NAZIONI UNITE

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

NAZIONI UNITE

Angelo TAMBORRA

1. - Scoppiata la seconda Guerra mondiale, i progetti di studiosi isolati e di raggruppamenti culturali, proponenti l'organizzazione della pace dopo la fine della guerra, sono stati numerosi negli Stati Uniti d'America ed in Gran Bretagna, come quasi dappertutto, massime nei paesi neutrali. In tali progetti le dottrine ed i modi di loro applicazione variavano notevolmente, nei particolari, per quanto si muovessero sul terreno comune di ricercare se si dovesse abbandonare la Società delle nazioni o se fosse sufficiente riformarla in alcuni suoi aspetti, e principalmente negli organi. Da parte dei governi e dei loro uomini responsabili, l'eredità fallimentare della Lega ginevrina non costituiva certo un'attrattiva. Le esitazioni nei suoi riguardi erano giustificate, almeno dal punto di vista politico ed era comprensibile che, nel porre mano alla costruzione della nuova organizzazione della pace, si preferisse, specie da parte dei Grandi, di dar vita ad un organismo fondato su basi completamente diverse da quelle della Società delle nazioni e, in confronto a questa, ben altrimenti efficiente.

La prima pietra, premessa costituzionale della futura unione per gli scopi di guerra e di pace, è la Carta Atlantica (v. carta atlantica, in questa App.). I principî ispiratori della politica degli Stati Uniti e della Gran Bretagna in essa indicati raccoglievano presto l'adesione di due altre grandi potenze: l'URSS e la Cina, nonché di altri ventidue stati (v. sotto), i quali, il 1° gennaio 1942, firmavano la dichiarazione delle Nazioni Unite che, oltre a fare uso per la prima volta del nome di "Nazioni Unite", creava il primo nucleo di quella organizzazione che, sorta in fatto come un'alleanza a scopi esclusivamente bellici, doveva progressivamente trasformarsi in una organizzazione internazionale generale per il mantenimento della pace. Un'ulteriore tappa sul cammino di questa trasformazione si è avuto nella conferenza di Mosca durante l'ottobre 1943, a conclusione della quale le quattro grandi potenze riconoscevano collettivamente "la necessità di stabilire, alla data più vicina possibile, un'organizzazione internazionale generale, fondata sul principio della sovrana eguaglianza di tutti gli stati amanti della pace ed aperta alla partecipazione dei medesimi, grandi o piccoli, per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale". Da questi principî e generiche dichiarazioni comuni - confermate a Ṭeherān 1° dicembre 1943 - si è passati alla redazione di concrete proposte per l'istituzione della prospettata organizzazione, elaborate dai governi americano, inglese, russo e cinese a Dumbarton Oaks nell'agosto-ottobre 1944, ed alle quali è stata aggiunta una parte - la Sezione C del capitolo VI - concernente la procedura del voto in seno al Consiglio di sicurezza, come fu successivamente definita nella Conferenza di Jalta conclusasi l'11 febbraio 1945 (v. jalta): proposte ed aggiunte comunicate, un mese dopo, dalle quattro potenze alle altre Nazioni Unite invitate a discuterle alla conferenza di San Francisco.

Alla prima fase della conferenza di Dumbarton Oaks parteciparono (21 agosto-28 settembre 1944) gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Russia e, nella seconda fase (21 settembre-7 ottobre 1944), gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Cina - divisione di trattative suggerita dal fatto che la Russia non era in guerra col Giappone mentre la Cina vi era impegnata. La guerra era tuttora in corso e non fu difficile alle potenze partecipanti di raggiungere un accordo sui punti essenziali, e soprattutto sul principio della sicurezza collettiva.

