FRAGGIANNI, Niccolò

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 49 (1997)

FRAGGIANNI, Niccolò

Eugenio Di Rienzo

Nacque il 30 apr. 1686 a Barletta, da Antonio, discendente da una famiglia di antica nobiltà locale, che deteneva una magistratura in quella provincia, e da Francesca d'Acquaviva, anch'essa di famiglia patrizia.

Il F. ricevette la prima educazione nella sua città natale, presso il collegio gesuitico del Monte di pietà. A sedici anni si trasferì a Napoli, dove intrattenne stretti rapporti con l'ambiente più brillante dell'intellettualità cittadina, che annoverava, all'epoca, nomi come quelli di D. Aulisio, Gaetano Argento, A. Ariani, C. Galiani e soprattutto C. Grimaldi e P. Giannone, i quali ebbero grande influenza nella formazione delle sue idee anticurialiste.

In questo stesso periodo, il F. studiava diritto presso l'università partenopea, dove ebbe come maestri Giambattista Vico nella cattedra di retorica e G. Cusano in quella di diritto canonico. Addottoratosi, nel 1710, in diritto civile, il F. cominciò a professare l'avvocatura. All'esercizio della pratica forense lo sottrasse, però, l'Argento, dal 1709 reggente del Consiglio del Collaterale, che lo designò, nel 1712, come aiutante di studio di G.B. Ravaschieri nella sua missione a Vienna. Quest'ultimo era stato nominato infatti, in quello stesso anno, reggente per Napoli del Supremo Consiglio d'Italia.

A Vienna il F. si inserì nella vita intellettuale della città, frequentando assiduamente la ricchissima biblioteca cesarea, intraprendendo la stesura di una dissertazione sulla Debolezza dello spirito umano e un commentario del Dictionnaire di P. Bayle (rimasti ambedue incompiuti) e soprattutto intrattenendo rapporti con alcuni degli esponenti più in vista della repubblica letteraria europea, tra cui G.W. Leibniz.

Richiamato in patria nel 1714, il Ravaschieri, nominato presidente della Camera della Sommaria da cui dipendeva l'amministrazione finanziaria dello Stato, tentò di procurare al F. una nomina in quel tribunale, ma la sua morte rese inattuato questo progetto. Fu allora che il F., grazie anche alle esortazioni di D. Caravita, finì per accettare, nel 1715, la modesta designazione di avvocato fiscale dell'udienza di Trani. Nel 1716 fu trasferito a Lucera ove rimase per circa otto anni.

Nel 1723, essendo stata l'udienza di Lucera accusata di trasgressione agli ordini superiori, il compito di difenderne l'operato toccò al F., che si recò a Napoli, dove espose brillantemente le sue ragioni, dinnanzi allo stesso viceré F.M. von Althan. Questi, apprezzò le doti del F. e lo nominò il 24 dic. 1724 segretario del Collaterale: un incarico, questo, che immetteva il giovane magistrato in uno dei posti chiave dell'amministrazione dello Stato, in un momento in cui questa si trovava al centro di un durissimo scontro tra il partito curialista e quello giurisdizionalista.

Il F. riuscì a svolgere il suo compito con un notevole equilibrio: pur non condividendo la politica del viceré troppo accondiscendente nei confronti di Roma, si dimostrò sempre contrario a un'eccessiva autonomia di quella magistratura, che, sotto l'impulso di Gaetano Argento, si era andata sempre più compromettendo con la difesa degli interessi e delle antiche prerogative dei ceti privilegiati.

Il frutto maggiore dell'attività del F. in questo periodo fu la stesura dei Notamenti del Collaterale, iniziata l'11 genn. 1725, che si rivelano una fonte storica preziosa e ben più ordinata e metodica di quelli redatti dal suo predecessore, Francesco Santoro.

In una sorta d'introduzione, il F. dichiarava il proposito di non limitarsi a un semplice resoconto cronachistico, ma di voler dare al suo scritto "dignità d'istoria", concentrando la sua attenzione sulle grandi questioni di principio esaminate da quella magistratura, nella piena consapevolezza dell'alto valore pedagogico, per i posteri, delle memorie di "uno dei più gloriosi consigli d'Europa".

