NUCLEOPROTEIDI

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

NUCLEOPROTEIDI (XXV, p. 18; App. II, 11, p. 424)

Alessandro BALLIO

Un enorme numero di studî sperimentali è stato svolto nell'ultimo ventennio sui n. e in modo particolare sugli acidi nucleici, che dei n. costituiscono il gruppo prostetico. Le ragioni di tale intensa attività di ricerca sono con ogni probabilità da attribuire da un lato al riconoscimento che queste sostanze, ubiquitariamente diffuse in natura, costituiscono verosimilmente nella riproduzione cellulare i vettori dell'informazione genetica (riconoscimento raggiunto mediante studî citologici, genetici, chimici, microbiologici), e dall'altro alla disponibilità di nuove tecniche sperimentali sensibili e accurate (cromatografia, elettroforesi, spettroscopia nell'ultravioletto, spettroscopia di diffrazione dei raggi X, ultracentrifugazione, isotopi radioattivi, reazioni enzimatiche specifiche, ecc.).

Struttura e biosintesi degli acidi desossiribonucleici (DNA). - È ormai definitivamente accertato che i DNA sono polimeri (non semplici tetranucleotidi) a lunga catena lineare costituiti dal succedersi di 2-desossiribosidi di basi puriniche e pirimidiniche alternati ad acido fosforico diesterificato dall'ossidrile 5′ di un desossiriboside e dall'ossidrile 3′ del desossiriboside successivo. In altri termini i DNA possono considerarsi polimeri del 2-desossiribosio fosfato, in forma furanosidica, unito con legame glucosidico a basi puriniche o pirimidiniche. Il legame glucosidico impegna l'azoto 9 delle purine e quello 3 delle pirimidine. Le basi costantemente presenti in DNA di diversa origine sono tre, adenina, guanina e timina, sempre accompagnate da una quarta base che, nel caso del DNA di alcuni fagi batterici, è costituita dalla 5-ossimetilcitosina, ma che comunemente è rappresentata invece dalla citosina, accompagnata o meno dalla 5-metilcitosina. In qualche particolare DNA sono state riscontrate anche piccole quantità di 6-metilamminopurina (6-N-metiladenina). Le basi, dunque, rappresentano il solo costituente variabile qualitativamente nei DNA e la loro sequenza lungo la catena polinucleotidica potrebbe forse corrispondere al cifrario genetico della cellula. Perciò, la determinazione di queste sequenze costituisce un problema di enorme importanza, che per il momento, però, appare molto arduo da risolvere con i soli mezzi dell'analisi chimica. Questa, invece, applicata a numerosi campioni di varia origine, ha potuto dimostrare l'esistenza di tipi diversi di DNA. Le differenze si manifestano nella variabilità del rapporto adenina + timina/guanina + citosina + 5-metilcitosina, detto rapporto di dissimmetria, il quale può essere maggiore, uguale, o minore di 1. Il valore del rapporto di dissimmetria è caratteristico della specie, e non del tessuto (per una stessa specie), dal quale il DNA è estratto e corrisponde, per esempio, nell'uomo a 1,53, in Escherichia coli K-12 a 1,00, nel bacillo tubercolare aviario a 0,42. DNA di origine diversa, ma caratterizzati da un egual valore di tale rapporto, si rivelano spesso differenti fra loro quando vengano analizzati con tecniche chimiche ed enzimatiche capaci di svelare l'ordine con il quale singoli nucleotidi si susseguono in qualche piccolo tratto particolare del polinucleotide. Con metodi cromatografici, o con estrazioni mediante soluzioni saline di varia concentrazione, si può ancora dimostrare che pure il DNA preparato da una singola fonte è eterogeneo, dando luogo ad una serie di specie chimiche fra loro differenti, ognuna delle quali potrebbe forse essere il vettore di una determinata informazione genetica. Accanto a tanta complessità, che evidentemente complica enormemente lo studio della struttura dettagliata del DNA, sono state notate alcune rilevanti regolarità. È stato in particolare osservato da E. Chargaff che in un campione di DNA la somma delle basi puriniche (adenina e guanina) è uguale alla somma delle basi pirimidiniche (timina, citosina e 5-metilcitosina), che i rapporti molecolari tra adenina e timina e tra guanina e citosina + 5-metilcitosina sono uguali ad 1, e di conseguenza che il numero di gruppi 6-amminici (presenti nell'adenina, nella citosina e nella 5-metilcitosina) è uguale a quello dei gruppi 6-chetonici (presenti nella guanina e nella timina). Questi fatti, assieme ai risultati di indagini con i raggi X, hanno portato J. Watson e F. H. C. Crick a formulare nel 1953 un modello tridimensionale del DNA che ha suscitato generale interesse e che sembra ormai essere universalmente accettato. Secondo tali autori il DNA consisterebbe di due catene polinucleotidiche avvolte attorno al medesimo asse, ma in direzione opposta, a formare una doppia elica; le catene sono tenute assieme da legami idrogeno che si stabiliscono fra le basi azotate di una catena e le basi azotate dell'altra. Le basi sono all'interno della doppia elica, su un piano normale all'asse longitudinale, mentre i gruppi fosforici sono all'esterno. I legami idrogeno fra le basi sono specifici, in quanto il gruppo 6-amminico dell'adenina impegna il gruppo 6-chetonico della timina, ed il gruppo 6-chetonico della guanina impegna il gruppo 6-amminico della citosina o della 5-metilcitosina. È evidente come questa relazione si accordi con i fatti sperimentali precedentemente esposti, cioè con l'equivalenza fra basi puriniche e basi pirimidiniche, fra gruppi chetonici e gruppi amminici, fra adenina e timina e fra guanina e citosina (o 5-ossimetilcitosina) + 5metilcitosina. È chiaro pure come una tale struttura implichi la complementarità delle due catene polinucleotidiche e rappresenti perciò un modello assai adatto a spiegare la duplicazione del DNA nelle cellule. Infatti, se le due catene complementari si separano e su ognuna di esse se ne forma una nuova, le nuove catene dovranno necessariamente essere complementari alle preesistenti per rispettare la specificità dei legami idrogeno fra coppie di basi, e di conseguenza dovranno dar luogo a due paia di catene polinucleotidiche identiche fra loro ed uguali al paio originario.

