MUNIZIONI

Enciclopedia Italiana (1934)

MUNIZIONI

Carlo MANGANONI
Carlo BERGAMINI
Carlo MANGANONI

. Il termine indicava, in passato, tutte le armi offensive e difensive, gli attrezzi, gli strumenti e il materiale bellico in genere (con significato limitato ai proietti, esplosivi, cariche, artifizî varî delle armi da fuoco). Munizionamento di un'arma (intesa come modello) è il complesso dei varî tipi di proietti, delle cariche, ecc., studiate per l'arma considerata. Munizionamento di un soldato, di un pezzo, di un'unità, è la dotazione, in numero di colpi, loro assegnata permanentemente o per determinate circostanze in base a criterî tecnici, tattici o organico-logistici.

Munizioni in generale e munizioni terrestri.

Munizioni delle armi da fuoco fino all'introduzione della rigatura. - Fino alla metà del sec. XIX, epoca dell'introduzione della rigatura delle armi da fuoco, i proietti furono quasi esclusivamente di forma sferica, e le cariche di lancio e di scoppio costituite, naturalmente, da polvere nera, unico esplosivo fino allora conosciuto. Il dosamento della polvere fu dapprima assai vario secondo le idee dei bombardieri, e sovente ammetteva, oltre agl'ingredienti essenziali (salnitro, carbone e zolfo) anche altre materie che avrebbero dovuto conferire maggiore potenza; in genere il salnitro era in deficienza, specialmente per le artiglierie di calibro maggiore. Gradatamente si venne al dosamento normale di sei parti di salnitro, una di carbone e una di zolfo, dosamento (chiamato, con locuzione in uso fino al sec. XVIII, "sei, asso, asso") seguito anche attualmente. La granitura della polvere era già diffusa al principio del sec. XV, e si sapeva adattarla, in linea molto generale, alle varie specie di bocche da fuoco secondo il calibro e la lunghezza.

Armi portatili. - I proietti (detti anche comunemente proiettili) delle prime armi portatili furono di ferro o di bronzo, e poi di piombo, quando il calibro venne ridotto. La polvere era trasportata in fiaschette; ma presto s'introdusse l'uso di sistemare tutto l'occorrente per un colpo, preventivamente, in bossoletti di legno che il tiratore portava appesi alla bandoliera. Nel sec. XVI si diffuse l'uso della cartuccia, involucro cilindrico di carta forte, che conteneva la carica e portava fissata a una estremità la pallottola. Per eseguire il caricamento, il tiratore strappava con i denti l'involucro e versava la polvere nella canna, poi v'introduceva la palla insieme con l'involucro, che, schiacciato a colpi di bacchetta, serviva da stoppaccio. Questo sistema rimase in uso fino all'introduzione delle armi a retrocarica.

Per l'innescamento della carica dapprima si adoperò polvere versata dalla fiaschetta nello scodellino o bacinetto del congegno di sparo e accesa poi con la miccia a mano o applicata al serpentino, oppure dalle scintille prodotte dal congegno di sparo a ruota o a fucile. In seguito, invece di prendere la polvere dalla fiaschetta, si adoperava una parte della polvere contenuta nella cartuccia. Al principio del sec. XIX si diffuse l'innesco a percussione, che rendeva inutile la polvere d'innescamento. La miscela fulminante (clorato di potassio e solfuro di antimonio), per alcuni tipi di acciarini a percussione trasformati da quelli a pietra focaia, era contenuta in un tubettino di lamiera di ottone che s'introduceva nel focone praticato lateralmente alla canna (Forsith); ma in genere si ebbe la capsula di rame che si applicava al luminello del congegno di sparo. Anche questo sistema rimase in uso fino all'adozione delle armi a retrocarica.

Artiglierie. - I proietti delle artiglierie furono dapprima palle di pietra e, per le bombarde di minore calibro, di bronzo o di piombo con dado di ferro al centro; presto s'introdusse però il ferro, dapprima fucinato, poi fuso (tra il sec. XIV e il XV), il quale rimase esclusivamente in uso fino ai tempi moderni, salvo che per i mortai e i cannoni petrieri per i quali si continuò per un certo tempo ad adoperare palle di pietra. Il "vento", dapprima molto rilevante, tanto da richiedere il rivestimento dei proietti con stoppa, tessuti, e anche pelli fresche, andò man mano, col perfezionarsi della fabbricazione delle bocche da fuoco e dei proietti, diminuendo, fino a ridursi alla fine a mm.1-3 secondo il calibro. Questo perfezionamento portò una maggiore precisione del tiro, alla quale concorse anche il sistema di applicare al proietto sferico dei tacchi di legno, assicurati con bandelle di ferro, o cercini di corda che diminuivano gli sbattimenti del proietto durante il percorso nell'anima.

Le artiglierie ad anima lunga (colubrine, cannoni) lanciavano esclusivamente palle piene; invece i mortai (e in seguito anche gli obici) lanciavano proietti scoppianti o granate. Questi furono ideati in Italia da Pandolfo Malatesta nel sec. XV, ma dapprima scarsamente adoperati, per i pericoli che presentavano. Il loro uso fu assai perfezionato nel secolo seguente, specialmente dai Tedeschi e dagli Olandesi. Erano costituiti da sfere cave (dapprima due semisfere saldate insieme), con un foro per l'introduzione della carica di scoppio e per l'applicazione della spoletta. Questa era costituita da un tubo di legno di forte spessore, avente a un'estremità una svasatura a calice; il foro era riempito di polverino e nel calice si disponevano stoppini; la spoletta, prima d'essere applicata al proietto col calice all'esterno, veniva tagliata (in seguito forata con un succhiello) a una lunghezza conveniente secondo la durata della traiettoria.

Nei primi tempi la granata veniva messa nel mortaio con la spoletta verso la carica del lancio, per assicurarne l'accensione all'atto dello sparo; ma questa pratica, assai pericolosa, venne presto abbandonata per il sistema del tiro a due fuochi, col quale il proietto veniva messo nel mortaio con la spoletta verso la bocca, e la spoletta veniva accesa con la miccia prima di dare fuoco alla carica di lancio; anche questo modo non era scevro di pericoli, e alla fine si venne al sistema più semplice e più sicuro, di disporre il proietto con la spoletta in avanti e alquanto inclinata rispetto all'asse dell'anima, in modo che i gas infiammati della carica di lancio potessero accendere la spoletta precedendo il proietto attraverso il "vento" che era sempre sufficiente a questo scopo.

Tra i proietti scoppianti va annoverata la granata a pallottole inventata dal colonnello Shrapnel dell'artiglieria inglese durante la campagna del 1808 in Spagna, e che conteneva pallette di piombo frammiste alla carica di scoppio. Il nome dell'inventore fu assunto poi per i proietti oblunghi analoghi.

Con le colubrine e con i cannoni si lanciavano anche tonnelletti o lanterne, consistenti in leggiere gabbie cilindriche di legno e bandelle di ferro contenenti sassi o rottami; oppure i cosiddetti proietti a grappolo d'uva, consistenti in un certo numero di palle di ferro, cementate con catrame o pece ad un'anima centrale di legno e talvolta anche avvolti in un sacchetto di tessuto forte. Già nel sec. XVIII col generale J.-B. de Gribeauval s'introdussero però le scatole a mitraglia in cui le pallette di piombo tenute insieme da un cementante (colofonia fusa) sono contenute in un involucro cilindrico, di lamiera sottile, che si sfascia quando esce dalla bocca.

Con i cannoni si lanciavano inoltre palle roventi specialmente per incendiare le navi e altre costruzioni di legno; palle incatenate, costituite da due palle unite mediante una catena o una sbarra per aumentare l'efficacia contro masse di truppe.

In Germania si sarebbero anche impiegate delle granate oblunghe (ovoidali); e si sarebbe anche ideata una spoletta a percussione con acciarino a pietra focaia che però non ebbe larga diffusione.

La carica, per le prime bombarde, veniva misurata a volume con la cazza o cucchiara, adatta alla bocca da fuoco e che serviva anche, assicurata a una lunga asta, a introdurre la carica sciolta nella camera. Dopo la carica, intasata leggermente col calcatoio, veniva introdotto il coccone o turaglio, di legno dolce, anch'esso forzato all'imbocco della camera col calcatoio. In seguito (secolo XVI) si allestirono invece i cartocci di carta che, introdotti nella camera con la cucchiara, si rompevano col calcatoio. Per le artiglierie di piccolo calibro o a retrocarica al cartoccio di carta era unita anche la palla (Leonardo da Vinci); questo sisiema si generalizzò poi anche nelle artiglierie ad avancarica per i proietti a mitraglia, con l'uso dei sacchetti o cartocci di tessuto. Di tali cartocci a sacchetto di tessuto erano fornite tutte le artiglierie da campagna nel secolo XVIII anche per i proietti pieni. Per facilitare l'accensione, il cartoccio veniva forato in corrispondenza del focone, ciò che si faceva dopo avere eseguito il caricamento, con uno sfondatoio a punta introdotto nel focone stesso.

L'accensione della carica si ottenne dapprima con polvere sciolta disposta nel focone e attorno a questo, e accesa dapprima mediante un ferro arroventato, che presto venne sostituito da una miccia assicurata all'estremità di un'asta (buttafuoco). Poi invece del polverino sciolto si impiegarono stoppini, e poi cannelli a polvere, ossia tubetti contenenti il polverino e introdotti nel focone. Solo nel sec. XIX s'introdussero i cannelli a frizione (alla D'Ambry), simili a quelli ancora in uso.

Razzi da guerra. - I razzi, già da tempo conosciuti come fuochi di gioia e mezzi di segnalazione, verso la fine del sec. XVIII vennero utilizzati come mezzo d'offesa contro truppe a distanza superiore a quella consentita dalle artiglierie campali lisce, applicando davanti al razzo una granata o una scatola a mitraglia, e anche recipienti con materie incendiarie.

Furono in tal modo impiegate dall'Inghilterra per la prima volta durante le guerre della rivoluzione e napoleoniche. Si ebbero razzi a granata, che portavano granate di 3-4 kg. a 3-4 km. di distanza; in Francia se ne esperimentarono anche di molto più potenti. I razzi a mitraglia avevano efficacia fino a 700 o 800 metri.

Col sopravvenire delle artiglierie rigate questi mezzi di scarsissima precisione e non scevri di pericoli in conseguenza d'inevitabili deficienze di conservazione, furono completamente abbandonati nell'ultimo trentennio del sec. XIX.

Munizioni delle armi rigate (fig. 1). - La rigatura delle armi da fuoco fu definitivamente adottata allo scopo di poter lanciare proietti oblunghi, che presentano grandi vantaggi rispetto a quelli sferici, ma che richiedono o l'impennaggio (v. bomba), difficilmente applicabile alle armi da fuoco con grandi velocità iniziali, o un movimento di rotazione di velocità adeguata alla lunghezza e alla velocità del proietto (v. balistica).

