Niger
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Il Niger è una repubblica semipresidenziale nel cuore dell’Africa saheliana. Ex colonia francese, indipendente dal 1960, ha avuto una storia politica travagliata, in cui colpi di stato e ribellioni si sono succedute fino ad anni recenti. I tuareg nigerini sono insorti a più riprese negli anni Sessanta e poi nuovamente negli anni Novanta e nel 2007, spesso unendo la loro ribellione a quella dei gruppi tuareg maliani, poiché le rivendicazioni sono sempre state speculari. Le istanze indipendentiste e autonomiste delle popolazioni nomadi si sono coniugate con richieste di una più equa redistribuzione delle risorse e una maggiore partecipazione e rappresentanza nella vita politica del paese.
Più di metà della popolazione nigerina appartiene al gruppo degli hausa e dei djerma songhai. Come per i gourmantche, si tratta di popoli per lo più stanziali, residenti nel sud, che praticano l’agricoltura per vivere. Il nord del Niger, arido e desertico, è invece territorio dei gruppi seminomadi fulani, tuareg, kanuri, e toubou, che costituiscono circa il 20% della popolazione e che trovano nell’allevamento la loro fonte tradizionale di sostentamento.
Il Niger, come altri stati della fascia saheliana, è estremamente condizionato dalla dualità della sua geografia. Mentre le attività produttive che garantiscono la sicurezza alimentare sono per lo più concentrate nel sud e nel sud-est, in corrispondenza delle sponde del fiume Niger, le materie prime e le infrastrutture estrattive si concentrano nel centro del paese, nei pressi di Arlit e Agadez. L’estremo nord del paese, che confina con Algeria, Libia e Ciad, è invece una zona desertica, con confini porosi. Si tratta di un’area di grande importanza per la sicurezza nazionale e internazionale, poiché rappresenta un importante snodo logistico per lo scambio di armi e per i traffici illeciti, utilizzato dalle organizzazioni terroristiche operanti nel Sahel, prima fra tutte Aqim (al-Qaida nel Maghreb islamico). Si inseriscono appunto in questo contesto le attività di messa in sicurezza e di anti-terrorismo degli Stati Uniti e dei suoi alleati occidentali nell’Africa saheliana.
Oltre alle tensioni irrisolte fra governo centrale e popolazioni seminomadi e la recrudescenza terroristica degli ultimi anni, Niamey ha dovuto fare i conti con l’enorme fragilità delle sue istituzioni politiche. Il paese ha ritrovato una sorta di stabilità soltanto a partire dal 2010. Nel 2009, l’allora presidente Mamadou Tandja aveva prolungato il suo mandato tramite un artificio costituzionale, indicendo un referendum popolare per decretare la fine della quinta repubblica e l’inizio della sesta. Ciò gli avrebbe assegnato la carica di presidente per i successivi tre anni di transizione. La comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Ecowas) invitò allora Tandja ad aprire un dialogo con l’opposizione, che intendeva boicottare il referendum. La mancata accettazione delle richieste dell’Ecowas da parte di Tandja indusse l’organizzazione a sospendere il Niger dalla stessa. Il risultato del referendum fu favorevole al presidente, sebbene siano state numerose le accuse di violenze e brogli.
Nel febbraio del 2010, dopo mesi di stallo politico, il generale Salou Djibo fu tra i principali autori della destituzione di Tandja, assumendo la carica di presidente del Consiglio supremo per la restaurazione della democrazia (Csdr). Il rovesciamento incostituzionale di governo ha provocato la condanna della comunità internazionale e in particolar modo dell’Unione Africana, che ha anch’essa sospeso il Niger dall’organizzazione. Tra il gennaio e il marzo 2011 si sono tenute nuove elezioni presidenziali, che hanno decretato la vittoria di Mahamadou Issoufou, uno dei leader dell’opposizione, e segnato l’avvio del ritorno alla democrazia.
Il Niger è l’ultimo paese al mondo secondo l’indice di sviluppo umano. Più dell’80% della popolazione vive in zone rurali e quasi il 40% del pil dipende dal settore primario (agricoltura e pastorizia). L’età mediana è tra le più basse al mondo (15,5 anni) e il paese mantiene il non invidiabile record del più alto tasso di fecondità al mondo (7,56 nati in media). Il 40% circa dei bambini vive in condizioni di malnutrizione e solamente poco più del 50% della popolazione ha accesso all’acqua potabile. L’avvicendarsi di governi militari ha inoltre sensibilmente ridotto le libertà democratiche e non ha favorito lo sviluppo di un ambiente pluralista e men che meno aperto.
