PALESTINESE, MOVIMENTO

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1979)

PALESTINESE, MOVIMENTO

Francesco Cataluccio

. Al momento della proclamazione dello Stato d'Israele il 14 maggio 1948 e della guerra araboisraeliana che subito ne seguì, decine di migliaia di Palestinesi arabi abbandonarono il territorio controllato dagl'Israeliani, rifugiandosi nei paesi arabi confinanti. Alla fine della guerra, nonostante la risoluzione votata dall'Assemblea dell'ONU l'11 dicembre, il governo israeliano non consentì il ritorno ai circa 400.000 profughi. Il numero di questi peraltro aumentò di altre 350.000 unità in seguito all'ulteriore estensione del territorio israeliano prodotta dalle vicende di quella guerra, e si accrebbe ancora, nei due decenni successivi, in parte per crescita naturale e in parte per le nuove conquiste israeliane nella guerra del giugno 1967. Al 30 giugno 1972 la popolazione arabo-palestinese raggiungeva la cifra complessiva di 3.457.000, di cui 1.506.140 profughi sistemati in cinquantatré campi e assistiti dall'"Agenzia delle Nazioni Unite di Assistenza e di Lavoro per i Rifugiati della Palestina nel vicino Oriente" (UNRWA) creata l'8 dicembre 1948.

Dopo due-tre anni di smarrimento, gruppi di intellettuali palestinesi verso il 1952-53 avviarono i primi tentativi di politicizzare le masse di rifugiati con prospettive di lotta per l'affermazione del proprio diritto nazionale sulla terra d'origine; essi furono incoraggiati anche da alcuni governi arabi, come quelli egiziano e siriano, che si rendevano conto della forza propagandistica anti-israeliana, in seno all'opinione pubblica internazionale, di un impegno palestinese degli Arabi più direttamente interessati. Sorsero così sezioni palestinesi presso i partiti di sinistra - l'"Organizzazione dell'Avanguardia della Guerra popolare di Liberazione" (SAIKA) presso il Baath siriano, il "Fronte di liberazione arabo" presso il Baath irakeno -, a Beirut il "Movimento nazionalista arabo", nel Kuweit per iniziativa di Yāsir ‛Arafāt l'al-Fatāḥ (v.), che attrasse diversi membri dell'"Unione degli studenti palestinesi" già sorta al Cairo. Il processo organizzativo si sviluppò dopo la guerra arabo-israeliana del 1956 e approdò nella decisione della conferenza dei capi di stato arabi del 13-16 gennaio 1964 al Cairo, di mettere il popolo palestinese in condizione "di svolgere la sua parte nella liberazione della propria patria e nella soluzione del proprio futuro": il palestinese A. Shukeirī preparò un progetto di "Patto nazionale palestinese" che un primo Congresso nazionale palestinese, riunito dal 28 maggio al 2 giugno dello stesso anno nella città vecchia di Gerusalemme, approvò dando vita all'"Organizzazione per la Liberazione della Palestina" (OLP). Il 1° gennaio 1965 l'al-Fatāḥ affidò alla sua sezione militare appena costituita, l'al-Assifah, la prima azione di sabotaggio in territorio israeliano.

