NARDO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1995)

NARDÒ (Neretum; Νήρητον)

G. Mastronuzzi

Centro messapico e romano posto sul versante ionico del Tavoliere Salentino, al limite settentrionale delle Serre omonime, in posizione subcostiera, a circa 40 m s.l.m.; il suo territorio è attraversato dal Canale dell'Asso, probabile traccia di un antico corso d'acqua.

È noto nelle fonti letterarie (Plin., Nat. hist., III, 105; Ptol., Geog., III, 1, 67; Ovid., Met., XV, 50-52; Lib. col., I, 211 Lachmann; Tab. Peut., 7, I; An. Rav., 4, 31 e 5, 1), mentre la documentazione archeologica risalente a età più antica è costituita da materiali riferibili al Tardo Geometrico Iapigio. Questi consentono di ipotizzare l'esistenza di un nucleo abitativo, verosimilmente un villaggio a capanne, della seconda metà dell'VIII sec. a.C., periodo per il quale si può parlare di un rafforzamento del sistema insediativo iapigio, forse legato a fenomeni di incremento demografico rispetto alle precedenti fasi del IX e della prima metà dell'VIII sec. a.C.

Nell'età arcaica si collocano alcuni reperti provenienti, con molta probabilità, da contesti funerarî: un'olletta della metà del VI sec. a.C. e due corredi databili, rispettivamente, verso il 520 a.C. e tra la fine del VI e l'inizio del V sec. a.C. Il primo è caratterizzato dalla presenza di oggetti di importazione, quali una lèkythos attica a figure nere, una patera bronzea, pure attica, e due coppette echiniformi, probabilmente di fabbrica metapontina; il secondo è invece costituito da una brocca acroma di fabbrica locale e da una coppetta echiniforme di produzione coloniale, forse tarantina.

Del VI sec. a.C. è anche una piccola stele in pietra leccese, sulla quale è graffito un testo messapico che consente di riconoscervi un oggetto destinato a un luogo di culto dedicato a Zis Batas, forse accostabile a quelli noti nell'abitato arcaico di Vaste.

I rinvenimenti riferibili a età classica, e soprattutto alla fase ellenistica, sono costituiti da una serie di recuperi da complessi tombali, in parte noti già al De Giorgi nel secolo scorso, in parte effettuati tra gli anni Venti e gli anni Cinquanta dal locale ispettore onorario della Soprintendenza, M. Colosso. In numerosi casi è possibile stabilire che i corredi erano caratterizzati dalla presenza di terrecotte figurate. Da contesto funerario proviene anche un'iscrizione del IV sec. a.C.

Alla cinta muraria della città ellenistica vanno probabilmente riferiti alcuni blocchi di pietra calcarea, di grandi dimensioni, visibili nella zona settentrionale di N., ma non in situ, in quanto rimossi in occasione di lavori stradali.

Sulla base dell'ubicazione di questi ritrovamenti, e grazie all'analisi delle fotografie aeree, è possibile ipotizzare che, nel IV e III sec. a.C., l'abitato si estendeva su un'area di oltre 100 ha, racchiusa da un circuito murario lungo quasi 4 km.

Questi elementi consentono di inserire N. nel gruppo dei c.d. centri dominanti della Messapia, comprendente anche Ugento, Muro Leccese, Rudiae, Oria e Ceglie Messapico, attorno ai quali il territorio è organizzato secondo modelli di tipo cantonale, e in relazione ai quali si dispongono gli insediamenti di dimensioni più piccole e gli approdi portuali. Nel caso di N. si può proporre una situazione del tutto analoga a quella di Ugento e Torre San Giovanni: nella località di Santa Caterina, a pochi chilometri dalla città, sullo Ionio, sono state infatti riconosciute sia strutture riferibili all'allestimento della zona di attracco delle navi, con banchine, moli, e, probabilmente, magazzini e depositi, sia importanti opere di fortificazione, costituite da un fossato e da una cinta isodomica, con sfalsamento in corrispondenza di una porta. I materiali ceramici documentano un uso del porto-approdo nel V e dalla seconda metà del IV al II sec. a.C. Interessanti elementi legati all'insediamento portuale sono la Grotta di Capelvenere, dove è stato individuato un luogo di culto di età arcaica ed ellenistica, simile a numerosi altri, posti sulla costa tra Taranto e Leuca, e il relitto localizzato nello specchio d'acqua antistante la baia e databile in età tardo-repubblicana (III-II sec. a.C.).

Forti perplessità sussistono circa l'attribuzione alla città messapica di una monetazione in argento a leggenda ΝΑΡ, e addirittura dubbi di autenticità riguardano un'emissione enea a leggenda ΝΕΡΗΤΙΝΩΝ.

Pochi dati sono noti per la Neretum romana, divenuta municipium dopo la guerra sociale. Si tratta di un frammento di statua in marmo riferibile a una figura femminile seduta, che riprende un tipo del tardo V sec. a.C., e di due iscrizioni. La prima (CIL, IX, 10), rinvenuta nel 1595, ma irreperibile già ai tempi del Mommsen, datata al 341 d.C., fa riferimento all'istituzione del patronato civico, e cita l'approdo neretino: il Portus Nanna. La seconda, proveniente da Sant'Angelo dei Lombardi (CIL, IX, 1006), menziona ancora un patronus Neretinorum.

Nel 1884 furono rinvenute presso San Martino di Galliano, 300 m a S di N., strutture attribuibili a un impianto termale di età romana.

Risalgono probabilmente alla fase altomedievale alcune tombe scavate nella zona del centro storico e di cui si hanno notizie nei documenti d'Archivio della Soprintendenza Archeologica della Puglia.

Bibl.: C. De Giorgi, La provincia di Lecce. Bozzetti di maggio, Lecce 1882 (Galatina 19752); H. Philipp, in RE, XVII, 1, 1936, c. 24, s.v. Neretini; F. Ribezzo, L'arcaicissima iscrizione messapica scoperta a Nardo e il suo «Portus Nauna», in ArchStorPugl, V, 1952, pp. 68-77; E. Borzatti von Löwenstern, Un saggio nella grotta di Capel Venere a S. Caterina (Nardò), in RivScPr, XVI, 1, 1961, pp. 207-216; AA.VV., Itinerarî turistico culturali (V). Il territorio tra passato e futuro, Nardò 1989; F. D'Andria, Insediamenti e territorio: l'età storica, in I Messapi. Atti del XXX Convegno di Studi sulla Magna Greda, Taranto-Lecce 1990, Taranto 1991, pp. 393-478; M. T. Giannotta, in BTCGI, XII, 1993, s.v.; G. Mastronuzzi, Ricerche archeologiche a Nardo, in Studi di Antichità, in corso di stampa. - Per la monetazione: A. Siciliano, Le zecche della Messapia, in I Messapi..., cit., pp. 224-254 (con bibl. prec.).