GERINI, Niccolò di Pietro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 53 (2000)

GERINI, Niccolò di Pietro

Stefano Pierguidi

Figlio di Pietro e di Giovanna di Agnolo Bindo (Gaye), nacque a Firenze intorno al quinto decennio del XIV secolo.

Il G. si formò con ogni probabilità a Firenze nella bottega di Andrea di Cione detto l'Orcagna, una delle più affermate della città, dove lavorò a fianco del fratello di questo, Iacopo; il G. può essere infatti identificato con il "Niccholao cofanerio" che compare accanto a Iacopo di Cione in un documento del 1366 relativo alla decorazione, perduta, della volta di una sala della corporazione dei giudici e dei notai di Firenze (Borsook). Il 15 sett. 1368, anno di morte dell'Orcagna, il G. risulta iscritto all'arte dei medici e degli speziali (Frey). In un documento del 1370 "Niccolaio dipintore" è incaricato di "disegnare la tavola dell'altare" con l'Incoronazione della Vergine (i pannelli principali del polittico sono nella National Gallery di Londra) per la chiesa di S. Pier Maggiore a Firenze: anche in questo caso è probabile si tratti del G., cui spettò la preparazione grafica dell'opera, mentre Iacopo di Cione ne fu quasi certamente l'esecutore, benché il suo nome non compaia nei documenti (Offner - Steinweg, 1965, p. 37).

L'identificazione del G. con "Niccolaio" non convince Boskovits (1975, p. 209 n. 33) che sottolinea il debito stilistico dell'artista nei confronti più di Taddeo Gaddi che della bottega dell'Orcagna. La propensione all'irrigidimento delle formule giottesche, caratteristica di gran parte dell'opera del G., rende tuttavia più plausibile la prima ipotesi.

In alcuni documenti datati tra il 1372 e il 1373, "Niccholaio" è ancora associato a "Iacobo Cini" (Offner - Steinweg, 1965, pp. 86, 89 s.) per l'esecuzione di una tavola con l'Incoronazione della Vergine, commissionata dalla Zecca di Firenze (Firenze, Galleria dell'Accademia).

Datato 1375 è il polittico con la Madonna col Bambino e santi, nella collegiata di S. Maria all'Impruneta presso Firenze, eseguito con ogni probabilità dal G. insieme con Pietro Nelli, unico artista menzionato nei documenti; la stretta connessione stilistica e compositiva con la pala di S. Pier Maggiore ha permesso infatti di attribuire al G. l'ideazione del polittico, l'esecuzione delle tavole centrali e della predella (ibid., p. 38).

Tra le opere, databili in anni vicini al polittico dell'Impruneta, attribuite al G. spicca la tavola con la Dormitio e l'Assunzione della Vergine conservata nella Pinacoteca nazionale di Parma (Boskovits, 1975, pp. 59 s.), in cui la composizione delle figure, rappresentate in una sorta di blocco monolitico dai profili metallici, rivela quella "fantasia grave e cupa" erede dei modi dell'Orcagna (Toesca).

Alla collaborazione del G. con Nelli è stato riferito anche il Crocifisso della cappella Castellani nella chiesa di S. Croce a Firenze, datato 1380 (Boskovits, 1975, p. 98); esemplata su prototipi giotteschi, l'opera è testimonianza evidente delle peculiarità pittoriche del G., esecutore diligente, ma privo di autentica forza poetica e drammatica. Nel 1383 "magister Nicolaus" è documentato insieme con "magister Iacobus de Florentia" nel palazzo dei Priori di Volterra (Offner - Steinweg, 1965, pp. 115 s.) dove realizzarono l'affresco con l'Annunciazione e quattro santi: si tratta forse dell'ultimo lavoro eseguito dal G. accanto a Iacopo di Cione e la sinopia, in cui si distinguono due mani distinte, ha permesso di attribuire al G. l'inquadramento architettonico della composizione e la figura dell'angelo (Art in the making). Alla metà degli anni Ottanta è datata la grande tavola con la Deposizione e Resurrezione di Cristo eseguita dal G. per la chiesa di Orsanmichele, oggi in S. Carlo dei Lombardi a Firenze (Boskovits, 1975, p. 99), opera paradigmatica dello stile maturo del G. in cui il rimando continuo a formule giottesche si unisce a un fare pittorico elegante ed essenziale.