Anche la struttura dei desossiribonucleoproteidi è stata in parte chiarita mediante indagini con i raggi X. I risultati dell'esame di nucleoprotammine hanno mostrato che la protammina è avvolta ad elica sul DNA in modo tale che i suoi gruppi positivi (essenzialmente appartenenti a residui di arginina) possono combinarsi con i gruppi fosforici negativi del polinucleotide. Una configurazione molecolare certamente diversa nei dettagli da quella delle nucleoprotammine caratterizza i nucleoistoni, ma pare probabile che anche in essi i gruppi positivi dell'istone (essenzialmente appartenenti a residui di lisina) siano combinati con i gruppi fosforici negativi del polinucleotide. Tali strutture si accordano con i dati analitici, che in molti casi dimostrano un rapporto costante fra gli amminoacidi basici ed il fosforo presenti in questi desossiribonucleoproteidi.

Da pochi anni sono stati anche chiariti in modo assai soddisfacente alcuni dei principali aspetti del meccanismo biochimico che è alla base della duplicazione del DNA. A. Kornberg e collaboratori hanno dimostrato, infatti, che un enzima preparato da Escherichia coli è capace di sintetizzare, in presenza di una piccola quantità di DNA necessaria per iniziare la reazione e dei trifosfati di desossiadenosina, desossiguanosina, desossicitidina e timidina, nuovo materiale altamente polimerizzato, che ha proprietà chimiche, fisiche e biochimiche identiche a quelle del DNA. Risultati simili sono stati ottenuti da altri autori con omogenati di tessuti animali. In questa sintesi enzimatica la catena del DNA aggiunto per iniziare la reazione si estende a spese dei trifosfati, che evidentemente rappresentano gli immediati precursori del nuovo materiale polinucleotidico. In effetti in alcuni tessuti è stata dimostrata la presenza di questi trifosfati, i quali a loro volta si ottengono dai monofosfati corrispondenti per azione di fosfochinasi. Parecchi aspetti biosintetici relativi ai monofosfati dei desossinucleosidi restano ancora da chiarire; recentemente ne è stata realizzata la sintesi chimica totale.

Struttura e biosintesi degli acidi ribonucleici (RNA). - Gli acidi ribonucleici, analogamente ai DNA, sono polinucleotidi che però invece del D-2-desossiribosio contengono il D-ribosio. Anche negli RNA l'acido fosforico è diesterificato dagli ossidrili 3 e 5 di residui successivi di pentosio in forma furanosidica, e il legame glucosidico si stabilisce con l'azoto 9 delle purine e con quello 3 delle pirimidine. Accanto alle basi già note come costituenti fondamentali dell'RNA (adenina, guanina, citosina, uracile) ne sono state recentemente riscontrate altre presenti in piccole quantità in alcuni RNA, precisamente la timina, che in precedenza si riteneva caratteristica del solo DNA, la 5-metilcitosina, ed alcune adenine e guanine metilsostituite. Fra i prodotti di idrolisi alcalina dell'RNA del lievito e del fegato di ratto è stato pure isolato un nucleotide uracilico nel quale il ribosio anziché essere legato all'azoto 3 della base come nel comune acido uridilico, è legato al carbonio 5. L'analisi di campioni purificati di RNA non mette in evidenza le regolarità osservate nel caso dei DNA, eccetto per il rapporto unitario fra i gruppi 6-amminici dell'adenina e della citosina e gruppi 6-chetonici della guanina e dell'uracile, particolarmente evidente allorché si sottopongono all'analisi direttamente le cellule o le frazioni cellulari di organismi e tessuti varî non deproteinizzati, anziché gli RNA estratti da essi. È probabile che, contrariamente ai DNA, che sono certamente più stabili ai varî agenti chimici, gli RNA abbiano una struttura strettamente associata a quella delle proteine che li accompagnano nei ribonucleoproteidi intracellulari. Dai risultati analitici finora disponibili risulta che gli RNA possiedono una certa specificità di specie; per esempio fra i virus dei vegetali, specie diverse contengono RNA di composizione caratteristica diversa, mentre ceppi differenti di una stessa specie contengono RNA di composizione identica. L'RNA del nucleo (che rappresenta il 10% circa di quello totale della cellula) ha invece una composizione generalmente molto diversa da quella dell'RNA citoplasmatico.

