Novelle e racconti

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

Novelle e racconti

Emanuela Bufacchi

Il piacere della brevità

Narrazione breve in prosa, di argomento vario, la novella ha origini antiche e difficilmente identificabili. Nel corso dei secoli ha condensato attitudini, umori, immaginario di società e culture quanto mai diverse. In età moderna il genere novellistico è stato soppiantato da quello del racconto, ancora oggi molto diffuso nell’ambito della narrativa mondiale

Le origini

Cercare di definire questo genere letterario dalle molteplici caratteristiche non è facile. Qualche indicazione viene dall’etimologia della parola: novella significa «nuova» cioè notizia, vale a dire qualche cosa che riporta o descrive la realtà, e in quanto tale viene espressa con uno stile necessariamente essenziale. Pertanto essa è generalmente una narrazione breve, per lo più in prosa, che presenta personaggi umani e contenuti verosimili, ma non storici e quasi sempre senza finalità morali.

L’origine della novella deve ben poco all’area occidentale: nella letteratura greca e latina si possono solo intravedere tracce di quello che sarà il suo sviluppo. Gli esempi più interessanti sono quelli greci delle Favole milesie risalenti ad Aristide di Mileto (scrittore vissuto nel 2° secolo a.C) e quelli latini delle Metamorfosi di Apuleio e del Satyricon di Petronio. Nelle opere citate le novelle sono narrazioni brevi e marginali che si inseriscono nel racconto principale; in esse già compaiono quegli argomenti erotici che verranno sviluppati nelle novelle medievali: il marito ingannato, l’infedeltà della donna, e così via.

Le raccolte più antiche di novelle, di carattere fantastico e avventuroso, provengono invece dall’Oriente: dall’Egitto, dall’area babilonese, e soprattutto dall’India, dove fin dal 4° secolo d.C. furono elaborati il Pancatantra e il Sukasaptati. La prima è una raccolta di storie per lo più di animali, sul modello delle favole di Esopo; nella seconda un pappagallo racconta ogni notte una storia alla moglie del suo padrone per distoglierla dall’adulterio. Buona parte di questo ricchissimo patrimonio dai caratteri simili a quelli della favola confluì nella celebre raccolta di novelle arabe Mille e una notte.

Dall’Oriente all’Occidente

In Occidente la novella vera e propria iniziò ad affermarsi solo in età medievale; essa risentì certamente della tradizione orientale, ma se ne distaccò puntando a una spregiudicata rappresentazione della nuova società mercantile formatasi in Italia tra il 13° e il 14° secolo. Un primo esempio può rintracciarsi nel Novellino, una raccolta anonima di prose derivate dalle fonti più varie. Ma il vero creatore della novella moderna, vale a dire di una narrazione breve rivolta alla rappresentazione del costume e della società del tempo fu Giovanni Boccaccio. Le cento novelle del suo Decameron costituiscono un’ampia raffigurazione dei caratteri umani – tragici, luttuosi, satirici, licenziosi – e la cornice che le lega insieme afferma un’idea di narrazione come diletto. Si delineano così due elementi fondamentali della novella: il racconto come piacere e come rappresentazione della condizione umana.

Dalla fine del Trecento in Italia, per lo più in area toscana, vengono scritte e diffuse molte raccolte di novelle, caratterizzate da una sempre maggiore aderenza alla vita locale: il Trecentonovelle di Franco Sacchetti, il Pecorone di ser Giovanni, le 155 Novelle di Giovanni Sercambi. Più lentamente la novella comincia a diffondersi in tutta Europa. In Inghilterra, alla fine del 14° secolo Geoffrey Chaucer scrive I racconti di Canterbury, ventiquattro storie in versi incastonate in una cornice dove l’autore, che è anche personaggio-cronista della narrazione, offre una fedele fotografia di una società che vive il passaggio dal misticismo medievale al mondo della borghesia.

Il trionfo del genere novellistico

Dopo la fase di riflessione teorica iniziata nel Quattrocento con l’Umanesimo, che rilancia il gusto dei classici e predilige la facezia piuttosto che la novella, si assiste a una forte ripresa del genere novellistico. Nel Rinascimento, a seguito delle teorie esposte da Pietro Bembo nelle Prose della volgar lingua (1525), il Decameron diventa un modello stilistico ed espressivo, e la novella un genere letterario codificato, che avrà numerosi cultori accomunati da uno spiccato realismo.

