NUCLEO

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

NUCLEO (XXV, p. 14; App. II, 11, p. 419)

Ugo FACCHINI

I principali progressi nello studio delle proprietà dei n. atomici realizzati negli ultimi anni riguardano le conoscenze sulla struttura nucleare, sulla spettroscopia nucleare e sul meccanismo delle reazioni nucleari.

Modelli nucleari. - Dopo il 1950 nella descrizione della struttura del n. ha acquistato grande sviluppo e sempre maggior consistenza il modello cosiddetto a "shell". Questo modello ha una certa analogia con il modello di N. Bohr per gli atomi: negli atomi si ha un campo di forza elettrostatico centrale prodotto dai protoni nucleari ed in questo campo di forza si muovono, ben lontani dal n., gli elettroni, ciascuno in una precisa condizione di moto e con una data energia (stato quantico); le interazioni fra gli elettroni sono molto deboli. Nel n. i varî nucleoni (neutroni e protoni) stanno molto vicini fra loro, le forze nucleari sono molto intense e si hanno quindi continue mutue interazioni, ma nonostante ciò è possibile definire un campo nucleare che in media ha carattere centrale; questo campo è descritto di solito da una buca di potenziale isotropa, di forma prestabilita, nella quale si può definire il moto dei nucleoni come se ciascuno di essi si muovesse in modo indipendente, con energia e momento orbitale ben definiti. L'apparente paradosso insito in questo modello è stato spiegato solo recentemente: K. A. Brueckner ed altri autori, considerando le forze elementari che agiscono fra i singoli nucleoni e sviluppando un appropriato formalismo matematico, hanno dimostrato che effettivamente l'insieme delle interazioni dei varî nucleoni nel n. equivale ad un unico potenziale medio: chiave di volta della situazione è in questo calcolo il principio di Pauli il quale proibisce la più parte delle transizioni che i varî nucleoni potrebbero compiere nel potenziale nucleare a seguito delle collisioni fra essi. Secondo il principio formulato da Pauli ad ogni stato quantico corrisponde un solo nucleone, cosicché i varî nucleoni del n. si dispongono in un certo numero di stati quantici che sono, per ragioni di stabilità, quelli di energia ordinatamente crescente. Un urto fra due nucleoni può allora o non rimuoverli dai loro rispettivi stati o scambiarli di stato; in entrambi i casi, essendo i nucleoni indistinguibili, non si ha un'apprezzabile modificazione dello stato complessivo nucleare. Le forze nucleari nel n. si trovano così ad avere ben poca efficacia e i varî nucleoni possono mantenere una notevole stabilità quantica. L'intera questione è ancora lontana da una soluzione definitiva; in particolare i calcoli di Brueckner per ora sono riferiti a n. ideali non limitati nello spazio, cioè, come si dice, alla materia nucleare.

Un notevole studio è stato condotto sugli stati energetici dei nucleoni nel nucleo secondo il modello a shell, ciascuno caratterizzato da una energia, da un momento angolare l e da un momento totale J = l ± 1/2, dove il termine 1/2 corrisponde al fatto che lo spin dei nucleoni è 1/2.

Ai varî stati energetici corrisponde una determinata successione di valori dei momenti totali j secondo semplici leggi quantiche; ciascuno stato di momento j è poi suddiviso in (2j + 1) sottostati in ciascuno dei quali possono disporsi ordinatamente un neutrone ed un protone. A n. di numero atomico crescente corrisponde un ordinato riempimento degli stati. Il gruppo 2j + 1 di stati aventi un certo j costituisce appunto una shell. Quando ognuno dei (2j + 1) stati di una shell è occupato la shell si dice chiusa; se solo una parte dei (2j + 1) stati è occupata da protoni o neutroni, questi nucleoni si dicono extrashell. Particolari condizioni di stabilità, in analogia a quanto succede con gli atomi dei gas nobili, si hanno per n. aventi un numero di nucleoni tale da dar luogo a una shell chiusa. Questi numeri di nucleoni (detti numeri magici) sono 2, 8, 20, 28, 50, 82, 126; a n. aventi tal numero di nucleoni (e detti n. magici) corrispondono molti isotopi o isotoni. In particolare i n. magici hanno piccola sezione di cattura di nucleoni, primi livelli di energia molto elevati e forma sferica. Il modello a "shell" spiega con una buona correttezza i valori dei momenti totali di un grande numero di nuclei.

