NORVEGIA

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

NORVEGIA (XXIV, p. 944; App. I, p. 899)

Giuseppe CARACI
Mario DI LORENZO
Silvio FLIRLANI
Luigi MONDINI
Mario GABRIELI

Popolazione (XXIV, p. 947; App. I, p. 899). - Il 3 dicembre 1946 è stato eseguito un censimento che ha dato questi risultati.

Nel quindicennio 1930-46 si è così avuto un aumento dell'11% (11,5% nei comuni rurali, 9,5% in quelli urbani); negli ultimi 80 anni la popolazione norvegese è quasi raddoppiata (aumento del 432% dal 1769, epoca del primo regolare censimento). La popolazione urbana, che rappresentava nel 1920 il 29,6% della totale, ne rappresenta ora il 28,1%. Due sole città superano i 100 mila abitanti (Oslo e Bergen), una (Trondheim) i 50.000, e 16 i 10.000. Il movimento della popolazione dopo il 1936 è stato il seguente:

Nel 1946 gli indici di nuzialità sono tra i più alti dal 1901 in poi; quelli di natalità mostrano una tendenza a salire verso le cifre precedenti il 1925; quelli di mortalità i più bassi in senso assoluto. L'attivo demografico è cosi il più elevato dopo il 1901 (eccezion fatta pel 1920).

Condizioni economiche (XXIV, p. 947; App. I, p. 899). - Agricoltura, silvicoltura e pesca assorbono il 35,3% della popolazione norvegese; l'industria il 26,5%, il commercio (compresa la marina mercantile ed i trasporti) il 21,8%; ma il valore della produzione industriale è da 4 a 6 volte superiore, e quello delle attività commerciali più che doppio di quello dei prodotti agricoli. La sproporzione s'è andata accentuando dal 1935 al 1947.

Le statistiche agricole mostrano, negli ultimi anni, una sensibile contrazione nelle superfici coltivate a cereali, anche rispetto al 1935-36; un aumento, sia pur modesto, in quelle destinate alla patata ed ai foraggi. Il frumento, dopo aver avuto una forte espansione dal 1936 al 1945 (49.212 ha. nel 1942), è sceso nel 1947 ad una cifra (29.157 ha.) di poco superiore alla media del quinquennio 1934-38 (29.157 ha.); la segala invece occupava alla stessa data meno di 1/4 (1343 ha.) dell'area tenuta nel 1934-38. Quanto ai rendimenti medî, le cifre del quinquennio 1940-44 sono tutte inferiori a quelle del decennio 1930-39 ed ancor più a quelle del quinquennio 1935-39. Ecco le cifre relative ai raccolti più importanti:

La consistenza del patrimonio zootecnico è la seguente:

La produzione del burro e dei formaggi è fortemente diminuita dopo il 1942. Anche il prodotto della pesca è assai calato in confronto con l'anteguerra (755,7 t. di pesce, delle quali 551,9 di aringhe e 119,4 di merluzzi nel 1945, invece di 1064,7 t. nel 1938), mentre per la caccia alle foche ed alle balene le cifre del 1946-47 uguagliano press'a poco quelle del 1938-39.

La produzione mineraria è la seguente:

Le riserve idroelettriche della Norvegia sono state valutate a 9,2 milioni di kW. Alla fine del 1946 solo il 17,5% di questo potenziale era installato (1.616.000 kW.) e la produzione di energia ammontò a 11.569 milioni di kWh., per la maggior parte impiegati nelle industrie elettrochimiche ed elettrometallurgiche.

Nonostante i progressi e gli sforzi compiuti, l'industria è per larga parte ancora impari al fabbisogno del paese.

Commercio. - Ecco i valori del commercio estero dal 1940 al 1947:

Nel 1946 le importazioni constarono soprattutto di navi e automezzi, combustibili liquidi e solidi, cereali, tessuti, ferro e acciaio, macchine ed apparecchi elettrici, ecc.; le esportazioni, di cellulosa, carta e cartonami (1/3 in valore), prodotti della pesca (un altro 1/3), grassi ed olî animali, concimi chimici, metalli non ferrosi, ferro e acciaio, ecc. Tra i principali fornitori figurano gli S. U., la Gran Bretagna, la Svezia ed il Canada; fra i clienti la Svezia, la Danimarca, la Gran Bretagna e gli S. U. Dà nell'occhio la meschina partecipazione, per ambedue le voci, dell'URSS. L'intercambio italo-norvegese è modesto; nel 1946 si ebbe una leggera eccedenza delle esportazioni in Italia (51 contro 47 milioni di corone).

Comunicazioni (XXIV, p. 949). - La Norvegia possiede (1947) 44.395 km. di strade, delle quali circa la metà di grande comunicazione. Il numero dei veicoli a motore era alla stessa data di 115.480 (press'a poco l'effettivo del 1939).

