BIANCO, MONTE

Enciclopedia Italiana (1930)

BIANCO, MONTE (A. T., 17-18-19)

Manfredo Vanni
Elio MIGLIORINI

Il monte più elevato delle Alpi e di tutta l'Europa; sorge nella parte più interna della Val d'Aosta, dove l'elevata cresta spartiacque alpina si ripiega, fra le Alpi Graie e le Pennine, le prime dirette da nord a sud e le seconde da ovest a est. Le valli della Dora, dell'Arve e del Rodano limitano, all'ingrosso, il massiccio, che a questi tre fiumi manda le abbondanti acque dei suoi ghiacciai. Più particolarmente, però, i limiti del Monte Bianco si possono considerare i seguenti. Partendo dal Colle della Seigne (2512), il limite è segnato dal solco della Val Veni, continuata dalla Val Ferret, in territorio italiano, sino al colle detto pure del Ferret (2543), oltre il quale il solco discende in territorio svizzero, col nome ancora di Val Ferret, e termina a Martigny, là dove il Rodano si ripiega in un brusco gomito, che si può considerare l'estremo nord del massiccio del Monte Bianco. Sul versante di nord-ovest, franco-svizzero, il limite è pure indicato da un chiaro solco che, da Martigny, risale la valle del Trient, sino al Col de Balme (2201), per continuare nella larga e piatta valle di Chamonix o dell'Arve, la quale limita il massiccio sino alla località di Le Fayet, dove il limite risale la valle di Bonnant, sino al Col du Bonhomme (2340), oltre il quale si segue la valle del Torrent des Glaciers, affluente dell'Isère, valle che porta di nuovo al colle della Seigne. Entro questi limiti il massiccio del Monte Bianco assume una forma a mandorla, con una lunghezza di circa 59 km., una larghezza variabile fra gli 8 e i 15 km., un perimetro di 125, e una superficie di circa 645 kmq. E, poiché i colli che lo limitano non superano i 2600 metri, il massiccio appare imponentissimo nella sua massa, specialmente se lo si osserva dal versante francese. I suoi pendii sono però dissimmetrici, poiché, mentre sul versante italiano le valli Veni e Ferret sono dominate da una ripida ed imponente muraglia, che sbarra e chiude la valle d'Aosta, nel versante francese il massiccio discende con più lenti pendii, dominanti, con svariate linee di creste rocciose e di solchi occupati da ghiacciai, la ricordata valle di Chamonix. Specialmente su questo versante il paesaggio e la morfologia appaiono più evidenti nella serie successiva delle zone in cui, sotto questo punto di vista, si suole suddividere il gigante delle Alpi. Dopo un primo tratto di parete, limitata da un'altitudine di 2300 metri, rispondente al limite della valle glaciale profondamente lisciata dai ghiacciai dell'epoca glaciale, i fianchi della montagna si aprono, formando una zona di terrazzi e di ripiani, solcati e incisi da profondi e lunghi canaloni nei quali rotolando precipitano le valanghe. Al di sopra di questa prima zona, e precisamente fra i 2600 e i 3800 m. circa, si ha la zona delle aguglie, quella dove l'erosione e la disgregazione meccanica, in tutta la loro potenza, demoliscono la dura roccia granitica, che si rompe in mille bizzarre forme variamente denominate aguglie, torri e denti, nelle quali la tenacia e l'audacia degli alpinisti acrobati sono messe a dura prova. Questo corteggio di aguglie si stende per tutto il massiccio e risuona di nomi celebri nella storia dell'alpinismo. Fra le molte cime più note sono: l'Aiguille du Midi (3843), l'Aiguille des Charmoz (3442), l'Aiguille du Grépon (2866) ed altre che dominano Chamonix e il grande ghiacciaio della Mer de Glace; l'Aiguille de l'Argentière (3907), l'Aiguille du Chardonnet (3822), le Aiguilles du Tour ed altre disposte lungo la cresta che segna il confine franco-svizzero; e, infine, dominanti il versante italiano, l'Aiguille des Glaciers (3834), l'Aiguille de Trélatête (3911)), l'Aiguille Noire de Péteret (3773), il Dente del Gigante (4013). Sopra a tutte queste cime si eleva l'altissima piramide del vero e proprio Monte Bianco, che appartiene a una terza zona situata oltre i 4000 m. e caratterizzata da cupole larghe e tondeggianti coperte di ghiacci e nevi (dômes). Alla sua calotta di ghiaccio e neve (il cui spessore ci è ignoto) il gigante delle Alpi deve certamente il suo nome e la variabilità della sua altitudine, che è ritenuta di 4807 e 4810 metri.