La volontà di reazione del nazionalismo palestinese s'inasprì dopo l'"umiliazione" araba nella guerra con Israele del giugno 1967. La misero in rilievo anzitutto le numerose crisi all'interno delle singole organizzazioni di lotta per contrasti sulla strategia e sulla tattica da seguire, risolte con scissioni e sottoscissioni, come fu il caso soprattutto del "Movimento nazionalista arabo", dalla cui crisi emersero il "Fronte popolare di liberazione della Palestina" (G. Habache), il "Fronte democratico popolare di liberazione della Palestina" (N. Hawatmeh) e l'"Organizzazione palestinese araba" (A. Zaarour), e con la formazione di nuovi gruppi: il "Fronte di liberazione della Palestina" (A. Jebril), il "Fronte popolare di liberazione della Palestina-Comando generale", il "Fronte della lotta popolare palestinese", gli Anṣār, fino al più recente "Settembre nero". Un certo coordinamento di sforzi fra gruppi e gruppuscoli si ebbe quando l'OLP, cui tutti aderivano, nel luglio 1968 passò, dopo che il 24 dicembre 1967 era stato estromesso Shukeirī, sotto il controllo di al-Fatāḥ e del suo capo ‛Arafāt. Ma tale volontà giunse a conseguenze estreme con una serie di scontri in Israele, sia in operazioni difensive (battaglia di Karameh del 31 marzo 1968), sia in azioni di guerriglia, con atti di sabotaggio contro aerei civili e uffici israeliani all'estero, con dirottamenti di aerei. Alcune di tali azioni, come l'attacco al villaggio israeliano alle Olimpiadi di Monaco di Baviera il 5 settembre 1972 e l'attacco alla scuola israeliana di Maalot il 15 maggio 1974, impressionarono vivamente l'opinione pubblica mondiale. Poiché Israele rispose alla guerriglia palestinese con rappresaglie dirette a colpirla nei centri di partenza più attivi, nel Libano e in Giordania, dando ad esse anche un carattere punitivo per i due paesi che oggettivamente favorivano la guerriglia stessa col loro atteggiamento passivo verso l'attività dei gruppi di fedayn, i governi di Beirut e Amman, non disposti a far le spese dell'ideale di liberazione nazionale palestinese, entrarono spesso in urto con il movimento palestinese. Nel re di Giordania Ḥusein si aggiungeva il timore che la riconquista della patria palestinese da parte dei profughi potesse avere come prezzo per lui la perdita del trono. La più grave delle crisi fra governo libanese e fedayn si verificò nell'aprile-ottobre 1969, il più duro attacco di Ḥusein, a carattere di annientamento, nel settembre 1970.

Dopo la guerra arabo-israeliana dell'ottobre 1973 l'OLP e ‛Arafāt raggiunsero due importanti vittorie diplomatiche: da parte araba, mentre la conferenza al vertice di Algeri del novembre 1973 riconobbe l'OLP come "il solo rappresentante legittimo del popolo palestinese", il successivo "vertice" di Rabat dell'ottobre 1974 affermò il diritto dell'OLP a costituire un'entità indipendente su tutti i territori palestinesi che sarebbero stati liberati; da parte internazionale, una risoluzione dell'Assemblea dell'ONU del 22 novembre 1974 - dopo che il 19 precedente l'Assemblea aveva ascoltato in una seduta solenne un discorso di ‛Arafāt - proclamò il diritto del popolo palestinese all'autodecisione e all'indipendenza e riconobbe nel popolo palestinese "una parte principale dell'impostazione d'una pace giusta e durevole nel Medio Oriente", e una seconda risoluzione gli accordò lo statuto d'osservatore permanente. Da questo successo l'OLP trasse l'avvio per porre con maggiore insistenza in seno al mondo arabo e sul terreno internazionale il problema dei diritti del popolo arabo palestinese a costituire uno stato in una parte della Palestina. Quando, nel novembre 1977, il presidente egiziano Sadat prese l'iniziativa d'un dialogo diretto con il governo israeliano, con il gesto spettacolare di recarsi a Gerusalemme e di prendere la parola davanti al Parlamento d'Israele, le varie correnti della resistenza palestinese, tutte contrarie all'iniziativa egiziana perché convinte che la trattativa egizio-israeliana si sarebbe risolta a danno delle loro esigenze nazionali, si riavvicinarono, suggellando la loro intesa, il 3 dicembre, a Tripoli. Nel 1978 il movimento ha partecipato alla sanguinosa lotta nel Libano, combattuto dalle milizie maronite e ostacolato dalle forze di dissuasione araba capeggiata dalla Siria.

Bibl.: Autori vari, La lotta del popolo palestinese, Milano 1969; M. Rodinson, Israele e il rifiuto arabo, Torino 1969; J. Landau, The Arabs in Israel, Oxford 1969; G. Challiand, La resistenza palestinese, Milano 1970.

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