Nel 1945 la rete ferroviaria in esercizio misurava 4194 km. (3998 nel 1936), tutti appartenenti allo stato (ad eccezione di 82 km. di ferrovie private) e per 701 km. (di cui 42 privati) elettrificati.

Marina mercantile (XXIV, p. 949; App. I, p. 899). - Dal 1° settembre 1939 all'8 maggio 1945 la marina mercantile norvegese perdette 729 navi per 2,3 milioni di t. di stazza, pari al 50% dei suoi effettivi. Al 1° gennaio 1948, secondo il Lloyd Register, essa contava 1747 navi per una stazza complessiva di 3.936.000 t., occupando così il 3° posto fra le marine mercantili mondiali. Il tonnellaggio è costituito per circa 2/3 da navi a motore.

Aviazione civile (XXIV, p. 950; App. I, p. 900). - La DNL (Det Norske Luftfartselskap) esercisce 3618 km. di linee nazionali (Oslo-Trondheim; Oslo-Stavanger; Tromsø-Stavanger; Tromsø-Kirkenes; Bergen-Stavanger) e 18.427 km. di linee internazionali (Oslo-Londra; Oslo-Glasgow, Oslo-Aalborg; Oslo-Amsterdam-Parigi; OsloCopenaghen; Oslo-Zurigo-Roma; Oslo-Praga; Oslo-Karlstad-Stoccolma; Oslo-Stoccolma). Nel 1947 furono trasportati 102.702 passeggeri (75.649 sulle linee internazionali) e 875,2 t. di merci.

Dipendenze. - Il 14 gennaio 1939 il governo norvergese dichiarava propria dipendenza il territorio dell'Antartide delimitato dal 20° O. Greenw. (Terra di Coats) e 45° E. Greenw. (Terra Regina Maud), cioè fra il settore britannico (Falkland) e quello australiano; territorio riconosciuto dalla spedizione della Norvegia (1929-30) di Riiser Larsen (v. antartide, in questa App.).

Bibl.: T. Cook, Guide to Norway, Sweden etc., Londra 1939; O. B. Grimley, The new Norway, Oslo 1939; A. Lyle, Die Industrialisierung Norvetesens, Iena 1939; W. C. Slingsby, Norway: The Northern Playground, Oxford 1940; W. Keilhan, Norway in World History, Londra 1944; Ufficio centrale norvegese di statistica, Statistik årbok for Norge 1946-1948, Oslo 1948.

Finanze (XXIV, p. 951; App. I, p. 900). - Durante la guerra l'economia norvegese soffrì danni valutati in circa 3 miliardi di dollari 1938 per distruzioni di beni e per i prelievi effettuati dai Tedeschi attraverso gli sbilanci del conto di compensazione e i contributi imposti a titolo di rimborso delle spese di occupazione. Il finanziamento di questi prelievi avvenne quasi esclusivamente attraverso conti aperti a favore dello stato presso la Banca di Norvegia (per un importo che superò gli 11 miliardi di corone); gli effetti inflazionistici di una simile procedura furono però mitigati da una serie di misure di sterilizzazione (applicazione di imposte ed emissione di buoni del tesoro senza utilizzo del controvalore) adottate ancora durante l'occupazione, che consentirono al governo di rimborsare parte del debito verso l'istituto di emissione e di limitare l'aumento del medio circolante, mentre una rigida politica di razionamento e di controllo dei prezzi contribuì a mantenere entro limiti modesti l'aumento del costo della vita.

Subito dopo la liberazione il governo diede inizio all'opera di risanamento monetario e finanziario, attuando, nel settembre 1945, il cambio dei biglietti (con la registrazione in conto bloccato del 40% delle banconote ritirate), il blocco parziale dei depositi bancarî e la denuncia a scopo fiscale dei titoli privati e pubblici. A questi provvedimenti fece seguito, nel giugno 1946, l'applicazione di un'imposta speciale sui sovraprofitti di guerra, con aliquote crescenti dal 30 al 95%. Come effetto della riforma monetaria, la circolazione, che tra il dicembre 1939 e l'aprile 1945 era passata da 547 milioni a 3 miliardi di corone, si ridusse, nell'ottobre successivo, a 1,1 miliardi, per aumentare poi gradualmente, fino a stabilizzarsi, a partire dal dicembre 1947, sulla cifra di 2 miliardi. Assai più forte è stato l'incremento dei depositi a vista, passati, tra il dicembre 1939 e l'ottobre 1948, da 263 milioni a 4,1 miliardi. Tuttavia il forte aumento della moneta fiduciaria e bancaria ha avuto una limitata influenza sul livello generale dei prezzi, rimasto basso grazie ai controlli e ai sussidî governativi (a fine ottobre 1948 i numeri indici del costo della vita e dei prezzi all'ingrosso risultavano aumentati rispettivamente del 62 e 79 per cento nei confronti del 1937): sotto questo aspetto l'economia norvegese costituisce uno dei più tipici esempî di inflazione repressa.

