DIESSBACH, Nikolaus Joseph Albert

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 39 (1991)

DIESSBACH, Nikolaus Joseph Albert

Pietro Stella

Secondogenito e primo maschio di quattro figli, nacque a Berna il 15 febbr. 1732 da Nikolaus Albert, membro del Consiglio della città, e da Salome Tillier, sorella dello Schultheiss (presidente cantonale) Johann Anton Tillier e donna influente nella vita cittadina. Fu battezzato nella chiesa calvinista il 25 febbraio con il nome di Nikolaus Albert; ma più tardi, forse dopo la conversione al cattolicesimo, usò chiamarsi Nikolaus Joseph Albert.

Come il fratello minore Rudolf Anton (1734-1797), fu avviato, appena undicenne, alla carriera militare. Qualche anno dopo lo si trova aggregato a un reggimento svizzero ch'era al soldo del re di Sardegna e ch'era comandato tra il 1739 e il 1744 dallo zio paterno Johann Rudolf von Diessbach (1694-1751). Inquadrato successivamente in varie compagnie del reggimento, fu a Torino, Nizza, Alessandria e in altre città del Piemonte e della contea di Nizza. Più tardi egli ricordava quegli anni come tempi di "spirito altiero", "guagliarde passioni" e incredulità atteggiata al volterianesimo di moda nei salotti e nei circoli militari. Il 17 luglio 1745 fu nominato luogotenente in seconda di una compagnia colonnella e il 24 luglio successivo luogotenente effettivo. Nel dicembre 1749 fu promosso capitano tenente del reggimento, denominato in quegli anni "Roy". La crisi spirituale e professionale maturò in lui attorno al 1754, quando conobbe la donna che poi sposò: una figlia (di cui non si conosce il nome) di Antoine de Saint-Pierre, ricco mercante, insignito del titolo comitale e console di Spagna a Nizza. Il D. si dedicò alla lettura forse di J.-B. Bossuet e di altri apologisti cattolici. Abiurato a Torino il calvinismo, celebrò il matrimonio nel rito cattolico in luogo imprecisato e cominciò a mostrarsi un praticante senza titubanze; di conseguenza fu diseredato dai fratelli e osteggiato dai commilitoni. Dimessosi il 5 sett. 1755 dal reggimento calvinista di appartenenza, il 29 successivo fu inquadrato con il grado di capitano nel reggimento "Schoulembourg", detto anche "Reale alemanno".

Rimasto vedovo dopo tre anni di matrimonio, maturò il disegno di entrare nella Compagnia di Gesù; affidò la figlia superstite, di appena tre anni, alle visitandine di Nizza; si dimise dalla milizia il 4 ott. 1759 e il 19 successivo entrò nel noviziato dei gesuiti a Genova. Compiuto il biennio del noviziato, fu inviato a Milano nel collegio di Brera per il biennio di filosofia e il quadriennio di teologia. Già nel settembre 1764 ricevette in Svizzera gli ordini maggiori da Joseph Nikolaus von Montenach, vescovo di Losanna. Celebrata la prima messa nel collegio dei gesuiti a Friburgo, rientrò a Milano nel collegio di Brera per il completamento degli studi teologici. Nel 1768 fu ascritto alla provincia gesuitica denominata della Germania superiore. L'anno successivo rientrò nella provincia milanese e fu assegnato al collegio di Torino. Qui si trovava in qualità di missionario, catechista e confessore di lingua tedesca allorché nel 1773 venne soppressa la Compagnia.

Dell'attività missionaria di questi anni si hanno residue testimonianze. Nel 1771 tenne, ad esempio, missioni insieme con Carlo Emanuele Pallavicino e altri gesuiti a Dronero, nella diocesi di Saluzzo, di cui era vescovo allora mons. Giuseppe Filippo Porporato, fautore del benignismo e fervido estimatore dei gesuiti.

Le attenzioni del D. andarono particolarmente alle classi sociali più alte, che gli apparivano incrinate nelle convinzioni religiose più essenziali. Nel 1771 entrò in campo come apologista pubblicando a Torino Le chrétien catholique inviolablement attaché à sa religion par la considération de quelques unes des preuves qui en établissent la certitude (3 voll.); tre anni dopo pubblicò Il zelo meditativo di un pio solitario cristiano e cattolico (Torino 1774) e infine Le solitaire chrétien et catholique (Fribourg 1778, 2 voll.).

