NIMBO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1963)

NIMBO (νέϕος, nimbus)

M. Collinet-Guérin

Disco luminoso collocato attorno alla testa di alcuni personaggi o di figure allegoriche.

Occorre per prima cosa precisare le diverse interpretazioni del termine n., che ricorre nella letteratura artistica talora in senso stretto, talaltra in un accezione più ampia, in quanto che per alcuni autori si tratta, a ragione, di n. solamente quando il cerchio è circondato da un bordo definito da un contorno o da un ornamento, mentre per altri il termine si confonde con quelli di aureola, gloria, mandorla mistica; inoltre, nel periodo di sutura del n. pagano con il n. cristiano, si ha il cosiddetto n. quadrato, che è meglio considerare come uno pseudo-n., da non confondere con il disco luminoso.

Non vi è vero e proprio n. altro che nei casi in cui la decorazione luminosa circonda la testa, o l'oggetto prescelto, di un cerchio rigido o di fiamme stilizzate.

I primordi del n., attributo che presenta una singolare fedeltà e perennità, si rintracciano tra i segni luminosi e solari che ne fanno forse una delle prime manifestazioni della traduzione in immagine di un'idea, simbolo di una credenza. Si può così parlare di un pre-n. che precede la schematizzazione simbolica successiva: dischi, raggi, irradiazioni che si avvicinano al n. perché lo preannunciano materialmente e simbolicamente.

1. Pre-nimbo pre- e protostorico. - Nel bacino del Mediterraneo, dalle civiltà pre-elleniche fino alle regioni iberiche, fin dai primi segni della presenza dell'intelligenza umana, si trovano rappresentazioni solari, simbolo presumibilmente religioso, a foggia di disco, oppure di raggi di fiamme, o di rosette con i petali aperti: raffigurazioni riprodotte su vasi, talora rituali, su pitture e persino sugli animali; segni di cui è discernibile l'intento cultuale, impiegati per più di un millennio. Si ricordano infine raggi solari segnati sulle ceramiche dell'arte egea (3400-1200 a. C.), nonché affreschi dei paesi iberici e dell'Europa continentale che attestano una fase di trasformazione progressiva delle figure in simboli ideografici; in Africa si ricordano pitture che presentano dischi a code raggianti non ancora chiaramente intelligibili.

Nel caso di un vaso a rilievo d'età premicenea vi sono elementi che ci permettono di identificare lo pseudo-n. con il simbolo del disco e con la sua applicazione cultuale. Si tratta di un vaso decorato con un fregio di bucrani, ciascuno dei quali porta fra le corna un disco ornato all'interno di alcuni tratti, quasi inizî di raggi.

Il luogo di rinvenimento del vaso era oggetto di pellegrinaggi della civiltà achea sino agli inizi del geometrico, contemporaneo alla migrazione dorica (X sec. a. C.).

Sono noti i simboli, croci, svastiche, talora ammirevoli, sui carri solari e sulle barche dell'estremo Nord; in Scandinavia sono stati trovati coltelli decorati con figure di barche solari e barche solari, con a bordo figure umane che simboleggiano gli astri, sono scolpite su rupi. Nei paesi degli Eschimesi talvolta le teste di foca sono circondate da un cordoncino solare, da cui si dipartono dei raggi; diversi animali hanno sul capo dischi disposti a spirali, che decorano anche utensili come gli arpioni.

Infine dovunque sono note figurazioni solari antropomorfiche, e il disco entra in contatto con l'essere umano, di preferenza con la testa, che contribuisce a formare o che sostituisce del tutto (Hallstatt).

2. Pre-nimbo di età storica. - Nella civiltà sumerica il passaggio dall'idea della divinità solare al suo attributo luminoso si manifesta nei cilindri in cui il dio solare Shamash si presenta con il proprio stemma parlante: disco posto dietro la testa e ali fiammeggianti alle spalle. Numerosi sono i cilindri siro-hittiti con rappresentazioni di genî che trattengono con corde il disco solare, spesso posto sopra un trono d'adorazione; sono frequenti, su rilievi e cilindri, le raffigurazioni di dischi e di ruote solari piene di varianti: irradiazione dei corpi, capelli aperti a raggera, fino ad apparizioni sporadiche del n. e teste rese schematiche dalle insegne solari. I n., a aureola o del corpo, restano le forme più compiute del tipo simbolico del pre-nimbo. Il "n." che circonda tutto il corpo possiede già una gamma decorativa assai estesa: fiamme, frange luminose, raggi a palline, palmette, globuli. Il disco alato, emblema d'origine egiziana, si ritrova spesso anche sui cilindri accanto al globo solare. È poi in Egitto che sono più numerosi i segni che precedono il n. vero e proprio: posti presso gli dèi, presso gli uomini o presso gli animali. È qui che l'aspetto del "pre-n." è più lontano dal n. come disco solare, che è invece profuso dovunque, spesso rilevato, sempre nudo, talora completato da simboli come ali, raggi, uraeus, serpenti. Posti sulle teste degli uomini o degli animali appaiono dischi ottenuti da petali di fiori in un disegno che si avvicina a quello di una ruota, oppure altri motivi sparsi: globuli, palmette, raggi, che decorano con intenzione religiosa e solare; i templi altrimenti sono barche solari con aureola o gloria che contengono dèi, aureole che circondano gli scarabei, ecc. Particolarmente efficaci le rappresentazioni di Aton (v.).