Diamo qui di seguito le cifre dei bilanci per gli ultimi 10 anni (esercizî dal 1° luglio al 30 giugno):

Le difficoltà per il raggiungimento del pareggio sono da attribuire prevalentemente alla politica dei prezzi perseguita dal governo (per l'esercizio 1948-49 le spese per sussidî sono previste in 600 milioni) e al risarcimento dei danni di guerra. I disavanzi di questi ultimi anni sono stati coperti in parte mediante prelievi dai fondi di cassa che la Tesoreria si era costituita durante l'occupazione, depositando presso la Banca di Norvegia il ricavato delle emissioni di buoni del tesoro fatte a scopo antinflazionistico (a fine novembre 1948 3,2 miliardi), in parte attraverso la vendita di titoli a banche e compagnie di assicurazione, in parte minore - infine - con il collocamento di titoli presso i privati e con l'uso dei proventi di crediti ottenuti all'estero.

Il debito pubblico interno è passato tra la fine del 1939 e la fine del 1947 da 868 a 14.402 milioni, ivi compreso l'importo di 8094 milioni, rappresentante il debito dello stato verso la Banca di Norvegia per il finanziamento delle spese di occupazione. L'onere degl'interessi a carico del bilancio è tuttavia assai limitato, essendo il governo riuscito in questi ultimi anni, con l'aiuto di una politica di basso costo del danaro tenacemente perseguita, a convertire al 2,50% gran parte delle vecchie emissioni, che comportavano tassi variabili dal 3,50 al 4,50%. Il debito pubblico estero ha invece segnato un regresso, passando nello stesso periodo da 596 a 430 milioni.

A causa della notevole riduzione dei proventi dei noli, per le perdite subìte dalla marina mercantile e in seguito all'aumento delle necessità d'importazione per la ricostituzione delle scorte e il rimodernamento degl'impianti, si è verificato un sensibile squilibrio nella bilancia dei pagamenti, che è stato sanato con finanziamenti da parte dell'estero (prestiti degli Stati Uniti, del Canada e della Svezia) e con il ricorso alle riserve auree ed equiparate della Banca di Norvegia, che sono passate, nel periodo tra il gennaio 1947 e il novembre 1948, da 1174 a 682 milioni, rendendo necessario un inasprimento del controllo statale sulle importazioni e sui cambî,

Nell'agosto 1939, in connessione con la svalutazione della sterlina, il tasso di cambio corona-sterlina venne portato da 19,90 a 17,70 e conseguentemente il cambio con il dollaro passò a 4,40 corone per dollaro. Il 16 maggio 1945 furono fissati i nuovi cambî di 20,05 e 4,97 corone, rispettivamente per una sterlina e per un dollaro; in relazione ad essi venne comunicata al Fondo monetario internazionale (al quale la Norvegia partecipa con una quota di 50 milioni di dollari) la parità aurea della corona di gr. 0,179067 di fino.

Storia (XXIV, p. 952; App. I, p. 900).

Scoppiata la seconda Guerra mondiale, la Norvegia, dichiaratasi neutrale, si trovò ben presto in gravi difficoltà diplomatiche. Le prime avvisaglie di guerra le ebbe, il 14 febbraio 1940, dal cacciatorpediniere britannico Cossak, che abbordò, nel fiordo di Jøsing, il piroscafo tedesco Altmark, adibito al trasporto di 275 prigionieri caduti in mano tedesca in seguito alle crociere della corazzata Admiral Graf von Spee nelle acque meridionali dell'Atlantico, e liberò i prigionieri. L'episodio si concluse con note diplomatiche di protesta e di spiegazioni, ma fu chiaro che ben difficilmente la Norvegia sarebbe potuta rimanere al di fuori del secondo conflitto mondiale. Gravi e maggiori preoccupazioni destava nelle sfere dirigenti britanniche il trasporto del ferro svedese. Le navi tedesche caricavano infatti il minerale a Narvik e per sfuggire alle offese della marina inglese non si discostavano nella loro rotta dalle acque territoriali norvegesi. Riusciva pertanto impossibile agl'Inglesi intralciare tale traffico e tagliare tali preziosi rifornimenti alla Germania. L'8 aprile 1940, l'Inghilterra avvertì la Norvegia che avrebbe proceduto al collocamento di alcuni campi di mine nelle acque territoriali norvegesi (che risultarono effettivamente posti nei pressi di Stadtlandet, di Kristiansand e nel Vestfjord) per costringere le navi tedesche ad abbandonare la fascia di sicurezza neutralizzata e renderne possibile la cattura da parte della marina britannica. Hitler intanto, fin dall'incidente dell'Altmark, aveva deciso di occupare la Norvegia: infatti il primo marzo aveva diramato un ordine del giorno al comando supremo per mettere in atto tale decisione, principalmente allo scopo di "garantire i nostri rifornimenti di ferro dalla Svezia e dare alla nostra flotta e alla nostra aviazione una più ampia base per le operazioni contro l'Inghilterra".