Il massiccio del Monte Bianco, dal punto di vista geologico, costituisce uno dei grandi nuclei o elissoidi centrali, che si allineano sul versante esterno delle Alpi, e sono limitati internamente dalla cosiddetta zona del Brianzonese, la quale, simile ad una sinclinale colmata da successivi sedimenti, divide questa serie di elissoidi più esterna da un'altra più interna, alla quale appartiene il massiccio del Monte Rosa. Il grande elissoide del Monte Bianco è, nella maggior parte, costituito da una roccia granitica detta protogino, attorno alla quale affiorano rocce scistose più recenti.

La disposizione relativa fra le varie stratificazioni ai due lati del massiccio ha portato i geologi alla conclusione che il Monte Bianco è una cupola protoginica, una vera batolite, a struttura anticlinale a ventaglio, la cui stratificazione verticale o fortemente inclinata ha per effetto la bizzarra dentellatura delle creste, le quali, dicemmo, si spezzano in denti, aguglie, torri dalle più varie forme.

Importanza grandissima ha, nel massiccio del Monte Bianco, il fenomeno del glacialismo: una calotta di neve e di ghiacci di circa 282 kmq. lo ricopre sino ad un limite inferiore di 3000 m., sotto al quale, a guisa di grandi fiumi, si allungano imponenti, numerosi e vasti ghiacciai, fra i più notevoli delle Alpi, avanzo, tuttavia, di una ben più vasta glaciazione che, nell'epoca glaciale, ricoprì il grande massiccio, alimentando apparati glaciali immensi già solcanti la valle dell'Arve e la valle d'Aosta. Attualmente, a causa della minore pendenza e delle più abbondanti precipitazioni nevose, più vasti e numerosi sono i ghiacciai che discendono sul versante francese rispetto a quelli che discendono su quello italiano. Sul primo i ghiacciai ricoprono una superficie di circa 162 kmq: i più notevoli sono quelli di Trélatête (9 kmq.), di Bionnassay (6 kmq.), dei Bossons (9 kmq.), della Mer de Glace (costituito dalla riunione dei quattro grandi ghiacciai di Talèfre [12,5 kmq.], di Leschaux [12 kmq.], della Vallée Blanche 113 kmq.], del Gigante [14,5 kmq.]), e, più a nord, il ghiacciaio d'Argentière (10 kmq.). Sul versante italiano più importanti sono i ghiacciai del Miage (8 kmq.), della Brenva (7 kmq.), di Triolet (4,5 kmq.) e di Pré de Bar (4 kmq.). Minore è il numero dei ghiacciai nella parte svizzera del massiccio; i più notevoli sono quelli del Mont Dolent (3 kmq.), di Saleinaz (7 kmq.), del Trient (6 kmq.) e dei Grands (2 kmq.).

In tanta magnificenza di vette e di ghiacciai, non v'è però che spazio assai limitato per l'uomo. Non vi sono valichi facilmente frequentabili; il più basso è quello del Gigante, nel quale l'altissima cresta discende a 3462 m.; non luoghi abitati, se non nelle più basse pendici o nei terrazzi, sotto ai 2800 metri, dove qualche albergo per ospitare turisti ed alpinisti, dove solo qualche raro sperone roccioso o qualche ripiano meglio difeso dalle valanghe hanno permesso la costruzione di provvidenziali rifugi, che oggi facilitano assai la salita alle più alte vette. Pascoli, praterie e foreste ricoprono i bassi pendii, presso il fondovalle, dove la natura polare si confonde con quella temperata. Qui sorgono graziosi centri abitati, affollati in ogni stagione da turisti e villeggianti. Le bellezze e le attrattive del Monte Bianco e delle sue valli vicine alimentano così una fiorentissima industria alberghiera. Chamonix nella valle dell'Arve, Courmayeur nella valle d'Aosta sono i due centri più importanti, la cui fama è mondiale. Il movimento turistico del versante italiano si è sviluppato con l'apertura (1929) della ferrovia Aosta-Pre-Saint-Didier. (V. tavv. CCXI e CCXII).

