Notte

Enciclopedia Dantesca (1970)

notte

Fernando Salsano

Significa, comunemente, quella parte del giorno solare in cui il sole è assente dall'orizzonte, come in If I 21 la notte ch'i' passai con tanta pieta.

Prima che si consideri il valore allegorico, che in questo caso rivela una forza particolare - lo stato d'ignoranza e di peccato, la tenebra della selva e dello smarrimento, il tempo di permanenza nella selva oscura, ecc. - è opportuno che il termine conservi il suo significato letterale, che bene armonizza con la precedente indicazione (vv. 16-18) del sole, che spunta dal sommo del colle, e con quella successiva, temp'era dal principio del mattino (v. 37); del resto il Momigliano, leggendo " con l'occhio della poesia ", trovava nel solo significato letterale la potenza della rievocazione; e l'Ungaretti vedeva l'intero canto " emergente dalla notte, intriso di notte e tutto echeggiante e intimidito di notturno orrore " (Lett. dant. 10). In If XXXIII 53 non lagrimai né rispuos'io / tutto quel giorno né la notte appresso, il ritmo ‛ giorno-n. ' va inteso nella prospettiva tragica della scena, e con la pregnanza che ad esso viene dal tutto che apre il verso e dilata il tempo doloroso, e dall'appresso che conclude il verso e completa il senso di quella dilatazione.

La medesima accezione si riscontra in If XXIV 3, Pg XVI 1, Pd VII 112 Né tra l'ultima notte e 'l primo die / sì alto o sì magnifico processo / ... fu o fie (qui la rappresentazione dell'intero arco del tempo si giova del felice incontro di lettera e simbolo, notte-distruzione e die-creazione: " Et pulcre appellat creationem mundi diem, idest claritatem, destructionem vero noctem, idest obscuritatem ", Benvenuto); Vn III 8 l'ora ne la quale m'era questa visione apparita, era la quarta de la notte stata; sì che appare manifestamente ch'ella fue la prima ora de le nove ultime ore de la notte; Fiore XIX 8 sed e' non fosse notte ben a tardo; Cv II XIV 17 notte non sarebbe né die... ma tutto l'universo sarebbe disordinato; III 13, V 15 [quando] 'l giorno è de la mezza notte iguale (nel solstizio invernale il giorno è uguale alla metà della notte), 17 (due volte) e 19, VI 2 (quattro volte) e 3 (cinque volte).

Preceduta dal dimostrativo ‛ questa ', significa la n. già trascorsa: Fiore LXVII 6 istanotte ti tenni in mio dormire. L'espressione ‛ di prima n. ' di Pg V 38 Vapori accesi non vid'io sì tosto / di prima notte mai fender sereno, vale " sul cominciar della notte " (ma qui di mezza notte nel gruppo Vaticano; cfr. Petrocchi, ad 1.); il Porena precisa: " non perché non si vedano [le stelle cadenti] anche a notte fonda, ma perché quella è l'ora in cui solitamente si guarda il cielo "; così di prima sera, in Pd XIV 70.

Nella prospettiva astronomica rappresenta la parte di cielo opposta a quella illuminata dal sole: If XXXIV 68 la notte risurge, e oramai / è da partir; Pg II 4 la notte, che opposita a lui [il sole] cerchia, / usciti di Gange; XXV 3, XXVII 72 e notte avesse tutte sue dispense (sebbene il significato dall'intera terzina risulti ben chiaro, questo verso lo è molto meno per l'incerto valore di dispense: " parte assegnata " [cfr. Barbi, Problemi I 231 ] o " dispensationes ", " licenza " [Benvenuto e altri]); Cv III V 13 contra lo movimento diurno, cioè del die e de la notte. Questo movimento è il motivo caratterizzante delle due personificazioni, di Pg IV 139 a la riva / cuopre la notte già col piè Morrocco, e di IX 7 la notte, de-passi con che sale, / fatti avea due.

Significa in assoluto il periodo di oscurità che si contrappone e succede a ‛ giorno ' come periodo di luce: così in Rime CII 46 così foss'ella più pietosa donna / ver me, che chiamo di notte e di luce; If XXXI 10 Quiv'era men che notte e men che giorno; Pg XV 143 Ed ecco... un fummo farsi / ... come la notte oscuro; XVII 71, XIX 11, Pd XXIII 3. Secondo tale accezione, può essere sinonimo di " oscurità ", come in Pg I 44 uscendo fuor de la profonda notte che sempre nera fa la valle inferna, e XXIII 122; o, con valore figurato, di " cecità ": cfr. Cv III VIII 10 come dice Stazio... " con etterna notte solvette lo suo dannato pudore ". In Pg XXX 104 Voi vigilate ne l'etterno die, / sì che notte né sonno a voi non fura / passo che faccia il secol, per la metafora di etterno die (eterna luce della verità divina) vale " assenza di verità " ovvero " ignoranza ".

L'espressione ‛ mezza notte ' ha valore d'indicazione cronologica in Pg XV 6 vespero là, e qui mezza notte era, e XVIII 76; mentre in XXIX 54 più chiaro assai che luna per sereno / di mezza notte significa propriamente la parte çentrale della n., quella cioè che, per essere più lontana dal mattino e dalla sera, è più scura e consente alla luna maggior splendore.

La locuzione ‛ n. e giorno ' vale " senza interruzione ", " continuamente ", come in Pg VI 113 piagne / vedova e sola, e di e notte chiama, e XXI 25; Fiore XXXII 9 non finava né notte né giorno / a suon di corno gridar; LI 8, CXVIII 11, CLXIV 14, CLXXXIII 13, CCXXIX 1, Detto 227.

Le forme avverbiali ‛ di n. ' e ‛ la n. ', con valore di " durante la notte ", sono attestate in Pg VII 4 e andar sù di notte non si puote, e 50, XVIII 92, XXII 67; Fiore CXCVI 13, CCXXIV 7; Cv IV V 18, XIII 12, I VII 4 dormire lo die e vegghiare la notte; Fiore CLXXXV I 2; in If XXVI 128 Tutte le stelle già de l'altro polo / vedea la notte, il valore sintattico è incerto, e le interpretazioni oscillano tra n. . personificata e soggetto di vedea, che è forma suggestiva, e la forma avverbiale per " nella notte ", con la quale altrettanto suggestivamente si dà campo al navigatore, soggetto di vedea, che scruta il cielo notturno. Il medesimo valore avverbiale ha in Pd XIII 8 quel carro a cu' il seno / basta del nostro cielo e notte e giorno.

Per iernotte, v. IERI.

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