MONETA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1963)

Vedi MONETA dell'anno: 1963 - 1995

MONETA

L. Breglia

Nonostante l'interesse che, sempre, la m. ha destato, dal punto di vista dell'arte, e i contributi che ne sono stati tratti negli studî d'arte antica, si può dire che non solo manca ancora un esame sistematico dell'immenso materiale, ma anche, a ben vedere, una visione concreta del problema artistico applicato alla m., una individuazione precisa, se pure semplicemente indicativa, dell'apporto che questa nuova fonte può dare alla nostra conoscenza, della sua estensione e del suo limite. Se infatti è vero che ogni classe di monumenti ha delle posizioni sue particolari che, tutte, a un certo punto, si sciolgono e restano superate nella valutazione della espressione artistica, è altresì vero che più di ogni altro monumento la m. ha posizioni proprie che ne costituiscono, indipendentemente dal valore d'arte, il significato intrinseco. La circostanza che la m. sia stata studiata o da numismatici dotati di non larga preparazione artistica, specie dacché i recenti studî hanno dato alla storia dell'arte una così differente impostazione, o da studiosi di storia dell'arte che se ne sono serviti piuttosto come documentazione riflessa che come monumento in sé, ha contribuito a tale deficienza; né ad una impostazione teorica di problemi hanno potuto contribuire negli ultimi decennî ricerche condotte, talora con larga scorta di documentazione e di dottrina, su larghe serie monetali, od appuntate, con interesse approfondito, su m. singole o su personalità ben individuabili di incisori monetali.

Ma proprio l'allargarsi, o meglio ancora il definirsi negli studî di una più larga comprensione critica da un lato e dall'altro il rinnovato interesse per la testimonianza monetale, rendono più che mai urgente la precisazione di taluni punti teorici atti a stabilire appunto il valore preciso che ad essa si può dare. Diciamo subito pertanto che le particolarità di cui occorre tener conto nello studio dell'arte monetale derivano da due ordini di fattori che sono proprî alla m., mentre del tutto estrinseci risultano rispetto al fenomeno d'arte in sé: il carattere ufficiale della impronta monetale cioè, unitamente agli elementi di carattere estrinseco che possono datare l'esemplare, e la tecnica peculiare alla m. che, moltiplicandole, ci permette particolari condizioni di studio e di valutazione.

Il valore ufficiale dell'impronta porta di conseguenza che l'artista lavora non solo su un tema prefisso, ma, nella maggior parte dei casi, su schemi preformati cui gli è dato mutare eventualmente solo piccoli particolari: l'intreccio di una benda ad esempio, o la posizione dei simboli accessorî talora, peraltro mutevoli in se stessi. Punto di partenza questo che è ricco di non poche conseguenze; anzitutto infatti esso rende ineccepibile la testimonianza monetale (pur tenendo conto di alcune convenzioni cui gli incisori son costretti a far ricorso), in quei casi in cui alla m. è richiesto nello studio solo un contributo documentario per la identificazione di un monumento o per la integrazione di una fonte scritta. In secondo luogo in quei casi invece in cui la m. è esaminata, come opera d'arte in sé, ci dà la possibilità di studiarla in numerose piccole varianti che ora ci aiutano a meglio comprendere la personalità di un incisore, ora ci permettono di distinguere differenti individualità di artisti, ora ci danno modo di seguire l'evolversi di una immagine sotto l'influsso di visioni e tendenze differenti in quei casi in cui è dato seguire lo stesso "tipo" su una intera serie monetale. Caso di particolare interesse quest'ultimo in quanto può darci, specie in taluni conî, elementi importantissimi per la cronologia relativa di un periodo.

Cronologia relativa si è detto, e non assoluta, in quanto la m. è, nel pezzo singolo, molto meno suscettibile di datazione di quanto non si soglia comunemente credere; tolte infatti le m. romane di età imperiale e talune serie greche dello stesso periodo o di età ellenistica, volutamente dotate di elementi cronologici nella leggenda (serie imperiali) o addirittura segnate con le date dell'èra (serie dei Diadochi), le possibilità di stabilire su elementi intrinseci la cronologia di una m. isolata sono infatti scarsissime e del tutto occasionali. Nel caso delle serie greche, soprattutto, la m. singola, invece, deve essere datata attraverso un concomitare di elementi, esterni o interni, di cui tra più importanti possono essere appunto i caratteri stilistici del tipo.