I vantaggi ai quali abbiamo accennato sono principalmente: un maggiore coefficiente balistico, e quindi una minore ritardazione per effetto della resistenza dell'aria; un minore coefficiente di forma, al quale è proporzionale la resistenza stessa; una maggiore attitudine alla penetrazione nei mezzi resistenti, sia per la forma, sia per la maggior forza viva a parità di superficie percossa; possibilità di una maggiore cavità interna, e quindi di una maggiore carica di scoppio, e di maggiori effetti sul bersaglio.

La rigatura, inoltre, genera una resistenza al movimento del proietto nell'anima, ciò che, unitamente al maggior peso del proietto a parità di calibro, ha per conseguenza un maggiore rendimento della carica di lancio.

Per i proietti oblunghi è stata adottata generalmente la forma cilindro-ogivale, che si avvicina abbastanza a quella di minima resistenza (1), e assicura la regolarità del percorso nell'anima, senza oscillazioni o sbattimenti. Dalle prime costruzioni a quelle attuali (2, 3, 4) si nota un considerevole aumento della lunghezza relativa totale, da calibri 1,5 a circa 3-4 e anche 5, e della lunghezza della parte ogivale rispetto a quella cilindrica, con conseguente variazione dei coefficienti di forma (essendo 2 quello del proietto sferico) da 1,5 a 1 e anche a 0,5, per alcuni proietti recentissimi.

Un vantaggio, maggiormente sensibile alle velocità non molto grandi, è dato dalla rastrematura del fondello (3) che avvicina la forma a quella di minore resistenza. Anche la sopraogivazione (4) fu studiata durante la guerra mondiale per conseguire aumenti di gittata e di effetti di scoppio con bocche da fuoco già in servizio; per una data rigatura la lunghezza del proietto non può superare un certo limite, oltre il quale sarebbe compromessa la stabilità sulla traiettoria; con la sopraogivazione si può aumentare il peso e la cavità interna, lasciando inalterata la lunghezza del corpo del proietto; si raggiunge quindi lo scopo, ma a scapito della regolarità del tiro alle grandi distanze, in conseguenza dell'aumentata distanza tra il centro di gravità e quello di resistenza.

La superficie esterna del proietto deve essere organizzata in modo da poter subire gli effetti della rigatura dell'anima, mediante sporgenze, dette parti conduttrici, che s'impegnano e scorrono nelle righe elicoidali, assumendo e trasmettendo al proietto il movimento di rotazione. Le parti conduttrici possono essere rilevate già in fabbricazione (sistema di rigatura detto a proietto guidato), oppure essere formate automaticamente, all'atto dello sparo, per effetto della pressione dei gas della carica di lancio, che forza il proietto nella rigatura (proietto forzato).

Nelle armi ad avancarica il forzamento era ottenuto per espansione, cioè: la parte posteriore del proietto, il quale, naturalmente, doveva avere diametro inferiore al calibro della canna per potere essere caricato dalla bocca, era costituita di metallo plastico e foggiato in modo da dilatarsi ed espandersi sotto l'azione dei gas, fino a forzarsi nella rigatura. Nelle armi a retrocarica, invece, si ha il forzamento per compressione, e cioè: il proietto ha diametro leggermente superiore a quello dell'anima misurato sul fondo delle righe, e si alloga in posizione di caricamento in una camera adatta, dalla quale passa nell'anima, spinto dalla pressione dei gas, comprimendosi e trafilandosi nella rigatura; il proietto deve essere di metallo plastico o esserne rivestito per tutta la parte cilindrica o per qualche zona limitata.

La sistemazione delle parti conduttrici deve provvedere al centramento del proietto, ossia alla coincidenza pratica dell'asse del proietto con l'asse dell'anima per tutto il percorso del proietto nell'anima stessa, condizione importantissima per la regolarità del tiro; e anche alla soppressione del vento, ossia all'eliminazione di qualsiasi vano o interstizio tra la superficie del proietto e quella dell'anima, che sarebbe causa di perdita d'energia nonchè di perturbamenti.

Armi portatili. - Le prime armi rigate ad avancarica avevano pallottola di piombo e carica di polvere nera sistemate, come per le armi lisce, in cartuccia di carta; per le armi a vitone camerato (Delvigne, 1827, armamento dei bersaglieri alla loro costituzione, 1836) la pallottola era sferica (5) e, introdotta dalla bocca della canna, veniva ad appoggiarsi sul gradino della camera, e poi deformata a colpi di bacchetta per essere forzata nella rigatura, senza comprimere la carica, disposta sul fondo. Analogamente nelle armi a stelo (Thévenin, 1845), per le quali (6) però la pallottola era cilindro-ogivale. Altri invece (7, 8, 9) si attenne al forzamento automatico per espansione, foggiando il proietto con cavità coniche al fondello o in altro modo analogo (Minié, Peters, ecc.).

Nelle prime armi a retrocarica (fucili ad ago, Dreyse, 1844, Carcano, Chassepot, 1867), si ebbe il proietto unito alla carica in una cartuccia di carta (10) che s'introduceva intera dalla culatta, la quale veniva poi chiusa dall'otturatore, munito di sistemazione atta a dare l'otturazione ermetica. La pallottola era ovale o cilindro-ogivale, di piombo nudo; la capsula era disposta a contatto della pallottola, per essere protetta nel maneggio e veniva colpita, all'atto dello sparo, dall'ago o spillo, applicato al percussore dell'arma, e che attraversava il fondello dell'involucro e tutta la carica di polvere.

Nel 1870 circa s'introdusse, per le cartucce delle armi portatili, il bossolo metallico, che garantisce una migliore chiusura ermetica, con semplificazione del congegno di chiusura; le pallottole, cilindro-ogivali, furono prima di piombo nudo, ma in seguito all'adozione delle armi a ripetizione e delle polveri infumi, furono rivestite con l'incamiciatura o rivestimento. La cartuccia prese allora la forma e costituzione anche attualmente in uso.

Contro bersagli animati s'impiegano oggigiorno pallottole ordinarie di piombo rivestito, che hanno anche potere perforante contro scudi di artiglierie fino alla distanza di 200 o 300 m.; contro bersagli corazzati, carri armati, aerei, s'impiegano anche proietti perforanti; contro aerei s'impiegano proietti traccianti e proietti esplodenti.

Le pallottole ordinarie (11) sono costituite da un nucleo di piombo in lega con piccola percentuale di antimonio e compresso (indurimento), contenuto in una incamiciatura ad esso saldata. Scopo di questa è di dare luogo a parti conduttrici abbastanza resistenti da non rasarsi per effetto della pressione contro le righe, che nelle armi attuali è di notevole intensità, e di evitare l'impiombatura della canna, cioè il deposito di particelle di piombo fuso, che in breve riempirebbero le righe; inoltre la incamiciatura rende il proietto meno deformabile all'urto contro bersagli resistenti, che vengono così perforati, mentre il proietto di solo piombo si schiaccerebbe. Il metallo dell'incamiciatura deve essere plastico e tenace, ma non troppo duro, per non logorare troppo la canna; in genere si usa il maillechort, o anche l'acciaio dolce che però deve essere nichelato per impedirne l'ossidazione. L'incamiciatura incompleta, o anche la semplice intagliatura all'ogiva, permette la facile deformazione del nucleo di piombo all'urto contro bersagli anche poco resistenti e dà luogo a ferite lacerate e di difficile guarigione (pallottole dum-dum).

Unica eccezione a questa costituzione generale dei proietti ordinarî, è la pallottola d 'ottone, ancora in servizio in Francia.

Il peso delle pallottole ordinarie, per le armi ora in servizio negli eserciti moderni, di calibro da mm. 6,5 a mm. 8, varia dai 10 ai 15 grammi; si ha però una tendenza, già del resto attuata in molti eserciti, a diminuire il peso al disotto di 10 grammi, allo scopo di realizzare maggiori velocità iniziali, e quindi maggior tensione della traiettoria alle piccole distanze, alle quali, secondo i concetti tattici attuali, si limiterebbe l'impiego delle armi leggiere (moschetto e mitragliatrice leggiera); per le mitragliatrici pesanti, invece, che debbono agire anche alle grandi distanze, si richiederebbe un grande peso della pallottola, non solo, ma anche un aumento di calibro.

I proietti perforanti (12) hanno un'anima d'acciaio, acuminata, e un'incamiciatura di maillechort, con uno strato intermedio o un nucleo posteriore di piombo, per ottenere una densità trasversale sulficiente. I proietti traccianti e quelli esplodenti hanno costituzione analoga a quelli simili delle artiglierie.

Le polveri generalmente usate per la carica sono polveri infumi alla nitrocellulosa, con graniture piccolissime, in forma di piastrelline circolari o quadrate o di scagliette irregolari; in Italia è in uso la solenite, polvere infume alla nitroglieerina, in forma di tubetti, da cui deriva il nome. Il peso della carica si aggira attorno a un quinto del peso del proietto, ma con i proietti leggieri di cui è stato detto, la proporzione aumenta notevolmente, portandosi prossima a un terzo.

Il bossolo, essendo destinato essenzialmente a determinare la chiusura ermetica della culatta, è un elemento del congegno di chiusura (v. otturatore); in genere è di ottone, per la sua facile lavorabilità, o d'acciaio dolce, che deve essere nichelato. Ha forma generale leggiermente (13-14) troncoconica, di diametro medio notevolmente superiore al calibro dell'arma, per poter contenere un peso di carica relativamente grande, senza essere troppo lungo (istantaneità dell'infiammazione; ingombro). Verso la bocca si restringe con un raccordamento a conicità molto accentuata, in un colletto cilindrico nel quale è rafforzata e punzonata la pallottola. Per dare presa all'estrattore del congegno di chiusura, il fondello è provvisto d' un orlo sporgente oppure d'una solcatura anulare; questa seconda forma è in genere preferita, perché permette un migliore assestamento delle cartucce nei pacchetti, nei caricatori e nei serbatoi delle armi. Al centro del fondello è sistemato l'innesco, costituito da una capsula fulminante (in genere con miscela di fulminato di mercurio, solfuro di antimonio e clorato di potassio; v. esplosivi) e da una incudinetta, che, nei bossoli attuali, è generalmente rica. vata per punzonatura nel metallo stesso del fondello (15), e presenta dei forellini per il passaggio della fiammata (innesco Berdan). Per il passato fu usato anche l'innesco Boxer, a incudinetta acuminata e di riporto, detto anche di sicurezza.