Nonostante le condizioni precarie in cui versa la maggioranza della popolazione, il tasso di crescita reale del pil rimane ancora alto (4,3%), un traguardo che il paese raggiunge grazie agli investimenti diretti esteri avviati nei settori dell’edilizia (costruzione di strade e dighe in primis), dell’energia elettrica e dell’estrazione mineraria e petrolifera. Tale abbondanza di minerali ha permesso al Niger di sviluppare un interessante indotto dell’uranio divenendo il quarto produttore mondiale. Tra i progetti realizzati più di recente vi sono la prima raffineria di idrocarburi a Zinder, interamente finanziata dalla China National Petroleum Corporation (Cnpc), e l’apertura nel 2013 a Imouraren della seconda miniera di uranio più grande al mondo, gestita da Areva, società statale francese già operante in Niger. Proprio la Francia, i cui siti nucleari dipendono per un terzo dall’uranio di Niamey, è il primo paese donatore e uno dei maggiori partner commerciali. La presenza cinese è in forte aumento. I proventi dell’uranio sono una delle maggiori ragioni di contesa fra popolazioni tuareg e stato centrale e rappresentano una delle principali rivendicazioni del Mouvement des Nigériens pour la Justice (Mnj), che opera nella regione settentrionale di Agadez.
La rivolta tuareg del 2007-09 si è conclusa con la firma di un accordo di fine ostilità siglato a Tripoli e che vide partecipe Mu’ammar Gheddafi quale mediatore. L’intesa ha posto le basi per una maggiore decentralizzazione e per l’effettiva integrazione di alcuni leader tuareg nelle istituzioni politiche nazionali. La parziale riuscita dei negoziati è stata alla base della rinuncia dei tuareg nigerini ad appoggiare gli omologhi maliani durante la crisi del 2012-2013. Ciononostante, permangono tensioni sottese, nonché il rischio che si possa verificare una futura congiunzione fra movimenti tuareg e Aqim. Le tensioni sociali – già alimentate da questioni politiche, dall’aridità, dalla siccità e dalla desertificazione che affliggono in misura sempre maggiore il paese – potrebbero ulteriormente aumentare a causa del flusso di rifugiati provenienti dal Mali, che ha ampliato la fascia povera della popolazione.
Il miglioramento dell’economia è fortemente legato ai piani varati dall’Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale (Uemoa) e a quelli adottati dalla Comunità degli stati sahelo-sahariani (Cen-Sad). Il Niger condivide insieme a 14 paesi dell’area ovest-africana la valuta, il franco Cfa, e una banca centrale (la Bceao – Banca centrale degli Stati dell’Africa occidentale) solo con Benin, Burkina, Costa d’Avorio, Guinea Bissau, Mali, Senegal e Togo.
Gli Stati Uniti e l’asse anti-terrorismo transahariano
La minaccia terroristica costituisce un serio problema alla sicurezza nazionale dei paesi della fascia sahelo-sahariana. Nel tentativo di contenere e debellare la minaccia, da oltre un decennio gli Stati Uniti hanno lanciato programmi e dispositivi di sicurezza intergovernativi mirati alla stabilizzazione dell’area. Tra questi rientrano il Pan Sahel Initiative (2002-2005) e il suo seguito, il Trans-Sahara Counter-Terrorism Initiative (Tscti). Quest’ultimo programma, che aveva il compito di addestrare, equipaggiare e coordinare in missioni di anti-terrorismo le truppe di Ciad, Mali, Mauritania e Niger, ha cessato di esistere nel 2008, venendo in parte inglobato nel comando Us Africom, di stanza in Burkina Faso. Tuttavia la sua componente militare è stata lasciata inalterata e ricondotta nella Operation Enduring Freedom-Trans Sahara (Oef-Ts), un’iniziativa ideata con finalità di eliminazione delle reti terroriste transnazionali e delle loro infrastrutture. Nel tentativo di fornire migliori strumenti anche alle popolazioni locali nella lotta al terrorismo islamista e in coincidenza con la guerra in Mali, agli inizi del 2013, cento soldati statunitensi furono inviati ad Agadez, nel Niger centrale, per installare una base militare e per fornire compiti di addestramento delle forze locali e africane in generale. Obiettivo finale della missione Usa era la raccolta di informazioni utili per possibili operazioni sul campo di intelligence contro i gruppi jihadisti nell’area. In aiuto delle truppe anche i droni Usa utili alla localizzazione e all’attacco dall’alto dei siti logistici ritenuti di alto livello. Data la sua vicinanza con il Mali e il nord della Nigeria, territorio di attività di Boko Haram, il Niger è diventato uno dei pilastri della sicurezza saheliana e un partner fondamentale per l’Occidente nella lotta al terrorismo islamista. Nonostante i numerosi sforzi profusi dal governo e dagli alleati occidentali (su tutti Francia e Usa) nello smantellamento delle reti terroristiche africane, resta ancora alto il livello di attività e di pericolosità di Aqim e delle altre cellule jihadiste nella regione.
Dati generali Politica Economia
Approfondimento
La centralità del Niger nelle dinamiche geopolitiche del Sahel
di Andrea de Georgio