L'altro ordine di fattori di cui occorre tener conto nello studio artistico della m. è quello tecnico; si usa dire di solito che la tecnica dell'incisione monetale è pressocché simile a quella su gemme (v.), ma l'affermazione è solo in parte vera. A parte la limitazione infatti ad una soltanto delle fasi: la preparazione dei conî, anche se la più importante della esecuzione dell'esemplare monetale, sta di fatto che mentre da un lato ci sono interi esempî di emissioni, e certo non trascurabili dal punto di vista artistico, che presentano particolarità tecniche diverse, dall'altro già il processo stesso della coniazione, moltiplicando l'immagine incavata nel conio, d'esemplare in esemplare, ci presenta rispetto alla glittica condizioni di studio differenti.

La ripetizione del tipo infatti ci dà modo di disporre di più "originali" autentici, mentre la ripetizione del conio ci pone di fronte a problemi differenti, secondo che il conio sia stato ricopiato a mano libera dall'incisore stesso o da altri esecutori, oppure che sia stato riprodotto col ripetere lo stesso procedimento della coniazione. L'incisore cioè preparava in questo caso inizialmente, un modello da cui era ottenuto un punzone col quale si stampigliavano gli altri conî, destinati questi ultimi a battere direttamente le monete. In tal modo quindi con un sol conio di origine se ne ottenevano vari altri, che, ritoccati a mano nei particolari, moltiplicavano, se pure con varianti lievissime (ma estremamente disorientanti per chi ignori tale procedimento tecnico), di esemplare in esemplare, l'impronta originale.

Se la tecnica descritta interessa la grande maggioranza del materiale monetale, non eccettuate le serie incuse delle città italiote, il gruppo dello aes grave italico, il cui rude, ma genuino e vitale significato d'arte resta ancora da studiare, fa capo ad un altro procedimento tecnico, quello della fusione; in esso l'incisione non taglia l'immagine nel duro metallo o nella pietra ma la modella in un materiale più tenero e di minor costo col quale la imprime nella creta o nella sabbia ottenendo così la forma in cui colerà il metallo fuso; talora anche si serve del legno per trarne con l'incisione la forma vera e propria. Procedimento più rudimentale, in quanto con un solo modello, a mezzo degli esemplari stessi, le "forme" possono esser facilmente rinnovate, la fusione fu adottata anche per emissioni affrettate, talora di fortuna o addirittura dai falsarî ed interessa poco quindi, per i suoi modesti risultati abituali, tolti alcuni casi in cui i monetieri conseguono risultati di notevole bellezza.

Particolarità dunque, queste dell'arte monetale, che se da un lato permettono la valutazione più completa di tale monumento d'arte, presentandoci sovente una sola opera sotto vario aspetto, o modificata da sottili sfumature, o aiutandoci a datarla col sussidio di elementi estranei all'arte, tuttavia ne rendono più complesso, delicato ed estremamente paziente lo studio approfondito. È infatti necessario, tolto che per presentazioni di carattere immediato, che lo studio risalga ai conî, o alle forme originarie, attraverso gli esemplari, per individuare e valutare la prima immagine che l'autore plasmò od incise; ancora più necessario è rifarsi ai coni ed alla loro successione per quei casi in cui si voglia studiare non l'opera d'arte isolata, ma la sua posizione storica nella serie monetale e quindi nell'ambiente che la preparò e la espresse, o addirittura l'evolversi di una stessa immagine, che si continua, immutata nello schema, per decenni, nella monetazione di un'unica città.

Delicatezza di indagine che è tanto più complessa per la dispersione in cui il materiale si presenta fra collezioni pubbliche o private di tutto il mondo e per la mancanza di studî numismatici preparatori che ci diano almeno i dati per un sicuro inquadramento. Difficoltà quindi che giustificano le scarse conoscenze che tuttora si hanno sull'arte monetale (eccezion fatta per alcuni gruppi e poche opere), i luoghi comuni che su di essa si ripetono e la impossibilità quindi, in cui tuttora ci si trova, di poter tracciare un quadro, sia pure sommario ed appena indicativo, dell'apporto che ha dato all'arte antica l'incisione monetale.