Fin dalle prime sedute il delegato sovietico A. Gromyko - contro la proposta americana di considerare membri della nuova organizzazione tutte le potenze firmatarie della dichiarazione delle Nazioni Unite insieme alle otto potenze che non avevano dichiarato guerra all'Asse - propose che venissero ammesse come membri con diritto al voto tutte e sedici le repubbliche sovietiche. Per l'opposizione anglo-americana, tale richiesta venne ritirata, ma essa servì a mettere in luce l'esistenza di due problemi fondamentali: quello dei rapporti fra le maggiori potenze componenti il direttorio mondiale e l'altro dei rapporti fra gli stati minori, da un lato, e le potenze di questo direttorio dall'altro. Inoltre nessun accordo di massima è intervenuto circa la procedura da adottare per fare fronte unico contro una grande potenza, rappresentata nel Consiglio per la sicurezza, qualora esprimesse propositi aggressivi. La proposta di coalizzare tutte le grandi potenze meno una, se quest'ultima avesse turbato la pace mondiale, non venne accolta. A Dumbarton Oaks venne lasciata aperta la questione del voto a maggioranza semplice oppure di due terzi. Anche la questione dell'amministrazione internazionale dei territorî sotto mandato venne rinviata.

A San Francisco (26 aprile-26 giugno 1945), Gran Bretagna, Stati Uniti, Russia e Cina vennero considerate come le quattro potenze sotto i cui auspìci avvenivano i lavori (Sponsoring Powers); la Francia non accettò questa definizione, ma tuttavia agì congiuntamente con le quattro potenze.

I lavori della conferenza furono dominati da tre grandi problemi: a) il diritto di veto; b) gli accordi regionali; c) il regime di amministrazione fiduciaria. Circa il diritto di veto, avvenne a San Francisco la "rivolta" delle potenze medie, condotte dall'Australia contro quanto convenuto a Jalta circa la necessità che nelle votazioni in seno al Consiglio per la sicurezza si raggiungesse l'unanimità dei voti di 7 membri su 11, compresi i cinque aventi seggio permanente. I cinque Grandi - sostenevano le potenze medie - non avevano veste alcuna per opporre il loro veto a proposte dirette a risolvere pacificamente conflitti in cui esse non fossero parte in causa, mentre da parte sovietica (Gromyko) si sostenne il principio dell'unanimità fra i cinque membri permanenti, col diritto di veto, cioè, in tutte le questioni. Dopo vivaci discussioni, ci si accordò nel senso di distinguere le decisioni che recassero con sé una funzione coercitiva - soggette al diritto di veto - dalle questioni di procedura, da votare a semplice maggioranza. Circa l'altro punto controverso, quello dei rapporti che stati già facenti parte di organismi regionali (sistema interamericano, lega araba, accordi regionali fra stati dell'Oriente europeo, ecc.) avrebbero dovuto avere con la nuova organizzazione generale, da parte francese e russa si insistette perché, conformemente ai patti esistenti, fosse consentita un'azione preventiva immediata senza intervento del Consiglio per la sicurezza, contro gli stati in quel dato momento nemici e che in avvenire turbassero la pace. La questione fu risolta nel senso che questi accordi regionali avrebbero avuto il sopravvento sulla qualità di membro delle Nazioni Unite; in caso di azione consentita dagli accordi particolari, questa avrebbe tmvato senz'altro giustificazione, fino a quando il Consiglio di sicurezza non avesse adottato le misure necessarie per il mantenimento della pace. Sul regime di amministrazione fiduciaria, stabilito a San Francisco, v. in questa seconda App., I, p. 161.