Bibl.: Fra le numerose opere che trattano della geografia e della geologia di questo massiccio importantissimo, ci limiteremo a citare le più importanti e recenti: T. Gautier, Sulle Alpi (trad. ital.), Milano 1906; J. Vallot, Le Massif du Mont-Blanc. Paysages caractéristiques et documentaires, Versailles, voll. 2; R. Lucerna, Morphologie der Montblancgruppe, in Peterm. Mitt. Ergänz-heft, Gotha 1914, n. 181; H. Ferrand, Le Mont-Blanc d'aujourd'hui, Grenoble; Ch. Vallot, L. W. Collet, J. Vallot ecc., Guide Vallot: Le Massif du Mont-Blanc, Parigi 1925; G. Dainelli, Il Monte Bianco, Torino 1926; id., Il Monte Bianco ed il confine italo-francese, in Boll. Soc. geogr. ital., luglio 1929; Ist. De Agostini, La catena del Monte Bianco, in Visioni italiche, Novara 1929; F. Sacco, I ghiacciai italiani del gruppo del Monte Bianco, in Boll. Comitato glaciologico ital., 1919, n. 3; U. Valbusa, la catastrofe del Monte Bianco e del ghiacciaio della Brenva, in Boll. R. Soc. geogr. ital., 1921, nn. 3, 4, 5; id., Il ghiacciaio della Brenva dal 20 aprile 1923 al 15 giugno 1924, in Riv. del C. A. I., XLIII (1924); J. Vallot, Annales de l'Obs. du Mont-Blanc, Parigi 1893-1917; id., Évolution de la cartographie de la Savoie et du Mont-Blanc, Parigi 1922; J. e Ch. Vallot, La Haute Chaîne, Album, in 4°, Parigi 1923; A. Fiechter, Rilievi topografici e stereogrammetrici a 1 : 25.000 nell'alta valle d'Aosta, in L'Universo, Firenze, anno X, n. 12; Ist. Geog. Mil. Firenze, Carta top. del Regno d'Italia alla scala 1 : 10000, fogli 27-28; H. Vallot, Carte du Massif du Mont-Blanc au 1 : 200000, fogli 9, Cartes Vallot; R. uff. Geol., Carta geologica delle Alpi Occidentali alla scala 1 : 40000, Roma 1908; id., Carta geologica d'Italia alla scala 1 : 100000, foglio 27; Carte Géologique de France au 1 : 80000, fogli: d'Annecy, 160 bis; Vallorcine, 160 ter; Albertville, 169 bis; Carta geologica della Svizzera alla scala 1 : 100000, foglio 22.

Esplorazione. - Scarsissime sono le notizie che si hanno del Monte Bianco nell'antichità e nel Medioevo. Il nome, sotto la. forma di "rupes alba" compare solo nel 1088 nella carta di fondazione del priorato benedettino di Chamonix; mentre però i montanari della valle d'Arve continuarono ad usare la denominazione di Roche Blanche, quelli del Vallese parlano di Mont Maudit (nome che è restato a una delle vette secondarie) ed è probabile che in altre valli si usassero nomi diversi.