È evidente anzitutto che non presentano interesse sotto questo aspetto le m. il cui tipo riproduce un monumento: in tale caso infatti la m. è solo una copia, eseguita con maggiore o minore precisione e, come tale, non ha un valore diretto ma riflesso; è infatti solo un documento. Non interessano, pertanto, nello studio dell'arte della m. neanche i problemi che fanno capo a tale punto di partenza: in quali periodi cioè gl'incisori monetali hanno riprodotto con maggior frequenza delle opere, invece di crearle, di quali convenzioni si siano avvalsi, quale valore tali riproduzioni possono avere per lo studio.

Di interesse diretto è invece l'esame immediato del materiale per quello che può rappresentare in sé, senza fermarsi esclusivamente al conio d'eccezione, ma piuttosto considerando le intere serie d'ogni gruppo nella diversità delle varianti, che non si limitano alla esteriore alterazione di uno schema, ma investono la qualità stessa dell'immagine mutandone il valore in ogni conio. Perché è proprio in questa possibilità di esame complessivo che risiede l'insostituibile originalità di contributo dell'arte monetale, soprattutto in età greca, ché in età romana problemi differenti nascono da differenti condizioni.

Tolte le poche rappresentazioni, soprattutto di animali, che è possibile seguire nelle prime sporadiche serie monetali e che ben poco interesse hanno per l'arte, già dal VI sec. a. C., infatti, si profila nello studio dell'incisione monetale, ormai padrona pienamente dei suoi mezzi tecnici, la possibilità di utilizzare la dovizie di elementi, tuttora non raccolti, che possono sorgere dall'esame complessivo del ricco e vario materiale. A prescindere infatti dalle personalità di incisori singoli, dalla bellezza compiuta del conio isolato e anonimo, come dallo studio di un "tipo", elaborato nel continuo travaglio di decennî, l'esame della monetazione di una città, o ancora meglio di più città di una regione, ci permette di constatare subito la discontinuità interna di ogni serie monetale, discontinuità che non è solo nel maggiore o minore valore d'arte dei diversi conî, dovuta alla maggiore o minore perizia o sensibilità degli incisori, ma nella diversità di "toni" che sussistono all'interno di una stessa serie e che tanto più sono evidenti, quanto è più ricco il materiale e più fecondo l'ambiente di fermenti d'arte.

Le m. quindi di una città, una volta riconosciuta più o meno esattamente la loro successione cronologica, ci danno modo di conoscere, condizione unica, quali sono i movimenti d'arte attivi in un ambiente ben localizzato, contemporaneamente o in successione. La particolare posizione della m. ci rende possibile di coglierli tutti, in quanto ci offre, nella serie, la produzione artistica e quella dell'artigianato, l'intonazione dell'arte ufficiale e il prodotto di più schietto sapore, che si insinua nella tendenza di una scuola.

Il fenomeno risulta già chiaro a Siracusa, le cui serie monetali sono ormai sufficientemente note per permettere tali osservazioni, dove si riconosce un indirizzo ufficiale che rientra nelle grandi correnti classiche e ne rivela quindi i differenti influssi, prima dorico e poi attico e dove però, qua e là, trapela il conio differente, "barbaro" come si sarebbe detto od "anticlassico", il cui accento è nuovo e in certo senso più significativo. Esso è l'espressione di una visione diversa, di cui possiamo cogliere nell'intera serie le varie sfumature, i differenti modi con cui reagisce inconsciamente nell'arte ufficiale della zecca, i tempi in cui tale reazione è più o meno viva. Possiamo quindi ricostruire, nella visione così larga di tanti originali, il quadro completo, o certo molto meno frammentario di quanto al solito si faccia di un ambiente d'arte, della sua vita, dei suoi fondamentali problemi, del movimento da cui nascono le più forti, non confondibili o inquadrabili, personalità d'artisti.

