Musica popolare

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

Musica popolare

Leo Izzo

Le culture musicali di tradizione orale

Per musica popolare si intende l’insieme delle diverse tradizioni musicali che non rientrano nell’ambito della musica colta europea, e che comprendono invece ogni espressione musicale legata a gruppi etnici o sociali. Nonostante le diverse forme che assume, la musica popolare viene tramandata principalmente per trasmissione orale ed è legata alle tradizioni culturali di una determinata comunità

Musica o musiche popolari?

L’attività musicale e la produzione di suoni organizzati hanno da sempre accompagnato le diverse forme di società umana. In passato la tradizione della musica locale ha rappresentato una componente importante dell’identità di una determinata etnia o di un gruppo sociale, mentre oggi, con la diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, come radio, televisione e Internet, le differenze tra le musiche prodotte in diverse parti del mondo sono sempre più tenui. Ciò nonostante, la varietà delle culture musicali ancor oggi esistenti al mondo è stupefacente: dal suono prolungato del dijeridoo degli Aborigeni australiani alle complesse costruzioni melodiche dei flautisti indiani, dai cori intricati dei pigmei dell’Africa centrale ai canti narrativi del centro Europa, le musiche tradizionali possono assumere forme così differenti da essere difficilmente unificabili in un unico insieme.

Nell’ambito della musica popolare, pertanto, non risulta possibile raggruppare le diverse musiche del mondo in base agli elementi che esse hanno in comune, ma bisogna piuttosto analizzare le differenze tra tali musiche e un unico termine di paragone, quello della musica colta occidentale.

Il concetto di musica popolare, infatti, riflette il punto di vista dell’Occidente nei confronti delle culture diverse o marginali e serve appunto per indicare tutto ciò che non rientra nell’ambito della musica cosiddetta classica. La distinzione tra musica colta e musica popolare si basa prevalentemente su differenze di tre tipi: tra oralità e scrittura; tra i differenti contesti (i luoghi e le occasioni) nei quali viene eseguita e ascoltata musica; tra creazione ed esecuzione.

Scrittura e tradizione orale

Nell’ambito della musica classica le composizioni del passato sono arrivate sino a noi grazie alla notazione musicale (musica, grammatica della), che ha permesso ai compositori di fermare i suoni sulla carta. Gli spartiti e le partiture delle opere dei grandi compositori sono oggi i documenti più importanti su cui si basa la storia della musica occidentale.

Nella maggior parte dei casi, invece, un musicista della tradizione popolare non impara attraverso testi scritti, ma direttamente dall’esempio del maestro. Una volta appreso un repertorio di brani, l’artista può a sua volta modificarli oppure comporne di nuovi per poi tramandarli alle generazioni successive. Questa modalità di apprendimento, che non passa attraverso la notazione musicale scritta, fa sì che la musica popolare venga detta anche musica di tradizione orale.

Tramandare oralmente un canto è ormai una pratica sempre più in disuso nella società di oggi, ma qualcosa di simile accade ancora per esempio per quanto riguarda le filastrocche o le ninnenanne, imparate spesso dalle proprie nonne e cantate poi ai propri nipoti.

In molte culture extraeuropee non esiste un modo per rappresentare graficamente la musica e ci si affida quindi alle sole memorizzazione e trasmissione orale; tuttavia ciò non significa che il risultato sia necessariamente semplice o di facile esecuzione. Bisogna comunque ricordare che vi sono eccezioni a questo principio: per esempio le tradizioni musicali cinese e giavanese prevedono modalità di notazione, anche se assai diverse da quella occidentale.

L’importanza del contesto di ascolto

Nell’ambito della musica colta accade spesso che una composizione ideata originariamente per una determinata occasione (un banchetto di corte, una Messa, una festività) venga poi ascoltata in tutt’altro contesto: in una sala da concerto, oppure anche nel salotto di casa propria. Ciò è possibile perché i brani della tradizione colta vengono considerati come opere d’arte musicali, che, al pari di una scultura o di una poesia, vanno assimilati e contemplati.

Nell’ambito della tradizione popolare, invece, una musica non può essere svincolata dall’occasione e dal luogo in cui essa viene eseguita, come nel caso della musica per il ballo. Una musica può essere anche parte integrante di un rito religioso oppure essere legata a una particolare azione, come il canto di lavoro. In questi casi la musica si dice funzionale: essa non ha valore di per sé, ma è importante soprattutto per i partecipanti, perché alla componente musicale è assegnato un ruolo fondamentale nello svolgimento di un avvenimento o di un’attività collettiva.

Le modalità creative

Nella musica colta occidentale la realizzazione di un brano avviene solitamente attraverso diverse fasi. Il brano inizialmente viene ideato dal compositore, poi fissato sulla carta; infine, per il tramite di un interprete, esso viene eseguito in pubblico.

Nella musica popolare, invece, non si ha la distinzione di ruoli tra il compositore e l’interprete. Spesso i brani si tramandano senza che se ne ricordi il primo autore e inoltre ogni musicista può reinterpretare con molta libertà il repertorio che ha appreso. Come nel gioco del ‘telefono senza fili’, succede quindi che un canto si modifichi gradualmente nel tempo, con il sommarsi delle varianti apportate da diversi cantori.

Talvolta il musicista non parte da un brano memorizzato nella sua interezza, ma da un insieme di brevi tasselli musicali il cui ordine deve essere deciso sul momento, come se fossero le tessere di un domino. È il caso, per esempio, dei suonatori sardi di launeddas (strumento a fiato della famiglia degli oboi) che, ricomponendo in vario modo un ampio repertorio di frasi musicali, possono produrre una musica sempre varia che serve ad accompagnare il ballo.

In India il genere musicale corrispettivo della nostra musica classica richiede che l’apporto creativo del suonatore sia particolarmente elevato: alla base di un’intera esecuzione infatti non vi è altro che una scala (raga) su cui il musicista costruisce elaborate variazioni melodiche, seguendo un insieme di procedimenti assai complessi. Per questo motivo possiamo dire che per un musicista della tradizione popolare eseguire un brano significa reinterpretarlo, mantenendo sempre viva la tradizione musicale cui appartiene.

L’etnomusicologia

Lo studio della musica popolare è l’ambito proprio di una specifica disciplina, l’etnomusicologia, con la sua particolare metodologia di ricerca. Innanzi tutto, trattandosi di una musica di tradizione orale lo studioso si deve avvalere principalmente dell’ascolto; inoltre, dato il forte legame tra una musica e il suo contesto di esecuzione, questa dovrebbe essere ascoltata prima di tutto nel luogo d’origine. Oggi la registrazione rappresenta la procedura più utilizzata per documentare in modo definitivo un’esecuzione di questo tipo.

In molti casi la comprensione di culture musicali diverse dalla propria può essere particolarmente difficile. Talvolta si tratta di un problema di ascolto: per un occidentale può essere difficile orientarsi, per esempio, fra le intricate strutture ritmiche delle orchestre di percussioni dell’Africa centrale, così come può risultare quasi impercettibile il gioco di inflessioni di intonazione caratteristico della musica indiana.

Talvolta le differenze culturali riguardano concetti più generali: si pensi soltanto al fatto che nella maggior parte delle lingue dell’Africa centrale non esiste un corrispettivo del termine musica.

Per tutti questi motivi tale ambito di studi risulta particolarmente affascinante e importante, non solo come contributo per una migliore comprensione e convivenza tra popoli diversi, ma anche come strumento per approfondire la conoscenza del proprio retroterra culturale.

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