Ambedue questi tipi d'innesco sono chiamati a percussione centrale, per distinguerli da quelli a percussione periferica e a capsula anulare (16 e 17), che si usavano nelle armi con congegno di sparo a cane, e che sono ormai completamente abbandonati.

Il bossolo metallico rappresenta un peso morto a scapito delle dotazioni trasportabili; grava notevolmente sul costo del munizionamento; è la causa più frequente degl'inceppamenti e delle interruzioni nel funzionamento delle armi automatiche; per le armi degli aerei impone dispositivi speciali di raccolta o di evacuazione dei bossoli sparati per evitare che essi possano accidentalmente andare a incastrarsi fra le parti mobili dell'apparecchio.

Sono stati fatti e sono tuttora in corso studî per una cartuccia senza bossolo metallico, ma non si sono ancora raggiunti risultati pratici, che evitino tutti gl'inconvenienti.

Nei fucili e moschetti a ripetizione con serbatoio centrale, per il rifornimento di questo, s'impiegano dei caricatori, nei quali le cartucce sono sistemate anche per il trasporto.

Si distinguono i caricatori semplici dai caricatori a pacchetto o pacchetti: i primi servono soltanto per introdurre le cartucce nel serbatoio, mentre invece i secondi vi permangono finché tutte le cartucce sono esaurite, essendo necessarî, in qualche modo, per il funzionamento.

Dei caricatori semplici il più usato è il tipo Mauser a lastrina (18); il tipo Vitali, a involucro (19), abbandonato per i fucili, è stato recentemente applicato all'alimentazione di qualche mitragliatrice leggiera. I pacchetti, invece, sono del tipo Mannlicher, e possono essere, come i caricatori semplici, simmetrici o asimmetrici (20 e 21); sono preferibili quelli simmetrici perché evitano errori nell'applicazione all'arma.

Oltre alle munizioni da guerra, per le armi portatili occorre considerare anche le munizioni per gli esercizî in genere e per tiro a segno, le quali, pur richiedendo per il loro impiego le stesse operazioni di quelle da guerra, e riproducendo per quanto è possibile la traiettoria di queste, debbono essere organizzate in modo da non logorare eccessivamente la canna, e da non riuscire dannose per effetto di rimbalzi nei campi di tiro in prossimità di abitati.

Si hanno cartucce ridotte, con carica piccola e proietto più leggiero (in parte di legno); oppure cartucce con pallottola frangibile (22) che hanno pure carica ridotta, e proietto costituito da varie parti che si disgregano all'urto contro il terreno. Per il tiro a salve nelle manovre, si adoperano proietti di cartone; o meglio, per determinare il funzionamento delle armi automatiche, che richiede un proietto di peso abbastanza rilevante, essi sono costituiti da limatura metallica contenuta in un involucro di lamierino sottilissimo che si sfascia appena uscito dalla bocca da fuoco. Si hanno anche proietti di legno, che sono però più pericolosi anche a distanza,

Per i servizî di guardia si hanno cartucce a mitraglia con proietto costituito da varî segmenti tenuti insieme da un bossoletto che li rompe all'uscita dalla bocca: i segmenti hanno effificacia solo a distanza piccolissima.

Artiglierie (fig. 2). - a) Evoluzione e considerazioni generali. - Con le prime artiglierie rigate ad avancarica si ebbero proietti di ghisa, cilindro-ogivali, cavi, con parti conduttrici dette alette rilevate sulla parte cilindrica; il proietto Cavalli aveva due sole lunghe alette di ghisa (1); il proietto La Hitte (2), che fu il primo tipo di proietto d'artiglieria rigata usato sul campo di battaglia (dai Francesi, nella campagna in Italia del 1859), e i suoi numerosi derivati avevano invece alette circolari di piombo, disposte in due serie di sei ciascuna e sagomate in modo da ottenere il centramento del proietto durante il percorso, sebbene fosse impossibile ottenerlo inizialmente al caricamento.

Furono anche applicati (3) sistemi di rigatura con proietto a sezione esagonale, come l'anima della canna (Whitworth) e di altri tipi (Lenk, ecc.). In America invece si diede la preferenza ai sistemi con proietto forzato per espansione, Parrot (4) e ad altri.

Con l'introduzione della rigatura si ebbero dapprima i proietti con incamiciatura di piombo (5), che però dava luogo all'impiombatura dell'anima e si dimostrava anche poco resistente, cioè le parti conduttrici si rasavano sotto l'azione della pressione contro le righe; all'incirca intorno al 1870 si cominciarono a studiare presso la casa Krupp le corone o cinture di rame (6), che vennero in seguito adottate universalmente.

Le corone di rame, seguendo i perfezionamenti conseguiti nella forma della camera e che erano permessi dall'adozione delle polveri infumi, le quali, non lasciando residui solidi nell'anima, permettevano di ridurre al minimo la differenza tra il diametro del proietto e quello della camera e di raggiungere quindi il centramento praticamente perfetto, variarono successivamente di forma e numero e disposizione. Si giunse così alla sistemazione attuale, in cui si ha una corona di forzamento, posteriore, e una corona anteriore, di centramento, di diametro alquanto inferiore al calibro; la corona posteriore, in posizione di caricamento, va a sistemarsi nell'origine delle righe, quella anteriore si spinge avanti nella parte rigata (7). In molti casi oggi, invece della corona di rame anteriore, si ha una fascia o zona di centramento dello stesso metallo del corpo del proietto, rilevata in fabbricazione e accuratamente tornita e lisciata. Con le fortissime pressioni che si verificano nelle armi moderne, le corone di rame non sono di piena soddisfazione, anche perché dànno luogo alla ramatura; mentre da una parte si stanno studiando altri metalli, come il ferro omogeneo, che evitino gl'inconvenienti del rame, si presenta forse ancora conveniente un ritorno ai sistemi con proietto guidato, realizzati durante la guerra mondiale dai Tedeschi nel loro supercannone (8) e dopo dallo Charbonnier coi suoi obus rayés, nei quali i difetti di centramento e l'azione del vento sarebbero eliminati dal grande numero delle righe, dalla lavorazione più esatta e infine dalla presenza di una corona di forzamento.

I metalli impiegati per la costruzione dei proietti furono successivamente la ghisa, l'acciaio e gli acciai speciali. Oggi la ghisa è ancora impiegata solo eccezionalmente, per economia, e nei proietti da esercitazione, perché l'uso dell'acciaio consente, a parità di resistenza, pareti più sottili e quindi cariche di scoppio maggiori. Nei riguardi della costituzione si distinguono i proietti monoblocco (12), cioè costituiti da un solo pezzo, ottenuto per trafilatura e fucinatura da un blocco di acciaio, o per fusione dalla ghisa, dai proietti composti, in cui l'ogiva o il fondello o ambedue queste parti sono ottenute separatamente o avvitate al proietto. Il primo sistema permette una lavorazione più rapida, ma richiede impianti speciali e dà prodotti meno uniformi; di più anche il caricamento si deve fare esclusivamente con esplosivo fuso o allo stato pulverolento (caricamento diretto), che pure richiede stabilimenti e impianti speciali, mentre per il secondo sistema le cariche di scoppio possono essere allestite e conservate indipendentemente dai proietti, in custodie di cartone o di lamiera, che vengono introdotte nei proietti al momento del bisogno senza che occorrano impianti o personale specializzati.

La carica di scoppio dei proietti deve rispondere a requisiti essenziali di grande potere dirompente e di assoluta sicurezza d'impiego, nel caricamento e allo sparo (sensibilità). La polvere nera fu esclusivamente usata fino alla comparsa del fulmicotone, di cui però fu fatto uso non molto esteso, perché la grande sensibilità ne richiedeva l'idratazione che non era scevra d'inconvenienti. Molto potente, e oggi anche estesamente impiegato col nome di pertite, melinite, lyddite, ecc., è l'acido picrico, che richiede precauzioni speciali nel caricamento, per evitare le cristallizzazioni e il contatto coi metalli che sono pericolosi. Preferito è nel momento attuale il trinitrotoluene (tritolo, trotyl), sicurissimo e di potere poco inferiore all'acido picrico. Durante la guerra mondiale, furono usati varî esplosivi a base di nitrato d'ammonio, che, sebbene igroscopici, vennero adottati per impiego immediato: si usarono anche esplosivi ai clorati o ai perclorati, ma limitatamente alle bombe da bombarda e di caduta, a causa della notevole sensibilità.

Per l'innescamento della carica di scoppio, fattore importantissimo, anzi essenziale, dell'efficacia dei proietti, con l'introduzione dei proietti oblunghi, si andarono sviluppando le spolette a percussione, che prima erano rimaste allo stato di tentativo; anche le spolette a tempo si andarono perfezionando, passando dalle micce multiple alla miccia unica graduabile, con accensione interna, ciò che si rese necessario con la soppressione del vento.

Per le cariche di lancio la polvere nera fu esclusivamente impiegata fino al 1887, data dell'introduzione delle polveri infumi; però notevoli perfezionamenti furono conseguiti nel dosamento e nella granitura, che vennero adattati alle condizioni di ciascuna bocca da fuoco: per i medî e grossi calibri si ebbero le polveri progressive, a grani conglomerati, necessarie per evitare pressioni eccessive con le grandi cariche; le polveri prismatiche, stampate e forate, che avevano lo stesso scopo, per le artiglierie di calibro maggiore. Il Lenk tentò anche di adoperare il fulmicotone, ma senza risultanti pratici. Con la comparsa delle polveri infumi, di grande potenza, di facile granitura in qualsiasi forma e dimensione, che si possono esattamente adattare a qualsiasi condizione, che non dànno fecce, con scarso fumo e permettono quindi la rapidità del tiro, che non sono igroscopiche e sono poco sensibili e quindi di conservazione (salvo quanto riguarda la stabilità chimica) e maneggio più sicuri, la polvere nera è stata completamente abbandonata. La questione attuale è la ricerca di polveri meno erosive, che evitino il rapido logoramento dell'anima, tanto più sensibile quanto più rapido è il tiro e forte la carica; si ricercano anche polveri senza vampa, allo scopo di favorire il mascheramento.

b) Varie specie di proietti secondo gli effetti. - Si distinguono le seguenti specie di proietti le cui caratteristiche generali di costituzione si rilevano facilmente dalle figure:

1. Proietti perforanti, destinati ad agire contro bersagli molto resistenti (corazzatura di navi e opere, coperture di calcestruzzo, ecc.), perforandole e scoppiando nell'interno dei locali protetti; sono di acciaio speciale, con ogiva acuminata, robusta, e fortemente temprata, spoletta posteriore con ritardo, carica di scoppio di alto esplosivo poco sensibile. Si distinguono le palle e le granate perforanti (9 e 10): le prime, con una carica di scoppio limitata al 2-3% del peso totale, sono lanciate dai cannoni navali e da costa con tiro teso contro bersagli verticali; le seconde, con carica di scoppio fino al 6-7%, contro bersagli orizzontali, di solito meno resistenti, anche con grande angolo di caduta, e quindi dai cannoni suddetti alle grandi distanze, e dagli obici e mortai di grosso calibro da costa e campali. L'azione perforante di questi proietti è notevolmente aumentata dall'applicazione del cappuccio (11) di acciaio dolce, che, agendo, secondo l'ipotesi più accreditata (Tresidder), come un rinforzo della punta dell'ogiva, impedisce che questa si sfasci all'urto. Il cappuccio fu ideato nel 1878 da un ingegnere inglese, ma applicato solo nel 1893 dall'ammiraglio russo Makarov; ora è generalmente adottato da tutti, col tipo Firth. Sono stati sperimentati favorevolmente cappucci di acciaio durissimo.