Va ricordato che queste caratteristiche nucleari sono molto meno definite che nel caso atomico e che quindi il modello a shell descrive solo un aspetto delle proprietà nucleari. Altre proprietà, come per es. l'esistenza di n. molto deformati rispetto alla sfera, la fissione dell'uranio, certi gruppi di livelli eccitati (v. oltre), si spiegano tenendo conto di azioni collettive tra i nucleoni esistenti al di fuori di una shell chiusa. L'insieme delle proprietà di tipo a shell e di quelle di tipo collettivo costituiscono il cosiddetto modello unificato.

Spettroscopia nucleare. - Gran parte degli studî sulla radioattività β e γ e sulle reazioni nucleari, condotti con tecniche sempre più raffinate, ha portato ad un insieme di dati sui livelli nucleari. A seguito di un'emissione β, γ o di una reazione nucleare il n. residuo può rimanere, eccitato ad un certo livello energetico; lo studio dei varî livelli energetici ha portato alla conclusione che per essi vale la legge quantistica: i livelli nucleari sono discreti ed hanno valori ben definiti fino a che le energie di eccitazione non superano valori di 15 ÷ 20 MeV per i n. più leggeri o di 8 ÷ 10 MeV per i n. più pesanti. In molti casi è stato possibile misurare la "larghezza" ΔE dei livelli nucleari, e cioè l'indeterminazione con cui la loro energia è definita: si ottengono valori che variano da 0,1 eV a qualche decina di keV nei varî casi. La conoscenza di ΔE è molto importante poiché dalla relazione d'indeterminazione di Heisenberg si deduce la vita media γ del livello nella forma τ ~ h/2πΔE, costante di Planck. In effetti i n. eccitati non sono stabili e decadono con vita media iad uno stato energetico inferiore: generalmente il decadimento avviene con emissione di nucleoni o di raggi γ. I valori di τ variano da 10-10 a 10-I6 sec; questi valori benché piccoli sono tuttavia notevoli se confrontati con il tempo di 10-21 sec, assai più breve, che un nucleone impiega a percorrere il diametro nucleare.

Particolare interesse hanno anche le proprietà dei primi livelli nucleari: 1) per n. magici questi corrispondono allo spostamento di un nucleone dalla sua shell abituale ad una shell più eccitata. Tali livelli sono detti "livelli di particelle singole" ed hanno analogia con i livelli degli elettroni negli atomi, in cui sono gli elettroni ad essere rimossi dalle loro orbite; 2) per n. vicini ai n. magici, per n. cioè in cui oltre ad una shell chiusa si hanno dei nucleoni sulla shell successiva, i primi livelli eccitati vengono correntemente spiegati con moti collettivi vibrazionali di questi nucleoni; 3) per n. lontani dai n. magici, dei quali si conosce la forma allungata (per questi n. la forma sferica non è di equilibrio in quanto i numerosi nucleoni extrashell producono delle interazioni deformanti), i primi livelli danno con sorprendente correttezza l'esistenza di bande di livelli rotazionali dello stesso tipo di quelli riscontrati nelle molecole. Nella fig. 1 sono raccolti in uno schema i varî n. suddivisi a seconda delle proprietà dei loro primi livelli t livelli più eccitati corrispondono a situazioni molto più complicate: rimozione di più nucleoni con in più vibrazioni e rotazioni, e non sono di facile interpretazione.

