TACCONE GALLUCCI, Nicola

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 94 (2019)

TACCONE GALLUCCI, Nicola

Rocco Pititto

(Nicola Maria Alfonso). – Figlio di Filippo e di Rosaria Cordopatri, nacque a Mileto (Vibo Valentia) il 13 ottobre 1847, primo di sette figli.

Di famiglia nobiliare, legata alla proprietà terriera, nel 1870 fu nominato cavaliere dell’Ordine Piano da Pio IX. Dallo stesso pontefice e da Leone XIII ebbe anche dei brevi di plauso. La difesa della religione cattolica contro le derive laiciste e materialistiche dell’epoca costituì l’impegno principale della sua attività apologetica. Nel 1871 si unì in matrimonio con la marchesina Maria Antonietta Ajossa, dall’unione con la quale nacquero nove figli.

Le poche notizie biografiche sono contenute nel volume Della vita e delle opere del barone Nicola Taccone Gallucci, pubblicato in forma anonima a Reggio Calabria nel 1906. È probabile che, per la sua stesura, abbia provveduto il fratello Domenico (26 aprile 1852-9 ottobre 1917), vescovo della diocesi di Nicotera e Tropea negli anni 1889-1908.

Attento ai problemi politici e sociali, Taccone Gallucci fu uomo colto e raffinato, filosofo e letterato, conoscitore della letteratura e della musica, studioso di arte e discreto pittore egli stesso, vigoroso polemista e critico severo dell’assetto postunitario del Regno d’Italia.

A differenza del padre, che si era formato a Napoli sotto la guida di maestri come Leopoldo Rodinò (tra i migliori allievi di Basilio Puoti), Antonio Mirabelli, Pasquale Stanislao Mancini, Pietro Clausi, Nicola si formò in famiglia sotto la guida del padre e di Raffaele Lomoro, arciprete della cattedrale di Mileto, senza seguire un regolare corso di studi. Con loro studiò privatamente latino, greco, francese, scienze, diritto, teologia e lesse quanto gli fu possibile di autori italiani e stranieri, di cui era fornita la ricca biblioteca di famiglia (in particolare: Alessandro Manzoni, Tommaso Grossi, Cesare Cantù, Massimo d’Azeglio, Antonio Bresciani). Ebbe modo di studiare in quegli stessi anni la filosofia di Pasquale Galluppi e di questo studio è traccia un manoscritto giovanile da lui redatto, un compendio sugli Elementi di filosofia del filosofo tropeano. Notevole fu la sua conoscenza della Sacra Scrittura, assai sorprendente se riferita a quegli anni, della patristica e della teologia medievale e, in particolar modo, di Agostino e di Tommaso d’Aquino. Furono, soprattutto, questi due dottori della Chiesa i maestri di riferimento del suo discorso filosofico-teologico, ma non i soli, data la presenza nei suoi scritti di altri autori tra i Padri e i teologi del passato.

Dal padre, ricco proprietario terriero, fu destinato all’attività di amministratore del patrimonio di famiglia. A questa attività principale, che gli assicurava benessere e prestigio, coniugò quella letteraria: scrittore impegnato e polemista, diede vita a una produzione pubblicistica molto copiosa, che gli dette grande notorietà in Italia e in Europa. Fu in rapporto epistolare con numerosi ecclesiastici e intellettuali del suo tempo, italiani e stranieri, noti e meno noti, tra i quali i cardinali Gaetano Alimonda e Luigi Bilio, Cesare Cantù, il futuro santo Ludovico da Casoria (al secolo Arcangelo Palmentieri), Carlo Curci (fondatore de La civiltà cattolica), Enrico Panzacchi, Giovanni Pascoli, Francesco Pellico, il cardinal Giuseppe Prisco, Gioachino Rossini, Antonio Stoppani, Giuseppe Toniolo.

«Cattolico ed Italiano per fede e convinzione, Nicola Taccone-Gallucci, – come si espresse il fratello Domenico all’indomani della sua morte –, difese i dommi della Religione Santissima di Gesù Cristo; fu devotissimo al Pontificato Romano; ed aspirò alla verace grandezza della patria, come si era proposto dalla sua prima giovinezza» (Della vita e delle opere..., cit., p. 38). Nel suo Elogio funebre Giuseppe Morabito, vescovo di Mileto, affermò che «In quest’uomo straordinario non si vedeva nessuna di quelle così dette originalità de’ grandi scrittori: ei non cercava la gloria, pareva non accorgersi anzi di essa che lo seguiva con crescenti sorrisi; era d’un’affabilità e di una soavità di modi che incantava; non posava a grand’uomo; ma chi aveva la fortuna di avvicinarlo scorgeva subito nel linguaggio, semplice, ma preciso, l’abitudine che questo insigne personaggio aveva di pensieri profondi; scorgeva subito la vastità degli orizzonti intellettuali, ne’ quali spaziava lo sguardo di quella intelligenza serena e luminosa» (ibid., p. 53).