2. Proietti ad azione prevalentemente esplosiva. - Sono: la granata torpedine (12), che si lancia con tutte le specie di artiglierie terrestri contro personale, sul quale hanno anche notevole efficacia le schegge; la granata mina (13), impiegata per la distruzione di ripari e coperture leggiere, con grande angolo di caduta e spoletta con ritardo; la granata bomba (14), per distruzione di difese accessorie, e specialmente di reticolati, con violenta azione superficiale, e quindi contenente una grande carica di scoppio, fino al 35% del peso totale, con spoletta istantanea o anche a precessione.

3. Proietti destinati ad agire essenzialmente per effetto di schegge o pallette proiettate dalla carica di scoppio. Vi sono: granate dirompenti, che hanno anche notevole effetto d'urto e di penetrazione in ripari di terra; frantumazione grossa; le granate a frattura prestabilita (15), che dànno luogo a un numero determinato di schegge di peso conveniente per avere il massimo raggio di azione: è preconizzato come il proietto principale dell'artiglieria contro aerei; contro bersagli a terra, per avere qualche efficacia, dovrebbe essere fatto scoppiare a fior di terra o a piccolissima altezza. Gli shrapnel oblunghi ebbero dapprima la carica anteriore, poi centrale; attualmente però non si usano che shrapnel a carica posteriore o a diaframma, nei quali la carica di scoppio, di polvere nera, disposta verso il fondello, non frantuma l'involucro, ma, agendo come in una piccola bocca da fuoco, lancia le pallette in avanti, insieme all'ogiva, che si stacca facilmente essendo soltanto leggermente avvitata al corpo dell'involucro; le pallette ricevono un incremento di velocità di 60-70 m/s., e, anche per effetto del movimento di rotazione, si disperdono in un cono la cui apertura varia secondo la velocità residua al punto di scoppio, che deve, naturalmente, essere in aria (spolette a tempo) e a determinata distanza dal punto di caduta. La carica di scoppio dello shrapnel è di polvere nera perché gli alti esplosivi frantumerebbero l'involucro, e le polveri infumi non darebbero una nuvoletta visibile per l'osservazione del tiro. Lo shrapnel, scoppiando a percussione, non ha alcuna efficacia, perché le pallette s'interrano; esso è lanciato da tutti i cannoni e obici di piccolo e medio calibro, con tiro teso e curvo (non di sfondo); la zona battuta da uno shrapnel da 75 ha larghezza di circa 20 m. e profondità da 50 a 100 m. circa, secondo l'angolo di caduta.

Tra i proietti di questa specie vanno anche annoverate le scatole a mitraglia (17), costituite da un semplice involucro di lamiera contenente pallette con un cementante, senza carica di scoppio; lanciato con la carica massima, l'involucro si sfascia appena uscito dalla bocca dell'arma, e le pallette, disperdendosi immediatamente, hanno efficacia soltanto fino a qualche centinaio di metri. La mitraglia era impiegata con le artiglierie campali, contro truppe attaccanti, minacciose, alle minime distanze; oramai però è quasi ovunque abbandonata e sostituita con lo shrapnel a zero, cioè con la spoletta graduata in modo da determinare lo scoppio a circa 50 m.

4. Proietti ad azione tossica. - Sono destinati a convogliare sul bersaglio una certa quantità di agente tossico che si mette in libertà per la rottura dell'involucro provocata da una piccola carica di scoppio, la cui entità e disposizione varia secondo la natura dell'agente tossico stesso (gassoso o liquido, persistente o fugace, ecc.).

5. Proietti complessi. - Sono costituiti dall'insieme di una granata e di uno shrapnel, in varie disposizioni reciproche (18); lo shrapriel scoppia in aria, a tempo, e la granata, lanciata avanti assieme alle pallette, scoppia all'urto sul terreno. Il difetto di tali proietti è di essere scarsamente efficaci in ciascuno dei due funzionamenti, sebbene non manchino di un certo effetto morale. In pratica hanno dimostrato di non raggiungere lo scopo di semplificare ll munizionamento, perché le artigilerie che lo hanno adottato (Austria e Germania) hanno dovuto conservare anche lo shrapnel e la granata.

I tentativi di costruire un proietto unico, interamente efficace sia per urto o esplosione contro piccoli ripari, sia a mitraglia contro personale, non hanno mai dato risultati soddisfacenti.

6. Proietti speciali. - Sono: proietti incendiari, organizzati come quelli ad azione tossica, e contenenti materie incendiarie, oggi per lo più a base di fosforo;

proietti fumogeni, destinati ad accecare gli osservatori nemici o a mascherare movimenti delle proprie truppe: contengono materie che producono fumo o nebbia (cloruro stannico);

proietti illuminanti: contengono un artifizio illuminante (bengala) con un paracadute, che, messo in libertà allo scoppio in aria per effetto di una piccola carica, rimane sospeso per qualche minuto;

proietti traccianti, destinati a segnare la traiettoria percorsa mediante una scia luminosa o fumosa, prodotta da una materia combustibile che si accende alla partenza del colpo e la cui fiamma esce attraverso fori praticati nel fondello del proietto; essi sono utilizzati specialmente per l'aggiustamento del tiro contro aerei, perché indicano chiaramente la posizione della traiettoria rispetto al bersaglio e permettono di apportare le correzioni volute; però segnano la propria traiettoria, che è una traiettoria diversa, appunto per la presenza della scia, da quella dei proietti destinati a tiro di efficacia; per essere veramente utili dovrebhero essere anche scoppianti, e allora non potrebbeto avere un grande raggio d'azione, come è necessario.

c) Spolette (figura 3). -1. Generalità. - Gli elementi essenziali di qualsiasi spoletta moderna sono una capsula fulminante e uno spillo, capaci di muoversi l'una rispetto all'altro e di venire a violento contatto al momento opportuno, dando luogo a una fiammata. Nelle spolette a percussione il contatto avviene solamente quando il proietto o una parte della spoletta urtano contro un ostacolo (bersaglio) e la fiammata va direttamente ad accendere la carica di scoppio del proietto; nelle spolette a tempo con miccia il contatto avviene immediatamente, per inerzia, alla partenza del colpo e la fiammata accende una miccia che comunica il fuoco alla carica di scoppio dopo un determinato tempo, essendone stata preventivamente regolata la lunghezza; nelle spolette a tempo meccaniche è contenuto un meccanismo che si mette in movimento alla partenza del colpo, e, dopo un determinato tempo, permette ai due elementi di venire a contatto, in genere per azione di una molla o della forza centrifuga, e la fiammata va direttamente e immediatamente alla carica di scoppio.

Secondo la posizione rispetto al proietto, le spolette possono essere anteriori, posteriori o interne; sono preferibili, in genere, le polette anteriori, perché sono più facilmente ispezionabili e, se a tempo, graduabili; non sono esposte, all'atto dello sparo, all'azione dei gas della carica di lancio, che può deformarle o provocare l'accensione prematura della capsula, e infine non s'indebolisce il fondello col foro del bocchino. Le spolette posteriori sono riservate quindi ai proietti perforanti, per i quali è essenziale l'ogiva robusta e acuminata. Le spolette interne, sebbene la loro posizione al centro della carica di scoppio sia assai conveniente per l'innescamento, sono in genere abbandonate, perché non ispezionabili.

In proietti molto lunghi si hanno talvolta due spolette, una anteriore e una posteriore o interna.

2. Spolette a percussione. - Si distinguono il tipo detto a concussione, funzionante per inerzia, e il tipo a urto diretto. Nel primo tipo (1-2) uno dei due elementi essenziali, in genere la capsula, è fissato alla parte anteriore di un canale assiale della spoletta nel quale è scorrevole (molla di assestamento) una massa battente o percotitoio che porta lo spillo, e che, quando il proietto subisce una forte ritardazione, va per inerzia a urtare contro la capsula. Nel secondo tipo invece lo spillo è disposto anteriormente e rivolto indietro, e quando urta contro un ostacolo più o meno resistente si arresta, mentre il resto della spoletta prosegue la corsa, portando la capsula a contatto dello spillo. Nei primi modelli questo era assicurato al cappelletto che doveva schiacciarsi all'urto (spolette a schiacciamento), ma oggi si mira a ottenere maggiore prontezza di funzionamento e maggiore sensibilità colle spolette a spina (3) in cui lo spillo è invece assicurato a una spina di massa e lunghezza conveniemi e sporgente fuori dell'orifizio anteriore del canale.

La costituzione delle spolette è molto complicata dai dispositivi di sicurezza, elementi che impediscono il funzionamento della spoletta nei trasporti, nel caricamento, per tutto il tempo che il proietto resta nell'anima, e nelle spolette moderne, anche per un primo tratto della traiettoria, per evitare che accidentali scoppî prematuri possano danneggiare il personale che esegue il fuoco. Questi dispositivi consistono o nella separazione del portacapsula dal resto della spoletta, alla quale viene applicato al momento di caricare l'arma (innesco amovibile), sistema imperfetto e mai usato da solo; oppure nell'immobilizzazione del percotitoio o anche nella chiusura del passaggio dei gas dalla capsula alla carica di scoppio mediante elementi tenuti in sito da molle di una certa resistenza e che si muovono per effetto della forza d'inerzia e della forza centrifuga solo dopo la partenza del colpo.

Secondo la specie del proietto può essere ricercata una grande prontezza del funzionamento della spoletta (istantaneità), per ottenere che il proietto scoppi prima di penetrare nel terreno, o anche una certa precessione dello scoppio rispetto all'urto (granate torpedini, granata bomba) oppure invece un certo ritardo, per ottenere lo scoppio dopo la penetrazione (granate mina, proietti perforanti); può anche essere necessaria, contro gli aerei, una grande sensibilità, ossia il funzionamento, pronto o ritardato, contro bersagli di piccola resistenza. Così pure si può richiedere la sensibilità agli urti laterali, per i proietti che non siano stabili sulla traiettoria oppure possano urtare il bersaglio con piccoli angoli di imbatto (4). Queste varie qualità sono ottenute mediante appropriata costituzione e disposizione delle masse battenti, delle spine, delle molle e dei canali per il passaggio dei gas.