Nonostante le ripetute prese di posizione del F. a favore del partito anticurialista, la protezione accordatagli dal viceré durò per tutto il periodo del suo governo. Nel luglio 1728, l'Althan venne però sostituito con R. d'Harrach, che, vincendo il blocco d'opposizioni contro il potere vicereale, accordava protezione agli esponenti più rappresentativi del nuovo ceto civile, come l'Ariani e il Grimaldi.

Riprendeva in questo modo, con maggior vigore, la campagna anticuriale. Il 30 marzo 1729 veniva inviata a Vienna una consulta firmata dai cinque reggenti, redatta però dal solo F., in cui si chiedeva la condanna delle Lezioni dell'ufficio in onore di s. Gregorio, accusate di contenere gravi ingiurie all'"autorità sovrana dei Principi". Nella consulta il F. sviluppava la questione fino a darle le proporzioni di una completa esposizione delle prerogative legittime del pontificato, della loro indebita estensione attraverso i secoli e della necessità di non permetterne più alcun ampliamento: un vero e proprio manifesto del giurisdizionalismo togato, impregnato delle idee del Giannone.

Nello stesso periodo, venivano diffuse, anche a Napoli, le Riflessioni morali e teologiche sopra l'Istoria civile del Regno di Napoli del gesuita G. Sanfelice, che avevano visto la luce a Roma nel gennaio 1729 e che contenevano una durissima censura dell'opera del Giannone. Immediata fu la reazione del gruppo giannoniano: B. Garofalo, il Grimaldi e lo stesso Fraggianni. Il Garofalo fornì ai membri del Consiglio del Collaterale l'elenco di tutte le proposizioni contenute nelle Riflessioni morali e teologiche che potevano essere considerate lesive dei diritti dello Stato e, sulla base di questo sommario, il Consiglio intraprese un lungo dibattito, alla fine del quale (aprile 1729) il volume del Sanfelice venne condannato e proscritto dal Regno insieme con il suo autore. Il testo del bando di condanna, emesso dal Collaterale il 16 aprile, venne redatto dallo stesso Fraggianni.

Sempre nello stesso anno, il F. intrattenne un lungo rapporto epistolare con il Finy, nel quadro delle complesse trattative che si stavano svolgendo ufficiosamente per arrivare alla conclusione di un concordato tra S. Sede e Regno di Napoli. Alla fine del 1729, quando ormai queste trattative si andavano esaurendo senza esito, la vacanza di un posto presso il S. Regio Consiglio, il supremo tribunale del Regno, convinse il viceré a inserire il nome del F. in testa alla lista dei magistrati ritenuti idonei a ricoprire quell'incarico, che doveva essere inviata a Vienna per l'approvazione. La risposta della corte asburgica fu però negativa.

Ma il F. venne nominato, dopo la morte dell'Argento (31 maggio 1730), suo successore nella carica di reggente del Collaterale. Rimase in carica fino all'ottobre del 1733, quando divenuto finalmente consigliere del S. Regio Consiglio, assunse l'ufficio di consultore ordinario del cappellano maggiore, la cui competenza si estendeva dal giudizio sulle questioni penali e civili del personale dello Studio napoletano alla concessione dell'imprimatur per la stampa, dalla sorveglianza sull'introduzione nel Regno dei libri a varie questioni di natura ecclesiastica.

Dopo avere ottenuto il titolo marchionale nel 1734, solo pochi mesi dopo l'avvento di Carlo di Borbone al trono del Regno di Napoli, il F. veniva nominato, nel 1735, consultore di Stato a Palermo, e qui rimase fino all'estate del 1739, conquistandosi la piena fiducia del viceré B. Corsini. Nel 1740, ritornato a Napoli, veniva nominato, il 17 luglio, caporuota del Sacro Regio Consiglio e consigliere della Camera di S. Chiara, per assumere poi, nel 1743, anche la carica di prefetto del tribunale dell'Annona e l'ufficio di membro della delegazione della Real Giurisdizione. Un organismo, quest'ultimo, il cui compito era quello di impedire gli abusi, sia di carattere patrimoniale che giurisdizionale, dei vescovi, dei nunzi e dei collettori pontefici a danno dei cittadini del Regno, laici o ecclesiastici.