Gli studî con i raggi X, che tanto successo hanno avuto nel tentativo di chiarire la struttura del DNA, non hanno risolto il problema della configurazione dell'RNA. Gli spettri di diffrazione eseguiti su fibre orientate di RNA sono troppo poco chiari per poter essere utilmente interpretati. Probabilmente col progredire delle indagini sui polinucleotidi sintetici, attualmente in pieno sviluppo, sarà possibile penetrare più a fondo anche nella struttura degli RNA naturali. L'esame roentgenografico di virus di vegetali, che sono semplici ribonucleoproteidi capaci di riprodursi, ha fornito invece dati già sufficienti per indicare la presenza di una struttura a doppia elica simile a quella del DNA, struttura che però scompare allorché la proteina viene dissociata dall'RNA con il quale si accompagna. Va osservato incidentalmente che questi virus, ed in particolare quello del mosaico del tabacco, sono fra i ribonucleoproteidi meglio studiati dal punto di vista della composizione chimica. L'analisi degli amminoacidi che ne compongono la parte proteica è stata in alcuni casi svolta esaurientemente; è stata stabilita spesso la natura del gruppo terminale carbossilico delle catene polipeptidiche ed in qualche caso anche una parte delle sequenze di amminoacidi di tali catene; la parte polinucleotidica è stata anche esaminata in alcuni dettagli strutturali. Particolare interesse riveste la recente scoperta che la proteina e l'RNA che compongono il virus del mosaico del tabacco possono venire isolati separatamente e successivamente ricombinati (H. Fraenkel-Conrat A. Gierer e G. Schramm); l'RNA isolato, che costituisce il 5% del virus, ha un peso molecolare di circa 2,5 milioni e conserva, sia pure in maniera ridotta, le proprietà patogene del virus integro. La proteina isolata, che è costituita da circa 2000 subunità di peso molecolare prossimo a 20.000, è invece totalmente priva di potere infettante. Altri ribonucleoproteidi, attualmente oggetto di intenso studio per la loro partecipazione alle sintesi proteiche, sono i ribosomi, isolati da frazioni particolate del citoplasma di tessuti animali (microsomi), vegetali e da microrganismi.

Il meccanismo della biosintesi delle catene polinucleotidiche dell'RNA è stato chiarito dai recenti lavori di S. Ochoa e collaboratori Dall'Azotobacter vinelandii essi hanno isolato un enzima (fosforilasi polinucleotidica) capace di catalizzare la sintesi di RNA ad elevato peso molecolare a partire dai difosfati dei ribonucleosidi ed in presenza di una piccola quantità di RNA, o di un appropriato oligonucleotide, necessaria per iniziare la reazione. Incubando l'enzima con una miscela di difosfati di adenosina, guanosina, citidina ed uridina, si può ottenere un polimero praticamente indistinguibile da un RNA naturale. Oltre che dall'Azotobacter vinelandii l'enzima è stato preparato anche da molti altri microrganismi e da tessuti vegetali ed animali. La vasta distribuzione della fosforilasi polinucleotidica fa pensare che l'enzima sia veramente responsabile della sintesi intracellulare dell'RNA. Anche il meccanismo della biosintesi dei difosfati dei ribonucleosidi purinici e pirimidinici è ormai abbastanza ben conosciuto e metodi relativamente semplici sono pure noti per la sintesi chimica totale di questi importanti metaboliti intermedî.

Bibl.: E. Chargaff e J. N. Davidson, The nucleic acids, New York 1955; W. D. McElroy e B. Glass, The chemical basis of heredity, Baltimora 1957; A. Kornberg, in Harvey Lectures, LIII (1959), p. 83; H. Fraenkel-Conrat, ibidem, LIII (1959), p. 56; S. Ochoa, in Recent progress in microbiology, p. 122, Stoccolma 1959.

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