In Europa la traduzione del Decameron favorirà un’estesa diffusione del gusto per la novella. Così in Francia la regina Margherita di Navarra compose tra il 1540 e il 1549 un ampio novelliere sul modello boccaccesco, l’Heptameron («Sette giornate»). La novella italiana trovò largo seguito anche in Spagna, dove Miguel de Cervantes, con le sue Novelle esemplari, pubblicate nel 1613, attua un’efficace rielaborazione degli schemi tradizionali. Anche in Inghilterra sono le molte traduzioni delle novelle italiane a favorire la diffusione del genere, che però avrà fortuna limitata diventando invece una fonte importante del teatro elisabettiano e principalmente di William Shakespeare: per esempio Otello e Misura per misura sono tratti dagli Ecatommiti («Cento novelle», 1565) di Giambattista Giraldi e Romeo e Giulietta da una novella di Luigi Da Porto.

A confronto con il romanzo

Dopo il Seicento, la novella attraversa un periodo di crisi a vantaggio del romanzo che in qualche modo ne deriva, come sottolinea anche la coincidenza etimologica tra la parola inglese novel (che significa «romanzo») e quella italiana novella. In Italia, a differenza del resto d’Europa, rimane però il genere più frequentato della nostra narrativa. Anzi, tra Ottocento e Novecento la novella ritrova una fioritura d’alto livello grazie al verismo e soprattutto a Giovanni Verga, che con le Novelle rusticane metterà in scena la vita cupa di umili personaggi di campagna, e poi con Luigi Pirandello, che nelle Novelle per un anno descriverà la vita, con il suo disordine e la sua drammatica casualità. Estranea alla crisi della novella è anche la Russia, dove al contrario essa si inizierà a diffondere solo in pieno Ottocento. Il primo a sperimentare il nuovo genere letterario sarà Aleksandr S. Puˇskin con I racconti di Berkin; ma il vero maestro è sicuramente Anton P. ˇCechov, non solo in relazione alla letteratura del suo paese, ma soprattutto per l’influenza che avrà sulle generazioni future. Ciò che accomuna i suoi racconti è l’assenza di menzogna, e da questa lo scrittore fa emergere un solo dato paradossale e terribile: la menzogna della vita, il suo disinganno ironico e crudele.

La rinascita sotto nuove sembianze

Nel Novecento la novella lascia progressivamente il posto al racconto. Ormai per novella intendiamo l’esposizione, prevalentemente in prosa, di un fatto, di una notizia; infatti, già sul finire dell’Ottocento essa approda sul giornale, al fianco della notizia vera e propria. Questo è anche il momento in cui la novella si tramuta in racconto: dopo aver stazionato tra le pagine dei quotidiani, se ne distacca per divenire un genere letterario a sé stante, il racconto appunto, pubblicato attraverso i normali canali dell’editoria. Inoltre, il racconto, dall’Ottocento in poi, si frantuma in diversi sottogeneri: dalla fantascienza, all’orrore, al recente pulp o splatter; la novella finisce così per assumere diversi aspetti non più coincidenti con l’esigenza di rappresentazione del reale che aveva caratterizzato la nascita del genere. Per un altro aspetto, la novella confluisce nei due nuovi codici espressivi propri del 20° secolo: il cinema e la televisione; l’episodio breve avrà largo impiego sia nel genere impegnato del neorealismo (il cui maestro e novelliere per eccellenza è lo sceneggiatore Cesare Zavattini), sia nel genere della commedia all’italiana.

Incontri ravvicinati

«Prova a immaginare di entrare in uno di quei vecchi suk arabi, dove si potevano trovare profumi, gioielli, spezie, stoffe leggendarie che venivano da tutte le parti del mondo, e ogni merce portava con sé un ricordo delle linee di circolazione del commercio nel Nordafrica. Anche con le novelle è così, vengono da tutte le parti. Sono storie raccontate o sentite raccontare dai pellegrini, dai viaggiatori, o da commercianti che viaggiavano dappertutto».

Con questo avvincente paragone uno scrittore contemporaneo – Gianni Celati – illustra la sua idea di novella e di racconto: «Quelle cose – dice – che si trovano per strada, viaggiando e incontrando gente».

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