La nomina a quella delegazione fece del F. uno dei principali responsabili della politica ecclesiastica napoletana, naturalmente da lui intesa in senso rigorosamente anticurialista. Assistito in quest'incarico dal fedele segretario A. Franchini (che, morto nel 1758, venne sostituito dal cancelliere G. Carulli), il F. divenne di fatto, se non l'estensore materiale, almeno l'ispiratore di tutte le consulte di quel tribunale, che in molti casi riguardavano l'interpretazione del trattato di accomodamento intervenuto tra soglio pontificio e Regno di Napoli nel 1741.

In generale, il F. interpretò, durante l'intero periodo della sua carica, tutti gli articoli concordatari nel senso più restrittivo possibile per la giurisdizione ecclesiastica, a partire dalla consulta del 19 dic. 1746, in cui si domandava l'abolizione del tribunale ecclesiastico del S. Uffizio come misura preliminare a impedire l'introduzione dell'Inquisizione nel Regno.

Gli intenti radicalmente regalistici della delegazione della Real Giurisdizione, di fatto dominata dalla volontà del F., erano stati d'altra parte già perseguiti dalla segreteria di Giustizia, retta da B. Tanucci dal 1752. Quest'ultimo eleggerà poi il F. a suo consigliere ufficioso per la politica ecclesiastica, quando, con l'avvento al trono del piccolo Ferdinando IV di Borbone, di appena nove anni, si trovò a presiedere, nel 1759, il Consiglio di reggenza.

Si aprì per il F., un nuovo intenso periodo di attività, che raggiunse il suo apice dalla metà del 1761 alla primavera del 1763, in coincidenza con il sempre più deciso atteggiamento giurisdizionalista del Tanucci. Ma se la nuova congiuntura politica napoletana sembrava essere favorevole agli intendimenti del F., come mai prima nel passato, la Curia romana organizzava, in quello stesso periodo, la resistenza contro la nuova offensiva regalista.

Mentre, infatti, dalla segreteria di Stato si inoltravano proteste formali a Madrid, che culmineranno poi con la Relazione dei gravami della giurisdizione ecclesiastica nel Regno di Napoli e delle infrazioni al Concordato del 1762, dove erano elevate accuse e lagnanze vibratissime contro il Tanucci e il F., che era accusato addirittura di "aver reso senza conseguenza il fine prefissosi da ambedue le Podestà di ultimarsi con Concordato ogni differenza", il nunzio pontificio a Napoli, G. Locatelli, si adoperava a rendere vane le misure più audacemente anticuriali, prese dalla delegazione della Real Giurisdizione e dalla Camera di S. Chiara, cercando di persuadere i reggenti di quest'ultima dell'arbitrarietà di quei provvedimenti, suggerendo agli ecclesiastici del Regno la maniera di eluderli, senza incorrere nel rigore della legge, e tentando, infine, di prevenire le nuove disposizioni anticurialiste di quei tribunali.

Lo sforzo del nunzio ottenne, in questo modo, qualche successo significativo. Furono, infatti, annullati gli ordini di sottoporre a exequatur gli editti dei vescovi e le pastorali dei generali degli ordini religiosi provenienti dall'estero; venne revocata parzialmente la normativa suggerita dal F. sui benefici ecclesiastici; furono di nuovo tollerate le pubbliche penitenze annesse alle dispense matrimoniali.

Su quest'ultima materia si concentrò, però, la decisa reazione del Fraggianni. Quando tre successive consulte del maggio 1761, da lui direttamente ispirate, non riuscirono a convincere la maggioranza dei reggenti della Camera di S. Chiara a non permettere la reintroduzione delle pubbliche penitenze, il F. fece in modo che la deputazione napoletana del S. Uffizio protestasse contro di essa, definendola come una misura tendente a favorire l'introduzione del tribunale dell'Inquisizione nel Regno. Non avendo ottenuto risultati soddisfacenti neppure per questa via, e anzi essendo stata confermata la decisione di mantenere in vita la disciplina penitenziale sulle dispense matrimoniali con due dispacci reali del luglio e del settembre 1761, il F. emanò nel febbraio 1762 una disposizione intesa a vietarla nuovamente, riaffermando formalmente un'idea guida della sua battaglia politica, e cioè la non liceità, da parte del potere ecclesiastico, di comminare ai sudditi del Regno nessuna "imposizione o pena temporale".

