o nei gusci delle noci di cocco, o si arrostiscono sopra il fuoco ottenuto per frizione mediante trivelle o seghe.

Normalmente la casa (sia sulla terraferma sia sull'acqua) poggia su palafitte alte da 1 a 4 m., la sua ossatura è formata di pali, il pavimento costituito di sottili tavole di legno di palma o di mangrovia, il tetto è coperto di erba, di scorze, di foglie di sago o di palme nipa e dello stesso materiale sono fatte anche le pareti. Un tronco d'albero drizzato obliquamente verso la casa serve da scala. Accanto a capanne quadrangolari con tetto a schiena d'asino, s'incontrano anche capanne circolari. Per alcuni distretti, per lo più quelli abitati da tribù minacciate perennemente da incursioni nemiche, sono carattcristiche le case costruite a 15-20 m. sopra il suolo tra le fronde degli alberi, alle quali si sale con l'aiuto di scale a corda fatte di liane. In alcune zone i villaggi sono piccoli, in altre essi contano fino a un migliaio d'abitanti.

Una casa contiene per lo più parecchie famiglie; inoltre si hanno anche case comuni per i giovani, le quali servono contemporaneamente per le adunate e per gli ospiti. Nelle case per gli ospiti si custodiscono le maschere da danza e altri oggetti di culto; i tuberi di yam sono immagazzinati in apposite capanne-magazzino. I villaggi di alcune tribù constano di due grandi case soltanto, delle quali una è destinata alle donne e ai bambini - anche gli uomini sposati passano in questa la notte - mentre l'altra serve di abitazione ai celibi e contemporaneamente anche per le adunate e per le feste. Le case sociali per i giovani e quelle degli uomini sono costruite con cura particolare e ornate riccamente con intagli, trofei e altro. In un villaggio dei Kiwai c'è una "casa comune" che raggiunge la lunghezza di 154 m. La costruzione delle case per gli uomini era un avvenimento festivo, doveva essere versato del sangue umano prima che esse venissero abitate, i guerrieri facevano delle scorrerie, tornavano con i crani dei nemici catturati e li battevano con strepito contro i pali scolpiti della casa. Il mobilio delle capanne consiste di giacigli a sacco, di alcuni poggiatesta, mortai, pestelli, recipienti per cuocere, scodelle, ecc.

Il vestito quotidiano si limita per gli uomini a un astuccio penico o a una fascia di corteccia di fibre vegetali e di pelle legata intorno ai fianchi, per le donne a un gonnellino o a un grembiule di fibra; la produzione di stoffe fatte con scorza d'albero battuta non è conosciuta dappertutto. Per l'acconciatura dei capelli, alla quale si dedicano grandi fatiche, servono pettini di bambù, pennacchi di penne d'uccelli, fasce con guarnizioni di conchiglie; sulla fronte fa bella mostra una benda ornata di conchiglie e fregiata con denti di cane o intrecciata di capelli umani; dagli orecchi pendono grossi cerchietti di rotang o di tartaruga; nei setto nasale forato infiggono asticciole di legno, d'osso, di conchiglie o di madreperla. Collane di denti di cane, ciondoli di zanne di cinghiale, braccialetti intrecciati, cinture e cerchietti ai piedi adornano i corpi. In occasioni festive l'ornamentazione si fa più ricca. Oltre alla perforazione dei lobi dell'orecchio e del setto nasale, in alcune tribù è in uso anche la limatura dei denti; il tatuaggio è più raro, p. es. presso i Kiota tutte le ragazze vengono tatuate quando si fanno atte al matrimonio, mentre gli uomini vengono ornati coi tatuaggio solo eccezionalmente, p. es. quando hanno ammazzato dei nemici.

Prima fra le tribù regnava perpetua guerra che veniva combattuta con una grande quantità d'armi; l'arco fatto di bambù o di legno duro, non era dappertutto conosciuto; per la punta delle lance si adoperavano ossa, bambù, legno duro, unghie di casuario; alcune tribù, p. es. i Kiwai, avvelenavano le loro frecce con ptomaine. Ovunque erano conosciute le lance (in alcuni distretti gettate col propulsore) e le mazze (con la testa di pietra o di osso). Si combatteva inoltre con pugnali d'osso di casuario o umano, spade di legno e fionde. A difesa del corpo si usavano scudi di varia forma, il petto e il ventre venivano coperti con una corazza di canne o di scorza. Nelle ostilità fra gruppi della stessa tribù o fra alleati c'era molto strepito, ma poco spargimento di sangue, mentre nella lotta fra nemici reali si mirava a riportare a casa quanto più cranî era possibile oppure a prendere molti nemici vivi o morti per soddisfare la brama del cannibalismo. Come motivo di guerra bastava per lo più un assassinio o un caso di morte attribuibile alla stregoneria dei nemici. Del resto il cannibalismo, un tempo tanto diffuso, non era mai dovuto alla mancanza di carne, ma sempre allo spirito di vendetta e alla credenza che il vincitore, mangiando la carne del nemico, ne assumesse anche la forza.