Modelli statistici sono usati per calcolare come varia la densità ρ(E) dei livelli nucleari in funzione dell'energia E di eccitazione; poiché i risultati sperimentali sono scarsi permane incertezza se valga una legge del tipo ρ(E) ~ exp [E/ϑ], che sembra valida per E di pochi MeV (E 〈 10 MeV), con valori della costante dell'ordine di 1,2 ÷ 0,6 MeV e per n. medî, o piuttosto valga una legge del tipo

che dovrebbe soddisfare alle leggi statistiche valide per un gas di Fermi come è il n. e che sembra valida per altri gruppi di n. più pesanti.

Modello ottico. - In questi ultimi anni parecchie nuove ed interessanti cognizioni hanno arricchito le nostre conoscenze sul meccanismo delle reazioni nucleari. Si consideri un nucleone o un deutone o una particella a che venga a reagire con un n. L'energia del nucleone è il parametro determinante dell'interazione: ad alte ed altissime energie (100 Mev e più) il nucleone interagisce in modo indipendente con i singoli nucleoni contenuti nel n.; alle cosiddette energie intermedie (10 ÷ 20 Mev) e a basse energie (pochi MeV), almeno nella più parte dei casi, i singoli nucleoni non sono da considerarsi indipendenti gli uni dagli altri ma legati fra loro da mutue interazioni e l'interazione avviene quindi fra il nucleone incidente ed il nucleo. In generale varie considerazioni portano a concludere però che alle energie medie e basse solo la superficie nucleare viene interessata.

Un primo tipo di reazioni riguarda la diffusione elastica dei nucleoni incidenti: se si considera un fascio di nucleoni che incide su un n., una frazione di essi viene assorbita, mentre un'altra parte viene diffusa elasticamente, a varî angoli. La sezione d'urto elastico σel rappresenta il processo di diffusione elastica; l'assorbimento include ogni processo per cui il nucleone viene sottratto al fascio incidente: all'assorbimento può far seguito un successivo processo di emissione di un altro nucleone o di più nucleoni o di quanti γ. Tutte queste possibilità sono descritte dalla sezione d'urto anelastico σanel Recentemente lo studio di σel e di σanel per neutroni di energia da 7 a 22 MeV e per protoni da 10 a 22 MeV ha dato i seguentí risultati: σel e σanel sono circa uguali a πR2, dove R è il raggio nucleare dato, in cm, da R ≃ 1,25•10-13 A1/3, essendo A il numero di massa; inoltre la curva di distribuzione angolare dei neutroni e dei protoni sparpagliati elasticamente presenta una forte emissione in avanti con massimi e minimi del tipo delle ben note figure di diffrazione (fig. 2).

Un grande successo nella spiegazione di questo processo ha ottenuto nel 1954 il cosiddetto modello ottico, a buca di potenziale, che ha le stesse caratteristiche del modello a shell: il n. cioè è descritto anche qui da una buca di potenziale media che rappresenta le varie interazioni fra il nucleone incidente e gli altri, mentre il nucleone è rappresentato da un'onda quantica. L'interazione fra l'onda nucleare e la buca produce, analogamente al caso ottico, le figure di diffrazione. Notiamo come queste esperienze possano essere interpretate solo con l'ipotesi che il nucleone sia una particella che obbedisce alla meccanica quantistica. Per poter rendere conto dell'assorbimento occorre che il potenziale sia di tipo complesso e cioè V = V1 + iV2, il termine iV2 rappresentando appunto l'assorbimento. La denominazione di modello ottico è dovuta alla stretta analogia formale con le descrizioni che si possono dare della rifrazione e assorbimento della luce in un mezzo rifrangente. I potenziali usati da V. F. Weisskopf, H. Feshbach e C. E. Porter, che per primi hanno usato il modello, presentavano buche rettangolari con R = 1,45 • 10-13 A1/3 cm e V1 = 42 Mev; la σanel risulta però in miglior accordo con l'esperienza usando una buca con bordo non rettangolare, ma tendente a zero più lentamente. Un potenziale di questo tipo, usato con successo per descrivere la diffusione elastica di protoni da D. S. Saxon e R. D. Woods e per neutroni da altri autori, può essere scritto nella forma