Per il reale scopo prefissosi da Hitler nell'invadere la Norvegia, per il significato strategico della campagna e per le ragioni dell'insuccesso della contromanovra britannica, v. guerra mondiale, in questa seconda App., I, pp. 1134-1135.

Il pomeriggio dell'8 aprile, mentre il ministro degli Esteri norvegese Koht elaborava la nota di protesta contro il collocamento di campi di mine inglesi entro le acque territoriali del proprio paese, si ebbero le prime informazioni sull'attacco germanico. La mattina del 9 fu presentato a Koht un ultimatum germanico, richiedente l'immediata cessazione di ogni resistenza da parte delle forze armate norvegesi, l'occupazione da parte tedesca dei punti strategici, la rottura delle relazioni diplomatiche con le potenze occidentali. Il governo norvegese rifiutò, indisse la mobilitazione generale e, unitamente alla famiglia reale, si ritirò ad Hamar, a nord di Oslo.

Le forze armate norvegesi contavano, in tempo di pace, un esercito di circa 20.000 uomini, raggruppati in 6 scarne divisioni, con scarsi mezzi meccanici; una modesta flotta di 4 incrociatori ed una trentina di siluranti; una cinquantina di aeroplani militari. La mobilitazione generale avrebbe dovuto portare l'esercito a 150.000 uomini, ma non poté essere integralmente attuata a causa del fulmineo sviluppo dell'attacco tedesco.

Il corpo di spedizione tedesco, agli ordini del gen. N. v. Falkenhorst, era costituito, inizialmente, di circa 40.000 uomini, e aumentò gradatamente la sua consistenza, fino a raggiungere la forza di oltre 100.000 uomini. Comprendeva opportunamente truppe motorizzate ed alpini, a seconda dei territorî in cui i reparti erano destinati ad agire. Il contrammiraglio R. Carls e l'ammiraglio A. Saalwächter furono, rispettivamente, l'organizzatore delle operazioni di sbarco e il comandante della squadra navale che protesse l'azione. La Luftwaffe intervenne con oltre 2000 aerei.

Data la relativa esiguità dei primi contingenti, furono adoperate navi di modesto tonnellaggio, ma veloci e, talvolta, le truppe da sbarco furono trasportate addirittura su navi da guerra. Dal porto di Brema, presumibilmente il 6 e il 7 aprile, salparono i convogli diretti ai porti atlantici e da Kiel, nelle prime ore dell'8, quello diretto ad Oslo, nel cui fiordo giunse poco prima della mezzanotte del giorno stesso. La reazione norvegese fu pronta ed efficace; gli incrociatori Blücher e Karlsruhe e un sommergibile furono colati a picco, in gran parte ad opera delle cannonate del forte Oscarsborg; ma le truppe tedesche, al mattino del 9, riuscirono a sbarcare e iniziarono la marcia verso la capitale. Contemporaneamente vennero effettuati sbarchi ad Arendal e Kristiansand, nello Skagerrak, ad Ekersund, Bergen, Stavanger, Trondheim e Narvik, sulla costa nord-occidentale norvegese. La penetrazione verso l'interno cominciò subito, sussidiata da avio-sbarchi e lancio di paracadutisti, che s'impadronirono - fra gli altri - degli aeroporti di Fornebo e Kjeller (Oslo) e di Sola (Stavanger); furono occupate le principali emittenti della radio, tagliate le comunicazioni telegrafiche e telefoniche e presidiati i relativi uffici. Il governo norvegese legale, sotto l'incalzare dell'invasione, dovette ripiegare, sempre con la famiglia reale, ad Elverum, e poi ancora più a nord, fino a ridursi all'estremo lembo settentrionale della Norvegia, a Tromsø.

Le truppe tedesche sbarcate ad Oslo raggiunsero presto gli effettivi di una divisione e s'irradiarono in quattro principali direzioni: su Kristiansand, su Bergen, verso nord e, ad est, verso la frontiera svedese, scontrandosi contro disorganizzate, ma spesso tenaci resistenze di reparti norvegesi.