Con arnesi primitivi - accette con lama di pietra o di conchiglia, scalpelli e raschiatoi di conchiglie aguzze, punteruoli d'osso, trielle di pietra o di dente di pescecane, coltelli di bambù, ecc. -, su molte coste, si costruiscono, aiutandosi col fuoco, forti canotti formati di un tronco d'albero scavato provvisto di uno o due bilancieri e munito di pareti di assi a riparo dalle onde. Artistici intagli adornano la prora del canotto, a cui fanno da vela stuoie intessute di foglie di palma; come ancora si adoperano pietre pesanti, e come gomene corde di rotang. Legando insieme più alberi i Motu costruiscono imbarcazioni maggiori (lakatoi) che, spinte da due vele, portano, oltre a un equipaggio di 50 uomini, anche un carico fin di 30 tonn. di sago. D'altra parte spesso s' incontrano ancora zattere del tutto primitive. In alcune regioni i fiumi impetuosi vengono passati con ponti sospesi fatti di corde di rotang e lunghi fin 80 m. Dato che le industrie, sia dei recipienti di terra sia delle reti da trasporto, delle scuri di pietra, delle bucine da pescare, ecc., sono di regola localizzate in date contrade, lo scambio è assai attivo e si esplica talvolta già in forma di mercati e per esso servono come moneta collane di zanne di cinghiale e denti di cane.

Particolarmente attivo era il commercio dei vasi d'argilla e delle lame di pietra per le accette. L'industria delle stoviglie di terra, un portato della civiltà dei Papua-Melanesiani, era affidata sempre alle donne e fatta senza tornio, col sistema dei cordoni sovrapposti a spirale; centri di quest'industria erano p. es. le piccole isole Bili-Bili (Baia dell'Astrolabio) e Tami (Golfo di Huon) nel Territorio di mandato. La popolazione di Murua (Isola Woodlark), i cui prodotti giravano per centinaia di miglia fino al Golfo dei Papua, commerciava con lame di accette fatte di lava. L' alto grado raggiunto nell'arte dell'intaglio appariva nelle ornamentazioni dei canotti, dei remi, delle armi, degli stipiti, delle tavole, dei frontoni delle case, dei poggiatesta e dei tamburi, ma specialmente nelle maschere. Artisti sono specialmente i Mafor e le tribù del Sepik. In alcuni distretti sono state trovate statuette di ignota provenienza fatte di legno o di pietra. Ad alcune tribù era nota anche l'incisione a fuoco. Meno progredita è la pittura; tuttavia le pareti della casa, le maschere, i copricapo, ecc., sono ornati di figure variopinte. Oltre ai grandi tamburi e ai corni di tritone usati per dare i segnali, sono da ricordare come veri strumenti musicali piccoli tamburelli, raganelle, sonagli, zufoli, flauti di Pan, tamburi a bocca e legni vibranti. Le loro note risuonano, accompagnate dalla danza e dal canto, nelle feste e nei riti che seguono la vita dell'uomo dalla nascita alla morte.

Nella tribù o nel villaggio tutti gli uomini adulti hanno pari rango. Il capo, che spesso compie le sue funzioni col consiglio degli uomini più influenti, ha un valore piuttosto rappresentativo, specialmente nelle feste, basato sulle sue qualità fisiche. È sconosciuta qualunque ereditarietà del suo grado, e la sua influenza raramente oltrepassa i confini del suo villaggio. Si fa una netta distinzione fra la proprietà privata e quella della comunità, anche se nel villaggio domina in pratica un certo comunismo. Il campo guadagnato col dissodamento della foresta, che è di proprietà comune, diventa proprietà privata; alcune tribù, come p. es. i Kiwai, distinguono già il diritto di proprietà del terreno dal diritto dell'usufrutto temporaneo.

Prima del matrimonio - per il quale la forma più comune è la compera - le ragazze godono di regola una piena libertà sessuale. La poligamia è sempre possibile solo a una parte della popolazione; i più vivono monogami. I sistemi sociali, spesso assai complicati, si fanno risalire alla fusione dell'organizzazione a clan dei Papua, basata essenzialmente sul patriarcato e sul totemismo, con i sistemi a fratrie per matriarcato importati dai Melanesiani. Il totemismo, che peraltro influenza la vita e il pensiero spesso fin nelle più profonde radici, prende, specialmente nel sud, forme speciali: così in Mawata ogni persona oltre a un totem principale, possiede un grande numero di totem associati a quello. Le cerimonie dell'iniziazione si celebrano nelle forme più varie, di solito più semplici per le ragazze che per i giovani; in esse hanno spesso grande importanza anche i rombi, nel cui ronzio si sente la voce dello spirito che presiede le cerimonie. Un esempio classico della struttura delle tribù in più classi, divise secondo l'età mediante segni esteriori, quali p. es. l'acconciatura dei capelli, l'offrono i Marind-anim.