3. Spolette a tempo con miccia. - ïecondti la disposizione della miccia si hanno due tipi:

a) con miccia a elica: la miccia, costituita da polvere nera mescolata con un mastice speciale e compressa per trafilatura in un rivestimento di stagno, è avvolta a elica intorno a un collo sporgente dalla base del corpo della spoletta e termina in basso in un focone obliquo della base stessa; la capsula e lo spillo sono sistemati nell'interno del collo (accensione centrale: 5) o in un anello girevole che copre tutta la miscela (accensione periferica: 6); per determinare l'accensione della miccia nel punto voluto a data distanza dal focone (graduazione della spoletta), si deve forare il rivestimento, ciò che si fa con una punta che s'introduce in uno determinato dei molti fori praticati in un cappelletto che copre tutta la miccia, o in un cursore sistemato nell'anello girevole;

b) ad anelli (7 e 8): la miccia è costituita da polvere nera compressa a macchina direttamente in una galleria ricavata sulla faccia inferiore di due o tre anelli disposti attorno al collo e dei quali uno è fisso al collo stesso e gli altri sono girevoli solidalmente; la miccia dell'anello superiore comunica direttamente con la cavità del collo, in cui sono sistemati spillo e capsula, e quelle degli altri anelli comunicano tra di loro, con la miccia superiore e col focone obliquo, praticato come nel caso precedente, in modo che con la rotazione degli anelli girevoli (graduazione della spoletta) si può far variare a volontà la lunghezza complessiva della miccia che deve bruciare per comunicare il fuoco della capsula al focone obliquo (9 e 10), e si può ottenere anche la graduazione a zero (comunicazione diretta) o anche l'esclusione delle micce degli anelli inferiori, e quindi del funzionamento a tempo. La durata massima è data dalla somma delle lunghezze totali delle singole micce.

In tutte le spolette a tempo, i gas prodotti dalla combustione delle micce sfuggono attraverso sfogatoi di cui la posizione e la disposizione hanno notevole influenza sulla pressione che essi devono vincere per espandersi e quindi sulla velocità di combustione della miccia stessa.

Per le grandi durate (90 secondi e più) è preferibile la miccia a elica, perché di combustione più regolare anche con numero notevole di spire (fino a 9], mentre con la miccia ad anelli le irregolarità derivanti dal passaggio da una miccia all'altra fanno limitare a tre il numero degli anelli.

L'operazione di graduare la miccia si fa in base a graduazioni segnate sull'orlo della base della spoletta, che possono essere fatte a distanze (ettometri e mezzi ettometri), a tempi (secondi e quinti di secondo) o in divisioni arbitrarie. Questi ultimi mezzi richiedono l'impiego di tavole di tiro.

La miccia in genere è soggetta a variazioni e irregolarità nella velocità di combustione, dovute alle variazioni della pressione atmosferica e della velocità del proietto sulla traiettoria, al riscaldamento, all'igroscopicità propria della polvere nera, all'età della spoletta, ecc., tutte cause d'irregolarità e di forte dispersione dei punti di scoppio, tanto più sensibili quanto maggiori sono le durate e le velocità del proietto.

4. Spolette a tempo meccaniche. - Sono state studiate e si studiano ora attivamente per eliminare gl'inconvenienti della miccia e per rendere la durata assolutamente indipendente dalle influenze esterne. In esse bisogna considerare l'agente motore, che provoca il movimento del meccanismo, il genere del meccanismo stesso, l'organo di regolazione del movimento, che deve essere molto lento e assolutamente uniforme, e il sistema di graduazione, col quale si possa preventivamente determinare con esattezza il tempo fra l'inizio del movimento, alla partenza del colpo, e lo scatto dello spillo contro la capsula. L'agente motore può essere rappresentato dalla forza d'inerzia, dalla forza centrifuga, dal peso di una massa eccentrica, dalla resistenza dell'aria, dalla tensione di una molla; i meccanismi possono essere a ingranaggi, a sistemi elicoidali interni o esterni (elichette); i sistemi di regolazione e graduazione dipendono dal genere di agente motore e di meccanismo. Tra gli svariatissimi tipi di spoletta meccanica proposti per il passato e attualmente in esperimento, per la massima parte deficienti di uniformità di movimento, sembra che i migliori risultati pratici debbano attendersi dai sistemi a ingranaggi con agente motore a molla o a forza centrifuga e con regolatore a bilancere da orologio; tali spolette sono quindi dei veri orologi, in cui la lancetta è rappresentata da un disco con una intaccatura che permette a un certo momento lo scatto dello spillo. La graduazione si ottiene spostando il disco, che è messo a leggiero forzamento sull'albero condotto finale, e disponendo l'intaccatura a una certa distanza angolare da una posizione terminale.

Spolette di questo genere furono già impiegate dalle artiglierie tedesche e austriache durante la guerra mondiale.

5. Spolette a doppio effetto. - Sono l'insieme di una spoletta a tempo e di una spoletta a percussione; presentano il vantaggio di poter impiegare il proietto sia a tempo sia a percussione, secondo le necessità del momento, e inoltre di determinare lo scoppio del proietto a terra, qualora manchi il funzionamento a tempo. Esse hanno quindi completamente escluso l'impiego delle spolette soltanto a tempo, che sono però conservate ancora per le artiglierie contro aerei, perché proietti che eventualmente non scoppiassero in aria andrebbero a cadere in territorio amico, ed è quindi necessario evitare lo scoppio a percussione.

6. Graduatori di spolette. - Sono strumenti che, una volta graduati, si applicano alle spolette per ottenerne la graduazione con maggiore rapidità ed esattezza. Vi sono graduatori a mano e graduatori fissi, di maggiori dimensioni, applicati a sostegni del materiale e che permettono anche la graduazione delle spolette di due proietti alla volta. Riguardo al funzionamento, possono essere ordinarî e automatici; questi ultimi presentano il vantaggio di potere essere comunque applicati alla spoletta e di richiedere sempre lo stesso movimento di una manovella, qualunque sia la graduazione. I graduatori in genere agevolano l'operazione della graduazione, rendendola più rapida; permettono l'applicazione di graduazioni correttrici, cosa necessaria specialmente per il tiro contro aerei; permettono graduazioni molteplici, per esempio per le varie cariche, e con divisioni di maggiore ampiezza che sulle spolette stesse, evitando errori di collimazione; rendono inutili le graduazioni sulle spolette, dalle quali il nemico può talvolta trarre indicazioni utili sulla postazione delle opposte artiglierie. Essi rappresentano una necessità per le artiglierie contro aerei.

7. Spolette ad azione differita. - Furono usate durante la guerra mondiale dalla Germania e dall'Austria a scopo insidioso, per provocare lo scoppio di proietti da abbandonarsi in mano al nemico, dopo parecchie ore e anche dopo qualche giorno dalla loro applicazione. Erano basate sull'azione di agenti chimici su un filo metallico, che trattiene una massa battente sollecitata da una molla; quando l'azione chimica corrosiva ha diminuito la sua resistenza, la molla ne provoca la rottura e spinge la massa battente contro la capsula.

8. Detonatori o detonanti. - Le cariche di scoppio di alto esplosivo richiedono un innescamento energico di cui non conviene rendere capace la capsula della spoletta, per il pericolo che presenterebbe (v. Esplosivi, XIV, p. 356). L'azione delle spolette di qualsiasi genere applicate a proietti carichi di alto esplosivo è quindi sempre rinforzata da un detonatore, composto di due elementi: la carica di rinforzo, che serve effettivamente a rinforzare l'azione della capsula della spoletta, e la carica d'infiammazione, che serve a propagare per tutta la massa della carica di scoppio l'azione della carica di rinforzo.

d) Polveri, cariche, cartocci, innescamento. - Le graniture usate per le cariche di lancio delle artiglierie sono svariatissime: in Italia si hanno piastrelle a base quadrata con lato doppio o decuplo dello spessore (2 × 20 × 20) che varia secondo il calibro e la carica, da mm. 0,5 a mm. 3,5; oppure strisce, bacchette o tubi, specialmente per la polvere C2, che s'impiega con le artiglierie di maggior calibro e lunghezza; sono anche usati fogli di balistite dello spessore di un millimetro circa, e avvoltolati a spirale per formare il cartoccio.

Con tutte le artiglierie odierne, meno quelle contro aerei e i cannoncini automatici, s'impiegano le cariche multiple, cioè oltre alla carica massima, principale, che serve di base per lo studio della bocca da fuoco e della sua resistenza, si hanno anche cariche ridotte, di peso minore, allo scopo, per le artiglierie terrestri in genere, di potere, con la combinazione dell'angolo di elevazione con la velocità iniziale, sfiorare con la traiettoria eventuali ostacoli che coprono il bersaglio e quindi batterlo con la maggiore velocità residua possibile, oppure di ottenere grandi angoli di caduta anche alle piccole distanze per i tiri di sfondo (obici da costa e mortai); infine anche, per i cannoni navali e da costa, di risparmiare la bocca da fuoco quando gli effetti voluti sul bersaglio possono ottenersi anche con velocità iniziali minori. I sistemi di cariche ridotte vengono attualmente studiati in modo che ciascuna carica, dalla minima alla massima, si possa ottenere aggiungendo a un elemento fondamentale uno o più elementi aggiuntivi di ugual peso comune (cariche a elementi uguali) e ciò allo scopo di semplificare i rifornimenti.

Le cariche sono sistemate in cartocci, che secondo la loro costituzione sono denominati cartocci a sacchetto, cartocci a bossolo, e cartocci a proietto. I cartocci a sacchetto sono costituiti da un sacchetto di tessuto, che deve essere resistente, compatto, perfettamente neutro, completamente combustibile senza residui e di facile accensione; è molto usato il filaticcio di garza seta. Nei cartocci a bossolo la carica, talvolta contenuta in un sacchetto di cotonina o di seta, è introdotta nel bossolo metallico nel quale è sistemata mediante cappelletti di cartone o di lamierino, con l'interposizione, se occorre, di crociere di cartone o di legno. I cartocci a proietto sono cartocci a bossolo col proietto applicato e punzonato alla bocca del bossolo, come per le armi portatili. Circa l'impiego delle varie specie di cartoccio si può osservare che il cartoccio a proietto, oltre alle caratteristiche esposte sullo stesso argomento per le armi portatili, favorisce la rapidità del tiro, ma difficilmente si adatta alla molteplicità delle cariche, sebbene si siano studiati bossoli scomponibili che permettono di variare la carica in essi contenuta senza togliere il proietto: è impiegato per le artiglierie a carica unica e che richiedono tiro rapidissimo, cannoncini automatici, contro aerei, navali di piccolo calibro, antisiluranti, ecc.; i cartocci a bossolo per tutte le artiglierie di piccolo calibro; i cartocci a sacchetto per le altre artiglierie di medio e grosso calibro. È da notarsi però che le artiglierie tedesca e austriaca dànno la preferenza al cartoccio a bossolo per tutte le artiglierie di qualunque calibro e lunghezza, in relazione al sistema di chiusura tradizionale (v. otturatore).