I governi di Gran Bretagna e Francia promisero immediatamente il loro aiuto, contro il parere degli ambienti militari, specialmente di quelli francesi, che con realistica visione considerarono le difficoltà dell'impresa, la quale per difetto di preparazione appariva votata a un quasi sicuro insuccesso. Comunque, venne rapidamente allestito un corpo di spedizione franco-inglese, che non superò complessivamente la forza di 50.000 uomini, posto agli ordini del gen. inglese A. Carton de Wiart. Partì dalle isole Shetland e, solitamente di notte, per sfuggire alla vigilanza e agli attacchi della preponderante aviazione tedesca, incominciò, fin dal 14 aprile, a sbarcare in località secondarie della costa atlantica norvegese (i porti principali erano già in mano tedesca) e precisamente nell'isola di Harstad (Narvik), a Namsos, a Molde e Andalsnes (fiordo di Romsdal) e, poco più a sud, nei pressi di Aalesund. In sintesi si trattò di due distinte azioni: una al centro della Norvegia, al duplice scopo di conquistare Trondheim e di marciare contro le truppe tedesche sbarcate ad Oslo, per impedir loro di ricongiungersi con quelle di Trondheim ed, eventualmente, ricacciarle sulla capitale, e l'altra, a nord, per impadronirsi di Narvik e interdire alla Germania la "via del ferro" di Kiruna. Per la prima azione, si contava sulle forze norvegesi, che al comando del loro comandante in capo, gen. Ruge, erano state respinte da Hamar su Lillehammer. Il gen. Carton de Wiart fece sbarcare fra il 14 e il 16 aprile a Namsos, dove sbarcò egli stesso, circa 4000 Inglesi e 4500 Francesi (gen. Auget); li avviò verso sud, ma prevenuto dai Tedeschi alla stretta di Stenkjär, all'estremo lembo nord-orientale del fiordo di Trondheim, fu costretto a farli ripiegare e, il 5 maggio, si reimbarcò a Namsos con le sue truppe. Il gen. inglese Andels-Paget, con tre battaglioni inglesi e altri reparti francesi, sbarcò il 17, ad Andalsnes e ad Aalesund. Diresse un distaccamento verso nord, che, però, fu respinto dai Tedeschi a Støren: così fallì la manovra a tenaglia su Trondheim. Il resto del corpo di spedizione Paget si ricongiunse coi Norvegesi a Lillehammer, ma il 22 venne respinto dalle truppe tedesche provenienti da Oslo, su Tretten e, successivamente, lungo la valle del Gudbrand, su Otta e D0mbaas, dove le truppe di v. Falkenhorst entrarono il 30 aprile. In quello stesso giorno, a Støren, avveniva il congiungimento di una colonna, proveniente da Oslo, con le forze di Trondheim e l'indomani, a Ulrik, fra quelle di Bergen ed un'altra delle colonne partite da Oslo. Il 1° maggio, i Franco-inglesi si reimbarcarono nel fiordo di Romsdal e 25.000 Norvegesi, il 7 maggio, furono costretti a capitolare, ponendo fine alla campagna nella Norvegia centro-meridionale.

Anche a Narvik si combatté aspramente; ma nonostante il favorevole esito dello scontro navale del 13 aprile (7 caccia tedeschi affondati) e alcuni notevoli successi locali delle truppe sbarcate (1-28 maggio), a causa dei rovinosi avvenimenti di Francia il corpo di spedizione franco-inglese ricevette l'ordine di ritornare in Inghilterra. Il reimbarco, iniziato il 3, fu compiuto il 7 giugno.

Col reimbarco delle forze inglesi di Narvik la campagna di Norvegia poteva considerarsi conclusa. Tre giorni dopo, il 10 giugno, anche re Haakon - che aveva rifiutato di riconoscere il governo fantoccio costituito da V. Quisling l'indomani dell'invasione - fu indotto ad abbandonare la Norvegia e a rifugiarsi in Gran Bretagna; nel fare annunciare dal gen. Ruge la capitolazione della Norvegia formulò contemporaneamente una solenne dichiarazione che la lotta sarebbe continuata su altri fronti.

