Monopoli pubblici

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Strumento giuridico attraverso il quale la legge riserva, in via esclusiva, a un soggetto o ente pubblico l’esercizio di una determinata attività economica (produzione o vendita di determinati beni o servizi) al fine di una più efficiente realizzazione dell’interesse generale. È una forma autoritativa ed eccezionale di intervento pubblico nell’economia, ammessa dalla Costituzione, sulla base di limiti e nel rispetto del principio dell’iniziativa economica privata (art. 41), in determinati settori economici, in particolare nella gestione di servizi pubblici essenziali, fonti di energia o situazioni di monopoli di fatto che abbiano preminente carattere di interesse generale (art. 43). La Corte costituzionale ha precisato, in diverse occasioni, che la ragione fondamentale dell’istituzione e della conservazione di un monopolio, con la conseguente limitazione della libertà di iniziativa economica privata, consiste nel perseguimento di fini sociali e di utilità generale, essendo secondaria la finalità di reperimento di entrate finanziarie (sent. 78/1970 e 209/1976).

Nell’ordinamento italiano sono attualmente soggetti a monopoli pubblico il gioco del lotto, gestito dall’Azienda Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS), l’importazione e commercializzazione dei tabacchi lavorati, e la commercializzazione dei fiammiferi. Dal punto di vista organizzativo, i m. pubblici sono strutturati secondo il modello aziendale e hanno un’amministrazione essenziale. Quelli che operano a livello nazionale (cosiddette amministrazioni autonome) hanno un presidente, di regola un ministro, che ha poteri decisionali e di direttiva, un consiglio di amministrazione che ha funzioni consultive, deliberative ed esecutive, e talvolta un direttore generale, che svolge funzioni esecutive delle direttive del presidente. Inoltre, hanno un bilancio distinto da quello dello Stato. I monopoli pubblici che operano a livello locale (cosiddette aziende municipalizzate) sono ugualmente strutturati secondo il modello aziendale; ogni monopolio è tuttavia disciplinato con proprio regolamento speciale, e i suoi organi sono il direttore e la commissione amministratrice, nominata dal consiglio comunale.

Nell’ampia categoria dei monopoli pubblici rientrano anche i monopoli di Stato, che riguardano la produzione, l’importazione e la vendita di determinati prodotti, dei quali lo Stato si è riservato l’esclusiva per motivi tributari. I monopoli di Stato sono articolati secondo il modello di azienda speciale e hanno una struttura amministrativa più complessa rispetto a quella dei monopoli pubblici. In quanto sono diretti al reperimento di risorse da destinare al fabbisogno finanziario, divenendo così uno strumento di imposizione e riscossione di un’imposta di consumo o di fabbricazione, sono anche definiti monopoli fiscali. Il tributo si individua attraverso la fissazione (da parte dello Stato) del prezzo del bene ceduto (o del servizio erogato) in misura superiore a quella corrispondente al prezzo che sarebbe stato definito da un regime di concorrenza, e consiste quindi nella differenza tra le due entità. Non sono considerati, invece, monopoli fiscali quelli introdotti per fini di utilità generale rispondenti all’esigenza di garantire una maggiore e più efficiente fruibilità di servizi, che il legislatore considera di interesse collettivo.

Attualmente l’unico fondamento normativo concernente i monopoli fiscali è rinvenibile nel Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), il cui art. 37 prevede, in via generale, che gli Stati membri procedano a un progressivo riordinamento dei monopoli nazionali che presentano un carattere commerciale, escludendo qualsiasi discriminazione tra i cittadini. L’art. 106, co. 2 TFUE (già art. 86 TCE) dispone, però, una deroga alle regole della libera concorrenza in favore delle imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o «aventi carattere di m. fiscale».

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