MONTECASSINO

Enciclopedia Italiana (1934)

MONTECASSINO (A. T., 24-25-26 bis)

Vincenzo EPIFANIO
Mauro INGUANEZ

Caratteristica sporgenza calcarea, a SE. del M. Cairo (m. 1669), limitata a E. dal Rapido (affluente del Liri), a S. e a SO. dal solco in cui corrono la ferrovia e l'antica strada Napoli-Roma. La fama del monastero di S. Benedetto, che ne domina la sommità (m. 519), ha così strettamente legato il nome al sacro luogo, che a questo più che al monte si pensa quando viene ricordato. È scarsamente rivestito di querce e di ulivi. La strada carrozzabile, che sale da Cassino per 9 km. con numerose giravolte, prepara l'occhio allo spettacolo bellissimo che il monte offre dalla cima. Vivono lassù, tra l'abbazia e i suoi dintorni, poco meno di 250 persone.

L'abbazia di Montecassino. - L'abbazia come si presenta attualmente, eccetto qualche avanzo discutibile dell'epoca romana e del secolo XI, è stata costruita a varie riprese dopo il terremoto del 1349. All'epoca romana si attribuisce qualche punto del santuario o torre di S. Benedetto; del sec. XI, del secolo cioè dell'abate Desiderio, sono raccolti in un passaggio adiacente alla Loggia del Paradiso delle colonnine e dei frammenti architettonici di stile romanico, e immette ancora nella basilica aauale la porta di bronzo fusa a Costantinopoli nel 1066 e adattata per la chiesa nel sec. XII sotto l'abate Oderisio (1123-26), recante l'elenco dei possedimenti cassinesi in quei secoli.

Attualmente, in quanto ad arte, interessano i chiostri, la basilica, la cripta, il capitolo, la torre di S. Benedetto, il grande refettorio e la sala della mostra. Dei tre chiostri inferiori il centrale fu costruito nel secolo XVII, i laterali sono del principio del sec. XVIII. Un grandioso scalone mette capo all'antiportico del chiostro della basilica conosciuto col nome di "chiostro dei Benefattori" del sec. XVI (ultimamente è stato attribuito ai Sangallo), ma modificato nei due secoli successivi. È adorno di 18 statue di papi e principi benemeriti della badia, tutte scolpite alla fine del sec. XVIII e al principio del XIX da varî scultori, tra cui Paolo Campi, il Le Gros, il Moratti, Lorenzo Ottoni.

La basilica fu cominciata a ricostruire su disegno di Cosimo Fanzaga nel 1649. Tutti gli affreschi della navata di mezzo sono di Luca Giordano, di cui è anche il grande quadro a olio sulla parete al disopra della porta, rappresentante la consacrazione della basilica di Desiderio, fatta da Alessandro II nel 1071; gli affreschi della cupola sono di Belisario Corenzio (alcuni rifatti da Pietro Paoletti nel 1830); quelli del coro di Carlo Mellin detto il Lorenese; quelli delle navate di Paolo De Matteis. Del Giordano sono molti quadri delle cappelle laterali, ma ad esse hanno lavorato anche il Mazzaroppi, il Solimena, il De Mura, il De Matteis, S. Conca. I quattro grandi quadri del coro sono del Solimena. Notevoli nella basilica l'altare del Sacramento, col tabernacolo in ottone dorato, disegnato dall'architetto Antonio Canevari ed eseguito da Antonio e Francesco Arighi, romani; il coro scolpito in legno (fine sec. XVII), su disegno di Alessandro Scappi da Senigallia; la prospettiva dell'organo, di Domenicantonio Colicci; il mausoleo di Pietro de' Medici, progettato da Antonio e Francesco da Sangallo, eseguito, sotto la loro direzione, dagli scultori Antonio detto Solesmeo, di Firenze, e Matteo de Quaranta, di Napoli; il mausoleo di Guido Fieramosca dello scultore Merliano da Nola, la sagrestia, con un ricco pavimento di musaico (rifatto con materiale del pavimento della basilica di Desiderio) e affreschi nella vòlta del Conca, e gli armadî scolpiti in legno da Gennaro Franzese nel 1749 su disegno di Paolo De Majo.