L'autoproclamazione di Quisling a capo del governo norvegese non aveva incontrato l'approvazione di Hitler, che il 15 aprile esonerò dall'incarico il capo del Nasjonal Samling che fu nominato "Commissario per la smobilitazione". Si costituì invece un Consiglio di amministrazione con funzioni meramente tecniche. Alcuni giorni dopo Hitler procedette, nella persona del Gauleiter J. Terboven, alla nomina di un Reichskommissar per la Norvegia. Terboven iniziò nel giugno 1940 negoziati con lo Storting per la deposizione di re Haakon e del governo Nygaardsvold, nonché per la costituzione di un nuovo governo investito di pieni poteri. Queste conversazioni fallirono. Nel settembre Terboven, in un radiodiscorso, dichiarò decaduta la dinastia, sciolto il ministero Nygaardsvold e dimissionario il Consiglio di amministrazione, né era più riconosciuto legale alcun partito al difuori del Nasjonal Samling di Quisling. Fu formato un Consiglio di stato (di cui però non fece parte Quisling) al quale venne demandato l'esercizio delle funzioni costituzionali spettanti al re, al governo ed allo Storting, costituito da quattordici membri col titolo di ministri. Cominciò allora il movimento di resistenza contro l'invasore. L'Alta Corte di giustizia norvegese protestò contro la continua violazione delle garanzie costituzionali da parte del Reichskommissar. Proteste vennero anche da parte dei maestri elementari, poiché si voleva costringerli a collaborare col regime d'occupazione, imponendo nelle scuole l'insegnamento della Weltanschauung nazista. Anche la resistenza delle organizzazioni religiose e sindacali progressivamente aumentò. Soprattutto tenace fu la resistenza opposta da docenti e studenti dell'università di Oslo. Per spezzarla Terboven fece circondare il 30 novembre 1943 gli edifici universitari dalla Gestapo e da unità delle SS. Circa 1500 studenti accusati di opposizione contro la potenza occupante e contro il governo norvegese di Quisling (il quale nel febbraio 1942 era stato nominato da Hitler e da Terboven capo del governo) furono arrestati e, a partire dal 9 dicembre, deportati in uno speciale campo di concentramento in Germania. Tutte le misure escogitate da Quisling per convincere i Norvegesi a collaborare con la Germania fallirono. Nel febbraio 1943 fu proclamato il servizio di lavoro obbligatorio e il capo della polizia norvegese, che si era rifiutato di arrestare alcune donne che non avevano ottemperato alle disposizioni sul servizio del lavoro, fu condannato a morte. Nel maggio 1944 tumulti scoppiarono a Oslo a causa della proclamazione del servizio obbligatorio del lavoro per le classi 1921,1922 e 1923. Frattanto nel governo profugo il ministro degli Esteri Koht, dimissionario (febbraio 1941), fu sostituito da Trygve Lie.

Verso la fine dell'ottobre 1944 i Russi occuparono Kirkenes. Si iniziava così la liberazione della Norvegia. Il 7 maggio 1945 le truppe tedesche capitolarono. Quisling, insieme a molti dei suoi ministri, si arrese al Fronte patriottico della resistenza. Terboven ed il gen. delle SS Rediess si suicidarono. Il 13 maggio ritornò in Norvegia il principe ereditario Olav con alcuni ministri, seguito alcune settimane dopo dal sovrano e dal primo ministro Nygaardsvold. Nygaardsvold presentò subito le dimissioni del gabinetto al re. Un governo di coalizione, sotto la presidenza di Gerhardsen, fu costituito alcuni giorni dopo. Fu istruito subito il processo a Quisling che fu condannato a morte e giustiziato il 24 ottobre 1945. L'8 ottobre si procedette a nuove elezioni allo Storting. I laburisti ottennero 76 seggi, 25 i conservatori, 20 i liberali, 11 i comunisti, 10 il partito agrario ed 8 il partito cristiano popolare. I laburisti ebbero così la maggioranza assoluta dei mandati e fu formato un gabinetto di colore, presieduto da Gerhardsen con Lie agli Esteri. Alcuni mesi dopo quest'ultimo dicastero fu affidato a Lange, essendo stato Lie nominato segretario generale delle N. U. L'Unione Sovietica dopo le trattative avvenute fra il 1944 e il 1946 tornò a sollevare nel gennaio 1947 la questione delle isole Spitsbergen, dichiarandosi favorevole alla revisione del trattato omonimo del 1920 ma lo Storting, riunitosi in seduta segreta il 12 febbraio successivo, declinò tale richiesta russa (v. spitsbergen in questa App.). Nel luglio 1947 la Norvegia partecipò alla conferenza di Parigi, aderendo al Piano Marshall. Nel febbraio 1948 il primo ministro Gerhardsen s'incontrò a Stoccolma coi capi di governo, il danese Hedtoft, e lo svedese Erlander, per discutere il rafforzamento delle relazioni economiche tra i paesi nordici, con particolare riguardo alla possibilità di una unione doganale tra Danimarca, Islanda, Norvegia e Svezia. Queste riunioni, continuate nel corso dell'anno, uscirono dallo stretto ambito economico per investire il problema generale della sicurezza e della neutralità dei paesi scandinavi, soprattutto dopo il colpo di stato comunista a Praga. Questi il 15 ottobre 1948 stabilirono la creazione di un comitato permanente di difesa scandinava. In tutti questi incontri il punto di maggiore difficoltà fu il diverso orientamento della Svezia (propensa, anche per la sua vicinanza all'URSS, ad una neutralità integrale con obblighi di neutra assistenza limitati ai tre stati) e della Norvegia, favorevole ad un orientamento "occidentale" ed "atlantico", pur accettando il principio della neutralità (di cui si ricorda la violazione del 1940). Ad ogni modo, di fronte alle incognite della situazione internazionale, lo Storting già nel marzo 1948 aveva approvato un vasto programma di riarmo con l'assegnazione di 100 milioni di corone in aggiunta ai 190 del bilancio della difesa.