Preoccupato della condizione del cattolicesimo nella società italiana e della questione sociale e consapevole della gravità del momento storico del Regno d’Italia, costituitosi contro il Papato, si adoperò nel cercare e indicare una via di uscita al disagio dei cattolici di quell’epoca esercitando un’azione di sostegno e di appoggio al magistero di Pio IX e, più tardi, al magistero sociale di Leone XIII.

Sul piano della questione sociale Taccone Gallucci si fece portatore di un’etica della compassione in un tempo di forti contrasti politici e sociali. Il suo impegno non si limitò al piano teorico perché, sulla scia dell’esempio del padre, si adoperò per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei suoi contadini e dei suoi fittavoli con iniziative umanitarie lungimiranti per quell’epoca.

Lontano dal difendere i privilegi della sua casta aristocratica, affermò con vigore e passione che «dovere essenziale è che ogni onesto uomo e il cattolico deve esserlo in preferenza, debba cooperare secondo le proprie forze al benessere sociale. Prendendo quindi parte attiva alla vita politica, con quella integrità e zelo che è la divisa del vero cattolico, non solo s’impedisce il monopolio di gente che poco lascia sperare di bene alla Chiesa e allo Stato, ma si reca un tesoro di rettitudine e di onestà nel maneggio dei pubblici affari, e un concorso d’intelligenze, intente a far circolare in tutte le vene del corpo sociale lo spirito vivificatore delle verità cristiane» (L’enciclica sulla cristiana Costituzione..., 1886, pp. 45 s.). Costante fu l’insistenza affinché Stato e Chiesa potessero «rendersi utili al proletariato, concedendogli lavoro, sorvegliando l’uso dei suoi salarî, amministrando i giornalieri suoi risparmi e così associandolo ai suoi, riabilitarlo socialmente creandogli un piccolo patrimonio e una famiglia in condizioni alquanto prospere ed fiorenti» (La società moderna..., 1869, p. 88).

Testimone della condizione politica e sociale della sua epoca era consapevole che i problemi più gravi da risolvere si riducessero a due: «il problema politico che vuole generalizzata la libertà, e il problema sociale che vuole generalizzata l’agiatezza» (L’enciclica..., cit., p. 22). È per questo che nei suoi scritti si fece portavoce dell’istanza di restaurazione in senso cristiano della società, sostenendo che bisognasse dare cittadinanza a Cristo nella società, perché «la società con Cristo è scuola di amore, senza Cristo è scuola di corruzione. Dove non vi ha una bilancia che pesi diritti e doveri, dove non vi ha principio d’ordine fra le creature, dove non vi ha amore del prossimo per Gesù, resta unicamente il regno della forza e si scatena tutto l’abisso della corruzione» (Carità e filantropia..., 1875, p. 13).

Nel 1870, a 23 anni, Taccone Gallucci con grande perspicacia disegnò un quadro piuttosto negativo della società italiana del suo tempo. Già allora vide in atto in Europa una rivoluzione che, senza il Papato, «arriva alle sue ultime conseguenze; la rivoluzione ha per testa il comunismo, per ventre il socialismo, per coda il dispotismo». Ecco perché «Tutti gli interessi sono compromessi. La religione offesa nel suo capo, la società col comunismo alle porte, i giovani rosi dalla cancrena socialista, le famiglie con la disorganizzazione in casa. E il dramma non finisce già, ma incomincia» (L’Europa senza papato, 1870, p. 2). La sua critica si concentrò sugli aspetti più negativi in contraddizione con la forma di Stato che si andava costruendo: «Si dice il governo essere la rappresentanza di tutti gli interessi, e generalmente si riduce alla rappresentanza degli interessi di pochi. Si stabilisce il fondamento della sovranità nell’elezione, e intanto quest’elezione si lega ad un privilegio, limitandola al censo. Si fa consistere il buon governo nell’equilibrio e nell’armonia delle forze sociali, e tuttodì si dà lo spettacolo di una lotta sorda fra un re che regna senza governare, fra ministri che governano senza regnare, e fra il popolo che in verità non regna, né governa, ma subisce la sorte di tutti gli schiavi: o china paziente il capo a tutte le tirannie, o, come Spartaco, si rivolta o scanna il tiranno» (L’Enciclica..., cit., , p. 40).