Tali simboli solari non mancano nell'arte greco-romana: rosette solari del Giove heliopolitano, busto di Helios unito all'aquila con le ali spiegate, Giove e l'aquila circondati da un disco e da larghi raggi, infine i raggi disposti rigidamente intorno alla testa di Sol, nei rilievi mitriaci, che già segnano il passaggio al n. vero e proprio. In Gaffia e in altre province romane si son trovate ruote, rotelle usate come monete, medaglie con incisi dei raggi.

3. Il nimbo nell'ambiente greco-romano e orientale. - In origine per i Greci il n. era stato una nube luminosa che circondava come un alone l'intero corpo. Così ancora, per Virgilio, Minerva appare a Enea nimbo effulgens. I Greci sono più inclini a rappresentare l'irradiazione in combinazioni luminose che il vero e proprio nimbo. Un vaso a figure rosse del Louvre, con Eos alato e nimbato che guida la sua quadriga, presenta un n. a colore unito, con duplice bordura, presso la quale, all'interno è posto un sole-disco crucifero, in cui si rileva un esempio di fusione del n. con una forma precedente. Il n. ha forse significato cultuale in un'anfora panatenaica del Louvre (313 a. C.) con due tipi di n., di cui il più seducente è senza dubbio quello a forma di fiammelle, quasi fuochi fatui, che circonda la testa di Helios che guida la quadriga diretto da Phosphoros - anch'egli nimbato - dall'alto dell'empireo. Due esempî etruschi presentano nimbi assai diversi dal modello greco: su uno specchio di Vulci (V sec.) l'Aurora innalza Cefalo, nimbata a festoni orlati da corte fiammelle. Sulla cista Ficoroni (v.), un genio porta un n. a duplice contorno collocato fra le ali.

Nel periodo ellenistico l'esempio più impressionante della evocazione simbolica solare è la metopa del tempio di Helios a Ilion, in cui il dio guida il suo carro circondato da immensi raggi gloriosi.

Nell'ambiente occidentale già le pitture pompeiane avevano accolto molte occasioni di raffigurare il n., dimostrando così l'acclimatazione di questo simbolo nel mondo romano. A Pompei il n. non è più appannaggio degli dèi solari; è invece distribuito a divinità diverse, così come si inserirà in seguito nei mosaici dell'Africa. Il n. romano si ritrova sia in Occidente sia in Oriente; al servizio di una grande idea di potenza, appare sul capo degli dèi e dell'imperatore o delle personificazioni delle città, come un disco contornato oppure radiato che significa l'autorità morale e religiosa, come un patto fra il divino e l'umano, l'uno garante della consacrazione suprema dell'altro. Sulle monete il n. appare intorno alla testa di Sol (oncia repubblicana del 27 a. C.); Vespasiano ha la testa raggiata; un semisse del regno di Settimio Severo porta la testa nimbata. Un piombo di Diocleziano e Massimiano (286-292) presenta difficoltà cronologiche, ma il n. che circonda questi due imperatori è già noto su un medaglione di Antonino Pio e tornerà in seguito su cinque medaglioni di Valente (368-78), ed appare comunemente nelle emissioni di Costantino. Se i busti, dei due Licinî, padre e figlio, appaiono nimbati su un medaglione d'oro di Nicomedia, è Costantino, Sol invictus, che aveva adottato il mito solare come culto tradizionale ereditario della sua dinastia, che rimane legato al simbolo del n. anche dopo il riconoscimento della religione cristiana. Anche le teste costantiniane sostituite nei tondi adrianei sull'Arco di Costantino, hanno un n. leggermente inciso sul fondo. Un rapporto palese sembra stabilirsi tra l'immagine nimbata di Fausta, moglie di Costantino, seduta in posa frontale con il figlio in grembo, e le successive immagini di Maria.

Per l'ambiente orientale è da ricordare il cosiddetto "muro del tribuno" di Dura Europos, con l'affresco dell'offerta davanti alle statue della triade palmirena, i cui membri sono tutti dotati di nimbi a semplice cerchio, del tutto romani, mentre nimbate sono anche le Tychai di Dura e di Palmira che assistono alla scena. Ancora a Dura l'affresco con il sacrificio alle cinque divinità presenta una figura, alla sinistra di Bēl, che porta dietro le spalle un grande crescente lunare, quello del dio Aglibol, e ha la testa circondata da un ampio n. rosa; nimbate sono poi le figure di diversi altri affreschi: una donna sdraiata, non identificata, una Venere di carattere grecizzante, un re parthico, che aggiunge al suo costume un n. di stile puramente persiano: il paganesimo siriaco uguagliava questi monarchi agli dei non diversamente da quello romano.