con Vo = V10 + iV20, R = 1,25 • 10-13 A1/3 cm a ≃ o,6 • 10-13 cm; i valori di V10 sono assunti alquanto maggiori di quelli di V20. Più recentemente F. E. Bjorklund e S. Fernbach hanno ottenuto un accordo migliore e più esteso usando per V1 lo stesso potenziale di Saxon e Woods e per V2 invece un potenziale concentrato sulla superficie del nucleo in una zona di larghezza di circa 1 fermi; la forma di V2 è data da una curva gaussiana. Per "superficie del nucleo" s'intende la regione più esterna del nucleo stesso dove il potenziale V1 varia riducendosi a zero.

Circa le varie forme di potenziale è possibile osservare come molte di esse possono spesso spiegare gli stessi risultati quando si scelgano opportunamente i parametri che le definiscono. L'importante è che tali forme abbiano un significato fisico collegato alla struttura del nucleo. In generale si trova che il potenziale V1 ha profondità di 40 ÷ 50 MeV e larghezza media pari a R: crescendo l'energia del nucleone il valore di I diminuisce lentamente riducendosi a ~ 30 MeV per energie incidenti > 40 Mev. Il potenziale V2 invece è piuttosto piccolo (qualche MeV) per neutroni di qualche MeV di energia incidente.

Reazioni alle basse energie. - Alle energie da zero fino a qualche MeV lo studio delle reazioni nucleari presenta un comportamento abbastanza particolare. Il modello ottico spiega molto bene le sezioni d'urto totali (elastica + anelastica) quando venga considerato il loro valore medio per un certo intervallo di energia (~ 100 Kev). Se viceversa la sezione d'urto è studiata con energie molto ben definite entro 1 eV, o meno, si osservano le cosiddette risonanze, determinate da picchi molto stretti e spesso molto elevati (specialmente per neutroni termici) e la cui spaziatura può essere di qualche decina o centinaio di keV per i n. leggeri (A 〈100) e per i n. prossimi allo Sn e al Pb (n. magici), mentre, sempre con neutroni lenti, può ridursi a qualche eV per nuclei medî e pesanti lontani da n. magici (fig. 3). Queste risonanze rappresentano livelli di energia del sistema composto dal nucleo bombardato e dal nucleone incidente. Detta Γ la larghezza dei picchi e D la loro spaziatura si ha Γ 〈〈 D. In queste regioni di energia vale la famosa ipotesi di N. Bohr (1936) secondo cui nel processo di assorbimento la particella incidente ed il n. bombardato formano un sistema composto eccitato la cui vita media è molto lunga rispetto ai tempi di attraversamento di un nucleone nel n.; l'energia incidente viene ripartita su molti nucleoni del n. bombardato, si raggiunge una condizione di equilibrio per cui il successivo decadimento è indipendente dal modo di formazione del n. composto. Un semplice ragionamento mostra come la legge d'indipendenza sia verificata quando si è in condizioni di risonanza; in tal caso il n. composto è eccitato in un livello ben definito e con vita media tΓh/2πΓ abbastanza lunga. Si può d'altra parte verificare che il tempo di rimescolamento, tD, necessario affinché vengano eccitati tutti gli stati del nucleo composto è dell'ordine di h/2πD. Nel caso delle risonanze (Γ 〈〈 D) il tempo di emissione tΓ è ben maggiore di tD, per cui il n. ha tempo di mettersi in equilibrio termodinamico prima che avvenga l'emissione. Risonanze così fitte possono spiegarsi solo se nella reazione molti nucleoni del n. bombardato vengono eccitati: a questo riguardo il n. non può venire considerato come una buca di potenziale, ma deve essere trattato come un sistema a più corpi. Questo fatto rende molto complicate le trattazioni analitiche.

