NOTINGO

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 78 (2013)

NOTINGO

Giancarlo Andenna

– Figlio del conte Erlefrid, funzionario di Ludovico il Pio e grande proprietario terriero nella zona del Baden-Württemberg ai margini della Foresta Nera, nacque probabilmente negli ultimi anni dell’VIII secolo in località sconosciuta.

Acquisì la cattedra episcopale di Vercelli dopo l’827, anno durante il quale il suo predecessore Auterico era presente al concilio di Mantova, e prima dell’830, quando, secondo il racconto della Historia Hirsaugiensis monasterii (1883, pp. 254 s.), ricevette da Angilberto II, arcivescovo di Milano, il corpo di s. Aurelio, un vescovo armeno del V secolo morto mentre era di passaggio a Milano e sepolto nella chiesa extraurbana di S. Dionigi.

In accordo con il padre, Notingo trasportò il corpo del santo in Germania per porlo nella cappella dedicata a s. Nazaro al centro delle proprietà familiari e poi nel monastero ‘privato’, costruito – e dedicato ai ss. Pietro e Aurelio – nella valle del fiume Teinach, nel Comitato di Ingersheim, diocesi di Spira, «in silva que dicitur Nigra, iuxta fluvium qui dicitur Nagaltha», secondo il dettato di un falso precetto di Enrico IV del 9 ottobre 1075 (Die Urkunden Heinrichs IV. 1056-1076, 1941, p. 359).

A Vercelli ottenne importanti diritti per la sua Chiesa, ricordati in un più tardo precetto di Carlo III, datato da Pavia il 16 marzo 882 (Die Urkunden Karls III. 876-887, 1936-37, pp. 92-94).

Sebbene su questo documento i paleografi italiani avessero a lungo dibattuto all’inizio del XX secolo, uno studio di Herbert Zielinski (1991)ha chiarito che il nucleo centrale del diploma è in sostanza autentico e che l’accenno all’operato del vescovo per ottenere il godimento del diritto di transito sul ponte del Po, presso Pontestura, può essere accettato senza alcun dubbio. La fonte riferisce che Notingo ricevette a nome della sua Chiesa per legge il ponte, che da lui prese il nome (pontem Notingum), cavalcando «mirabilmente» su di esso. Fedele Savio (1898) interrompe a questo punto la biografiadel vescovo vercellese; ma più recenti studi sul codice necrologico-liturgico del monastero di S. Salvatore-S. Giulia di Brescia (Geuenich - Ludwig, 2000) hanno fornito altri elementi: egli apparteneva alla Hirsauer Stiftersippe, a suo tempo ben indagata da Karl Schmid (1959) nei suoi studi su Hirsau. Molti nomi dei fondatori del monastero tedesco, appartenenti al casato, nel memoriale bresciano sono posti in relazione con gli Unrochidi del marchese Eberardo del Friuli e nel contempo due loro membri, di nome Astat e Erlefret, appaiono nella lista dei dignitari legati all’imperatore Ludovico II. Infine lo stesso Astat risulta inserito tra i funzionari del sovrano che offrirono al cenobio una donna della loro stirpe: Astat «tradidit sororem suam Suaneburgam» (Geuenich - Ludwig, 2000, p. 183). I fondatori di Hirsau, fra cui Notingo, anch’esso inserito nel memoriale, avevano una consanguinea tra le monache bresciane.