Nel mitreo di Dura, Sol è inginocchiato davanti a Mithra che gli rimette il suo n. a raggi sui capelli composti come quelli di un Helios o di un Apollo.

È nimbata la figura della Vergine fra le costellazioni dello zodiaco.

Anche a Roma Mithra è raramente nimbato, ma lo è sempre Sol, sia che se ne rappresenti soltanto il busto (v. tav. a colori) o che lo si figuri, stante o in ginocchio, davanti al dio che gli consegna il n. raggiato.

Più ancora il n. compare in monumenti orientali: stele palmirene con gli dèi Yarhibol e Aglibol (vol. i, fig. 1192, p. 949), dèi locali, che indossano costume militare romano, che hanno nimbi con all'interno raggi dentati, e che si ritrovano a Dura; o il rilievo di Nemruddagh (v.) con Antioco I di Commagene di fronte al dio solare (Mithra-Apollo), che ha tutto il capo circondato da un nimbo ellittico attraversato da raggi (vol. i, p. 431, fig. 551). Più ancora ad oriente, sulle monete sino alla fine del V sec. d. C., il n. è tra gli emblemi regali indo-scitici, provando l'origine celeste dei re Gupta. Sul verso delle medaglie, divinità iraniche o greche, tra cui Artemide ed Atena, sono nimbate.

Si ricordano anche le monete di Demetrio (circa 200 a. C.), lo Zeus nimbato e con corona d'alloro sulle monete del regno di Soter Ares (90-40), il busto di Soter Megas (circa 10 a. C.; un sovrano imparentato con i principi indo-parthici); gli aurei di Kadphises II (circa 50-25 a. C.), che provano l'estensione del n. in civiltà diverse, ma influenzate dalla Grecia e da Roma.

In età assai bassa (311-364 d. C.), si notano diversi altari, a Tiro, a Agoura, ornati di teste di Helios circondate da nimbi perfetti e classici, le cui irradiazioni si intrecciano alla capigliatura per rendere il barbaglio della luce.

Il segno del n. appare in India quasi alle origini del buddismo ed è adottato nelle prime immagini di Buddha.

Sui rovesci delle monete di Kaniska (78 a. C. circa) - egli stesso nimbato -, si trova Buddha stante, entro una edicola, drappeggiato alla greca; il n. è l'emblema della missione spirituale di Buddha, ed è la Grecia che ne ha ispirato l'immagine. La scultura del Gandhara (v.), come, per esempio, nel Buddha di Host-Mardan, Peshawar, del 318-312 a. C., predilige un grande disco unito, nascente assai in basso dietro le spalle. La pittura del Gandhara costituisce poi il probabile veicolo del n., ora semplice, ora invece decorato con esuberanza ornamentale, dall'India alla Cina, dove il n., sia nudo che profusamente decorato, conoscerà la più grande espansione. (v. buddha).

Nell'ambiente di Costantinopoli sulla fine del mondo antico troviamo nelle miniature dell'Iliade Ambrosiana (fine V-inizî del VI sec. d. C.), di tradizione ellenistica e medio-romana, le divinità raffigurate con nimbi di vario colore, corrispondenti a quanto riferisce Marziano Capella, scrittore africano del IV-V sec., nelle sue composizioni allegorico-filosofiche.

Il n. si configura così fra i legati del mondo pre-cristiano al cristianesimo. Le gemme gnostiche (v. gnostiche, gemme), che partecipano di questo carattere di transizione, offrono buone testimonianze anche in questo senso.

4. Monumenti paleocristiani. - Tra le testimonianze dell'arte delle catacombe si possono distinguere un lascito pagano (Sol nimbato del cimitero di Domitilla; stelle solari d'origine orientale sullo sfondo di questi dipinti) e una prima introduzione del n. entro scene d'argomento cristiano. Sulle varie decine di affreschi di soggetto vario del Nuovo Ipogeo della via Latina (metà del IV sec.), solamente due soggetti hanno il n., e rappresentano per l'appunto Eracle e una supposta Cleopatra. D'altra parte, circa la stessa epoca il n. circonda il capo dell'Augusto, come nel Calendario del 354, o già nei medaglioni d'oro di Costantino (v.). Nelle sculture dei sarcofagi il n. può esser stato dipinto, e quindi essere andato perduto, benché non manchino rari esempî di n. scolpiti, verso la fine del IV sec., specialmente laddove si trattava della forma speciale del n.: quello monogrammato di Cristo (v. croce). Nei mosaici di S. Maria Maggiore a Roma hanno il n. gli angeli, Gesù, Erode e, nelle scene del Vecchio Testamento, anche gli angeli e, due sole volte, Giosuè, esattamente nella scena dell'apparizione dell'angelo e dell'arresto del Sole. Nelle più antiche raffigurazioni bibliche, quelle di Dura Europos, il n. non appariva mai; soltanto nelle figure stanti dei singoli profeti un campo quadrato azzurro intorno alla testa, il cosiddetto "n. quadrato", era l'indizio di una dignità particolare. L'uso di questa tabula circa verticem sarà molto importante per la ritrattistica medievale.

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