Reazioni alle medie energie. - Ad energie più alte (5 ÷ 10 MeV) parecchi processi diventano possibili e ciò corrisponde ad un aumento di Γ il che, unito al fatto che i livelli diventano più fitti, fa sì che Γ diventi maggiore di D. Le risonanze non sono più distinte e nel tempo di emissione tΓ il rimescolamento completo non ha più luogo. Non è più tΓ > tD. Si usa in tali casi indicare come emissione istantanea o diretta quella che avviene dopo tempi dell'ordine del tempo di attraversamento del n. (~ 10-21 sec) ed emissione ritardata quella che avviene in tempi maggiori. Una parte dell'emissione ritardata potrà succedere allo stabilirsi di un equilibrio dei varî stati possibili e quindi soddisfare la legge dell'indipendenza; un'altra parte potrà aversi prima che tale equilibrio sia raggiunto.

Sono stati messi in evidenza parecchi tipi di reazioni dirette che possiamo così riassumere: a) Reazioni di stripping dei deutoni: un deutone interagisce con un n. rompendosi nei suoi due componenti, neutrone e protone; uno di questi entra nel n. mentre l'altro procede nel suo moto con energia ed angolo definiti. b) Reazioni di pick-up: un nucleone interagisce con il n. portandosi appresso un altro nucleone a formare un deutone. c) Reazioni di urto singolo: un nucleone incidente urta semplicemente un nucleone della superficie nucleare: si ha un processo cui il resto del n. non prende parte. d) Urto su particelle a presenti sulla superficie nucleare con emissione di un intero gruppo a mediante una reazione del tipo (n, a), (p, a), ecc. e) Eccitazione di vibrazioni collettive per urto di protoni o di particelle a.

Tutte queste reazioni dirette hanno la comune caratteristica che le particelle vengono prevalentemente emesse in avanti e con stati energetici ben definiti e dipendenti dal processo determinante la reazione. Però, come si è detto, solo una parte delle reazioni alle medie energie ha carattere diretto. Una parte spesso notevole ha carattere ritardato: si forma cioè anche ora un n. composto la cui vita media, pur non essendo sufficiente per lo stabilirsi di un completo equilibrio termodinamico fra i suoi varî stati possibili, è tuttavia sufficiente perché non si abbia correlazione fra la sua formazione e la sua diseccitazione. In tal caso vale ancora la legge d'indipendenza di Bohr: la distribuzione delle particelle emesse è isotropa e l'energia di queste non dipende direttamente dall'energia incidente. In queste reazioni la distribuzione di energia uscente è per i neutroni pressoché maxwelliana, mentre per i protoni è una distribuzione maxwelliana modificata per la presenza della barriera elettrostatica che i protoni debbono attraversare. Per l'analogia con il fenomeno dell'evaporazione dei liquidi questo tipo di emissione si chiama evaporazione nucleare.

Reazione alle alte energie. - Alle più alte energie (100 MeV e più) c'è possibilità che parecchi nucleoni vengano emessi. Come si è detto, i nucleoni si comportano come particelle indipendenti le une dalle altre, e si può trattare la reazione come una successione di urti indipendenti del nucleone incidente con i nucleoni del n., e di questi, rimossi dai loro stati, a loro volta con gli altri nucleoni. Ne segue una cosiddetta cascata nucleare: un gruppo di nucleoni viene proiettato fuori del n. in una rapida sequenza (componente di cascata); parte dell'energia rimane però al n. residuo nel quale si stabilisce un nuovo stato eccitato da cui successivamente evaporano altri nucleoni (componente ritardata). Studî di queste reazioni vengono comunemente fatti sulle lastre fotografiche nucleari in cui protoni, deutoni e particelle a lasciano tracce ben definite: a seguito della reazione appare nelle lastre una serie di tracce di cui le componenti in avanti e più energetiche sono dovute alle particelle emesse nella cascata, le componenti più molli e isotrope, invece, a quelle emesse nell'evaporazione.

Bibl.: Per una bibl. estesa sull'argomento, cfr. Handbuch der Physik, xxxix, Berlino 1957; xl, ivi 1957; xli, ivi 1959; xlii, ivi 1957.

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