I lavori della conferenza nella città californiana, agendo come un prisma gigantesco, scomposero le istanze dei varî popoli ad essi partecipanti, staccarono tendenze che sembravano incolori, marcarono esigenze che si ritenevano già sufficientemente calcolate, resero evidenti impulsi creduti sopiti o addirittura superati. Vale a dire, i lavori di San Francisco misero a nudo, accanto ad immancabili felici risultati, lacune e scissioni politiche e psicologiche. Il motivo centrale, anche se non dichiarato, di quei lavori fu collocato nel superamento delle singole sovranità: vivere in comunità organizzata postula rinuncia ad individualismi assoluti. Tale rinuncia, qualunque essa sia, presuppone almeno la maggiore generalità possibile ed una sia pur relativa contemporaneità. A San Francisco, esclusi i vinti, erano posti in quarantena gli ex nemici anche se qualcuno di essi era successivamente divenuto cobelligerante; erano assenti persino i neutrali, quegli stati cioè che, o perché permanentemente neutralizzati (Svizzera), o perché occasionalmente neutrali (Irlanda, Portogallo, Spagna e Svezia) meglio avevano sperimentato i mezzi idonei a tenersi lontani dalla guerra. La questione dell'ammissione alla conferenza doveva dar luogo poi a vivaci discussioni - oltre che sulla forma dell'invito all'Argentina, alla Turchia ed alla Polonia - nei riguardi dell'attribuzione di un voto rispettivamente alla Russia bianca ed all'Ucraina, richiesta dall'URSS, ed in relazione alla proposta di partecipazione ai lavori della Internazionale mondiale dei sindacati. Quanto alla contemporaneità della rinuncia non si è trovata concordanza di consensi a San Francisco. Lo stesso rapporto tra grandi potenze da un lato, e medî e piccoli stati dall'altro sembrava, nella discussione, improntato a soggezione più che a collaborazione. Anche le proposte di emencdamento al progetto di Dumbarton Oaks, che numerose erano state presentate dai diversi stati, venivano raggruppate in due serie: le isolate e le quadripartite; quest'ultime hanno avuto particolare importanza per la redazione del testo definitivo dello statuto.

Lo statuto (denominato Carta) delle Nazioni Unite, sottoscritto da cinquanta stati il 26 giugno 1945, è entrato in vigore il 24 ottobre successivo. I testi cinese, inglese, francese, russo e spagnolo fanno ugualmente fede. La Carta consta del preambolo, di 111 articoli e di un annesso. Gli articoli sono distribuiti nei seguenti capitoli: I: scopi e principî (articoli1-2); II: membri dell'Organizzazione (articoli 3-6); III: organi (articoli 7-8); IV: l'assemblea generale (art. 9: composizione; articoli 10-17: funzioni e poteri; articoli 18-19: votazione; articoli 20-22: procedura); V: il consiglio per la sicurezza (art. 23: composizione; articoli 24-26: funzioni e poteri; art. 27: votazione; articoli 28-32: procedura); VI: soluzione pacifica delle controversie (articoli 33-38); VII: azione rispetto alle minacce alla pace, alle violazioni della pace ed agli atti di aggressione (articoli 39-51); VIII: accordi regionali (articoli 52-54); IX: cooperazione internazionale economica e sociale (articoli 55-60); X: il consiglio economico e sociale (art. 61: composizione; articoli 62-66: funzioni e poteri; art. 67: votazione; articoli 68-72: procedura); XI: dichiarazione concernente i territorî non autonomi (articoli 73-74); XII: sistema di amministrazione fiduciaria internazionale (articoli 75-85); XIII: il consiglio per l'amministrazione fiduciaria (art. 86: composizione; articoli 87-88: funzioni e poteri; art. 89: votazione; articoli 90-91: procedura); XIV: la corte internazionale di giustizia (articoli 92-96); XV: il segretariato (articoli 97-101); XVI: disposizioni varie (articoli 102-105); XVII: accordi transitorî relativi alla sicurezza (articoli 106-107); XVIII: emendamenti (articoli 108-109); XIX: ratifica e firma (articoli 110-111). L'annesso, di settanta articoli, contiene lo statuto della corte internazionale di giustizia.

2. - Le grandi potenze avevano in programma, come si è accennato, di edificare un organismo internazionale (ONU: Organisation des Nations Unies, oppure UNO: United Nations Organization) che si distaccasse dalla S. d. N. (v. nazioni, società delle, XXI, p. 473, e in questa App.). E l'impressione che con le N. U. qualcosa di sostanzialmente nuovo sia sorto sul terreno delle realizzazioni istituzionali internazionali si può ricevere dalla lettura del preambolo e del capitolo primo della Carta, che costituiscono una sorta di credo di vita sociale concepito sul vasto piano mondiale: dalla riaffermazione di fede nei diritti fondamentali dell'uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole; e dal desiderio di istituire condizioni in cui la giustizia ed il rispetto degli obblighi derivanti dai trattati e dalle altre fonti del diritto internazionale possano essere mantenuti, promuovendo il progresso sociale ed un più elevato tenore di vita in una più ampia libertà - alla decisione di praticare la tolleranza reciproca, di vivere in pace in rapporti di buon vicinato, e di unire le singole forze per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale; dalla volontà di prevenire e rimuovere le minacce alla pace e di cooperare alla soluzione dei problemi internazionali di carattere economico, sociale, culturale ed umanitario - all'impegno di risolvere tutte le controversie internazionali con mezzi pacifici, in maniera che la pace, la sicurezza internazionale e la giustizia non siano messe in pericolo, e di astenersi nelle relazioni internazionali dalla minaccia o dall'uso della forza contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di qualsiasi stato.