Ove si consideri che quanto ora possiamo con maggior conoscenza valutare per Siracusa e in gran parte per la Sicilia è ripetibile per ogni città di cui si possieda una larga testimonianza monetale con tipi variati e rappresentativi, sarà facile comprendere quanto sia esatta la vecchia affermazione del Gardner (The Types of Greek Coins), che la storia dell'arte greca sarebbe diversa se avessimo una più approfondita conoscenza dell'arte monetale. Ma purtroppo le nostre conoscenze sono più che mai scarse in questo campo, anche se ottime monografie si vanno via via moltiplicando e se già ci è possibile intuire taluno dei maggiori problemi che ci si presentano, qualche aspetto della nuova larga visione che ci si può prospettare: l'approfondimento di scuole artistiche già note (si veda ad esempio la m. di Corinto), le tendenze particolari di un ambiente (si controllino nel IV sec. le tendenze "pittoriche" e naturalistiche della produzione monetale di Gortina), la ricchezza d'influssi che può agire in altri luoghi (Magna Grecia). Lavoro immenso, che si offre agli studiosi, nello sforzo riunito della ricerca numismatica che prepari il materiale e dell'indagine critica che ne riveli il contenuto d'arte, cogliendo il frutto della raccolta paziente e minuziosa. Frutto che è tuttavia sicuro ed abbondante, sia che si insista sulla monetazione greca, in cui già varie "province" d'arte sono distinguibili, attive in differenti età e per periodi di durata molto varia, sia che si passi alla monetazione romana della Repubblica i cui problemi non sono, dal punto di vista teorico, molto differenti.

Intanto, ancora prima delle serie urbane, che a partire dalla prima metà del III sec. a. C. ci danno, soprattutto coi denari, una documentazione regolare, ricchissima e praticamente ininterrotta, le serie dello aes grave italico ci pongono di fronte ad espressioni di vitale interesse, cui non nuoce la più sommaria tecnica della fusione. Specie nei nominali maggiori, l'effetto raggiunto è efficacissimo e diversi sono i valori delle immagini, profondamente differenti di serie in serie. Dalle teste compostamente scialbe e di genere delle serie campane, all'astratta immobilità del bifronte urbano o di quello di Volterra, dalla equilibrata serenità del sileno di Hatria, all'audacia compositiva del cane di Venosa, è tutta una diversità di tipi alla cui realizzazione plastica risponde perfettamente la perizia esecutiva. Ancora più efficace, nell'accentuazione del carattere etnico differente, è la fisionomia del Galata di Ariminum, in cui i capelli sono stati trattati a ciocche lunghe e fluide con un rendimento plastico che traduce nel bronzo l'umida morbidezza della creta. Realizzazioni di cui ora esponiamo l'impressione che produce sullo studioso il pezzo singolo, ma che ancora non sono state studiate, per il loro significato d'arte, nell'interezza della serie.

Ed ancora più interessanti, per lo studio dell'arte romana e italica, possono essere le serie autonome delle città campane, in quel delicato III sec. a. C. in cui tanti fermenti artistici diversi giocano a preparare la visione da cui nascerà l'arte romana, così come le serie dei denari che si iniziano appunto in questo secolo. Problema acuto della numismatica romana, queste emissioni monetali, che hanno suscitato tanti studî e che restano, ciò nonostante, non studiate a sufficienza, in quanto se ne ignora a tutt'oggi l'esatta sistemazione cronologica, risultano a ben vedere praticamente ignote per quanto riguarda l'arte. Eppure le possibilità di conoscenza che potrebbe portare un loro esame approfondito sono numerosissime, sia che si vogliano rintracciare nelle emissioni più antiche le fasi formative dell'arte romana, così povere di documentazione, sia che si vogliano seguire nel complesso delle emissioni i filoni differenti, le influenze delle correnti in voga specie nel I secolo ed il loro alternarsi. Sfilano, anche dinanzi all'osservatore superficiale, le più diverse immagini, dalle teste asciutte e scarnite che risentono dell'indirizzo realistico delle arti italiche, ai "quadretti" graziosi della corrente rococò; e la severità di un Apollo arcaico, resa insapore da una traduzione di maniera, si affianca, a distanza più o meno breve, ad una rappresentazione di vita romana, riprodotta in una sorta di povera semplicità che ha tuttavia il sapore ingenuo del reale. Poter ricostruire i differenti filoni cui fanno capo le immagini di così diversa ispirazione, seguendone ove sia possibile le cronologie varie, significherebbe dare alla conoscenza dell'arte repubblicana un nuovo e forse decisivo apporto.