In relazione col totemismo sono le società segrete degli. uomini, i cui riti si svolgevano spesso con orge spaventevoli. Altre cerimonie servivano al culto dei morti e alla fruttificazione delle piante: la mascheratura in questa occasione aveva una grande importanza. Accanto alla concezione che attribuisce alla magia tutto ciò che c'è nel mondo, anche la morte, esiste un marcato animismo, che talvolta è assurto fino all'idea di un pananimismo che è in stretti rapporti col culto dei morti e dei cranî. I morti vengono dipinti, adornati e collocati con grande cura, le usanze del lutto sono assai sviluppate; e molto colorite sono le rappresentazioni dell'al di là. Anche i funerali si fanno in varie forme; assai diffuso è l'uso di collocare provvisoriamente la salma su una piattaforma, per poi seppellirla definitivamente nella terra. In questa occasione si trattengono di solito singole parti dello scheletro - specialmente la mascella inferiore o tutto il cranio - che vengono portate o custodite per un tempo più o meno lungo dai parenti. Lungo il Sepik i cranî, artisticamente rimodellati con laterite e dipinti, vengono appesi nelle case per gli ospiti. Presso la Baia di Geelvink i korwar (figure umane di legno o di pietra con la testa vuota) servono per conservare i cranî. Le immagini degli antenati e le maschere che dovrebbero raffigurare i trapassati sono foggiate nelle più varie forme. Il ricco patrimonio mitico delle tribù mostra che le nozioni animistiche e totemiche hanno quasi del tutto bandito l'idea degli dei naturali. Un dio supremo non si trova in nessun luogo, l'idea di una creazione del mondo è poco sviluppata.

Il numero degli abitanti della Nuova Guinea (stimato nel Territorio dei Papua a circa 275.000; nel Territorio di mandato a circa 200.000; nella Nuova Guinea Olandese a circa 400.000) è, almeno in molti distretti, in diminuzione. Sotto l'influsso della civilizzazione, la cultura indigena è in completa decadenza lungo le coste; alcune tribù famose (p. es. i Marind-anim) non sono più che l'ombra di ciò che erano i loro antenati.

Lingue. - Nella Nuova Guinea si parlano lingue appartenenti a due famiglie linguistiche diverse. Un buon numero di idiomi appartiene infatti alla famiglia Maleo-Polinesiaca (v.). Enumereremo brevemente: nel Territorio dei Papua: 1. Waima (Maiva), Laval, Mekeo, Uni (Kuni); 2. Pokau (Nala), Doura, Kabadi, Motu; 3. Sinaugoro, Hula, Keapara (Kerepunu), Galoma (Aroma), Rubi; 4. Mogula e Bonarua, Suau, Rogea e Sariba, Wari, Tubetude; 5. Brierly Is., Duchâteau Is., Panaieti, Misima, Tagula, Nada; 6. Murua, Kiriwina; 7. Dobu; 8. Tavara, Awalama, Taupota, Wedau, Galavi, Boniki, Mukawa, Kubiri, Raqa, Ikiviri, Oiun. Nel Territorio di mandato: Tami, Bukaua, Jabim, Kelana, Isola Rook, Bili-Bili, Karkar, Jamir, Sauvein, Saliu, Tumleo. Nella Nuova Guinea Olandese: Jotafa, Waropin, Wandamman, Umar, Jaur, Jobi-Srui, Jobi-Ansus, Pomi, Mafoor, Roon, Dasener, Tandia, Irisam, Mohr, Salawatti, Middelburg, Aru, Guebe, Onim, Segaar, Kowiai, Lobo, Karufa. Un altro gruppo di lingue appartiene alla famiglia Papua (v.). Nel Territorio dei Papua: Halifur, Tugeri, Bangu, Dungerwab, Kiwai, Miriam, Kunini, Tagota, Gaima, Girara, Namau, Elema, Uaripi, Milareipi, Toaripi, Lepu, Sikube, Iworo, Neneba, Suku, Hagari, Uberi, Sogeri, Koiari, Koita, Manukolu, Mulaha, Domara, Mailu, Binandele. Nel Territorio di mandato: Kai, Poom, Kamoka, Kelana-Kei, Bongu, Bogadjim, Manikam, Maragum, Koliku e Male, Monumbo, Sepik, Valman, Anal, Arop. Nella Nuova Guinea Olandese: Arfak, Andai, Hattam, Kowiay W., Mairassi e Wamberan.