Le cariche dei cannoni di grosso calibro sono suddivise in due, tre o anche quattro cartocci, dato il loro peso che non ne permetterebbe il facile maneggio (kg. 150 e più).

Le cariche sono innescate mediante cannelli, cioè artifizî (v.) che si applicano al focone della culatta o del congegno di chiusura oppure al centro del fondello del bossolo, e che contengono una capsula o tubetto con mistura fulminante che viene accesa o per frizione di una seghetta metallica munita di fibbia a cui si aggancia una cordicella da sparo, oppure per percussione della punta del percussore facente parte del congegno di sparo applicato all'otturatore o, infine, anche per incandescenza di un filamento metallico interno che si fa percorrere da corrente elettrica. I cannelli a frizione attuali sono in genere avvitati al focone dell'otturatore per evitare che vengano proiettati a distanza (11) ma un tempo erano anche lisci. Quelli a percussione (12, 13) sono costituiti in genere come una cartuccia per arma portatile senza pallottola, e sono tenuti in sito o dal congegno di sparo dell'otturatore, o dall'avvitatura con cui sono fissati al bossolo. I cannelli elettrici (14), in genere, funzionano anche a percussione.

Per le polveri infumi l'azione innescante del cannello deve essere completata con piccole cariche di polvere nera, dette carichette d'innescamento, che, essendo facilmente infiammabili, hanno l'ufficio di dare prontamente una grande fiammata che avvolga quasi istantaneamente tutta la carica, e nello stesso tempo di evitare che il dardo dato dal cannello, concentrato su un solo punto della carica, possa avere un'azione innescante eccessiva per il punto colpito. Per le cariche molto grandi dei cannoni di grosso calibro, ogni cartoccio-elemento di carica ha una propria carichetta di polvere nera (carichetta di trasmissione).

Munizioni navali.

Generalità. - Fino alla prima metà del sec. XIX il munizionamento per artiglierie navali non differiva sostanzialmente da quello usato per artiglierie terrestri. Quando comparvero le navi a vapore con la protezione dei fianchi e dei ponti, le artiglierie a retrocarica e rigate e a lunga portata, non tardò a stabilirsi in una parte del munizionamento una netta differenza fra quello navale e quello terrestre.

Caratteristica infatti fondamentale del tiro navale è di ottenere la perforazione degli scafi nemici non solo per portare all'interno di essi gli scoppi dei proietti, ma anche per produrre lacerazione e demolizione nelle strutture e nell'opera morta degli scafi stessi, per indebolirne la resistenza, provocare vie d'acqua, rendere impossibile il funzionamento dei varî servizî che si svolgono sui ponti scoperti, ecc.

Naturalmente gli stessi scopi debbono essere raggiunti con mezzi diversi a seconda che si tratti di scafi a strutture più o meno resistenti; sarebbe grave errore impiegare munizionamento adatto per strutture leggiere contro strutture robuste e viceversa.

Contro strutture leggiere occorrerà impiegare proietti che esplodano direttamente all'urto, producendo il massimo numero di schegge e sfruttando in modo molto sensibile la capacità dirompente dell'esplosivo che essi contengono. Contro strutture robuste, invece, occorrerà impiegare proietti che riescano a perforare intatti lo spessore di protezione dei fianchi della nave e che scoppino solo dopo avere assolto il loro compito di perforazione ed essere penetrati nell'interno dello scafo protetto.

Qualora, per es., si volessero usare proietti del primo tipo contro corazze non si otterrebbe che uno scoppio immediato del proietto all'esterno della corazza con effetti decisamente nulli. Usando invece proietti del secondo tipo contro scafi leggieri, si otterrebbe certamente la perforazione, ma quasi certamente lo scoppio avverrebbe molto al di fuori e al di là della struttura colpita con effetti scarsissimi.

Lo sviluppo di unità protette in modo leggiero (incrociatori tipo Washington, ecc.) ha fatto sorgere un'idea che in altre condizioni avrebbe potuto apparire illogica, quella cioè di eliminare i gravi inconvenienti che indubbiamente esistono per l'impiego di proietti diversi da parte di uno stesso cannone contro bersagli diversi, creando un proietto unico che rispondesse abbastanza bene ad ambedue le esigenze.

Il problema non è bene solubile per tutti i calibri e per tutti i casi. Per calibri destinati, per es., ad armare navi da battaglia o solo naviglio leggiero è da ritenere, in tesi generale, che il proietto misto o unico che dir si voglia non sia conveniente. Esso quindi riguarda solo calibri intermedî e particolari tipi di navi, come appunto gl'incrociatori del tipo Washington.

Seconda caratteristica del tiro navale è quella costituita dalla necessità di portare l'offesa alla massima distanza possibile, che talvolta può essere (e più sarà in avvenire) addirittura superiore a quella della visibilità diretta degli scafi, e di arrivare a tali distanze con traiettorie molto tese per avere maggiori probabilità di colpire il bersaglio. Di qui la necessità di avere cariche di lancio dotate di grande potenza e fatte con esplosivi che all'atto della combustione sviluppino temperature non troppo elevate, appunto per evitare, data la grande potenza, erosioni e rapido declino delle bocche da fuoco la cui usura è direttamente influenzata dalla temperatura di esplosione. Avrà invece importanza relativamente minore la facilità e rapidità di produzione dell'esplosivo che si adopera, inquantoché le grandi potenze che si desiderano limitano esse stesse in modo tale la vita dei cannoni che ognuno di essi, anche in caso di guerra, non può eseguire che un numero relativamente esiguo di colpi. Se a ciò si aggiunge che l'azione balistica navale ha probabilità di raggiungere, con un ristretto numero di colpi e in breve tempo, risultati molto più importanti e decisivi di quello che si possa verificare nelle azioni terrestri (inutilizzazione per molto tempo della nave colpita o sua totale perdita) e che invece non esistono quasi mai in mare azioni di bombardamento prolungato, se ne conclude che l'esplosivo che s'impiega per il munizionamento navale può essere molto più costoso e di maggiore pregio (anche se di produzione più lenta e ottenuta con materie prime di produzione non nazionale) di quello usato per le artiglierie terrestri.

Terza caratteristica assai importante del munizionamento navale è quella costituita dalla necessità che gli effetti di scoppio dei proietti siano violentissimi e che invece l'esplosivo che s'impiega sia molto stabile e non soggetto a detonare quando è sottoposto all'azione potentissima dello sparo del pezzo, condizioni queste contraddittorie fra loro. Ne consegue che anche per gli esplosivi di scoppio potrà venire adottata una soluzione, sia pure non economica e non di corrente e comoda applicazione, purché si abbiano materiali di qualità ottime e particolarmente adatti allo scopo.

La quarta caratteristica fondamentale è costituita dalla necessità di provocare lo scoppio del proietto non prima né dopo di quello che è necessario, e precisamente, come è stato visto, subito all'urto per il tiro contro bersagli poco resistenti, e dopo perforazione completa, ma non molto dopo, per bersagli molto resistenti. L'artificio di accensione (che viene chiamato, come nel munizionamento terrestre, spoletta) deve essere unico, quindi, per qualsiasi tipo di proietto, ma avere un ritardo che idealmente dovrebbe variare in modo automatico gradualmente e proporzionalmente in funzione della resistenza offerta dalla struttura da battere.

Quinta caratteristica infine è il sistema di accensione delle cariche di lancio. Mentre infatti gli artifici impiegati allo scopo nelle artiglierie terrestri (cannelli, inneschi) richiedono in genere per il loro funzionamento solo la percussione di una massa battente che utilizza l'energia di scatto di una molla, le esigenze del tiro navale portano nella quasi totalità dei casi alla necessità di provocare a distanza, e non dal pezzo, l'accensione della carica di lancio. È bensì vero che tale risultato si può ottenere facendo funzionare a distanza il congegno di percussione e in tal caso il cannello o l'innesco funzionano in un solo modo, identico a quello delle artiglierie terrestri; ma molte marine, per ragioni varie, preferiscono provocare l'accensione con il passaggio diretto della corrente elettrica attraverso l'artificio d'accensione.

Il proietto. - Le caratteristiche accennate portano a distinguere due tipi di proietto che, con denominazione generica e tradizionale, ma che non ha riferimento con il significato originale, si chiamano rispettivamente granata e palla.

Caratteristica principale della granata sarà quella di avere una struttura robusta, ma non molto pesante in confronto del calibro, con cavità interna piuttosto vasta adibita a contenere una notevole quantità di esplosivo di scoppio. Questa quantità per una granata per cannoni di grosso e medio calibro varia fra il 6 e il 10% del peso del proietto; per calibri minori può superare anche questo ultimo limite. Le granate, non avendo compito spiccatamente perforante, non sono munite di cappuccio, e hanno spoletta applicata anteriormente sull'ogiva del proietto. Quando però alla granata, specialmente a quelle dei medî e grossi calibri, si voglia attribuire una capacità perforante, per quanto limitata, la spoletta viene applicata posteriormente al fondello del proietto.

Per migliorare il coefficiente di forma del proietto senza spostare troppo in avanti il centro di gravità dello stesso e ottenere quindi un migliore rendimento del proietto lungo la traiettoria, viene applicato sull'ogiva, quando non si tratti di proietto a spoletta anteriore, un leggiero cappuccio di forma conica in acciaio o alluminio o anche in cartone compresso (o composti similari), chiamato tagliavento. Questo tagliavento scompare completamente al momento dell'urto del proietto contro il bersaglio.

Le granate aventi capacità perforante limitata vengono appunto chiamate granate perforanti, quelle invece con spoletta disposta anteriormente e destinate a scoppiare all'urto vengono chiamate granate dirompenti.

Esistevano fino a pochi anni or sono varî altri tipi di granate destinati a scopi speciali (come granate-mina, granate antisommergibili, ecc.), ma attualmente tali tipi sono stati abbandonati.