Con questi pochi cenni sul valore della monetazione repubblicana nello studio dell'arte antica e sulle sue possibilità di contributo, siamo venuti implicitamente ad indicare, rispetto alla m. greca, la differenza sostanziale dei problemi. Perché per la monetazione repubblicana si è insistito sulla possibilità di individuare dei filoni, il carattere e la cronologia di determinate tendenze o gusti, non si è mai fatto cenno alla individuazione di personalità artistiche. In questo periodo infatti i grandi incisori di età classica, la cui potenza si ritrova, limitatamente ai ritratti, nelle emissioni dei Diadochi, sono in realtà assenti. Nella produzione ricca ed affrettata che l'urgenza economica, in tanti momenti, richiedeva, pochi sono i conî (né però mancano del tutto) in cui un pieno valore d'arte è conseguito. La stessa "qualità" dell'incisione, non più cosî fortemente rilevata nel tondello o arricchita da sapienti effetti chiaroscurali, è più povera, anche se in taluni casi, come nei conî di più schietto sapore italico, acquista una sua scarnita durezza, che costituisce forse il più sapido accento dello stile.

Interesse prevalentemente documentario dunque, più che schiettamente artistico questo della monetazione repubblicana, tolto forse, a partire dall'ultimo cinquantennio della Repubblica, il particolare tema del ritratto in cui confluisce la doppia esperienza italica (si vedano alcuni ritratti di Cesare) ed ellenistica (le teste di Pompeo), nelle sue visioni differenti. Tema d'altronde caro all'arte romana, come è noto, che trova nel ritratto appunto una delle sue più compiute forme di espressione e che pertanto in età imperiale si giova appunto della m. per svilupparlo ampiamente nella numerosa teoria delle immagmi imperiali. Valore immediato questo della monetazione per quanto riguarda il contributo che essa porta allo studio del ritratto, sia nella identificazione di immagini non sempre note, sia nella determinazione cronologica di talune mode dell'acconciatura, che si riflettono sulla cronologia effettiva delle opere, sia nel riconoscimento delle varie tendenze e gusti, che possono essersi affermati nella stessa epoca.

Immediatezza di interesse che, giustamente colta, ha determinato una continuità di ricerche, dirette od indirette sull'argomento, trattato ora di proposito per interi periodi, ora visto sotto il particolare interesse di una iconografia imperiale, ora chiamato semplicemente a convalidare una ricerca basata su monumenti differenti. Lavorio di studî comunque che ha realmente illuminato questo aspetto della monetazione imperiale, anche se tanti punti sono ancora da toccare, e ne ha affermato l'importanza artistica pur condizionandola al tema e limitandone quindi ingiustamente il contributo ed il valore.

L'interesse artistico della monetazione imperiale infatti è ben lungi dall'esaurirsi nel ritratto e va rivalutato sia dal punto di vista documentario, che come incisione in sé, anzitutto liberandosi dal pregiudizio di impossibili confronti con la m. greca. Come in ogni altra forma d'arte, e forse in maniera ancora più tangibile, sono infatti due mondi contrastanti, che si esprimono nelle due monetazioni, e la concezione diversa dà alla comune tecnica una applicazione differente, che contribuisce alla diversità della realizzazione formale. Questo è soprattutto sensibile nei rovesci; mentre al dritto infatti la immagine imperiale, fortemente rilevata, in alcuni conî raggiunge valori espressivi e plastici, che non hanno nulla da invidiare ai migliori conî dell'ellenismo, al rovescio la rappresentazione, estremamente varia, ci avvicina piuttosto alla tecnica dell'incisione su gemma per la minutezza di certe descrizioni, o ci ricorda per alcuni tagli compositivi l'arte del rilievo storico romano.

Immensità di materiale da esaminare però, cui corrisponde uguale vastità di apporto e fatica di ricerca, se appena si vuol discriminare nella massa delle m. più scadenti la teoria degli esemplari più compiuti, ma lavoro che va affrontato e che in fondo si va affrontando, se non altro attraverso lo studio dei cosiddetti medaglioni (v.). Frutto di esecuzione più accurata queste emissioni monetali, infatti, assommano in sé le qualità migliori dell'arte romana della m., pur non mancando, anche nelle serie comuni, conî d'ugual valore ed interesse. A voler quindi dare uno sguardo al materiale nel suo insieme, tralasciando sempre il dritto, che resta legato al particolare studio del ritratto, la peculiarità della monetazione imperiale romana sta non solo nella varietà grande dei rovesci, particolarità che essa divide con quella di età repubblicana, ma nella loro realizzazione formale, che lega ai temi la "qualità" del trattamento plastico.