Nell’839 Notingo partecipò alla dieta di Worms e poi seguì l’esercito di Ludovico il Pio, impegnato a Lahngau per combattere le armate di Ludovico il Germanico. L’abate di Fulda Rabano Mauro in una lettera scritta allo stesso Notingo nell’anno 840 (Hrabani, Epistolae, V, 1899, pp. 428 s.) ricorda di averlo incontrato in pago Loganae alla corte di Ludovico il Pio e di aver appreso da lui la dottrina di Godescalco sulla predestinazione. I due prelati avevano discusso l’argomento e Rabano aveva promesso di scrivere un opuscolo per spiegare al collega la retta dottrina della Chiesa sulla prescienza di Dio. Il breve trattato fu scritto e inviato nello stesso 840 a Notingo, che era ormai diventato electo episcopo di Verona. È quindi probabile che, quando nell’840 Ludovico II, designato re d’Italia, scese dalle Alpi, egli sia stato spostato da Vercelli a Verona, ove era morto il vescovo Ratoldo. Esplicitamente indicato come episcopus veronensis in un atto del medesimo anno, edito dal canonico veronese Giovan Giacomo Dionisi (1758, p. 2), era divenuto un personaggio chiave presso la corte di Lotario I e di suo figlio Ludovico II; a Verona avrebbe dovuto garantire la sicurezza della strada che dalla Germania scendeva in Italia lungo il corso dell’Adige.

Nell’estate dell’843, dopo aver partecipato alla grande dieta di Verdun insieme ai presuli Amalrico di Como e Pietro I di Arezzo, nonché all’abate di Bobbio e a Eberardo, marchese del Friuli, fu presente a Gondreville, alla corte di Lotario I, ove svolse il ruolo di petente per assicurare la riconferma di un precetto per la Chiesa di Aquileia. Ottenne anche un atto di precaria nei confronti del padre di un suo vassallo, che avendo ceduto tutti i suoi beni alla Chiesa di Lodi, li riottenne per sé e per i suoi figli. Nei due precetti imperiali Notingo appare con la qualifica di vocatus episcopus veronensis e con la stessa funzione episcopale egli chiese ancora all’imperatore Lotario I di confermare l’intero patrimonio del monastero di S. Zeno a Verona, a cui il sovrano aggiunse una chiesa e una curtis del fisco regio, denominata Sacco (Piove di Sacco). La notizia si ricava da un successivo precetto di Ludovico II del 24 agosto 853 (Ludovici II. diplomata, 1994, p. 90).

Probabilmente tra il giugno e l’agosto dell’844 Notingo dovette abbandonare la sede veronese, ove fu sostituito da Bilongo, per raggiungere la diocesi di Brescia. Il nuovo incarico forse gli impedì di essere presente all’incoronazione di Ludovico II, avvenuta a Roma il 15 giugno del medesimo anno. Insediatosi a Brescia, quattro mesi più tardi, il 14 ottobre, depose con grande solennità nella cattedrale il corpo di s. Calisto, che papa Sergio II gli aveva donato forse nei primi mesi dell’844, quando egli raggiunse Roma per confermare la legittimità del pontefice e per trattare con lui e con i vescovi suburbicari il problema delle future elezioni papali, che sarebbero avvenute alla presenza di messi imperiali. Durante la translatio del corpo santo, il corteo di Notingo fece tappa in un monastero denominato ‘Cella aurea’, che potrebbe identificarsi con il cenobio di fondazione longobarda di S. Pietro di Pavia, ove le reliquie operarono prodigi. A Brescia il corpo del pontefice romano rimase per una decina d’anni, ma nell’854 Notingo, a preghiera di Eberardo del Friuli, gli concesse la prestigiosa reliquia, affinché la trasportasse nel monastero di Cysoing, nella diocesi di Tournai, fondato dal marchese unrochide. Per la sua abilità diplomatica Notingo fu inviato da Ludovico II nel maggio dell’853 a Ravenna per incontrare Leone IV, successore di Sergio II.

In questi anni (850-53) si colloca l’episodio di Anastasio, cardinale prete di San Marcello, che aveva iniziato una campagna per osteggiare il papa e porsi come suo rivale, per ciò rifugiandosi nel patriarcato di Aquileia o nei territori di Ludovico II, mentre il papa gli ingiungeva, pena la scomunica, di rientrare a Roma. A Ravenna il 29 maggio 853 Notingo, il conte Adalgiso di Parma e il vescovo Sigifredo di Reggio, missi di Ludovico II e che Incmaro di Reims definisce come episcopi domini imperatoris (Die Konzilien der karolingischen Teilreiche, 1984, p. 299), si incontrarono con Leone IV, il quale sospettava che Anastasio volesse farsi eleggere pontefice. Pertanto Notingo e tutti gli ecclesiastici presenti, preso atto della contumacia dell’accusato, lo scomunicarono. Notingo partecipò poi, con l’arcivescovo di Ravenna e con Sigifredo, alla sinodo di Roma del 19 giugno e infine a quella dell’8 dicembre 853, di cui rimangono gli atti, durante la quale Leone IV riconfermò, di fronte agli imperatori Lotario I e Ludovico II, e a 67 vescovi, la scomunica di Anastasio.