Storia. - La Nuova Guinea rimase giuridicamente vacante sino al sec. XIX, quantunque su di essa avanzasse dei diritti lo stato indigeno di Tidore nelle Molucche. Soltanto nel 1828, sparsasi la voce di eventuali mire inglesi sulla parte meridionale della grande isola, i Paesi Bassi procedevano alla presa di possesso della costa meridionale e occidentale di essa e vi costruivano sulla costa meridionale il forte Du Bus, che veniva però sgomberato nel 1835, e sulla occidentale il posto commerciale di Dorei. Col 1848 i diritti olandesi furono affermati anche sulla costa settentrionale sino al capo Bonpland. Nel 1878 cominciarono a delinearsi le aspirazioni tedesche in quelle regioni: l'impero germanico acquistò due stazioni cartoniere nella piccola isola denominata Duca di York (detta poi Nuova Lauenburg) e commercianti privati frequentarono ogni giorno più la Nuova Guinea orientale e quell'arco insulare prospiciente denominato della Nuova Britannia (ribattezzato in arcipelago di Bismarck). Quando però i famosi piani coloniali tedeschi del 1882 per una indiscrezione giornalistica diventarono di dominio pubblico, una viva agitazione si manifestò nelle colonie australiane, nel Queensland in modo particolare. Questo, che già nel 1879 aveva preso possesso delle isolette dello stretto di Torres, nel 1883 procedette motu proprio all'annessione addirittura di tutta la parte non olandese della Nuova Guinea, incoraggiato dalle altre colonie australiane, i cui premiers in un convegno tenuto a Sydney avevano proclamato una specie di dottrina di Monroe, per l'intero Oceano Pacifico. L'Inghilterra, negandone la ratifica, sconfessò l'annessione; mentre la Germania imperterrita procedette nei suoi piani, creando il 26 maggio 1884 - per iniziativa di L. von Hansemann - la Compagnia tedesca della Nuova Guinea e, prevî accordi con l'Inghilterra, alzando la sua bandiera nel novembre nell'arcipelago di Bismarck, nella Baia dell'Astrolabio e sul Golfo di Huon: il 23 dicembre 1884 essa notificò alle potenze l'assunzione in protettorato della costa nord-orientale della Nuova Guinea e isole prospicienti. L'agitazione delle colonie australiane si fece però così viva e minacciosa che l'Inghilterra fu costretta essa pure a procedere nel gennaio 1885 a occupazioni territoriali nella regione, entro e oltre perfino i limiti convenuti nei precedenti accordi di massima con la Germania; finché con lo scambio di note anglo-germanico del 25-29 aprile 1885 si venne a una spartizione della Nuova Guinea non olandese (a partire dal 141° meridiano), che durò poi sino alla guerra mondiale (1914): la parte settentrionale (Terra dell'Imperatore Guglielmo) e le isole prospicienti alla Germania, la meridionale all'Inghilterra. Successivi accordi tedeschi del 24 dicembre 1885 con la Francia e del 10 aprile 1886 con l'Inghilterra delimitavano le sfere d'interessi di tali potenze nel Pacifico; mentre un accordo anglo-olandese del 16 maggio 1895 spostava leggermente il confine tra la Nuova Guinea inglese e quella olandese.

La Nuova Guinea Olandese veniva riattaccata amministrativamente alla residenza di Ternate, una delle due residenze (Amboina e Ternate) in cui era divisa la provincia delle Isole Molucche.

La Nuova Guinea Inglese, costituita con l'atto inglese omonimo del novembre 1887, veniva dotata con le lettere patenti dell'8 giugno 1888 di un'amministrazione regolare, alle cui spese contribuivano in eguale misura la Nuova Galles del Sud, il Victoria e il Queensland. Costituito in seguito il Commonwealth d'Australia, essa passava subito sotto il controllo federale di questo (1901); per essere poi col 1906 riorganizzata sotto la nuova denominazione di Territorio dei Papua (capoluogo Port Moresby) in virtù del Papua Act australiano del novembre 1905, alle dipendenze d'un luogotenente-governatore, assistito da un consiglio esecutivo, ampliato per la legislazione locale in un consiglio legislativo, consigli costituiti di membri parte d'ufficio parte di nomina governatoriale.