Sin dalle prime emissioni dell'Impero distinguiamo ad esempio nella m. una tendenza accademica o neoclassica, che ben si confà ai gusti dell'epoca e che assume, talora, più o meno forti coloriture arcaistiche; i "tipi" monetali in cui si esprime a preferenza, sono quelli con "personificazioni", in cui l'immagine, isolata, o in gruppo di due tre figure al massimo, si ispira a schemi statuarî di cui troviamo il ricorso, oltre che negli stessi atteggiamenti, nel disporsi dei panneggi, o nel risalto di alcuni nudi eroici, anche nella stessa profondità dell'incisione. Ne risultano figure plasticamente ben rilevate e finite, specie lì dove campeggiano sole, come i tipi di Mars Pater o della Spes, nel tondello liscio, con un interesse diretto per l'immagine, che prescinde, in un certo senso, dalla sua destinazione monetale.

Sono i tipi questi che più direttamente si rifanno all'accademismo delle correnti ufficiali e quelli che, in certo modo, più resistono sulla m., dove li ritroveremo (si ripensi al tipo delle tre monete) frequentissimi, anche nelle emissioni del III-IV sec. d. C.; tipi sostanzialmente freddi, perché inizialmente suggeriti da schemi noti, e ben presto entrati nel comune repertorio della monetazione, essi, che pure costituiscono la grande massa della tipologia imperiale, ce ne danno anche l'aspetto meno rappresentativo. Ancora meno interessanti dal punto di vista dell'arte sono i rovesci che riproducono tanto di frequente monumenti architettonici; suggeriti dalla propaganda imperiale e difficili da vivificare attraverso la rielaborazione artistica, essi non hanno quasi altro valore che quello documentario rispetto al monumento riprodotto.

Ma accanto a queste due più ricche categorie del repertorio tipologico, dobbiamo segnalare almeno altri due gruppi, a non voler scendere ora troppo nel particolare, in cui troviamo riecheggiati altri due aspetti della vita artistica romana; le scene di contenuto storico e quelle in cui, invece, la notazione paesistica ambientale si fa elemento dominante della composizione. Della prima già si era avuto esempio e vi accennammo nella m. di età repubblicana, ma diverso ne è ora il numero delle rappresentazioni e l'efficacia compositiva e plastica.

I temi cari al rilievo storico: l'adlocutio, i congiaria, i sacrifici all'ara ed altri, intesi ad esaltare le providentiae imperiali, ritornano di serie in serie, serbandoci, come è stato detto, in un "immenso libro di metallo" il ricordo della vita pubblica romana. Ispirati a soggetti analoghi a quelli cui si rivolge la scultura, i tipi di questo contenuto ne rispecchiano i particolari problemi e le uguali soluzioni, ora addensando da un lato le figure e le insegne per dare il senso della folla, ora isolando su un podio la figura dell'imperatore per dargli uno stacco più immediato.

Nella difficoltà del tema gli incisori riescono ad equilibrare ugualmente, nel ridotto campo tondo, la composizione più adatta ad uno spazio quadrangolare, ora scorciando un basamento, ora prolungando verso l'alto la massa costituita da un gruppo, con la selva delle insegne; né rinunziano nello studio dell'insieme alla precisione del tratteggio, ché anzi nei migliori conî vi è anche il tentativo di realizzare l'accorgimento proprio del rilievo che dà maggior risalto plastico alle figure in primo piano, mentre attenua quelle dello sfondo.

Gli intenti e il gusto che presenziano all'altro gruppo in cui l'esigenza paesistica è evidente, sono del tutto differenti, così come ne differisce la realizzazione. In questi conî, più frequenti nel periodo che da Nerva va ad Adriano, la rappresentazione si inquadra spesso nel motivo idilliaco di un albero, cui si affianca un'edicola o un altare, e il modellato si fa tenue rinunziando a più immediati effetti di rilievo a favore di un tratteggio più leggero, che si avvale di piani lievi e di giochi chiaroscurali.

È evidente all'origine di questi tipi monetali, così come in certe rappresentazioni di porti con le navi in bronzi di Traiano, un modello di origine pittorica, che si rivela non soltanto nella composizione ispirata ai quadretti idillici di cui son piene le pitture, ma più ancora nella realizzazione tecnica e formale; ed è appunto in questo continuo mutare della realizzazione formale, che si adegua al contenuto, la scissura più chiara della sensibilità artistica e della perizia esecutiva dei monetieri romani.