Senonché, scendendo all'esame del contenuto vero e proprio della Carta, si nota una concordanza di linee con il contenuto del patto societario, per cui si può affermare che con le N. U. ci si trova di fronte non ad una profonda innovazione nella storia dei processi organizzativi della comunità internazionale, bensì dinanzi ad una nuova edizione, riveduta, accresciuta e perfezionata, di un sistema praticamente tradizionale.

Il Patto non aveva cercato di impedire assolutamente la guerra, ma si era limitato a prevedere misure ritardatrici; e se prevedeva sanzioni economiche e militari, era soltanto quale extrema ratio. La Carta, invece, riconosce in maniera realistica che la guerra deve essere rimossa alle origini, che la rinuncia ad essa deve essere totale e incondizionata, e perciò stabilisce efficaci misure collettive per la prevenzione delle minacce alla pace e per la repressione degli atti di aggressione o delle altre violazioni della pace. Innanzi tutto, prescrivendo l'obbligo di esaurire tutti i mezzi pacifici per la risoluzione delle controversie suscettibili di mettere in pericolo il mantenimento della pace; poi, qualora la controversia non si sia potuta risolvere anche dopo il suo deferimento al consiglio per la sicurezza, mettendo in giuoco uno specifico sistema di garanzie in senso stretto, per il quale diventa protagonista assoluto il consiglio stesso, che raccomanda o decide quelle misure di garanzia che dovranno essere prese, distribuendone il relativo peso tra i membri dell'organizzazione, in ciò aiutato dall'opera tecnica del comitato degli stati maggiori militari. Questo collocamento in primo piano del regolamento formale della sicurezza internazionale, fa sì che la pace e la sicurezza possano essere preservate anche sacrificando l'integrità territoriale o l'indipendenza politica dei singoli membri. Ed il timore che tale sacrificio sull'altare della patria e della sicurezza internazionale possa avvenire a spese dei medî e piccoli stati, è stato più volte avanzato nei dibattiti svoltisi a San Francisco e nei primi anni di vita dell'organizzazione. Il sistema ora esposto presenta, nella fase preventiva, anche una fessura costituzionale. "Nulla di quanto contiene il presente Statuto - dice l'art. 2, § 7 della Carta - autorizzerà le Nazioni Unite ad intervenire in questioni che appartengono essenzialmente alla competenza interna di uno stato". Questa codificazione del principio del dominio riservato - formulato in modo così vago e fluido (come si definisce la materia rientrante nella competenza interna?; e chi la determina?) - altera la portata effettiva di quasi tutte le norme della Carta e costituisce un enorme salto indietro in confronto dell'art. 15, § 8 del Patto che, se non altro, attribuiva al consiglio il carico di riconoscere l'eccezione.

Ausilî per il mantenimento della sicurezza sono offerti, altresì, da sistemi di garanzie più ristretti, regionali o continentali. La Società delle nazioni aveva dichiarato compatibile con il Patto la dottrina di Monroe, battezzata come intesa regionale (cioè il "sistema interamericano"). La Carta dedica un intero capitolo agli accordi regionali, riconoscendone la funzione, più spedita e più efficace, per la risoluzione sul piano locale, regionale e continentale, delle controversie. E se questi organismi ricordano il tipo dell'intesa regionale, quale può astrarsi come figura relativamente unitaria dai ben noti accordi relativi all'Intesa baltica, alla Piccola intesa, alla Intesa balcanica ed all'Intesa orientale, se ne discostano principalmente perché i nuovi organismi regionali o continentali sono dei veri e proprî sistemi di garanzia, istituzionalmente complementari rispetto all'organizzazione internazionale generale.