La Nuova Guinea Tedesca, costituita della Terra dell'Imperatore Guglielmo e del prospiciente arcipelago di Bismarck, era data da amministrare, con decreto imperiale del 17 maggio 1885, in qualità di Schittzgebiet o protettorato tedesco alla Compagnia della Nuova Guinea, la quale veniva rappresentata sul luogo da un capitano territoriale e continuava poi nell'esercizio dei poteri sovrani sulla colonia, da essa via via occupata, organizzata e sfruttata economicamente, sin verso la fine del 1898, salvo una breve parentesi transitoria di controllo diretto imperiale nel 1889-1892. Con l'accordo del 7 ottobre 1898 fra il governo e la Compagnia, questa rinunciava all'esercizio dei poteri sovrani, ricevendone in compenso 4 milioni di marchi; e col 1° aprile successivo (1899) s'instaurava sulla colonia il governo diretto dell'impero germanico, rappresentato da un governatore. La sede del governo, che era passata suceessivamente da Finschhafen (1885) a Stephansort (1891) e di lì a Friedrich-Wilhelmshafen (1892), veniva stabilita a Herbertshöhe donde col 1910 si trasferiva a Rabaul.

La Nuova Guinea Tedesca non aveva che un piccolo presidio atto ad assicurare l'ordine pubblico. Perciò, a differenza di quanto avvenne nelle colonie presidiate dalle Schutztruppen (Africa orientale, Africa del sud-ovest, Kamerun) o da reparti di marina di qualche entità (Tseng-tau), quando nell'agosto 1914 scoppiò la guerra tra Inghilterra e Germania, non fu possibile ai Tedeschi di opporsi nella Nuova Guinea all'occupazione da parte dell'Inghilterra. Un corpo di spedizione di "Anzacs" (Australian-New-Zealand Army Corps) organizzato a Melbourne sbarcò, sotto la protezione della flotta australiana, il 10 settembre 1914 nella Nuova Guinea Tedesca e, dopo aver occupato la stazione radiotelegrafica, costrinse il governo della colonia alla resa incondizionata (21 settembre 1914). Alcuni Tedeschi sotto il comando del capitano Detzner si ritirarono sui monti dell'interno mantenendovisi sino alla fine della guerra. Le isole circostanti (Marshall, Caroline, Marianne) erano già state occupate dai Giapponesi l'11-12 settembre, quelle di Samoa dagli Inglesi sin dal 29 agosto.

In seguito a queste occupazioni e alla forzata rinuncia, anche formale, alla Nuova Guinea da parte della Germania nel trattato di Versailles dal 1919, la Nuova Guinea Tedesca veniva affidata il 17 dicembre 1920 come territorio sottoposto a mandato di tipo C al Commonwealth d'Australia; questo il 9 maggio 1921 (espulso l'antico elemento colonizzatore tedesco) vi instaurava la sua amministrazione definitiva, mantenendo sempre in Rabaul (nell'ex-arcipelago di Bismarck noto ora come arcipelago della Nuova Britannia) la capitale.

Nuova Guinea Olandese.

La Nuova Guinea Olandese comprende la metà occidentale dell'isola sino al 141° long. E. La sua superficie è di circa 390.000 kmq. con una popolazione che è stata calcolata intorno ai 400.000 abitanti. Essa amministrativamente fa parte delle Indie Olandesi (v.). Ancora oggi questa parte dell'isola risulta assai meno nota della parte orientale. E se si ha qualche nozione dei caratteri fisici del paese, affatto sconosciute ci sono le sue probabili ricchezze, e si può dire che nessun serio tentativo di sfruttamento vi sia stato fatto finora. Le missioni cattoliche sono organizzate nel vicariato apostolico della Nuova Guinea Olandese (20 aprile 1920; già prefettura apostolica, 1902; residenza in Tocal, Amboina).

Territorio dei Papua.

Comprende la Nuova Guinea di SE. e le isole adiacenti; dipende dalla Federazione australiana e ha una superficie di quasi 235.000 kmq. e una popolazione di circa 280.000 individui, oltre 1150 Bianchi.

Fu il miraggio dell'oro ad attrarre in questa parte dell'isola più vicina al continente australiano i primi insediamenti dei Bianchi. La scoperta del prezioso metallo avvenne a Port Moresby, nel 1877; altre si ripeterono, un decennio più tardi, nelle Luisiadi, e, dopo qualche anno ancora, nel bacino di Mambare e nell'isola Woodlark. Ma le quantità di oro ricavate non giustificavano il nome di Isla del Oro dato alla Nuova Guinea da Alvaro de Saavedra, ché tutto l'oro prodotto sino a oggi si può far ascendere a un milione e tre quarti di sterline appena, e cioè neppur quanto ne ha dato sinora il solo Territorio Settentrionale del continente australiano. L'oro, eccetto che nell'isola di Woodlark, è di origine alluvionale; le difficoltà della raccolta, per l'asprezza del suolo e la fitta vegetazione e il bassissimo tenore delle sabbie ne rendevano e ne rendono tuttora assai costosa la ricerca. Occorsero, quindi, parecchi anni ancora prima che s'iniziasse un vero sfruttamento delle molte ricchezze che la vegetazione lussureggiante offriva spontaneamente, e si cominciasse a trar profitto di quei terreni dotati di mirabile fertilità in modo particolare adatti ad alcune colture tropicali. Ma quando il governo australiano, conscio delle possibilità immense offerte da molti di quei suoli vergini di natura alluvionale o vulcanica, si decideva, nel 1906, a concedere a titolo gratuito, per un periodo di 99 anni, le terre che i coloni si obbligavano a migliorare, richiamando l'attenzione degli Australiani sulla straordinaria feracità dell'isola, l'estensione delle terre concesse si sestuplicò in un anno solo e crebbe negli anni successivi in maniera assai rapida, così che presto cominciarono a estendersi le prime piantagioni di palma da cocco, caucciù e agave sisalana.