Bibl.: R. Kenney, The Northern tangle, Londra 1946; W. Brandt, Norden i Nürnberg, Stoccolma 1946. Sull'opposizione dell'università di Oslo contro i Tedeschi cfr. W. Brandt, Oslouniversitet i kamp, Stoccolma 1943. Sul processo di Quisling si veda W. Brandt, Quislingprocessen, Stoccolma 1945. Sulla campagna di Norvegia: W. Picht, La campagna di Norvegia su documenti ufficiali, Roma 1940; F. Varanini, La guerra di Norvegia, in Nazione militare, 1939-40; K.W. Marek, L'epopea di Narvik, Roma 1943.

Letteratura (p. 959).

Durante e dopo la prima Guerra mondiale si delineano in Norvegia le correnti di pensiero che ancora oggi dominano la vita culturale contemporanea. Ma il quadro di questa è qui assai meno complesso e variato che in Svezia, dove l'antagonismo tra vecchio e nuovo si concreta in un vero e proprio assalto della giovane generazione a quella che essa chiama l'"Alessandria svedese". In Norvegia, mentre non esistono primitivisti o vitalisti che s'ispirino a Whitman e a Lawrence (tranne forse Waldemar Brøgger), si nota un forte influsso, su tutti i massimi rappresentanti della cultura moderna, del pensiero psicoanalitico freudiano a cui spesso è congiunto un atteggiamento politico filocomunista e comunque una critica radicale della società e delle istituzioni borghesi. La personalità dominante di questa corrente è Sigurd Hoel: nel 1921 redattore del giornale comunista Mot Dag (Verso il giorno), direttore della "serie gialla" che raccoglie traduzioni di giovani scrittori di ogni paese, artista ironico e scettico combattuto tra la sua natura individualistica e la sua fede politica collettivista. Accanto a Hoel un altro scrittore radicale è Helge Krog (nato nel 1889) critico e drammaturgo che ha tolto ogni pathos al moralismo d'un Ibsen e d'un Heiberg portandolo su un piano di mondana, spregiudicata e indulgente satira sociale: Det store Vi (Noi con la maiuscola), 1919; Konkylien, 1929; Underveis (Per via, 1931); Blåpapiret (La carta copiativa, 1928); Treklang (Terzetto, 1933), ma anche lui, come Hoel, solo teorizzatore di collettivismo. Antiborghesi sono pure, benché da punti di vista diversi, Cora Sandel (nata nel 1882) e I. Thrap Meyer (1898-1929). Tuttavia l'unico vero poeta rivoluzionario della Norvegia moderna è A. Øverland (deportato dai Tedeschi in Polonia durante la seconda Guerra mondiale e ritornato in Norvegia nel 1946), che dall'iniziale adesione ai modi e ai motivi della lirica neoromantica del 1890 è passato a un tono di poesia originalissimo di profonda, virile interiorità e insieme di anarchica ribellione; poesia del pari lontana dall'enfasi retorica come dall'estetismo musicale, schietta e pudica nella sua interna misura, sensibilissima malgrado lo scettico radicalismo di Øverland al dolore e all'arcano universale.

A questa corrente di pensiero politica e religiosa radicale appartiene anche un gruppo di scrittori-giornalisti che hanno fatto del Dagbladet di E. Skavlan (nato nel 1882) una palestra di discussioni sulla letteratura e sull'arte moderna. I più notevoli sono Chr. A. R. Christensen, G. Larsen, felice e personale discepolo di Hemingway (I sommer, D'estate, 1932; Bull, 1938), P. Gjesdahl, H. Heiberg ed altri.

Il pensiero conservatore è invece rappresentato da un gruppo d'intellettuali i quali, pur partecipando meno attivamente alla politica militante, formano un saldo fronte contro ogni indirizzo totalitario che, sia in politica sia in letteratura, minacci la libertà dello spirito intesa in senso umanistico. Quando nel 1923 uscì il giornale diretto da R. Fangen, Vor Verden (Il nostro mondo), questo gruppo riconobbe in Fangen il suo capo, e nel liberalismo conservatore di tipo britannico, individualistico e umanistico da lui propugnato, ravvisò il proprio orientamento definitivo. Critico della letteratura europea anche più recente (Streiftog i digtning og taenkning, Escursioni nel mondo della poesia e del pensiero, 1919; Tegn og gjaerninger, Simboli e fatti, 1927, sulle opere di Kjaer e di Wilde, di Roger Martin du Gard e di Thomas Mann), romansiere e drammaturgo espressionista, Fangen si è forse affermato più come fine e acuto polemista e moralista, che come artista creatore, perché troppo dominato dal suo prepotente intellettualismo.