Il D. mostrava di avere presenti Voltaire e altri autori in voga negli ambienti militari e salottieri della sua esperienza giovanile; ma il costrutto dei suoi scritti riflette ormai il modo di sentire e il gusto di Rousseau, di cui del resto apprezzava esplicitamente la sincerità e la travagliata affettività. Sebbene attingesse a N.-S. Bergier e a G. S. Gerdil, egli amava dare un carattere biografico alle sue pagine; in genere faceva protagonisti dei suoi scritti personaggi che si erano convertiti dopo avere provato gli "inganni" dell'incredulità moderna; superava in tale modo l'apologetica razionale e difensiva prevalente ai suoi tempi, prospettando nuove forme di approccio religioso più rispondenti alla psicologia tardoilluminista.

Dopo la soppressione della Compagnia di Gesù, il D. poté sperimentare la protezione di personaggi influenti, quali il card. Carlo Vittorio Amedeo Delle Lanze, ch'era stato in quegli anni (1747-1773) vescovo di corte e cappellano maggiore delle truppe. Nel 1774 il Delle Lanze presiedette a Torino alla professione tra le canonichesse lateranensi di Maria Delfina, la figlia del D., morta poi, spiritualmente assistita dal padre, il 9 febbr. 1777. Attorno al 1780 fu scelto dalla corte per l'insegnamento del tedesco a Maria Carola Antonia, figlia di Vittorio Amedeo III, andata sposa a Clemente Teodoro di Sassonia nel 1781 e deceduta appena un anno dopo.

Maturando idee abbozzate nel Chrétien catholique, attorno al 1776 il D. organizzò e propagandò una Pia Associazione che aveva come programma la stampa e la diffusione in tutta Italia di libri vecchi e nuovi, idonei a premunire dagli "errori del tempo" e ad alimentare la pietà anche di persone raffinate. Nella ristretta cerchia di collaboratori emersero come autori di libri di apologetica e di spiritualità di gusto preromantico il conte Benvenuto Robbio di San Raffaele (uno dei fondatori dell'Accademia Sampaolina a Torino) e Giovanni Domenico Giulio, ex gesuita, poi vicario generale dell'abbazia di Fruttuaria, le cui Notti di s. Maria Maddalena penitente (1779) ebbero edizioni e traduzioni per tutto il secolo XIX. Oltre che a Friburgo e a Vienna, nel 1779 erano trentadue i librai in Italia che accettavano adesioni alla Pia Associazione di Torino. Ma lo sforzo di pubblicazioni periodiche andò esaurendosi entro il 1780 anche per le difficoltà di un mercato librario imperniato tra Friburgo e Torino.

Accantonata quest'iniziativa il D. passò a organizzare l'Amicizia cristiana (AC), cioè un gruppo attentamente selezionato, ristretto e segreto di ecclesiastici e laici che si adoperavano a costituire una biblioteca ben scelta di libri religiosi da far leggere, imprestare, regalare traendo occasione per tale scopo dai comportamenti dei club e dei salotti aristocratici.

Il gruppo di AC costituitosi a Torino comprendeva presumibilmente una diecina di uomini e donne appartenenti al patriziato subalpino redditiero e una mezza dozzina di ecclesiastici. Agli inizi del 1781, aderendo a un suggerimento delle "amiche cristiane", in collegamento all'AC ma con statuto proprio, fu costituito il gruppo ristretto dell'Amicizia sacerdotale (AS), di cui furono asse portante, oltre che il D., due giovani ex gesuiti cuneesi, Luigi Virginio e Pio Brunone Lanteri.

Con quest'ultimo, in coincidenza con il viaggio di Pio VI, il D. si recò a Vienna, dove poté subito appoggiarsi al barone Joseph von Penkler, già discepolo dei gesuiti, e all'ex gesuita astronomo di corte Maximilian Hell. Il Penkler divenne il primo valido elemento per costituire a Vienna un secondo gruppo di AC e di simpatizzanti o anche membri dell'AS quali Clemente Hofbauer, in quegli anni studente all'università. Il viaggio viennese pose in evidenza la persona del D. anche agli occhi della diplomazia pontificia. Morto il 5 maggio 1782 mons. Montenach, il nunzio di Lucerna, G. B. Caprara Montecuccoli, si affrettò a segnalare il D. tra i possibili successori alla sede vescovile di Losanna. La candidatura fu appoggiata calorosamente anche dal card. Delle Lanze e accompagnata da chiarimenti del nunzio di Vienna, Giuseppe Garampi; ma venne considerata non gradita dal governo civile perché il D. non era nativo del Cantone.