Le cause che possono minacciare la pace e la sicurezza internazionale non si esauriscono sempre nelle abituali forme di aggressione. Talvolta possono essere il caos economico, il malessere sociale e le sofferenze che ne derivano. Il Patto consacrava a questi problemi varî articoli, ma il dominio economico e sociale rimaneva nell'ombra: anche l'ufficio internazionale del lavoro, sebbene legato alla S. d. N., aveva un'attività autonoma ed indipendente. La Carta introduce alcune novità effettive, intese a promuovere un più elevato tenor di vita, il pieno impiego della manodopera e condizioni di progresso e di sviluppo economico e sociale, insieme alla soluzione dei problemi internazionali economici, sociali, sanitarî e simili ed alla collaborazione internazionale culturale ed educativa. Si aggiunga il collegamento - attuato tramite il consiglio economico e sociale - che si è rivelato in pratica efficacemente attivo, con i varî istituti specializzati costituiti con accordi intergovernativi e proponentisi fini analoghi, quali, l'ILO, l'UNESCO, la FAO, la PICAO, ecc. Per queste organizzazioni v. in questa Appendice, banca; camera: Camera di commercio; carbone; commercio; cooperazione; fao; lavoro; moneta; rifugiati; unesco; unrra.

Relazioni di somiglianza sussistono, nelle due organizzazioni, anche per quanto riguarda la tutela delle popolazioni non ancora indipendenti. Il mandato internazionale della S.d.N. e l'amministrazione fiduciaria delle N. U. (v. amministrazione fiduciaria internazionale, in questa App.), sono i due piloni sui quali poggia l'arcata coloniale rispettivamente dei due dopoguerra. Il mandato internazionale ha costituito la fase quasi sperimentale, l'amministrazione fiduciaria vuol rappresentare la sicura realizzazione; e però quest'ultima si propone di perfezionare quello nella struttura, di svilupparlo nella funzione, di potenziarlo e di estenderlo nell'applicazione. Si tratta, nella nuova impostazione, di uno spostamento del problema dalla categoria politica a quella amministrativa: il potere coloniale non più questione esclusivamente nazionale, ma responsabilità universale tramite un'adeguata organizzazione internazionale. La quale, tra gli altri scopi politici, economici, sociali ed educativi, si prefigge di fare in modo che i territorî amministrati, insieme con le loro forze volontarie, concorrano nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Anzi a questo fine i territorî a cui è applicabile il nuovo sistema possono comprendere, in tutto o in parte, una o più zone strategiche. E la preoccupazione di carattere militare che, anche qui, predomina ponendo in secondo piano lo scopo essenziale del sistema dei mandati, di sviluppo di principî etici nei riguardi del trattamento degli indigeni, del resto già enunciato negli Atti di Berlino e di Bruxelles. Constatazione che risulta coníermata dalle convenzioni di amministrazione fiduciaria concluse per i territorî già sotto mandato, nelle quali, peraltro, non si riscontra, fra i doveri delle potenze tutrici, alcun impegno nuovo che sia un progresso rispetto a quanto già acquisito dalle potenze coloniali.

3. - Gli organi delle N. U. sono sostanzialmente quelli che erano previsti per la S.d.N., al cui modello si ispirano nei nomi e nella composizione. Essi sono: l'assemblea generale, composta di tutti gli stati membri, tutti con eguale diritto al voto; il consiglio per la sicurezza, composto, come il consiglio ginevrino, di membri permanenti e non permanenti: i primi nel numero di cinque (Cina, Francia, URSS, Gran Bretagna e Stati Uniti), i secondi nel numero di sei eletti dall'assemblea generale per un biennio; il segretariato a carattere permanente. L'avere incluso la Corte internazionale di giustizia, composta di quindici giudici eletti dall'assemblea generale e dal consiglio per la sicurezza, tra gli organi delle N. U. non può dirsi una innovazione di grande rilievo. È vero che vi sono altri organi nuovi: il consiglio economico e sociale, il consiglio per l'amministrazione fiduciaria e la "piccola assemblea"; ma la ragione della loro creazione è da ricercarsi nell'opportunità di decentrare alcune funzioni.

