VENUTI, Nicomede

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 98 (2020)

VENUTI, Nicomede (Comedio)

Alessandro Ferri

– Nacque a Cortona il 14 settembre 1424 da famiglia di antica nobiltà.

La data di nascita è ricavabile dal frontespizio del codice contenente la gran parte della sua produzione lirica (Arezzo, Biblioteca Città di Arezzo, 158). Forniscono ulteriori coordinate temporali lo Statuto dei Notai di Cortona del 1450 (Cortona, Archivio Comunale, G1, c. 34r), il Catasto cortonese del 1461 (ibid., C7, Sancto Marco de intus) e le sottoscrizioni apposte ai manoscritti autografi.

Visse prevalentemente a Cortona, ma la presenza di numerose liriche di corrispondenza all’interno della sua raccolta di rime dimostra che fu protagonista di una fitta rete di rapporti epistolari con rimatori delle più varie provenienze, afferenti alla Toscana orientale (Antonio da Montepulciano, Gambino d’Arezzo, Giannantonio da Poppi, Giovanni d’Arezzo, Goro da Poppi, Ranaldo da Città di Castello) e occidentale (Antonio da San Miniato, Feo Belcari, fra Mariotto fiorentino), all’Umbria (Giovanni Antonio Campano, di stanza a Perugia) e ad aree più lontane (Francesco Palmario da Ancona, Giovanni da Roma e l’ignoto Giovanni Carlo da Mantova, il cui nome è obliterato e sostituito dalla dizione di Mantovano dannato). In assenza di uno studio approfondito sui rapporti intercorsi tra Venuti e i suoi corrispondenti (un precoce tentativo in Ravagli, 1900b), non è possibile definire se questo consorzio poetico ebbe una struttura organica e se eventualmente il cortonese ebbe al suo interno un ruolo peculiare; tuttavia potrebbe essere di qualche rilievo l’omaggio nei suoi confronti da parte di Gambino d’Arezzo, che dichiara «per mio dio t’elessi» (Arezzo, Biblioteca Città di Arezzo, 158, c. 54r).

Il codice 158 della Biblioteca Città di Arezzo, autografo secondo Antonio Lanza (Lirici toscani del Quattrocento, a cura di A. Lanza, II, 1973, p. 665) e «idiografo con interventi autografi» secondo Stefano Carrai (Carrai, 1993, p. 122), rappresenta l’opus magnus di Venuti.

Il manoscritto raccoglie 235 componimenti, di cui 185 venutiani e 50 di altro autore. Con l’esclusione di due sonetti riportati, rispettivamente, nella c. 38r e nella c. 38v, larghissima parte dei testi d’altro autore sono collocati nella seconda parte del manoscritto (cc. 40-66). Le rime sono collocabili nella quinta decade del XV secolo: si tratta in genere di sonetti (230, di cui 23 caudati), ma compaiono anche una canzone, una ballata, un ternario spirituale e tre testi (un sonetto, un inno e un carme) in un mediocre latino. Nelle liriche sono sviluppati temi amorosi (due gli innamoramenti descritti, l’uno rivolto a una donna chiamata Felicita, l’altro verso una figura ignota), morali, religiosi e politici; alle cc. 29v-30r compaiono tre sonetti su Cortona, uno dei quali menziona il capitano mediceo (1457) Angelo Della Stufa. Il manoscritto, che fin dalla poesia incipitaria (Voi che leggete le diffuse rime) mostra il legame con il modello petrarchesco, potrebbe essere un tentativo di edizione (cfr. ibid., pp. 122 s.), testimoniato dalla ripetizione di alcune liriche, la presenza di una canzone alla Vergine (per quanto in posizione insolita, alle cc. 22r-25r) e l’affiorare di una numerazione a margine dei componimenti.

Il 24 maggio 1455 Venuti completò la trascrizione dei Punica di Silio Italico (Oxford, Bodleian Library, Add.C.192). Attraverso la lettura di Silio, dei compendi storiografici antichi e delle mitografie medievali, Venuti elaborò un’interpretazione della storia di Cortona finalizzata a dimostrarne il prestigio e la superiorità morale nei confronti dei dominatori medicei e a rincuorare i concittadini che non avevano ancora superato il trauma dell’annessione alla Repubblica fiorentina (1411). Nell’interpretazione di Venuti, Cortona era la legittima erede dell’antica Corytho, l’«antica madre» citata da Virgilio (Eneide III, 96), da cui la stirpe di Enea aveva avuto inizio. Questa fondazione del mito antico di Cortona trovò espressione nel capitolo ternario De laudibus patriae, composto tra il 1458 e il 1464 (datazione ricavabile dal pontificato di Pio II, citato come vivente al verso 284).

L’opera, in 301 endecasillabi, è dedicata al concittadino Iacopo Vagnucci, all’epoca vescovo di Perugia: Venuti intendeva ringraziarlo per la donazione di un reliquiario a Cortona (luglio 1458). Con questo pretesto poté inserirsi nel fortunato filone della laudatio patriae, celebrando l’antichità di Cortona e riportando una lunga descrizione delle amenità del territorio circostante corredata da riferimenti colti. L’opera è tràdita in tre copie non autografe conservate presso Cortona, Biblioteca del Comune e dell’Accademia Etrusca (582, cc. 6v-11v, risalente al XVI secolo; 685, cc. 45v-52r, e 602, cc. 68r-73v, entrambe risalenti alla metà del XVIII secolo).

Nel mese di maggio del 1469 compose due ottave celebrative per il matrimonio tra Lorenzo de’ Medici e Clarice Orsini. Il testo è conservato in copia nel codice di Parma, Biblioteca Palatina, 286, c. 128r. Nel medesimo codice compare anche un sonetto caudato adespoto, ma plausibilmente venutiano, sul tema della peste a Cortona, datato al 1468 (c. 131r).