La creazione di una società più equilibrata e meno conflittuale, attenta a promuovere i valori dell’umanesimo cristiano e a creare condizioni di maggiore benessere per tutti, soprattutto per i più poveri, rappresentò l’ideale di vita che caratterizzò la sua azione di proprietario terriero e di scrittore impegnato.

Religione e patria furono i due pilastri attorno ai quali Taccone Gallucci costruì il suo discorso apologetico e il suo manifesto sociale. Come cattolico visse il dramma dei tanti cattolici, che, dopo Porta Pia, non vollero accettare la separazione tra Chiesa e Stato italiano nascente. Il compito, che si assunse, fu di difendere i diritti della Chiesa offesa nel suo vicario. Dal suo canto, pur partecipando da giovane alla nascita dell’Opera dei congressi, collaborando con l’avvocato Giambattista Casoni, si tenne in seguito lontano dalla vita pubblica, rifiutando anche la candidatura a deputato. Non venne, tuttavia, mai meno la sua voce polemica nel dibattito del Paese. Si autoemarginò dalla vita politica per non accettare compromessi e limitazioni alla sua libertà.

Nel 1867-68 pubblicò in due volumi il Saggio di estetica, nel quale espose una sua teoria estetica collegata a un’idea di società fondata sul cristianesimo. Ogni civiltà – sosteneva – aveva bisogno di cultura, mentre la bellezza della cultura italiana era stata deturpata dai ‘mostri’ dell’ateismo e dell’indifferenza.

Notava, inoltre, come gli italiani potessero considerarsi fortunati, dato che il cattolicesimo e l’amore per la cultura, principi di ogni civiltà, erano un loro patrimonio. Una svolta radicale nella società italiana sarebbe stata possibile, se solo la scienza fosse stata sottomessa al magistero del Papato, superando il dissidio tra fede e ragione, tra scienza e verità. Tra fede e ragione non c’è contraddizione: questa fu la prima lezione dello scrittore. Egli era «convinto che il lume della fede nella sua genesi è identico al lume della ragione, perché entrambi desumono la loro origine dal Padre dei lumi, da cui viene ogni dono perfetto. [Perciò] niun dissidio [deve] esservi fra la ragione e il dogma, tra la scienza e la fede, poiché la verità è di tutti i tempi e di tutti i luoghi, permanentemente la stessa. Così una essendo la verità, una deve essere la fede, la quale resiste alla prova della scienza come l’oro purissimo resiste alla prova del fuoco» (L’Uomo-Dio..., 1881, pp. X s.). Morì a Messina il 29 agosto 1905.

Opere. Saggio di estetica, I-II, Napoli 1867-1868; La società moderna e il Concilio Ecumenico Vaticano, Napoli 1869; L’Europa senza il Papato, Napoli 1870; La questione sociale e il pontificato di Pio IX, Napoli 1871; L’Impero germanico e l’avvenire dell’Europa, Napoli 1872; Viaggio in Italia: ricordi e frammenti, Napoli 1874; Carità e filantropia o l’amore con Cristo e l’amore senza Cristo, Napoli 1875; Pio IX, Napoli 1878; L’Uomo-Dio: studii filosofico-estetici, Milano 1881; L’enciclica sulla cristiana Costituzione degli Stati di Leone XIII, Milano 1886; Il socialismo, il cattolicesimo e l’enciclica Rerum Novarum, Milano 1891; La Chiesa e le forme politiche, Siena 1893; Discorso del barone N. T.G. pronunziato nell’adunanza inaugurale del I Congresso cattolico delle Calabrie, Reggio Calabria 1896; Il cristianesimo nella evoluzione storica dell’arte, Napoli 1907.

Fonti e Bibl.: Della vita e delle opere del barone N. T.G., Reggio Calabria 1906 (in partic. G. Morabito, Elogio funebre, pp. 50-55); V.G. Galati, La cultura calabrese, in Il Baretti, II (1925), 16, p. 68; R. Pititto, N. T.G. tra conservatorismo cattolico e impegno politico-sociale, in www.tropeamagazine. it/nicolatacconegallucci/ (4 febbraio 2019).

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