Nel 1386 il G. lavorò accanto ad Ambrogio di Baldese alla realizzazione dell'affresco sulla facciata dell'oratorio della Compagnia del Bigallo a Firenze. Il frammento superstite, con la Consegna degli orfani ai genitori adottivi (Firenze, Museo del Bigallo), interamente attribuito al G. (ibid., p. 100), è notevole per la vivace descrizione del paesaggio cittadino, privo però di ogni profondità prospettica. Del 1387 è il ciclo ad affresco con Storie della vita di Cristo eseguito nell'ex sala del capitolo del convento di S. Felicita a Firenze; fu questa, con ogni probabilità, la prima impresa autonoma del G., a capo di una propria bottega. Dello stesso anno è anche il trittico con il Battesimo di Cristo della National Gallery di Londra, attribuito al G. da Offner (1981, p. 74).

Gli anni Novanta del Trecento segnano il momento più importante nella carriera dell'artista. Nel 1391 lavorò nuovamente in S. Felicita, probabilmente all'affresco del transetto sinistro raffigurante la Natività (staccato, oggi in sacrestia: Boskovits, 1975, p. 227 n. 75); in questo stesso anno Tommaso del Mazza risulta essere suo collaboratore (Piattoli, 1929, p. 544). Sempre nel 1391, per il mercante Francesco Datini, eseguì ad affresco il Tabernacolo del ceppo (Prato, S. Domenico, Museo di pittura murale) e, in collaborazione con Arrigo di Niccolò, affrescò la loggia del suo palazzo a Prato; di tale decorazione rimangono alcune figure di Virtù e altre, nel cortile, relative a episodi della Storia romana. Tra il 1390 e il 1395 realizzò, per la chiesa di S. Francesco a Prato, il vasto ciclo di affreschi con Storie di s. Matteo nella sala capitolare del convento, probabile opera di collaborazione del G. con Lorenzo di Niccolò (Boskovits, 1975, p. 414). Nel 1392 il G. firmò la decorazione della sala capitolare di S. Francesco a Pisa con Storie della passione di Cristo e, con Ambrogio di Baldese, collaborò all'esecuzione degli affreschi, perduti, nel palazzo della Mercanzia di Firenze (Colnaghi, p. 114). Nel gennaio dell'anno successivo risulta associato a Lorenzo di Niccolò (Guasti, p. 395), e, nel 1395, impegnato nel monastero di S. Brigida al Paradiso, fondato pochi anni prima da Antonio di Niccolò degli Alberti, uno dei cittadini più ricchi di Firenze; quest'ultimo commissionò al G. gli affreschi con Storie della vita di Cristo, attualmente in precarie condizioni, che rivestono interamente l'interno della chiesa annessa al convento, eseguiti, probabilmente, insieme con Ambrogio di Baldese (Todini, p. 91). Degli anni Novanta sono anche gli affreschi con la Resurrezione e l'Ascensione di Cristo nella sacrestia di S. Croce a Firenze, in cui la mano del G., pur in assenza di documentazione, venne riconosciuta inizialmente da Gaye (1840) e da Crowe - Cavalcaselle (1864).

Nei cicli pittorici di questo decennio, il G. sembra alternare immagini di icastica, asciutta evidenza, a episodi ricchi di spunti aneddotici, ma privi di organicità: dalla rigidità ieratica dell'Ascensione nella sala capitolare di S. Francesco a Pisa e della Resurrezione di S. Croce a Firenze, si passa alla quieta narratività degli affreschi della sala capitolare di Prato, dove la composizione delle scene, anche molto affollate, appare orchestrata in maniera semplificata, puramente paratattica.