Le competenze di questi organi sono definite nettamente. Al consiglio per la sicurezza è accordata un'assoluta preminenza rispetto all'assemblea generale, la quale svolge un'attività meramente consultiva e di efficacia praticamente limitata. Dall'accentramento nel consiglio di poteri di fondamentale importanza deriva la regola delle votazioni nel consiglio stesso, le cui decisioni, salvo quelle su questioni di procedura, devono essere prese a maggioranza di sette membri su undici, con la condizione che nella maggioranza siano compresi i voti concordanti di tutti i membri permanenti. Trattasi, in sostanza, di quel principio di veto, che ha dato luogo a tante discussioni e a tante critiche, del resto giustificate, e che denuncia nella più volte conclamata eguaglianza degli stati, un'eguaglianza virtuale e non un'eguaglianza effettiva. La considerazione, infine, che l'essere parte in una controversia non obbliga la grande potenza, chiamata in consiglio a prendere decisioni concernenti le azioni relative alle minacce alla pace, ad astenersi dal voto, dà ragione a coloro che affermano che la Carta assicura una specie di immunità dalla macchina della sicurezza proprio a quegli stati ai quali si addossa il compito di fare i guardiani della pace del mondo: una sorta di privilegio di aggressione, come è stato acutamente osservato. Tutto ciò induce a temere che, a lungo andare, non possa non determinarsi una crisi funzionale o centrifuga dell'organizzazione specialmente ad opera dei medî e piccoli stati, spinti a cercare maggiori garanzie in costellazioni particolari gravitanti attorno ad una o più delle grandi potenze, dato che la Carta pone in posizione preferenziale non solo l'eventuale aggressore potente, ma persino qualsiasi aggressore che abbia un alleato potente. Intanto anche le piccole potenze hanno una specie di veto, che consiste nella riserva statuaria del dominio interno riservato.

4. - La conclusione a cui si arriva è che le N. U. costituiscono l'incarnazione più recente del sistema tradizionale della cooperazione organizzata tra stati sovrani, esclusa l'idea di superamento in organismi superstatuali. L'illusorio tentativo di organizzare un'istanza in tal senso, già sperimentato dall'art. 19 del Patto relativo al riesame dei trattati divenuti inapplicabili, trova un corrispondente nell'art. 14 della Carta, enunciato in modo ancora più timido. Né diverso può essere il discorso per le forze armate agenti nell'interesse comune e per le quali è prematuro usare il termine di polizia internazionale; e per il concorso al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale da parte degli stati non membri. L'assemblea generale ed il consiglio per la sicurezza non legiferano: essi, allo stesso modo degli altri organi delle N. U., sono organismi che ripetono il tipo consueto della conferenza di rappresentanti di governi: conferenza permanente - è stato autorevolmente detto - a componenti prestabiliti, con compiti specifici predeterminati, ma pur sempre conferenza di stati. La loro azione ha la sua base unica nella cooperazione fra enti eguali ed indipendenti, ed il suo presupposto necessario nella volontà di questi ultimi di collaborare. Onde il successo avvenire dell'organizzazione è legato indissolubilmente al permanere o meno nei suoi membri del desiderio di cooperazione.