Ma il desiderio del governo di non spossessare delle loro terre gl'indigeni se non mediante regolare acquisto; i limiti messi alle nuove concessioni e il divieto, imposto dal governo, d' introdurre mano d'opera dal di fuori, hanno senza dubbio intralciato la colonizzazione e lo sfruttamento del Territorio. Anzi, negli ultimissimi anni, per il fallimento e la rinuncia di alcuni concessionarî, la superficie delle terre concesse ha subito persino qualche lieve contrazione. Essa, si può, tutto sommato, considerare pressoché stazionaria intorno ai 70.000 ettari. Pochissimo sviluppato, per le condizioni climatiche, vi è l'allevamento, e la massima parte di questa superficie sarà destinata all'agricoltura. Sino ad oggi, pem, solo un terzo di quest'area può dirsi effettivamente occupato dalle piantagioni: oltre 24 mila ettari.

Della superficie già messa a coltura, i cinque sesti circa sono dedicati alla palma da cocco, e il copra fornisce due terzi del valore delle esportazioni; occupano aree abbastanza estese anche le piante da caucciù, fra le quali primeggia l'Hevea brasiliensis; e il caucciù è l'altro prodotto che viene esportato per maggior valore. Una discreta area copre anche la canapa; superficie assai più ristrette sono investite a kapok, caffè, riso, cotone, tè, tabacco, vaniglia, cacao, tapioca, cinnamomo, granturco. Al tabacco, al cotone e alle piante da fibra particolarmente conviene un'area di minore piovosità compresa tra la costa e le colline.

Senza dubbio, molte di queste colture potranno svilupparsi in seguito. E speranze si ripongono anche nell'allevamento del bestiame, sebbene ora esso si limiti a neppure un migliaio di cavalli, poche migliaia di bovini e ancor meno di caprini.

Ma forse, in seguito, accanto a queste forme di attività, potranno concorrere a determinare un maggiore sfruttamento del Territorio dei Papua e delle isole vicine le riechezze forestali e quelle minerarie, che attendono solo di essere meglio conosciute. Si sa, infatti, che le immense foreste della Nuova Guinea presentano una grandissima varietà di legnami, dai più teneri ai più duri, e che non mancano neppure magnifici legni da ebanisteria; ma indispensabile appare una migliore conoscenza della loro possibilità di utilizzazione. E un assai maggiore impiego di capitali richiederebbero le ulteriori ricerche dei minerali auriferi, che, a detta dei tecnici, potrebbero raggiungere risultati assai favorevoli, soprattutto nell'isola di Woodlark; come pare che si trovino nella Nuova Guinea estesi giacimenti di buon carbone e di petrolio, e non manchino, infine, il rame, lo stagno, il piombo, lo zinco, il cinabro, il ferro, la grafite e altri minerali ancora. Di rame specialmente pare che sia ricca la regione intorno a Port Moresby, dove se ne incominciò anche l'estrazione, che è stata poi sospesa per il basso prezzo di questo metallo sul mercato mondiale. Le riserve del Territorio per il rame si fanno ascendere a quasi 300 mila tonnellate di minerale, da cui si potrebbero estrarre oltre 13 mila tonnellate di rame e 36 mila once di oro.

L'oro dà una produzione molto variabile, e se nei primi anni del secolo fu raccolto o estratto per 80-85 mila sterline in media, in qualche anno tutto il Territorio ne diede solo per poche migliaia di sterline. Nella media del quinquennio 1928-32 ne furono ricavate appena 15 mila sterline in media annue.

Importanza notevole vi ha già la pesca per la madreperla, la tartaruga, il trepang, le conchiglie trochus, le perle; e i suoi prodotti concorrono a mantenere in pareggio la bilancia commerciale o a renderne appena sensibile la passività (in migliaia di sterline):

Il diminuito valore delle esportazioni negli anni più recenti è dovuto alla crisi dei prezzi che ha colpito in special modo il copra, la perla, la madreperla, il caucciù, ecc.