La cripta fu costruita nel 1545 e decorata con pitture di Marco da Siena. Ma le avarie subite dalle pitture per cause dell'umidità fecero sentire il bisogno di restaurarla. Fu rifatta completamente da artisti monaci benedettini della scuola di Beuron (v.), sotto la direzione di D. Desiderio Lenz, dal 1900 al 1913, con ricchi marmi nel pavimento e nelle pareti e musaici nella vòlta. La sala del capitolo, costruita nel sec. XVI, fu decorata nel 1745 e adornata nella vòlta con tre tele del De Majo, sulle pareti con dieci grandi tele del De Matteis e del De Mura. Il quadro tra le due finestre è del Mazzaroppi. La torre di S. Benedetto è la parte più antica del monastero, adornata tutta con pitture a tempera nel 1880 dagli artisti benedettini della scuola di Beuron. Nel grande refettorio, costruito nel 1569, vi è il grande quadro dei fratelli Da Ponte di Bassano, eseguito nel 1592 e rappresentante la moltiplicazione dei pani e la diffusione della Regola benedettina. Sulle pareti i bozzetti del Cavalier d'Arpino degli apostoli, riprodotti in musaico nella cupola di S. Pietro di Roma.

Nella sala della mostra si possono vedere dei saggi delle miniature e dei codici cassinesi, dal sec. VI al sec. XVI; dei libri corali miniati dai fiorentini Giovanni e Francesco Boccardi dal 1507 al 1523; molti lavori in rame e smalto (croci processionali, calici, reliquiarî) di scuola abruzzese; maioliche di Castelli; un postergale in legno (scuola cassinese del sec. XI-XII); un leggio (1514) del coro di Serrantoni da Firenze; un coro di Benvenuto Tortelli da Brescia (1558); un reliquiario smaltato del sec. XI, e molti quadri di varî autori (Caravaggio, Agostino Carracci, Andrea da Salerno, Luca Giordano, Cavalier d'Arpino, Solimena, De Mura, De Matteis, Pietro Novelli, Massimo Stanzione, ecc.).

V. tavv. CXXXIX e CXL.

Storia. - S. Benedetto di Norcia (v.), lasciando Subiaco con alcuni suoi discepoli, scelse a suo rifugio il colle dov'era l'antica arce di Cassino e due templi, uno di Giove l'altro di Apollo. Atterrò il bosco sacro ad Apollo, costruì sull'ara una cappella a S. Giovanni Battista, nel luogo dove era il tempio costruì un'altra cappella a San Martino di Tours, e adattò ad abitazione una vecchia torre, forse stanza del presidio romano. Fu il nucleo del primitivo monastero, intorno a cui sorsero ben presto altri edifizî, e in cui egli scrisse la sua celebre regola. S. Benedetto e la sorella S. Scolastica furono sepolti nell'oratorio di S. Giovanni Battista, che sorgeva isolato nella parte più alta del monte. Distrutto il monastero dai Longobardi, i monaci cercarono scampo a Roma (tra il 581 e il 589) dove vennero accolti da Pelagio II in un'abitazione presso il Laterano. Per tutto il sec. VII a Montecassino non vi furono che alcuni eremiti.

Li trovò nel 717 Petronace cittadino di Brescia, quando, seguendo il consiglio di Gregorio II, si ritirò a Montecassino, per cercarvi pacifica solitudine. Più tardi si aggiunse a lui e ai pochi eremiti il giovane anglo-sassone Willebaldo, già pratico di vita claustrale, e introdusse l'antica disciplina. Con l'aiuto dei papi Gregorio III e Zaccaria, Petronace ricostruì l'antico monastero. Vi affluirono subito molti nobili personaggi: Carlomanno, figlio di Carlo Martello, Ratchis, re dei Longobardi. Altri principi furono verso il monastero generosi di doni: Gisulfo II, duca di Benevento, nel 747 donò molte terre, che insieme con altri possedimenti dovevano formare più tardi la Terra Sancti Benedicti. In questo secolo fiorì a Montecassino Paolo Diacono.

L'abate S. Bertario (856-883) vede il monastero distrutto dai Saraceni venuti da Agropoli per invito di Docibile duca di Gaeta, e lascia la vita nel monastero di S. Salvatore (costruito a S. Germano dall'abate Gisulfo, 797-817) dove si era rifugiato con i suoi monaci, il z2 ottobre 883. Un piccolo drappello di monaci ripara a Teano, recando il codice autografo della regola, bolle, diplomi, privilegi, e sotto l'abate Angelario si ferma nel piccolo monastero di S. Benedetto. Neanche la dimora a Teano è sicura e pacifica; perché principi secolari spogliano i monaci del loro patrimonio e nell'896, sotto l'abate Ragemprando, un incendio riduce in cenere il monastero e distrugge il codice autografo della regola con molte bolle e privilegi.