Particolare menzione meritano le granate per tiro contro aerei, la cui spoletta non è destinata a funzionare a percussione bensì a tempo, e la cui carica di scoppio è notevolmente aumentata in modo da avere un forte raggio d'azione. Si è studiata la possibilità d'impiegare la spoletta di questi particolari proietti anche a percussione, oltre che a tempo, in modo che quando essi siano sparati contro bersagli navali (per i quali il funzionamento a tempo non è utilmente impiegabile) sia possibile farli funzionare a percussione come granate dirompenti comuni. Per tale motivo, la granata navale può differire da quella per artiglierie contro aerei terrestri anche come tipo di esplosivo di scoppio.

In generale, a parità di calibro, le granate sono più leggiere delle palle, cioè il rapporto

(in cui p è il peso del proietto in kg. e a è il calibro della bocca da fuoco in decimetri) si sceglie inferiore a 16, che viene ritenuto per le palle un optimum desiderabile. Per ragioni, però, di pratico impiego a bordo si tende a ottenere granate che abbiano peso e caratteristiche balistiche identiche a quelle delle palle dello stesso calibro, in modo che possano essere promiscuamente impiegate senza dover cambiare gli elementi del tiro.

Caratteristica principale delle palle sarà quella di avere corpo robustissimo a detrimento della capacità della camera interna destinata a contenere la carica di scoppio. La percentuale di peso del proietto adibita a tale carica non supera il 3% e in genere si aggira intorno all'1,5%. Particolarmente robusta dev'essere l'ogiva, destinata a reggere il cimento poderosissimo dell'urto contro la corazza senza rompersi, o, per lo meno, senza presentare fratture tali da mettere allo scoperto la carica di scoppio. Per ottenere lo scopo, da molti anni tutte le marine hanno applicato sull'ogiva del proietto una speciale protezione in acciaio di forma grossolanamente troncoconica, chiamata cappuccio.

È assai difficile definire quali siano la funzione e il comportamento del cappuccio nell'azione contro la corazza; non vi ha dubbio però che l'adozione di esso ha portato un reale vantaggio nella perforazione. L'incertezza suddetta ha portato con sé anche una netta divisione di tendenze, non solo circa la forma del cappuccio, ma anche circa la qualità di acciaio di cui dev'essere costituito. Vi è la tendenza per i cappucci di acciaio dolce, che ripete la sua origine dalla supposizione che il cappuccio serva per così dire da lubrificante e da decementatore della superficie della piastra di corazza, e vi è quella per i cappucci di acciaio durissimo destinati in tal caso a servire da utensile vero e proprio. Per ora sembra che quest'ultima scuola abbia la preferenza.

In genere la palla con cappuccio non ha tagliavento, ma nulla vieta che lo possa avere, come in alcuni proietti di tipo più recente.

La spoletta della palla è naturalmente posteriore e costituisce di questo tipo di proietto uno degli elementi più interessanti, appunto perché dev'essere in condizione di provocare l'accensione della carica di scoppio con un ritardo, rispetto all'istante dell'urto, proporzionale al tempo necessario alla perforazione. Il problema è di difficilissima soluzione, tanto che finora ci si è accontentati di avere un ritardo fisso in tempo e prestabilito, che può variare a seconda del calibro e del bersaglio possibile, ma non può essere modificato dopo che la spoletta è stata costruita e applicata.

In questi ultimi tempi però gli studî di una spoletta a ritardo cosiddetto automatico hanno preso nuovo vigore sia in Italia sia all'estero, e vi è motivo di ritenere che la soluzione pratica non sia troppo lontana.

Il peso della palla è in genere, a parità di calibro, superiore a quello della granata (un rapporto ottimo, come si è detto, viene ritenuto quello in cui p/a3 = 16).

La palla è naturalmente il proietto preferito per i grossi calibri e la granata per quelli piccoli. I medî calibri vengono equamente suddivisi nei due tipi di proietto.

Le condizioni del trattato di Washington hanno, come si è detto, favorito il sorgere di un proietto speciale (palla e granata insieme), e precisamente una granata con carica di scoppio inferiore al normale, ma superiore a quella della palla (fra il 3% e il 5% del peso), cappuccio, ogiva robusta, ecc. Questo proietto cosiddetto unico esiste presso varie marine, ma solo per alcuni calibri medî. Deve però sempre essere ricordato che esso va impiegato solo contro determinati bersagli. In altri casi dovrà essere considerato come una vera e propria granata perforante. Esso, appunto perché frutto di un compromesso, è di difficilissima costruzione.

Oltre le granate e le palle esistono poi tipi speciali di proietto, tra i quali vanno ricordati soprattutto i proietti illuminanti, destinati di notte a illuminare il bersaglio contro il quale si deve sparare senza che da quest'ultimo si possa vedere la nave che spara. Sono proietti molto costosi, che funzionano con spoletta a tempo, la quale provoca l'accensione di una piccola carica di scoppio destinata unicamente a rompere il proietto e permettere la fuoruscita di un fuoco di bengala bianco munito di paracadute. Il bengala si accende anch'esso all'atto dello scoppio e scende poi lentamente in acqua, impiegando nella discesa, dalla quota normale e utile per una buona illuminazione, dai 30 ai 40 secondi. La potenza illuminante dei bengala è veramente notevole se si pensa che si tratta per alcuni calibri di milioni di candele.

Non si conoscono proietti illuminanti per cannoni di grosso calibro, e d'altro canto non ne sarebbe nemmeno logico l'impiego. A tale proposito gioverà ricordare che per agevolare la possibilità di dirigere il tiro di notte i proietti ordinarî (in genere granate) sono muniti di un artificio applicato posteriormente, che prende fuoco a qualche centinaio di metri di distanza dalla bocca del pezzo e viene chiamato codetta. Questa codetta fa sì che il proietto diventa un punto luminoso la cui traiettoria di notte è perfettamente visibile. Analoghi provvedimenti sono stati presi per i proietti delle mitragliatrici (proietti fumogeni e proietti traccianti).

Sono impiegate a bordo anche bombe di dimensioni abbastanza notevoli, lanciate come proietti. Il loro compito è esclusivamente antisommergibile: possono essere lanciate a brevissima distanza (poche decine di metri) a mezzo di speciali lanciabombe, o anche a distanze più notevoli (qualche migliaio di metri) per mezzo di mortai.

L'esplosivo. - Ne esistono due grandi categorie e cioè: esplosivi di lancio ed esplosivi dt scoppio.

I primi sono destinati a provocare la fuoruscita del proietto dalla bocca del pezzo e, date le difficoltà di conservazione a bordo in locali completamente chiusi e a temperature talvolta elevate a causa della vicinanza degli apparati motori, devono presentare caratteristiche molto notevoli di stabilità e di sicurezza per la conservazione (20 anni per lo meno per le marine meno ricche e che non possono rinnovare troppo spesso le loro dotazioni di polveri) e per la costanza di effetti. Occorre tenere anche conto del fatto che, contrariamente a quanto avviene a terra, a bordo le polveriere devono essere una cosa sola con la nave e con i suoi uomini e non possono essere prese misure di sicurezza basate sulla distanza e sull'isolamento.

Oltre a ciò, mentre occorrono velocità iniziali elevatissime (1000 metri al secondo sono ormai considerati normali) e quindi pressioni altissime (dell'ordine dei 3000 kg. per cmq.), le usure delle armi debbono essere limitate quanto più è possibile, e quindi la temperatura durante l'esplosione non deve assurgere a valori troppo elevati. Occorre poi limitare, per evidenti necessità, la quantità di fumo prodotta dalla combustione e quindi avere polveri impropriamente dette "senza fumo", che dovrebbero invece essere chiamate "con poco fumo".

L'antica polvere da sparo (miscuglio di carbone, salnitro e zolfo) è ora perciò completamente abbandonata e relegata al semplice compito di artificio di accensione o miccia. Sono invece in servizio le polveri alla nitroglicerina che, a patte le infinite sottovarietà destinate a scopi speciali, si dividono in due grandi classi: balistiti e corditi. Le due classi differiscono fra loro per il diverso rapporto fra i due componenti, che sono, per entrambi i tipi, nitrocellulosa e nitroglicerina. Precisamente le balistiti hanno una maggior percentuale di nitroglicerina (circa il 50%) rispetto alle corditi (circa il 23%). Le prime sono meno stabili e sviluppano temperature più elevate; sono però di rapida produzione e di minor costo. Le corditi hanno bisogno di stagionatura e sono più costose; nonostante cib sono preferite a bordo.

Gli esplosivi di scoppio, detti anche alti esplosivi, sono di svariatissimi tipi, ma i principali sono quelli derivanti dal toluene o dall'acido fenico, ambedue uniti con l'acido nitrico. Gli esplosivi del primo gruppo sono quelli preferiti per il munizionamento navale (tritolo o trinitrotoluene) perché, pur essendo leggermente meno potenti del secondo e di fabbricazione più costosa, lunga e fatta con materie più rare, hanno la proprietà di essere chimicamente stabili al massimo grado e soprattutto di essere insensibili agli utti, dimodoché possono essere impiegati in cannoni fortemente caricati. Gli esplosivi del 2° gruppo (acidi picrici chiamati anche con varî nomi, secondo i paesi, pertiti, meliniti, lydditi, ecrasiti, ecc.), per quanto abbiano le proprietà più sopra accennate non sono normalmente usati a bordo. Così pure non sono più usate le miscele con nitrato ammonico, alluminio, carbone, ecc. (ammonali), che hanno proprietà simili al tritolo, ma sono igroscopiche.

Altri esplosivi, come il fulminato di mercurio, l'azotidrato d'argento, ecc., potentissimi ma non impiegabili in masse di una certa entità, vengono usati solo per piccolissime cariche destinate a provocare l'accensione di altre cariche (inneschi).

Le cariche di lancio possono venire introdotte dentro il cannone: o racchiuse dentro semplici sacchetti di tela (cartocci) o dentro recipienti di ottone stirato detti bossoli. Vel primo caso con la partenza del colpo viene a scomparire ogni traccia della carica, nel secondo il bossolo viene quindi estratto e può, dopo ricalibrato, servire per altre cariche.

I cannoni che impiegano il cattoccio si dicono a caricamento ordinario, gli altri a caricamento rapido. Per i calibri minori il bossolo porta applicato alla sua estremità anteriore anche il proietto, formando la cosiddetta cartuccia.

In genere per i cannoni di piccolo calibro tutte le marine impiegano la cartuccia, che è di conservazione e trasporto sicuro e rapido e di caricamento rapidissimo. Per quelli di medio calibro viene in genere usato il solo bossolo, non potendo la cartuccia essere utilmente impiegata a causa del suo peso eccessivo. Per i medî calibri maggiori, e per i grossi calibri, le tendenze sono molto divise; alcune marine preferiscono il cartoccio, altre il bossolo. In genere però sembra preferibile per i cannoni di grosso calibro il primo sistema, benché meno sicuro del secondo, per il fatto che i bossoli costituiscono un ingombro notevole e hanno anche un costo molto forte.