Le ragioni del F. ottennero una parziale soddisfazione. Un dispaccio della segreteria di Stato di Clemente XIII, volto a ridimensionare decisamente le rimostranze del nunzio sulla questione, venne inviato da Roma proprio il giorno della morte del F., avvenuta a Napoli il 9 febbr. 1763.

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Napoli, Segreteria di Giustizia. Biografie di magistrati, ff. 231v-232; P. Giannone, Autobiografia e lettere, in Opere, a cura di S. Bertelli - G. Ricuperati, Milano-Napoli 1971, pp. 93, 1110, 1164, 1666; A. Genovesi, Autobiografia, a cura di G. Savarese, Milano 1962, p. 28; G. Carulli, Elogio del marchese N. F., Napoli 1763; A. Serrao, De Nicolao F. commentarius, Napoli 1763; S. Patrizi, Consultationes sacri et regii juris, Napoli 1770, pp. I-VII; L. Giustiniani, Memorie istoriche degli scrittori legali del Regno di Napoli, II, Napoli 1787, pp. 30-34; F. Palermo, Il sec. XVIII nella vita di N. F. napoletano, in Arch. stor. italiano, I (1855), pp. 115-140; M. Schipa, Il Regno di Napoli al tempo di Carlo di Borbone, Milano-Roma-Napoli 1923, I, p. 19; II, pp. 56, 121, 141-143, 199-201; R. Ajello, Il problema della riforma giudiziaria e legislativa nel Regno di Napoli durante la prima metà del sec. XVIII, Napoli 1961, I, p. 291; S. Masella, N. F. e l'illuminismo a Napoli, Napoli 1962; F. Venturi, Settecento riformatore, I, Da Muratori a Beccaria: 1730-1764, Torino 1969, ad Ind.; G. Ricuperati, L'esperienza civile e religiosa di P. Giannone, Milano-Napoli 1970, ad Ind.; E. Del Curatolo, Per una biografia di N. F. La giovinezza, in Clio, VI (1971), pp. 253-302; Id., N. F., delegato della "Real Giuridizione", ibid., VII (1972), pp. 25-40; R. Ajello, La vita politica napoletana sotto Carlo di Borbone, in Storia di Napoli, VIII, Cava dei Tirreni 1972, pp. 708-713; S. Masella, N. F. e il tribunale dell'Inquisizione a Napoli, Napoli 1972; F. Venturi, Settecento riformatore, II, La chiesa e la repubblica dentro i loro limiti: 1758-1774, Torino 1976, pp. 165-167, 172, 181; P. Zambelli, Letture vichiane e illuministiche del segretario del Regno N. F., in Boll. del Centro di studi vichiani, XIV-XV (1984-1985), pp. 215-227; F. Di Donato, La segreteria del Regno e N. F.: 1725-1733, in Arch. stor. per le prov. napoletane, CVII (1989), pp. 247-309; R. Ajello, F. e la parabola della monarchia borbonica, in N. Fraggianni, Lettere a B. Corsini (1739-1746), a cura di E. Del Curatolo, Napoli 1991 (si veda anche l'Introduzione del curatore alle pp. XLI-LXXXVII); E. Chiosi, Lo spirito del secolo. Politica e religione a Napoli nell'età dell'illuminismo, Napoli 1992, ad Indicem; I. Ascione, Il segretario del Regno…, in Rass. degli Archivi di Stato, LII (1992), 3, pp. pp. 625-628, 636; F. Di Donato, Stato, magistrature e controllo dell'attività ecclesiastica. N. F. nel 1743, in Arch. stor. per le prov. napoletane, CXI (1993), pp. 255-328; E. Di Rienzo, "Illuminismo politico"? Alcuni problemi di metodo sulla storiografia politica del Settecento, in Studi storici, IV (1995), pp. 991-994; F. Di Donato, Esperienza e ideologia ministeriale nella crisi dell'Ancien régime. N. F. tra diritto, istituzioni e politica (1725-1763), I-II, Napoli 1996.

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