I principi di Capua-Benevento, Landolfo I e Atenolfo II, nell'agosto del 914 fanno eleggere abate un loro parente, Giovanni, e la comunità si trasferisce a S. Benedetto di Capua. Si fermò là in una mezza ignavia, fino a che Agapito II, per consiglio di Oddone di Cluny, ordinò al principe Landolfo che i benedettini tornassero a Montecassino. Il ritorno a Montecassino ebbe luogo sotto l'abate Aligerno, eletto a Capua nel 949. Aligerno, uomo accorto e di larghe vedute, cominciò col rivendicare il patrimonio del monastero contro i signorotti usurpatori, costruì Rocca Ianula a cavaliere di Cassino, innovò il regime feudale con i placiti libellarî, patti tra l'abate e i coloni consistenti nel libero possesso delle terre per ventinove anni col corrispettivo della settima di biade e della terza di vino; rimise nell'antico vigore la disciplina monastica.

Il tristo governo di Mansone (986-96), che era stato fatto nominare abate dalla prepotenza di Aloara vedova di Pandolfo I Capodiferro, annullò quasi tutto il bene fatto dal predecessore; ma ci fa anche ricordare della fondazione di Roccasecca, la pretesa patria di S. Tommaso d'Aquino, e quella del piccolo monastero di S. Maria dell'Albaneta, vicinissimo a Montecassino, da parte del monaco Liuzio.

Gl'inizî del sec. XI furono procellosi per gl'intrighi politici dell'abate Atenolfo (1011-1022), figlio di Pandolfo II, principe di Benevento e Capua. Ma con l'abate Teobaldo (1022-35), eletto alla presenza di papa Benedetto VIII e dell'imperatore Arrigo II, si sentì il beneficio di un saggio e illuminato governo; col cardinale Federico, fratello di Goffredo di Lorena e Toscana (1057), poi papa Stefano IX, il monastero si avviò verso un periodo di grandezza politica, culturale e artistica che raggiunse pienamente sotto il governo di Desiderio (1058-1087), della stirpe dei principi di Benevento, anch'esso alla fine papa col nome di Vittore III. Desiderio rese la badia non solo un centro di cultura e di vita monastica, ma anche un monumento d'arte: rifece il monastero dalle fondamenta, costruì una basilica ampia e grandiosa che fu consacrata da Alessandro II il 1° ottobre 1071 e promosse ogni genere di studî e di arti. Ebbero fama al suo tempo Alfano, arcivescovo di Salermo, perito in medicina e nelle arti liberali; il cardinale Alberico, autore dell'Ars dictaminis; Amato, scrittore della storia dei Normanni e poeta; Costantino Africano, autore e traduttore di diverse opere mediche; Leone cardinale d'Ostia, autore del Chronicon Casinense; Guaiferio poeta. Gli fu non indegno successore Oderisio (1087-1105), dei conti dei Marsi, che fece innalzare vasti edifici per gl'infermi e per gli ospiti, ma soprattutto appoggiò largamente con lettere ad Alessio di Costantinopoli e con altri mezzi la prima crociata.

Ottone dei conti di Fondi (1105-07) non ebbe un governo molto pacifico per le lotte tra papa e antipapa; Brunone (1107-11), già vescovo di Segni, per il suo santo zelo ebbe molti fastidî nella lotta tra Pasquale II ed Enrico V; Gerardo dei conti dei Marsi (1111-1123) lasciò nome di manesco e di guerriero. Durante il governo di quest'ultimo, il monaco cassinese Giovanni Coniulo, nativo di Gaeta - per opera del quale fu introdotto molto probabilmente nella Curia romana il Cursus ritmico - fu papa col nome di Gelasio II (1118-1119). Fiorirono in questo secolo Alberico, autore della celebre Visione d'oltretomba, e Pietro Diacono, poeta, poligrafo e continuatore del Cronicon di Leone Ostiense. Con Senioretto (1127-1137) e con gli altri che seguirono per tutto il secolo, il monastero attraversò un periodo turbolentissimo per le lotte tra papi, antipapi e Normanni.