Le cariche di lancio, se fanno relativamente poco fumo, dànno però fiammate che di notte sono visibilissime a grande distanza e consentono perciò d'individuare la nave che spara, inoltre esse abbagliano il personale dei pezzi. A evitare questo pericolo sono stati aggiunti alla normale carica piccoli sacchetti di cloruro potassico per il quale la vampa viene grandemente ridotta, mentre non viene quasi affatto alterata la capacità esplosiva. Queste cariche, che per le navi minori sono impiegate in guerra anche di giorno, vengono indicate col simbolo V. R. (V. anche esplosivi).

Artifizî d'accensione. - Sono quelli destinati a provocare l'accensione delle cariche di lancio (cannelli, inneschi) e delle cariche di scoppio (spolette).

Per il primo tipo di artificio non vi sono sostanziali differenze fra munizionamento navale e terrestre, salvo per quanto riguarda il sistema d'accensione, che, come si è detto nelle generalità, per il munizionamento terrestre è dato quasi sempre dalla percussione di una massa battente. Il funzionamento a percussime è però difficilmente contemporaneo quando si tratti di farlo verificare in parecchie bocche da fuoco insieme riunite, come in molti casi si deve ottenere su navi da guerra. Per questo motivo parecchie marine usano provocare l'accensione della capsula dell'innesco facendo arroventare dalla corrente elettrica un ponticello di platino immerso nella mistura fulminante del cannello. ln tal modo la mistura stessa si accende e provoca la fiammata capace di trasmettere la combustione all'apposita carichetta e di qui alla carica di lancio.

Per quanto riguarda le spolette, il munizionamento navale adopera tre tipi fondamentali: a) spolette solo a percussione; b) spolette solo a tempo; c) spolette a tempo e percussione.

Il tipo a) è simile a quello usato per il munizionamento terrestre. Le spolette si applicano all'ogiva dei proietti e precisamente delle granate dirompenti.

Sono invece nettamente distinte quelle che si applicano al fondelln del proietto e che servono quindi per le granate perfnranti e per le palle. Dette spolette hanno, oltre a dispvsitivi speciali di sicurezza, come quelle di ogiva, per evitare un funzionamento prematuro dell'artificio, un particolare sistema finora generalmente pirico per far ritardare lo scoppio del proietto finché non abbia attraversato l'ostacolo.

Come si è detto altroie, le ricerche si appuntano sulla possibilità di ottenere che il ritardo sia automatico e variabile con il tempo di perforazione, anziché fisso.

Per il tipo b) le spolette, che possono essere del tipo a miccia (piriche) o ad orologeria (meccaniche), non differiscono da quelle impiegate nel munizionamento terrestre. Le spolette a tempo sono usate a bordo solo per le artiglierie contro aerei e per i proietti illuminanti.

Per il tipo c) le spolette, che possono ugualmente essere piriche e meccaniche, sono particolarmente adatte per il munizionamento navale, inquantoché, come si è già avuto occasione di dire, solo a bordo si può considerare la convenienza di avere per alcuni cannoni, sempre di medio o piccolo calibro, un tipo di munizionamento adatto per essere impiegato indifferentemente contro bersagli aerei o navali naturalmente di scarsa resistenza. Queste spolette, che sono anche dette a doppio effetto, non sono di realizzazione molto semplice; tuttavia si trovano comunemente in servizio nelle varie marine.

Munizioni aeree.

Munizioni delle mitragliatrici per aeronautica (v. anche mitragliatrice). - Le munizioni delle mitragliatrici installate a bordo degli aerei non differiscono, nei particolari, da quelle delle mitragliatrici a terra. Nel complesso del munizionamento, come per le mitragliatrici contro aerei, e a maggior ragione, si deve ritenere conveniente il largo impiego di proiettili traccianti, a scia luminosa ben visibile anche di giorno e contro la luce solare, per agevolare l'aggiustamento del tiro. Sono anche in uso proietti esplosivi incendiarî, producenti danni gravi anche alle parti degli aerei sulle quali il proietto ordinario non produce che innocue perforazioni: ciò che equivale ad aumentare la superficie utilmente vulnerabile del bersaglio e quindi anche la probabilità di metterlo fuori di combattimento. Proietti dotati di speciale potere perforante possono tornare utili qualora s'introducano nell'uso aeroplani con parti protette da coperture di qualche resistenza.

Munizionamento di caduta (v. anche aeronautica: I, pp. 615-616). - Come quello delle artiglierie, presenta varî tipi di bombe, adatte alle svariate caratteristiche degli obiettivi che possono esser sottoposti a un'azione di bombardamento aereo. Per le distruzioni, oltre alle bombe di demolizione, di grande capacità e quindi di grande rendimento in esplosivo, e che raggiungono in qualche modello pesi rilevantissimi (800-1000 kg. in America), sono previste bombe mina perforanti, costruite, come le palle per le artiglierie, in modo da poter attraversare coperture di speciale resistenza e scoppiare solo nell'interno dei locali da queste protetti, oppure di poter penetrare profondamente in masse di calcestruzzo, ecc., prima dello scoppio, di cui si rendono così più efficaci gli effetti di mina. A queste debbono aggiungersi le bombe incendiarie, nelle quali si utilizzano ora le proprietà delle termiti e delle leghe di magnesio. Contro il personale e le masse di truppe sono assai appropriate hombe ad azione proiettiva di schegge e pallette (a mitraglia), bombe ad azione tossica, e infine bombette, spezzoni, di piccolo peso, da impiegarsi in gran numero, specialmente a volo rasente. Contro il naviglio, sia di superficie sia sommergibile, oltre l'ordinario siluro navale, si prevedono bombe di speciali caratteristiche, in fatto di innescamento, per assicurare lo scoppio sia a percussione, sia a una certa profondità sotto il livello dell'acqua, e quindi aumentare le probabilità di danneggiare il bersaglio, anche se non è dirt. ttamente colpito. Contro altri aerei si mostrerebbero convenienti bombette a tempo da sganciarsi in serie o in gruppi numerosi sulle formazioni nemiche volanti a quota più bassa.

Forma e costituzione. - Il corpo delle bombe ha in genere forma di buona penetrazione, ed è, per lo più, costituito da una parte cilindrica, con un'ogiva anteriore e un fondello emisferico, o piano. La forma a sigaro serve in casi speciali. Il corpo è formato sempre da materiale ad alta resistenza, per lasciare, a parità di peso totale, maggior volume disponibile per la carica di scoppio. L'impennaggio è tenuto leggiero, compatibilmente con la resistenza necessaria, ed è costituito da alette, in genere 4, disposte secondo piani passanti per l'asse della bomba e limitate secondo la superficie cilindrica del corpo; talvolta esse sono collegate alla parte posteriore da un cerchio o altro, a scopo di rinforzo. L'impennaggio può anche essere utilizzato per modificare la traiettoria della bomba, e precisamente ad aumentare la resistenza dell'aria (quando ciò sia necessario per scopi particolari di funzionamento) con l'aggiunta di superficie trasversali; le alette possono anche avere andamento elicoidale, quando sia necessario imprimere alla bomba un movimento di rotazione.

Innescamento. - Per ogni tipo di bomba, come del resto per ogni tipo di proietto in genere, gli effetti dipendono in gran parte da un conveniente innescamento, e cioè dalla spoletta e dalle successive gradazioni di inneschi, che debbono determinare la detonazione franca e totale della carica nel momento più opportuno, secondo il genere e la disposizione del bersaglio.

Così appunto, oltre alle spolette a percussione, fondate sugli stessi principî di quelle per i proietti d'artiglieria, con o senza ritardo, debbono considerarsi le spolette a quota fissa o a precessione, per ottenere lo scoppio a una determinata altezza sul suolo; queste spolette, di cui è però piuttosto difficile la realizzazione, troverebbero utile impiego con le bombe a mitraglia e con quelle ad azione tossica, per le quali è conveniente che lo scoppio avvenga fuori del terreno per evitare l'interramento degli elementi attivi che resterebuero così inutilizzati, e ad altezza non molto grande per evitarne la dispersione nell'aria. Così pure, per le bombe antinavi, sono da considerarsi le spolette di profondità, che possono essere basate su diversi principî: per esempio la lunghezza di un cavetto che si svolge da un galleggiante il quale si separa dalla bomba all'atto della caduta in acqua, oppure l'utilizzazione della pressione idrostatica o dell'azione idrodinamica. Per quanto riguarda le spolette a tempo è da notate che l'irregolarità di funzionamento propria delle spolette a miccia in genere quando debbono, come avviene in particolar modo nel tiro di caduta, attraversare strati d'aria con pressione atmosferica molto variabile, fa ritenere più convenienti le spolette ad azione aerodínamica, le quali funzionano, invece che dopo un determinato tempo, dopo un determinato percorso.

Per certi tipi di bombe senza impennaggio, bombette, spezzoni, ecc.. sono da impiegarsi le spolette sensibili agli urti laterali, dette anche spolette miqersnli (tipo Olergon).

La costituzione e la disposizione dei detonatori deve anche essere particolarmente studiata, per assicurare l'esplosione franca delle grandi cariche di scoppio che assumono generalmente la forma molto allungata caratteristico della bomba, e specialmente di quelle di grosso calibro: in genere i detonatori sono disposti al centro della carica, applicati alla spoletta mediante lunghi tubi, che danno, alle spolette per bombe, unu forma esterna caratteristica. Spesso, per le bomhe più lunghe, si applicano due spolette con detonatori, una d'ogiva e una di fondello.

I dispositivi di sicurezza delle spolette per bombe differiscono alquanto da quelli per spolette dei proietti di artiglieria, perché nel tiro di caduta viene a mancare la forza d'inerzia e la forza centrifuga a cui detti proietti sono sottoposti per effetto delle fortissime accelerazioni alla partenza del colpo e del movimento di rotazione dovuto alla rigatura.

La sicurezza nel maneggio e nel trasporto a terra è quindi assicuratä per lo piu̇ per mezzo di traversini o di forcelle che tengono immobilizzato il percuotitorio e che si tolgono a mano nel momento di applicare le bombe all'apparecchio, oppure sono collegati con funicelle o cavetti all'apparecchio stesso dopo l'applicazione in modo da determinare l'estrazione automatica quando la bomba viene sganciata.

La sicurezza d'impiego, che mira a evitare scoppi accidentali in vícinanza dell'apparecchio, sia quando le bombe sono ancora applicate, sia dopo ln sgancio, è ottenuta in genere con sistemi ad elica; questa si libera all'atto dello sgancio, e soltanto dopo un determinato percorso. le parti mobili della spoletta si svincolano e ne permettono il funzionamento al momento voluto.