Allo scadere del secolo il G. tornò a lavorare per la chiesa di S. Felicita dove eseguì, insieme con Lorenzo di Niccolò e con il nuovo socio Spinello Aretino, il polittico con l'Incoronazione della Vergine, per l'altare maggiore, datato 1401 (Firenze, Galleria dell'Accademia).

Il G. eseguì probabilmente le pitture per lo scomparto sinistro in cui le figure dei santi (Felicita, Andrea, Giovanni Battista, Matteo) severe e inespressive, sono avvolte in panneggi spigolosi e schematici, lontani dalla garbata grazia di quelli di opere quali la Deposizione in S. Carlo dei Lombardi. L'artista appare ormai in una fase involutiva rivolta verso il più chiuso e rigido neogiottismo.

Tra il 1403 e il 1405, insieme con Lorenzo di Niccolò, il G. ricevette pagamenti per alcune pitture nel monastero di S. Verdiana a Firenze di cui rimangono solo pochi frammenti e, in una sala del primo piano, una Crocifissione. Nel 1404 eseguì il disegno per una vetrata in S. Maria del Fiore, realizzata in seguito su disegno di Lorenzo Ghiberti (Poggi, 1909). Tra il 1408 e il 1409 è documentato in Orsanmichele per il S. Niccolò, affrescato sul secondo pilastro centrale, e per altre pitture (Gamba, p. 178); è inoltre probabile che per lo stesso edificio egli abbia eseguito altre figure di santi e alcuni disegni per le vetrate (Finiello Zervas). Nei pagamenti per il S. Niccolò è nominato il figlio del G., Bindo, documentato accanto al padre anche nel 1411, quando, insieme con Ambrogio di Baldese e altri pittori, essi tornarono a lavorare a Prato, per realizzare gli affreschi, perduti, sulla facciata di palazzo Datini (Guasti, p. 430). Del 1414 è infine un pagamento per le pitture "fatte dal lato delle donne", ora perdute, eseguite nell'arcispedale di S. Maria Nuova a Firenze (Nuovo Osservatore fiorentino). In questo stesso anno, il nome del G. compare ancora nei registri della Compagnia di S. Luca (Gualandi).

Il G. morì prima del febbraio del 1416, data in cui i suoi discendenti dovettero occuparsi di una pala per l'altare maggiore di S. Verdiana a Firenze, non portata a termine dall'artista e compiuta in seguito dal figlio Bindo.

Il G. fu certamente uno degli artisti più richiesti del suo tempo, anche se è ampiamente condivisibile la tesi di Antal secondo il quale egli si guadagnò esclusivamente il favore di una committenza genericamente definibile come "popolare". I cicli pittorici più importanti dell'artista si trovano inseriti in contesti provinciali (Pisa, Prato), e vennero eseguiti per una committenza non aristocratica (i francescani e il mercante Datini); la marcata bidimensionalità delle sue composizioni pittoriche appare inoltre sintomo di un ulteriore impoverimento della tradizione dell'Orcagna. Quasi del tutto impermeabile alla corrente tardogotica, il G., ancora in una lettera del 1395 al Datini (Guasti, p. 404), indica in Giotto il modello da emulare, collocandosi, in tal modo coscientemente, all'interno della corrente più tradizionalista della pittura del suo tempo.