La politica attivissima cominciata dall'abate Roffredo dell'Isola (1188-1210) negli ultimi anni del sec. XII in favore di Enrico VI di Svevia, continuò anche sotto gli abati Adenolfo (1211-1215) e Stefano Marsicano (1215-1227), sia per favorire Federico II, sia per proteggere i papi, con grave scapito dell'abbazia; la quale ebbe a soffrire molestie dagl'imperiali e dai pontifici, fino a che Federico ne fece una fortezza e ne scacciò i monaci: tra costoro fu anche il giovinetto alunno Tommaso d'Aquino, che si rifugiò a Napoli e probabilmente frequentò in quell'università la scuola di teologia del monaco cassinese Erasmo. Il monastero risorse con l'abate Bernardo Ayglerio nativo di Lione (1263-1282), che ebbe l'appoggio di Carlo d'Angiò e poté dare assetto al patrimonio cassinese, e ripopolare il monastero di monaci. Il sec. XIII finisce con un tentativo di Celestino V di tramutare i cassinesi in celestini, ordine da lui fondato.

Col sec. XIV comincia un'epoca disastrosa per l'abbazia. Giovanni XXII da Avignone nel 1321, ordinava che l'abbazia fosse cattedrale, l'abate vescovo e i monaci canonici. E gli abati vescovi, a cominciare dal primo Oddone Sala, estranei o nuovi alle discipline monastiche, trascurarono gli affari spirituali e temporali dell'abbazia. Ne profittarono i vassalli; uno di essi Jacopo di Pignatario spadroneggiò un anno intero nello stesso monastero, e lo ridusse alle semplici mura che crollarono del resto per il terribile terremoto del 9 settembre 1349. Angelo della Posta (1357-62), cassinese, eletto vescovo da Innocenzo VI, riedificò, con la chiesa, un refettorio e un dormitorio per i monaci. Con papa Urbano V (1362-70) - che pur rimanendo ad Avignone volle essere lui abate di Montecassino, con bolla del 1366 chiamò tutti i monasteri a cooperare alla riedificazione dell'archicenobio, e con un'altra bolla del 1367 abolì gli abati vescovi - cominciò un nuovo rifiorire del monastero. Il camaldolese Andrea da Faenza (1369-73) costruì, fra l'altro, la cappella dedicata a S. Agata; Pietro de Tartaris (1374-95) fece progredire tanto le fabbriche della chiesa e del cenobio, che si poté pensare anche alla esecuzione di opere decorative; ma,, impigliatosi nella lotta tra il papa e Carlo di Durazzo, vide negli ultimi anni devastato il territorio abbaziale.

Con Enrico Tomacelli (1396-1413) e Pirro Tomacelli (1414-1442) Montecassino si dibatté nelle lotte tra papi, antipapi, Angioini, Durazzesi e Aragonesi; con Antonio Carafa (1446-1454) divenne un feudo della famiglia dell'abate. Comincia con la morte di costui il periodo disastroso degli abati commendatarî. Il card. Ludovico Scarampo (1454-1465), patriarca di Aquileia, più conosciuto per la sua bravura militare contro i Turchi, lasciò tuttavia memoria del suo governo per aver ampliato il cenobio di un altro dormitorio, di un peristilio e di una torre, e restaurato la cappella di S. Severo dai danni del terremoto del 1456. Gli successero: papa Paolo II (1465-71); il card. Giovanni d'Aragona, figlio del re Ferdinando I (1471-85); il card. Giovanni de' Medici (1486-1505), più tardi papa Leone X. Sotto il governo di quest'ultimo e di Piero de' Medici, nominato da Carlo VIII viceré dell'abbazia, gli Spagnoli, comandati dal gran capitano Consalvo, assaltarono l'abbazia; Piero morì annegato nel Garigliano; fu poi trasportato e tumulato nella basilica di Montecassino in un sepolcro costruito dal Sangallo.

A Consalvo si deve l'idea di unire Montecassino agli altri monasteri benedettini confederati che formavano la congregazione di S. Giustina di Padova, la quale, dal 1504 si chiamò Cassinese. Gli abati da ora in poi dureranno in carica tre anni, ma potranno anche essere riconfermati: ciò nonostante, forse per il rifiorire di tutte le arti che caratterizza l'Italia del Cinquecento, gareggeranno nel fare risorgere l'abbazia. Ignazio Squarcialupi di Firenze, che per tre volte nel periodo 1510-26 tenne la carica, fece costruire il dormitorio inferiore con le celle dei monaci e il chiostro attiguo, la grandiosa corte centrale, lo scalone che porta all'atrio superiore e l'atrio della chiesa; chiamò artisti fiorentini perché scrivessero e miniassero messali, antifonarî e salterî.