L’ultima testimonianza dell’attività del cortonese compare nel manoscritto di Firenze, Biblioteca nazionale, Naz. II IX 132, sottoscritto il 21 giugno 1471. Il codice comprende il De raptu Proserpinae di Claudiano e tre opere storiografiche: l’Historia Romana di Paolo Diacono (attribuita a Eutropio), il Breviarium rerum gestarum populi Romani di Festo (qui chiamato Sesto Rufo) e il De viris illustribus Romae dello pseudo-Aurelio Vittore (attribuito a Plinio il giovane).

Morì a Cortona in una data imprecisata successiva al 1471, senza lasciare figli.

Venuti ebbe contezza di numerosi testi compendiari della cultura medievale (Paolo Diacono, Isidoro, Papia Lombardo, il Boccaccio latino, il Convivio dantesco) e dimostrò una buona conoscenza della produzione lirica in volgare di Dante, Petrarca e Boccaccio. Umanista sui generis, si servì di allusioni e citazioni per portare avanti un progetto di nobilitazione della propria figura e, più in generale, della città di appartenenza, «misera e poverella in tanti affanni» (Cortona, Biblioteca del Comune e dell’Accademia Etrusca, 582: De laudibus patriae, c. 6v) a causa della perdita della libertà. Se una sua moderata fama tra i contemporanei può essere riscontrata attraverso le liriche di corrispondenza del codice aretino e in tre componimenti presenti nel codice di Parma, Biblioteca Palatina, 286, non sono sostanzialmente rinvenibili tracce di un interesse nei suoi confronti nei secoli successivi, con l’eccezione di stringate citazioni in testi eruditi: nelle Notti coritane (1744-1755), resoconti degli incontri tra i membri dell’Accademia Etrusca di Cortona, compare una copia del sonetto Serenissimo principe animoso (Cortona, Biblioteca del Comune e dell’Accademia Etrusca, 433, p. 162). L’interesse nei confronti di Venuti in questo consesso – cui appartennero i suoi eredi Marcello, Filippo e Ridolfino – è confermato dalla realizzazione, in quegli anni, di due copie del De laudibus patriae, una delle quali attribuibile all’accademico Giovanni Girolamo Sernini Cucciatti. Negli stessi anni, Anton Maria Salvini avrebbe espresso parole di apprezzamento nei confronti del poeta, secondo quanto scritto da Teresa Venuti De Dominicis (1889, p. 15). Nello stesso 1889, il bibliotecario della Fraternita dei laici di Arezzo Gian Francesco Gamurrini acquistò a Lipsia il codice di Arezzo, Biblioteca Città di Arezzo, 158, finito all’asta a seguito della dispersione della biblioteca dei Venuti. Il ritorno in Italia delle Rime diede avvio a un certo interesse verso l’autore, come dimostra la pubblicazione di svariati componimenti negli anni 1891-1912. Per un’edizione più ampia delle Rime, benché parziale e discussa (Carrai, 1993, p. 18), bisognerà attendere i Lirici toscani del Quattrocento di Lanza (1973). Il De laudibus patriae, pubblicato parzialmente da Venuti De Dominicis (1889, pp. 96 s.), fu edito integralmente nel 1903, in una strenna per l’elezione del vescovo di Cortona Michele Baldetti, ma non trova menzione nei lavori critici su Venuti (uniche eccezioni Mancini, 1922, pp. 39 s. e Gialluca, 2010).

Opere. Delle opere di Venuti queste le edizioni: A Teresa Venuti emula di Vittoria Colonna, a cura di F. Ravagli, Cortona 1891; Alla Contessina Francesca Ranieri, a cura di T. Venuti, Firenze 1892; Un sonetto inedito di Comedio Venuti, a cura di F. Ravagli, Cortona 1893; Sonetto inedito di Comedio Venuti, a cura di F. Ravagli, in VI centenario di S. Margherita da Cortona, Cortona 1897, pp. 30 s.; XIV Marzo MCMIII. Al Novello Pontefice della Chiesa Cortonese, Cortona 1903, pp. 65-74; Di una lauda inedita del Quattrocento, a cura di N. Dal Gal, Roma 1906; Rime edite ed inedite, a cura di A. Scottoni, Reggio Calabria 1907; Rime in onor degli sposi Lorenzo de’ Medici e Clarice Orsini, a cura di L. Suttina, Milano 1911; Lirici toscani del Quattrocento, a cura di A. Lanza, II, Roma 1973, pp. 665-752.

Fonti e Bibl.: T. Venuti De Dominicis, I Venuti, Roma 1889, pp. 15, 96 s.; F. Ravagli, C. V., rimatore del sec. XV, in Erudizione e belle arti, VI (1900a), 1-3, pp. 16-26; Id., Comedio Venuti e le società poetiche aretina e fiorentina, in Erudizione e belle arti, VI (1900b), 4, pp. 36-40; G. Mancini, Contributo dei cortonesi alla coltura italiana, Firenze 1922, pp. 39 s.; S. Carrai, La lirica toscana nell’età di Lorenzo, in M. Santagata - Id., La lirica di corte nell’Italia del Quattrocento, Milano 1993, pp. 18, 113-124; A. Lanza, La letteratura tardogotica, Anzio 1994, pp. 816-828; B. Gialluca, Le “Antiquitates” di Cortona: la fase virgiliana, in Oriente, Occidente e dintorni, III, Napoli 2010, pp. 1205-1225; G. Ferroni, Comedio (Nicomede) Venuti, in Atlante dei canzonieri in volgare del Quattrocento, a cura di A. Comboni - T. Zanato, Firenze 2017, pp. 590-599.

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