Le missioni cattoliche sono organizzate nel vicariato apostolico della Papuasia (1889, residenza in Yule). Un vescovo anglicano risiede a Samarai.

Il Territorio di mandato della Nuova Guinea.

Comprende la Nuova Guinea di NE. (Kaiser Wilhelms Land), l'arcipelago di Bismarck e le isole più settentrionali del gruppo delle Salomone, amministrato dalla Federazione australiana per mandato della Società delle nazioni. Tutto quanto questo territorio, comprese le isole, ha complessivamente una superficie di circa 240 mila kmq. e una popolazione valutata intorno ai 520 mila indigeni, oltre 2900 Europei e 2000 Cinesi. Nel 1931 vi si contavano 19 Italiani. Il territorio va dall'Equatore agli 8° lat. S. e dai 141° long. E. ai 159° 25′.

La città capitale è Rabaul, sulla costa orientale della Nuova Britannia; ma non mancano altri centri minori in continuo sviluppo: Salamaua, porto, e Wau, centro amministrativo del distretto aurifero di Morobe; Madang e Eitape, sulla costa settentrionale della Nuova Guinea; Kavieng, all'estremità settentrionale della Nuova Irlanda, e Kieta, sulla costa occidentale dell'isola Bougainville.

Per i suoi campi auriferi e per le altre sue ricchezze minerarie e agricole, il territorio della Nuova Guinea va considerato come una delle regioni del Pacifico più promettenti per l'avvenire: le sue immense risorse attendono solo, per lo sfruttamento, l'afflusso dei capitali necessarî, che non potranno non rispondere al sicuro richiamo.

Non è stata ancora calcolata l'estensione dell'area che potrebbe nel futuro venire coltivata, ma certamente è grandissima; e la messa a coltura del territorio potrà trovare piuttosto limitazioni nella scarsezza della mano d'opera, indigena, anziché nella natura dei terreni, che quasi dappertutto si presta benissimo alle colture tropicali. E se le piantagioni si estesero sinora solo gradualmente, lo si deve soprattutto ai lunghi lavori preparatorî del terreno, dovunque rivestito di fitto bosco, e all'attuale regime della proprietà e delle concessioni che, proibendo ai privati l'acquisto diretto delle terre dalle mani degl'indigeni e concedendo i terreni solo per un limitato numero di anni, vuole a ogni costo impedire la speculazione, assai dannosa allo sfruttamento avvenire. di un paese ai primi inizî della colonizzazione.

Del resto, le cifre statistiche ci dicono abbastanza che l'economia del territorio della Nuova Guinea si è sviluppata con maggiore rapidità di quella del vicino Territorio dei Papua. Tripla, a paragone di quelli, vi è l'estensione delle terre concesse, tripla la superficie delle piantagioni, triplo il valore del commercio estero.

Dei 271 mila ettari alienati a tutto il 1931, quasi un terzo è stato già messo a coltura e in massima parte destinato alle piantagioni della palma da cocco, che in più di un luogo si giova molto della natura corallina del sottosuolo. Già agl'inizi del commercio europeo in questi mari, gl'indigeni offrivano il copra, e ancora oggi essi allevano la palma da cocco nella loro agricoltura primitiva. Ma la maggior quantità del copra che si esporta - e l'esportazione negli ultimi anni ha raggiunto le 60 mila tonn. - proviene dalle piantagioni europee in continuo sviluppo. Alla produzione partecipano, insieme con la Nuova Guinea di NE., per quantitativi non indifferenti anche la Nuova Britannia, la Nuova Irlanda, le isole dell'Ammiragliato.

Superficie ancor molto limitate occupano il cacao, il kapok, il caffè, che sono tra le colture più promettenti. Il cacao, cui particolarmente si addicono i ricchi suoli vulcanici della Nuova Britannia, era un tempo molto coltivato e forniva uno dei maggiori prodotti di esportazione; ma la richiesta venne meno e le piantagioni furono abbandonate. Da un decennio a questa parte sono state, però, ricostituite e ben presto forniranno di nuovo un'abbondante produzione. Per il kapok, gli espedienti fatti finora han dato ottimo risultato, specie dopo l'introduzione di sementa giavanese; e l'area dedicata a questa coltura appare in continuo rapido aumento. Raddoppiata in tre anni appena, dal 1930 al 1933, risulta anche la superficie destinata al caffè, che viene dai tecnici locali considerata tra le colture di maggior possibilità: i migliori caffè arabi vi trovano, infatti, ottime condizioni ambientali tra i 1000 e i 1600 m., e a questo scopo si vanno creando nuove vie di accesso ai villaggi che raggiungono una tale altitudine.

