municipium Nell’età repubblicana (dalla metà del 4° sec. a.C.), la città assoggettata a
Con la concessione della cittadinanza ai soci italici (90 a.C.), il regime municipale si estese anche alle città federate; i nuovi m. ebbero un’organizzazione uniforme: il quattuorvirato, un collegio in cui due membri esercitavano le funzioni giurisdizionali, gli altri due quelle amministrative. Nell’età imperiale avvenne la fusione tra i m. propriamente detti e le colonie sotto il nome unico di universitates, e decadde progressivamente l’autonomia municipale, mentre si accrebbe l’ingerenza del potere centrale.
Nelle province l’organizzazione municipale restò ignorata sino alla fine della Repubblica: vi erano le antiche città sovrane, con larga autonomia, ma straniere, e la massa dei sudditi (dediticii) privi di organizzazione cittadina. Concessa a tutti gli abitanti dell’Impero la cittadinanza romana con la costituzione di Caracalla del 212 d.C., le città peregrine si avvicinarono alle italiche in quel processo che tese a livellare l’Italia e le province sotto il dispotismo imperiale. Le città ebbero un proprio senato (curia) che nominava i magistrati, duumviri. Era tuttavia una parvenza di libertà: la reale funzione della curia era quella di designare i cittadini capaci di assumersi il rischio della percezione di imposte e oneri; mentre la magistratura dei duumviri, priva di giurisdizione contenziosa, si limitava alla registrazione degli atti. Accanto al curator civitatis, preposto all’amministrazione finanziaria, vi era il defensor plebis o civitatis, con giurisdizione civile e criminale nelle cause di minore importanza.