Molti scrittori moderni sono però fuori d'ogni scuola e d'ogni raggruppamento. Nella lirica il ribelle e impetuoso N. Collett Vogt (1864-1927) ha abbandonato presto la poesia di tendenza politica, per chiudersi nella quieta e serena interiorità del sentimento (Det dyre Bred, Il pane che guadagnamo, 1900; Septemberbrand, Incendio settembrino, 1907; Hjemkomst, Ritorno in patria, 1917; Nedfra Bjerget, Giù dalla montagna, 1924; Vind og Belge, Vento e onda, 1927). H. Wildenvey (nato nel 1886), fine e squisito spirito epicureo, ha cantato in stile dimesso e semplice la poesia della gioia leggera e momentanea e dei fuggevoli sentimenti, senza però restar insensibile alla nuova atmosfera spirituale creata dalla prima Guerra mondiale (Hemmeligheter, Misteri, 1919; Trold i ord, Parole magiche, 1920; Ildorkestret, Orchestra di fuoco, 1923); O. Bull (1887-1933) è come Wildenvey bohémien e solitario, lontano dalle lotte politiche e dagli interessi sociali, ma la nota fondamentale della sua lirica è diversissima da quella di Wildenvey. In toni di virile rassegnazione Bull ha confessato la sconsolata tristezza, la solitudine del suo spirito nomade, inquieto, tormentato dal sentimento stesso del vivere che per l'estrema sua intensità è sempre sentimento doloroso (Alene, Solo; Stjernene, Le stelle; Metope; Oinos og Eros). C'è qualcosa di decadente in questa lirica cupa e chiusa nell'interna meditazione, incentrata sul solo tema del nascere e perire, della primavera e dell'autunno, della vita intesa come presagio di morte (Foraar, Primavera; On Vaaren, Di primavera; Høst, Autunno; Clara Eugenie; Avmagt, Sfinimento; Mit hjerte, Il mio cuore; Stjernegrinden, Il cancello di stelle), della fantasia come fata Morgana della realtà (Gobelin); ma dalla più desolata negatività Bull sa spesso trarre accenti di grande e severa bellezza poetica (Samlade digte, 1934). T. Ørjasaeter (nato nel 1886) scrive in Landsmål i suoi poemi lirici, in cui dà espressione artistica a una sensibilità romantico-religiosa non esente da astruse raffigurazioni (Gudbrand Langleite, 1913; Elvesong, Canto di Elfi, 1932). E infine O. Aukrust (1883-1929), anche lui scrittore di Landsmål, interpreta in possenti visioni simboliche e religiose la lotta tra il bene e il male (Himmelvarden, Il faro celeste, 1916; Sobrenning, Tramonto, 1930).

La letteratura in landsmål domina il quadro culturale dell'ultimo ventennio: Tarjei Vesaas, Inge Krokann e Ingeborg Refling-Hagen si sono affermati romanzieri dall'accento personale; più tardi, intorno al 1930, compaiono i nuovi nomi dei giovanissimi: P. Munheim (n. 1891), J. Sande (n. 1906), Å. Sveen il più dotato di tutti (n. 1910), A. Moren (n. 1907) e H. H. Holm (n. 1896) nei quali tutti è visibile la nuova mentalità nazionalistica che sin dal 1921 ha trovato anche espressione ufficiale in atti di governo (sostituzione per la capitale del nome danese di Cristiania con quello antico di Oslo; riconoscimento del landsmål come lingua parificata al riksmål, annessione dello Spitsbergen ribattezzato in S valbard).

Tra gli scrittori in riksmål invece emergono S. Christiansen, coscienzioso e tormentato psicologo di chiuse anime pietistiche; Nordahl Grieg (n. 1902-m. 1943), solitario nella letteratura norvegese contemporanea, eppure più d'ogni altro forse figlio del suo tempo, che, viaggiatore come Kipling e J. V. Jensen su tutti i mari e per tutti i continenti, traduce in brevi notazioni liriche o in romanzi che hanno tutta la freschezza del reportage giornalistico la sua impressionistica e dinamica visione della vita; K. Gudmundsson (n. 1902), divenuto popolare coi suoi romanzi d'ambiente islandese scritti in norvegese; i lirici Charles Kent (n. 1880), Alf Larsen (n. 1885),G. Reiss-Andersen (n. 1896), R. Hiorth-Schøyen (1887-1932); i romanzieri K. Elster il giovane (n. 1881), F. Halvorsen (n. 1893), M. Fönhus (n. 1894), il norvegese americanizzato O.E. Rølvaag (1876-1931) e la scrittrice S. Boo (n. 1898).

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