Stati aderenti e organizzazione interna. - Ai 22 stati (oltre Cina, Gran Bretagna, Stati Uniti e URSS) firmatarî della dichiarazione del 1° gennaio 1942 (Australia, Belgio, Canada, Costarica, Cuba, Cecoslovacchia, Repubblica Dominicana, El Salvador, Grecia, Guatemala, Haiti, Honduras, India, Lussemburgo, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Nicaragua, Norvegia, Panama, Polonia, Sud Africa, Jugoslavia) si sono aggiunti: nel 1942, Messico (5 gennaio), Filippine (10 giugno), Etiopia (28 luglio); nel 1943 ‛Irāq (16 gennaio), Brasile (8 febbraio), Bolivia (27 aprile), Irān (10 settembre), Colombia (22 dicembre); nel 1944, Liberia (26 febbraio) e Francia (26 dicembre), considerata alla pari dei "Quattro Grandi"; nel febbraio 1945, Ecuador (il 7), Perù (l'11), Cile e Paraguay (il 12), Venezuela (il 16), Uruguay (il 23), Turchia (il 24), Egitto (il 27) e, il 1° marzo, Arabia Saudiana, Siria e Libano. A San Francisco vennero ammesse Argentina, Ucraina e Bielorussia; quindi nell'agosto 1946 Afghānistān, Islanda e Svezia; nel dicembre 1946, Siam, primo tra gli stati già nemici; nell'agosto 1947 Pakistan e Yemen e nell'aprile 1948 la Birmania. Sono state respinte le domande presentate da Albania, Mongolia, Romania, Israele e, in seguito al veto dell'URSS, quelle presentate da Austria, Ungheria, Finlandia, Irlanda, Portogallo, Transgiordania, Ceylon e Italia; il comitato politico dell'assemblea nel 1948 votò in favore di Italia, Austria, Irlanda, Portogallo, Ceylon e Transgiordania. Degli altri stati che, a parte la Svizzera, rimangono fuori delle N. U., la Spagna è stata esclusa da una deliberazione presa a San Francisco, poi reiterata.

L'Assemblea generale si è riunita per la prima volta a Londra tra il 10 gennaio e il 13 febbraio 1946, procedendo alle elezioni ai posti non permanenti del Consiglio di sicurezza, al Consiglio economico-sociale, alla Corte di giustizia internazionale, e a quella del segretario generale, Trygve Lie; e quindi a Flushing Meadows (New York), dal 23 ottobre al 16 dicembre 1946; dal 28 aprile al 15 maggio 1947 in sessione speciale per la questione della Palestina, e dal 16 settembre al 30 novembre 1947 in sessione ordinaria; poi a Parigi, dal 21 settembre all'11 dicembre 1948; ha deciso di riunirsi a Lake Success (New York) per il 10 aprile 1949. La "piccola assemblea", ufficialmente Comitato interinale dell'Assemblea, è stata creata su proposta degli S. U. nella II sessione ordinaria (1947), come organo dell'Assemblea per le materie considerate da questa come urgenti, o dichiarate tali dalla Commissione a maggioranza di due terzi; si astengono dal parteciparvi URSS, Polonia, Cecoslovacchia, Iugoslavia, Ucraina e Russia Bianca; l'assemblea generale del 1948 ha deciso di mantenerla in vita per un altro anno.

Per i posti elettivi del Consiglio di sicurezza (i quali per tacito accordo spettano a un paese dell'Europa occidentale, a uno dell'Europa centrale o orientale, a un paese arabo, a un Dominion dell'Impero britannico e a due stati dell'America latina) sono stati eletti nel 1946, per un anno Egitto, Messico e Olanda (sostituiti nel 1947 da Belgio, Colombia e Siria e nel 1949 da Norvegia, Cuba ed Egitto) e per due anni, Brasile, Polonia e Australia (dopo il ritiro del Canada al quarto scrutinio), sostituiti nel 1948 da Canada, Argentina e (ritiratasi l'India, dopo numerose votazioni) Ucraina, così i 6 posti non permanenti si rinnovano per metà ogni anno.

Federazione delle associazioni per le N. U. - Per contribuire a mantenere vivo il desiderio di cooperazione è stata fondata nel 1946, nel Lussemburgo, ma con sede in Ginevra, la Federazione mondiale delle associazioni per le Nazioni Unite (WFUNA), che specificatamente si propone di suscitare l'interesse dell'opinione pubblica mondiale per tutti i problemi internazionali e per le attività delle N. U. coordinando tutti gli sforzi diretti in tal senso dalle istituzioni dei singoli stati.

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