L'esplorazione del monte si può dire cominci solo nel 1741, quando l'inglese Riccardo Pococke, che tornava da un viaggio in Oriente, si associò a un altro inglese (il Windham) e insieme salirono per un tratto del ghiacciaio vicino a Chamonix; per la somiglianza con un fenomeno simile visto in Groenlandia essi lo denominarono Mer de Glace, nome che tuttora lo designa. Il pioniere dell'esplorazione del monte è tuttavia Orazio Benedetto De Saussure, naturalista ginevrino nato nel 1740, il quale s'approssima per la prima volta al gigante nel 1760, torna a vederlo da vicino l'anno seguente, ne fa il giro completo all'intorno, promette premî per chi riesca a raggiungere la vetta. Gli assalti cominciano nel 1775 e continuano fino al 1783. Nell'anno successivo il pittore ginevrino Teodoro Bourrit, spirito bizzarro e autore di disegni assai interessanti, con F. Cuidet e J. M. Couttet porta un attacco assai vigoroso e partendo da Saint-Gervais raggiunge l'Aiguille e il Dôme du Goûter. Nello stesso anno Giacomo Balmat, solido valligiano cacciatore di camosci, sale al Crammont e crede si possa salire dal ghiacciaio italiano del Miage, ma i pendio troppo ripido lo respinge. De Saussure stesso con l'aiuto di Pietro Balmat e J.M. Couttet tenta la via del Dôme, ma senza successo. L'anno dopo, nel luglio, Giacomo Balmat da solo con un coraggio e un'energia senza pari sale la Montagne de la Côte che si dilunga verso l'Arne, si ferma una notte, poi prosegue ancora fino a delle rocce isolate in mezzo al ghiaccio (Grands Mulets), giunge a quello che è detto il Petit Plateau, vede in basso dell'altro versante Courmayeur e ritorna a Chamonix, certo ormai della possibilità del successo. Sente intanto che un gruppo di competitori vuol tentare la prova e allora, dopo aver convinto a seguirlo il medico di Chamonix, Michele Paccard, e dopo aver messo a giorno dell'impresa alcuni amici in modo che fosse possibile con un cannocchiale controllare la salita, parte segretamente il 7 agosto 1786, rifà la strada già percorsa fino al Petit Plateau, giunge al Grand Plateau e per i Rochers Rougess l'8 agosto giunge alla vetta. Paccard e Balmat non hanno lasciato nessuna relazione dell'impresa e si è anche discusso a chi spetti il merito di essa, ma è certo che il Balmat, soprannonimato poi "le Mont Blanc", con il suo tentativo precedente aveva ormai rimosso le maggiori difficoltà.

L'anno successivo egli ripeté la salita con due compagni e il 1° agosto 1787 vi guidò anche il De. Saussure con un lungo seguito di servi, incaricati del trasporto degli strumenti scientifici. Questa via fu abbandonata più tardi per le gravi disgrazie causate dalla caduta di valanghe (memorabile specialmente la catastrofe del russo dott. Hamel) e dal luglio 1827 si cominciò a seguire quella del Corridor e del Mur de la Côte; questa pure fu poi abbandonata e nel luglio 1859 si trovò quella delle Bosses tuttora seguita.

Soltanto molto più tardi (luglio 1863), soprattutto a causa della maggiore ripidità e delle vicende politiche degli anni precedenti, il M. Bianco fu asceso dal versante italiano di Courmayeur; il primo itinerario, attraverso il M. Bianco di Tacul, M. Maudit e il Mur de la Côte, si svolgeva tuttavia ancora nella parte più alta nel versante savoiardo e fu solo due anni dopo (1865) che il Moore con altri 3 Inglesi riusci a giungere in vetta seguendo un percorso completamente italiano attraverso il ghiacciaio della Brenva. Nel luglio 1871 il Gamba poteva superare anche il versante occidentale giungendo alla vetta per il Rocher du Mont Blanc. Dal 1890, dopo l'ascensione di Achille Ratti, cominciò ad essere frequentata anche la via del Dôme, che diventò la via abituale dal versante italiano.

Prima del 1870 la vetta fu raggiunta da 581 persone; gl'Inglesi prevalgono di gran lunga (380), seguiti dai Francesi (68), dagli Americani (53), dai Tedeschi (29) e dagl'Italiani (19). L'opera scientifica del De Saussure fu continuata dapprima dal Forbes (che ha studiato per primo intorno al 1840 le ogive dei ghiacciai che scendono nel versante di Chamonix), dal Ball, da Martins e Bravais (che soggiornarono a lungo sulla vetta nel 1844 a scopo scientifico), dal Tyndall, a un tempo valente alpinista e ben noto scienziato. Il francese Vallot vi salì nel 1881 e pensò di costruire un rifugio presso la vetta (alle Bosses), rifugio che fu compiuto nel 1890 e ha permesso uno studio assai dettagliato di tutta la zona apicale (i risultati sono pubblicati nelle Annales de l'Observatoire du Mont Blanc). L'esplorazione alpinistica degli anni successivi ha reso nota la struttura del monte nei più minuti particolari topografici.

TAG

Ghiacciaio della brenva

Dente del gigante

Regno d'italia

Precipitazioni

Valle glaciale