Neuroeconomia

Dizionario di Economia e Finanza (2012)

neuroeconomia

Marianna Belloc

Disciplina che applica le strutture concettuali e i metodi sperimentali utilizzati nella neuroscienza allo studio del comportamento economico.

Origine della neuroeconomia

Quando furono gettate le fondamenta della teoria economica delle scelte all’inizio del 20° sec., si pensava che i meccanismi sottostanti i processi decisionali e il funzionamento del cervello non sarebbero mai stati conosciuti. Dunque, poiché le preferenze alla base delle decisioni individuali non erano direttamente osservabili, esse venivano dedotte indirettamente dalle scelte osservate (preferenze rivelate, ➔ rivelate, preferenze). Fino a quando le predizioni dei modelli teorici non sono state messe in discussione in maniera sistematica, disporre solo del risultato del processo decisionale e trattarlo ‘come se’ si conoscessero le preferenze che ne sono alla base era ritenuto una semplificazione ammissibile. La mente poteva quindi essere trattata come una scatola nera: a partire dagli input dei meccanismi decisionali (i dati del problema) se ne osservavano i risultati senza che fosse possibile (e, secondo questo approccio, necessario) indagarne il processo. Emozioni e sentimenti, d’altra parte, venivano ignorati. L’approccio del ‘come se’ ha ispirato la formulazione di tanta parte delle assunzioni sottostanti la teoria tradizionale delle decisioni (➔ decisione). Gli sviluppi della neuroscienza hanno consentito di aprire la scatola nera della mente, studiare l’attività cerebrale ed esplorare la relazione fra questa e le azioni. L’applicazione di tali scoperte all’economia, alla fine degli anni 1990, ha portato alla luce la neuroeconomia.

Campo di studio della neuroeconomia e risultati raggiunti

La n. ha reso possibile la descrizione del comportamento individuale come l’esito di un complesso processo, che discende dall’interazione e dalla comunicazione fra le diverse regioni del cervello, il controllo cognitivo e i circuiti neurali. Essa ha messo in discussione l’assunzione alla base della teoria economica tradizionale, secondo cui ogni scelta è l’esito di un processo integrato e coerente di massimizzazione vincolata dell’utilità. Una delle maggiori scoperte della n. riguarda il fatto che il cervello non è un processore omogeneo ma, piuttosto, un sistema modulare. Non tutte le aree cerebrali contribuiscono alla determinazione di ciascun comportamento: esse interagiscono (e talvolta confliggono) in modo complesso quando vengono affrontati problemi diversi. È implicito nella teoria tradizionale che ogni scelta sia compiuta in modo deliberato e coerente, confrontando i costi e i benefici delle varie opzioni disponibili. Per quanto la n. non metta in discussione il ruolo della deliberazione nei meccanismi di scelta, essa evidenzia che, da un lato, il cervello fa ampio ricorso ad automatismi che operano in modo assai più rapido della deliberazione e spesso senza richiedere impegno o consapevolezza, e, dall’altro, che le scelte sono continuamente mutuate dalle emozioni e dai sentimenti. Ogni comportamento individuale è dunque il frutto della combinazione di automatismo e controllo e dell’interazione fra sistemi cognitivi e sistemi affettivo/emozionali. La n. ha contribuito all’avanzamento della disciplina economica fornendo evidenza in 3 direzioni principali: nel supporto di meccanismi di scelta razionale; nel sostegno di variabili e parametri introdotti dall’economia comportamentale (➔); nel suggerire il ruolo di variabili o parametri nuovi (impliciti, sottovalutati o ignorati completamente nella teoria economica precedente).