Il tabacco, il cotone, l'agave sisalana, invece, si possono dire ancora in uno stadio sperimentale; e le poche piantagioni di caucciù, in questi ultimi tempi, per il basso prezzo fatto sul mercato dai prodotti di qualità inferiore, come sono quelli che si ricavano da questa pianta. Ma le possibilità di sfruttamento agricolo appaiono assai ampie e lasciano le maggiori speranze per il futuro. Il clima e il suolo del territorio molto bene convengono pure al riso, alla cinchona, alla canapa manilla, alla noce moscata, alla vainiglia, al pistacchio; la canna da zucchero è già coltivata dagl'indigeni, i quali allevano anche la palma da sago e la palma da nipa, che agli ultimi esperimenti ha dimostrato di poter dare alcool industriale in quantità convenienti.

Anche qui la difficoltà che forse più di ogni altra si oppone a un maggiore sviluppo dell'agricoltura è data dalla scarsezza della mano d'opera indigena. Circa 30 mila individui sono oggi occupati nelle piantagioni, nelle miniere, e in altri lavori; perciò l'agricoltura non può disporre che di due braccia sole per diversi ettari di terra coltivata; e pure minore ne sarebbe la disponibilità per il futuro, qualora le piantagioni si estendessero ancora prima che il problema della mano d'opera venisse risolto.

Con lo sviluppo delle piantagioni di palma da cocco progredisce anche l'allevamento del bestiame, che si nutre delle erbe indigene cresciute tra i filari delle palme: si contano bovini (116.802 nel 1932) e ovini (7.923) in numero doppio di quelli del Territorio dei Papua, e sviluppatissimo, specie tra gl'indigeni, è l'allevamento dei suini (7.152).

Già cominciano a essere sfruttate, per mezzo delle segherie delle missioni, le immense ricchezze forestali; e la pesca, che offre anch'essa larghe possibilità, fornisce all'esportazione madreperla, trepang, conchiglie, trochus e tartaruga.

Ma, oltre che per i prodotti del suolo e dei mari che lo bagnano, il territorio presenta grandi possibilità di sfruttamento per le sue ricchezze minerarie, e soprattutto per l'oro, rivelatosi in copia. Già da tempo l'oro veniva ricavato dalle sabbie dei fiumi, specie nei bacini del Watut e del Bulolo, due grandi tributarî del Markham, pur attraverso gravi difficoltà, a causa della scarsezza d'acqua, poiché il suolo bibulo subito disperde quella piovana e assai costoso ne è il rifornimento dalle località meglio dotate. Ma nel 1926 ricche vene aurifere furono scoperte a Edie Creek, a un centinaio di chilometri a SO. di Salamaua, e da allora furono rilasciate centinaia di concessioni, malgrado che l'asprezza del suolo e il fitto rivestimento boscoso rendano assai difficile e costosa la ricerca del minerale. Per la mancanza di strade, che mettano in comunicazione l'altipiano aurifero con i centri costieri, e per le difficoltà di costruzione, il rifornimento degli uomini, delle provvigioni e dei pesanti materiali per la lavorazione è fatto tutto per via aerea. E la scarsezza della mano d'opera accresce le difficoltà naturali. Ma la produzione di oro, che nel 1926 raggiungeva appena le 10 mila once per un valore di 25 mila sterline, sei anni più tardi, nel 1932, toccava le 109 mila once per 400 mila sterline.

La bilancia commerciale del territorio è, già da un decennio, notevolmente attiva, malgrado la crisi dei prezzi (in migliaia di sterline):

Le importazioni sono costituite soprattutto dai tessuti; dalle macchine, specie quelle minerarie; dai generi alimentari; e provengono in massima parte dall'Australia, dagli Stati Uniti, dal Regno Unito e dalla Germania.

Le esportazioni sono dovute per otto o nove decimi almeno, in valore, alla copra e all'oro e, per piccola parte, alla madreperla, al trepang, al cacao.

Le esportazioni si dirigono specialmente in Australia, in Francia, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti.

Le missioni cattoliche sono organizzate nei vicariati apostolici della Nuova Guinea orientale (25 novembre 1922; già prefettura apostolica della Terra di Guglielmo orientale, 1896; residenza in Alexishafen); di Rabaul (14 novembre 1922; già Nuova Bretagna, 1889 e Nuova Pomerania, 1890; residenza in Wunapope); delle Isole Salomone settentrionali (1930; già Isole Salomone germaniche, prefettura apostolica, 1904); e nella prefettura apostolica della Nuova Guinea Centrale (14 novembre 1922; già Terra di Guglielmo occidentale, 1913; residenza in Tumleo, Port Eitape).

V. tavv. V-VIII.

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