Nel priorato dell'Albaneta si ritira Ignazio di Loyola insieme con Pietro Ortiz, e sulla montagna di S. Benedetto rifioriscono le scienze, le arti e le lettere: sono, più che cassinesi, italiani i poeti Leonardo degli Oddi, Onorato Fascitello, Angelo de Faggis detto il Sangrino. L'abate Girolamo Scloccheto da Piacenza (1541-45) fece costruire sotto la basilica una cripta. Angelo de Faggis, già nominato, fu per tre volte abate dal 1559 al 1575, e fece costruire i portici del chiostro del Priore, quattro corridoi con le aule del capitolo, della biblioteca e della mostra, e i due dormitorî che guardano a oriente.

La dominazione spagnola durante il sec. XVII lascia in relativa tranquillità l'abbazia; si può quindi continuare nelle opere pacifiche. Durante il governo di Domenico Quesada da Napoli (1650-53) si procede alla costruzione della basilica, i lavori della quale, interrotti dalla prima guerra di successione e dalla discesa di truppe tedesche nel napoletano, si riprendono nel secolo successivo. Sotto l'abate Sebastiano Gadaleta (1725-31), la basilica può essere consacrata da papa Benedetto XIII il 19 maggio 1727. Continua per tutto il secolo una pace operosa, favorevole alle ricerche pazienti e agli studî eruditi. Erasmo Gattola (1662-1734) si rende celebre per studî di storia cassinese; i due fratelli Federici di Genova, Placido e Giovan Battista, riordinano l'archivio, e l'uno imprende a scrivere la storia dell'abbazia di Pomposa, l'altro pubblica quella dei duchi di Gaeta; Casimiro Correale da Sorrento scrive novantanove grossi volumi di un lessico biblico-ebraico-caldaico, ancora manoscritto. Soltanto alla fine del secolo, per opera dei soldati francesi del generale Championnet, l'abbazia fu poco meno che saccheggiata.

Il papa Pio VII, monaco cassinese di S. Maria del Monte di Cesena, fu largo di aiuti all'abbazia così rovinata. Giuseppe Bonaparte (1806) le assicurò l'esistenza, chiamandola "stabilimento" e affidandola alla custodia di cinquanta monaci i quali avevano l'incarico ufficiale della conservazione dei libri e dei documenti. Col ritorno della monarchia borbonica essa riebbe i suoi pieni diritti e parte delle sue rendite; in questo tempo esercitò anch'essa notevole influenza sull'educazione degli spiriti all'idea dell'unità nazionale. L'abate Luigi Tosti (1811-1897) è un nome che da solo vale a documentare un mirabile fervore d'italianità.

Nel 1866 anche Montecassino, per effetto della soppressione delle congregazioni religiose e dell'incameramento dei beni ecclesiastici, perdette la sua vita giuridica, ma l'operosità culturale e artistica non cessò: con il Tosti, il Caravita, il Piscicelli-Taeggi, il Quandel, l'Amelli, per dire solo dei maggiori, continuò a portare non disprezzabili contributi alla cultura dell'Italia risorta. Per il XIV centenario della nascita di S. Benedetto la parte più antica del monastero, la Torretta, fu rimessa in luce e dipinta dalla scuola d'arte benedettina di Beuron (1880). Sotto il governo dell'abate Bonifacio Krug (1897-1909), gli stessi artisti iniziarono (1900) il rifacimento della cripta, che fu poi consacrata sotto l'abate Gregorio Diamare.

La biblioteca di Montecassino è sorta al tempo della fondazione stessa del monastero; se ne ha una prova nel cap. 48 della Regola, scritta da S. Benedetto a Montecassino, ove è prescritto che i monaci durante la quaresima devono prendere codices de bibliotheca. Arricchita man mano con l'apporto di molti codici e la trascrizione di essi da parte dei monaci, la biblioteca ha poi subito le vicende dell'abbazia. oggi essa è rappresentata da quattro istituti: 1. l'archivio, con circa 2000 codici (inclusi i Regesti, Libri di conti, ecc.) e circa 40.000 pergamene; 2. la Biblioteca Monumentale, contenente le stampe in possesso dell'abbazia al tempo della legge di soppressione; 3. la Biblioteca Privata; 4. la Biblioteca Paolina, fondata nel 1899 in onore di Paolo Diacono dall'abate A. Amelli allora archivista, che contiene una buona collezione di opere di critica storica, con speciale riguardo naturalmente all'archivio cassinese. Il patrimonio dei libri somma attualmente a circa 100.000 volumi e 252 incunaboli.