Il D. concentrò le sue energie nell'assicurare sviluppo e influsso all'AC e all'AS. Nel 1783 Luigi Virginio, inviato appositamente a Milano, poté dare inizio a due nuovi piccoli gruppi, grazie all'adesione del conte Francesco Pertusati (già collega del D. al collegio di Brera) e di alcuni ecclesiastici avversi all'indirizzo teologico inaugurato nell'università di Pavia da esponenti giansenisti. Un altro gruppo di AC e AS fu costituito a Parigi dallo stesso Virginio nei primi anni della Rivoluzione con l'intesa e l'adesione di ecclesiastici appartenenti alle "Aa": le associazioni segrete di ecclesiastici, onnipresenti in Francia, ramificate in Savoia con modulazioni rigoristeggianti e antigianseniste, e attestatesi di recente (1781) anche a Torino. Altre AC e AS furono formate a Firenze negli ultimi anni del secolo ed ebbero a esponente di rilievo il giovane marchese Cesare d'Azeglio.

Dopo il 1782 s'intensificarono i movimenti del D. tra Torino e Vienna attraverso la Lombardia o la Svizzera. A Vienna egli fu introdotto nel gruppo che curava l'educazione dell'arciduca Francesco e della sua futura sposa Elisabetta di Württemberg, istruita per questo nella religione cattolica. Il nunzio a Vienna, Caprara, informava la S. Sede nel 1788 che il D. aveva tenuto all'arciduchessa reale gli esercizi spirituali a porte chiuse nella chiesa della Visitazione (Bona, Le "Amicizie", p. 130). Nel 1789 da Torino passava a Parigi, dove risiedeva il fratello militare, ormai incline al cattolicesimo, e dove il Virginio lavorava per animare il gruppo di AC. Nel 1790 andava d'urgenza a Vienna, ma vi giungeva quando ormai l'arciduchessa Elisabetta il 18 febbraio moriva dando alla luce una bambina; due giorni dopo moriva anche Giuseppe II. Il 12 marzo giungeva dalla Toscana Pietro Leopoldo per la successione. Con la data della elezione imperiale (30 sett. 1790) il D. compilava una lunga Adresse d'un catholique à S. M. I. et R. Léopold Second, in cui in sostanza esortava all'abbandono della politica ecclesiastica giuseppina, al ripudio del giansenismo e al ripristino della Compagnia di Gesù. Frattanto in modo vario gruppi di ex gesuiti sia dell'Impero, sia emigrati dalla Francia rivoluzionaria e dai Paesi Bassi tendevano verso la ricostituzione ufficiale della Compagnia di Gesù; il D. appariva come un possibile candidato alla carica di superiore, quale elemento unificante di diverse aree nazionali. In effetti anche vari altri membri delle AC e AS si dimostravano in quegli anni aperti diverse iniziative; le due associazioni, per la natura stessa di società segrete nell'ambito ecclesiastico, prive come erano di un'approvazione ufficiale canonica e civile, erano compromesse da intrinseca labilità. Virginio a Parigi si ascrisse a gruppi organizzati da Pierre-Joseph Picot de Clorivière; membri delle AS in Savoia erano anche appartenenti alle "Aa"; altri dell'AS di Vienna aderirono alla Compagnia di Gesù approvata in Russia; a fine secolo le AC di Milano e di Firenze erano quasi disgregate. Dell'esperienza di quel ventennio avrebbero tratto profitto in seguito alcuni dei migliori collaboratori e simpatizzanti, quali Hofbauer in Austria, il Lanteri e Cesare d'Azeglio in Piemonte. Il D., impegnato ormai alla ricomposizione del ripullulante Ordine dei gesuiti, reduce da Praga, morì a Vienna, forse vittima di un attentato o comunque per cause non chiare, il 22 dic. 1798.

Fonti e Bibl.: Pinerolien. Beatificationis et canonizationis s. D. Pii B. Lanteri…, a cura di A. P. Frutaz, Romae 1946, pp. 68-258; Carteggio del ven. p. Pio B. Lanteri..., a cura di P. Calliari, I, Torino 1975-76, ad Indices; C. Bona, Le "Amicizie" Società segrete e rinascita relig. (1770-1830), Torino 1962, passim: descriz. analitica delle fonti edite e ined. alle pp. 621-629;Id., La rinascita missionaria in Italia. Dalle "Amicizie" all'Opera per la propagaz. della fede, Torino 1962, pp. 10-37; G. Verucci, I cattolici e il liberalismo dalle "Amicizie cristiane" al modernismo..., Padova 1968, ad Indicem; F. Menegazzo, S. Vincenzo M. Strambi e l'"Amicizia cristiana" di Milano, in Mem. stor. d. Diocesi di Milano, XVI (1969), pp. 145-49; V. M. Michelini, Le Amicizie cristiane. Testimonianze storiche di rinascita catt., Milano 1977, passim; G. Penco, St. della Chiesa in Italia, II, Milano 1978, pp. 134, 240; R. De Mattei, Idealità e dottrine delle Amicizie, Roma 1981, pp. 41-98.

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