Sempre nell’853 intervenne, stando a Roma, come testimone a una sentenza relativa al secolare processo che opponeva i vescovi di Siena a quelli di Arezzo. La diatriba fu risolta da Leone IV e da Ludovico II, presenti al dibattito. Fu redatto un verbale del processo e Notingo fu tra i sottoscrittori della sentenza (Manaresi, 1955, I, pp. 217 s.).

Nel giugno 854 ospitò a Brescia una riunione di vescovi lombardi, guidati dal metropolita, alla quale fu presente anche Ludovico II, che rilasciò al vescovo di Novara, Dodo, una tuitio dei diritti goduti dalla Chiesa novarese. I nomi dei presuli furono poi registrati nel codice necrologico-liturgico di S. Salvatore - S. Giulia (Geuenich - Ludwig, 2000) e con Notingo appaiono il metropolita e i presuli Dodo di Novara, Agino di Bergamo, Benedetto di Cremona, Amalrico di Como. L’anno successivo, il 2 luglio 856, il presule bresciano è ricordato a Verona durante un processo presieduto dal conte Bernardo dinanzi al monastero di S. Zeno; la disputa riguardava un vassallo di stirpe alamanna di Notingo, di nome Bernardo, che si opponeva a un uomo libero bavaro per il possesso di alcuni beni. Il tribunale sentenziò a favore del vassallo, tuttavia il presule di Brescia non partecipò alle varie fasi dell’azione giudiziaria. Il legame con il comes di Verona, Bernardo, datava sin dal periodo veronese di Notingo, tuttavia esso fu rinsaldato il 17 marzo 855, quando i due nobili si presentarono ai bagni di Aibling alla corte di Ludovico il Germanico, come missi del re d’Italia, per la risoluzione di una causa tra i vescovi di Trento e di Frisinga. L’ultima notizia risale al febbraio 858, quando con Eberardo del Friuli fu inviato a Ulma come ambasciatore presso lo stesso Ludovico il Germanico. Probabilmente in una di queste due occasioni il vescovo di Brescia ebbe in dono da Grimaldo, arcicappellano del re di Germania, uno Psalterium optimum glossatum, che poi appartenne alla regina Angelberga, moglie di Ludovico II, e in fine passò al monastero di S. Gallo.

La morte di Notingo va collocata tra il febbraio 858 e l’ottobre 863, poiché al sinodo provinciale della sede metropolitica di Milano era presente il suo successore Antonio.

In alcuni atti relativi a quegli anni, Notingo è ricordato in modo contraddittorio sia perché in contrasto con cenobi, sia perché benefattore degli stessi. Un esempio è fornito dal precetto del 7 ottobre 860 di Ludovico II per il monastero di Bobbio. In esso l’attività di Notingo per potenziare gli introiti di pesca della Chiesa bresciana appare in netto contrasto con i diritti del cenobio su una peschiera situata sul Mincio nel distretto di Garda, donata ai monaci dal re Ratchis. Al contrario Notingo si dimostrò generoso verso il cenobio femminile bresciano detto di Onorio, o dei santi Cosma e Damiano, a cui prima di morire aveva donato una corte di sua proprietà ubicata nel vico di Valenzano. In ogni caso il suo stretto rapporto con il mondo monastico, uscito dalle riforme di Aquisgrana, è ben testimoniato dalla presenza del suo nome nei necrologi dell’abbazia di Augia e in quelli della cattedrale di Coira, in cui la morte del vescovo è registrata al 12 agosto, giorno in cui quei religiosi dovevano pregare per lui.

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