All'opera del monachismo cassinese si deve la conservazione di numerose opere letterarie dell'antichità, fra le quali vanno ricordate: De lingua latina di Varrone, i libri XI-XVI degli Annales e i libri I e V delle Historiae di Tacito, le Metamorfosi o l'Asino d'oro e la Florida di Apuleio; il De metris horatianis di Servio, il De aquaeductis Urbis Romae di Frontino, l'orazione di Cicerone Pro Cluentio. In pergamene dell'archivio cassinese sono anche registrati i primi periodi volgari italiani (formule di testimonianza contenute in quattro placiti che vanno dal 960 al 963).

Congregazione cassinese.

Ebbe origine nel 1408 per opera dell'abate D. Ludovico Barbo da Venezia, nel monastero di S. Giustina di Padova. Il titolo De unitate seu de observantia S. Fustinae de Padua, con il quale era designata, si cambiò per ordine di Giulio II in quello di Congregatio Casinensis alias S.. Justinae de Padua, quando a essa si unì nel 1504 l'archicenobio di Montecassino. Il regime era composto da visitatori; il primo di essi era il Praeses Congregationis. Il capitolo generale si riuniva prima ogni anno, poi ogni due anni e dal 1681 ogni tre anni. Le cariche duravano da un capitolo all'altro. Per il disbrigo delle pratiche nella curia romana aveva e ha ancora a Roma un procuratore generale. Fino alla soppressione napoleonica facevano parte della congregazione cassinese ottanta monasteri divisi in provincie: Veneta, Lombarda, Ligure, Toscana, Romana, Napoletana e Sicula. Di essi basterà ricordare: Bobbio, S. Paolo di Roma, la Novalesa, S. Giacomo di Pontida, la Trinità di Cava, Ss. Sosio e Severino di Napoli, S. Martino di Palermo, S. Maria di Monreale, S. Nicola di Catania, Subiaco (che nel 1851 diede origine a un'altra congregazione), S. Maria di Firenze, ecc. Con bolla di Innocenzo XI, del 1687, fu eretto nell'abbazia di S. Paolo fuori le mura di Roma un collegio della congregazione, che prese il nome dal dottore della Chiesa e monaco benedettino, S. Anselmo. Attualmente i monasteri appartenenti alla congregazione sono: Montecassino, S. Paolo di Roma, la Trinità di Cava, tutti e tre abbazie nullius (v. abate), S. Martino di Palermo, S. Maria di Cesena, S. Pietro di Perugia, S. Giacomo di Pontida, S. Pietro di Assisi e S. Maria di Farfa.

Bibl.: Leone Ostiense e Pietro Diacono, Chronicon monasterii Casinensis, in Mon. Germ. Hist., script., VII, pp. 574-844; Annales Casinenses seu Anonymi Casinensis Chronicon, in Mon. Germ. Hist., Script., XIX, pp. 305-320; Riccardo di S. Germano, Chronica, ecc., ed. A. Gaudenzi, in Mon. Stor., ser. 1ª, Cronache, ed. a cura della Soc. Napol. di storia patria, Napoli 1888; E. Gattula, Hist. Abbatiae Cassinensis, Venezia 1733; id., Ad hist. Abbat. Cassin. Accessiones, Venezia 1734; L. Tosti, Storia della Badia di Montecassino, Roma 1888-1890; G. Falco, Lineamenti di storia cassinese dall'VIII all'XI sec., in Riv. stor. ital. XLVI (1929); M. Inguanez, L'opera conservatrice degli amanuensi cassinesi, Montecassino 1928; L. Barbo, Liber de initio et progressu Congr. Benedictinae S. Justinae de Padua, in Pez, Thes. Anecdotorum, II, iii, coll. 269-308; C. Margarini, Bullarium Casinense seu Constit. Summorum Pont., ecc., I, Venezia 1650; II, Todi 1670; B. Trifone, Compendium hist. Congr. Cassinensis, in Ann. Ord. S. Benedicti, 1909. Per le opere d'arte, A. Caravita, I codici e le arti a Montecassino, Montecassino 1869-1870; La cripta di Montecassino, Roma 1915; A. J. Rusconi, Montecassino (coll. Italia artistica, n. 100), Bergamo 1929; G. Giovannoni, Rilievi ed opere architettoniche del 500 a Montecassino, in Casinensia, Montecassino 1929, II, pagine 305-335. Cfr. anche D. O. Piscicelli-Taeggi, Paleografia artistica di Montecassino, Montecassino 1877-84; id., Le miniature nei codici Cassinesi, Montecassino 1888 segg.; E. Loew, The Beneventan script. A history of the South Italian minuscule, Oxford 1914.