Fonti e Bibl.: A. Da Morrona, Pisa illustrata nelle arti del disegno, III, Livorno 1812, p. 63; G. Gaye, Carteggio inedito d'artisti, II, Firenze 1840, pp. 432 s.; M. Gualandi, Memorie originali italiane riguardanti le belle arti, VI, Bologna 1845, p. 186; J.A. Crowe - G.B. Cavalcaselle, A new history of painting in Italy, II, London 1864, p. 23; C. Pini - G. Milanesi, La scrittura di artisti italiani (secc. XIV-XVII), I, Milano 1876, n. 8; Lettere di un notaro a un mercante del secolo XV, a cura di C. Guasti, II, Firenze 1880, pp. 395-408, 429-436; Il Nuovo Osservatore fiorentino, 4 genn. 1885, p. 29; K. Frey, Die Loggia dei Lanzi zu Florenz, Berlin 1885, p. 339; C. Gamba, Giovanni dal Ponte, in Rassegna d'arte, IV (1904), pp. 178, 186; G. Poggi, La Compagnia del Bigallo, in Rivista d'arte, II (1904), pp. 208, 229; Id., La tavola dell'altar maggiore di S. Felicita, ora nell'Accademia, n. 129, ibid., III (1905), pp. 126 s.; Id., Il duomo di Firenze, I, Berlin 1909, p. LXXXI; M. Battistini, L'affresco di Iacopo Orcagna e di N. di P. G. nel palazzo dei Priori di Volterra, in L'Arte, XXII (1919), pp. 228 s.; R. Offner, N. di P. G., in Art in America, IX (1921), pp. 148-155, 233-240; D.E. Colnaghi, A Dictionary of Florentine painters…, London 1928, pp. 114 s.; R. Piattoli, Un mercante del Trecento e gli artisti del suo tempo, in Rivista d'arte, IX (1929), pp. 544 s., 548-555, 560-566, 570-577; ibid., X (1930), pp. 97-106, 124-126, 134 s.; F. Antal, Florentine painting and its social background, London 1947, pp. 210-213 e passim; P. Toesca, Storia dell'arte italiana, II, Il Trecento, Torino 1951, p. 646; U. Procacci, Sinopie e affreschi, Milano 1961, pp. 53 s., 56; M. Boskovits, Une Madone de l'atelier de N. di P. G., in Bulletin du Musée national hongrois des beaux-arts, 1962, n. 21, pp. 22-30; L. Marcucci, Gallerie nazionali di Firenze, II, I dipinti toscani del secolo XIV, Roma 1965, pp. 64, 106-116; R. Offner - K. Steinweg, A critical and historical corpus of Florentine painting, IV, 3, New York 1965, pp. 1 s., 37 s., 86, 89 s., 115 s. e passim; K. Steinweg, Drei Trecento-Bilder und ihre Provenienz, in Festschrift Ulrich Middeldorf, Berlin 1968, pp. 53 s.; G. Corti, Sul commercio dei quadri a Firenze verso la fine del secolo XIV, in Commentari, XXII (1971), pp. 84-88; M. Boskovits, Pittura fiorentina alla vigilia del Rinascimento, 1370-1400, Firenze 1975, ad indicem (in particolare: pp. 58-60, 98-101, 209, 227, 402-415), con bibl.; R. Offner - K. Steinweg, A critical and historical corpus of Florentine painting, IV, 6, New York 1979, p. 12 n. 11; R. Offner, A critical and historical corpus of Florentine painting. A legacy of attributions, a cura di H.B.J. Maginnis, New York 1981, pp. 72-75; E. Borsook, Iacopo di Cione and the guild hall of the judges and notaries in Florence, in The Burlington Magazine, CXXIV (1982), pp. 86 s.; F. Todini, N. G. e gli affreschi dell'antica chiesa, in Il "Paradiso" in Pian di Ripoli. Studi e ricerche su un antico monastero, Firenze 1985, pp. 80-93; A. Guerrini, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, II, Milano 1986, p. 642; Art in the making. Italian painting before 1400, London 1989, pp. 185-188; L. Bertani, Tabernacolo di S. Maria della Tromba, in Quaderni dell'Ufficio restauri della Sopraintendenza per i beni artistici e storici di Firenze e Pistoia, III (1991), pp. 84, 87 s.; M. Sframeli, Il monastero di S. Verdiana a Firenze nel Quattrocento, II, La decorazione pittorica, in Antichità viva, XXXIII (1994), 1, pp. 29-31; O. Casazza, La Maestà dell'antica residenza dell'arte della seta in palazzo di Parte guelfa a Firenze, in Critica d'arte, LVIII (1995), p. 72; A. Tartuferi, in Enciclopedia dell'arte medievale, VI, Roma 1995, pp. 551-553 (con bibl.); Orsanmichele a Firenze, a cura di D. Finiello Zervas, Modena 1996, pp. 150 s., 546 e passim; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, pp. 465-467; The Dictionary of art, XXIII, pp. 94 s.

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