Nella diversità totale della loro concezione artistica, così come delle condizioni di lavoro, già da questi cenni risulta come gli incisori romani non meritino il disdegno in cui li si è tenuti rispetto a quelli greci. Ché anzi, se invece di dividere il materiale per tipi, così come lo abbiamo raggruppato cedendo a un'immediata suggestione, lo seguiamo per età, le impressioni che abbiamo ora avanzate si precisano.

Ci renderemo conto allora che si è creata in Roma, pur nella immensa fatica della zecca urbana, costretta ad alimentare per lunghi periodi il grosso del fabbisogno monetale dell'Impero, una vera scuola di incisori che, accanto alla produzione delle più umili maestranze, ha avuto un suo proprio lavorìo dandoci conî di non comune bellezza, ora nella potenza di un ritratto, ora nella squisita eleganza di un tipo statuario, ora nella delicata grazia di un paesaggio.

L'arte dell'incisione che in essa si è costituita ha un carattere suo proprio, in cui tutti i problemi e gli indirizzi della grande scultura si ritrovano, pur avendo una propria vita e proprie tradizioni. Dal suo studio approfondito, quindi, tante possibilità potrebbero venire anche per una precisazione cronologica della scultura vera e propria; ma soprattutto affiorerebbero nel campo monetale fasi di migliore o peggiore produzione, le mode ed i gusti di un periodo, le innovazioni di un'epoca e i ritorni di quelle successive, mentre verrebbero alla luce, specie nei periodi come il II sec. d. C. in cui più accurata e varia è la produzione, personalità di incisori ora sperduti nella massa anonima. Ché, se con la crisi economico-politica che travaglia il III sec. d. C. e sconvolge la m., anche l'incisione monetale decade e impoverisce pure, nel periodo dei tetrarchi, la sua tradizione si riprende.

L'incisione monetale del IV-V sec. d. C. adeguandosi alle nuove visioni d'arte risorge infatti con nuovi intenti e nuovi aspetti; rinunziando definitivamente ai valori plastici, essa ottiene tuttavia mirabili effetti attraverso un descrizionismo calligrafico in cui le immagini appaiono poco più che disegnate sullo sfondo, pur non perdendo nulla della loro potenza fisionomica. E certe effigi dei tardi imperatori, ritratti ora di profilo ora, con più discutibile risultato, di prospetto, pur nella convenzione della nuova visione artistica e nella miniaturistica riproduzione delle barbe, delle chiome e dei ricchissimi diademi, non hanno nulla da invidiare ai ritratti plasticamente concepiti e realizzati delle monete degli inizî dell'Impero. Si apre inoltre, per essi e attraverso essi, nel frammentarsi della produzione in differenti zecche periferiche, il problema, non semplice e di così vivo interesse, dell'arte provinciale.

Bibl.: Sulla monetazione greca in genere: P. Gardner, The Types of Greek Coins, Cambridge 1883; K. Regling, Die antiken Münzen als Kunstwerke, Berlino 1924; G. F. Hill, L'art dans les monnaies grecques, Parigi-Bruxelles 1927; K. Lange, Götter Griechenlands, Berlino 1939; E. Seltmann, Masterpiece of Greek Coins, Oxford 1949; H. Cahn, Frühhellenistische Münzkunst, Basilea 1948; limitatamente alla Sicilia: G. E. Rizzo, Saggi preliminari sull'arte della moneta nella Sicilia greca, Roma 1938; id., Intermezzo, Roma 1939; id., La moneta della Sicilia antica, Roma 1946.

Per i rapporti tra arte monetale e scultura col problema delle copie: Imhoof-Blumer, D. Gardner, A Numismatic Commentary on Pausanias, estratto dal Journ. Hell. St., 1885, 1886, 1887; Ph. W. Lehmann, Statues on Coins of Southern Italy and Sicily in the Classical Period, New York 1946; B. Ashmole, Archaic and Classical Greek Sculpture in Sicily and South Italy (Proceedings of the Brit. Ac., XX), Londra 1934; id., Relation between Coins and Sculpture, in Transactions of the International Congress, 1936, Londra 1938; L. Lacroix, Les reproductions de statues sur les monnaies grecques (la statuaire archaïque et classique), Liegi 1949 (fondamentale sull'argomento).

Per la monetazione romana studî che partano dalla m. mancano o appaiono troppo specifici: v. la bibl. s. v. medaglione, in genere gli studî sul ritratto e, relativamente al tardo Impero: R. Delbrück, Spätantike Kaiserporträtas von Costantinus Magnus bis zum Ende des Westreiches, Berlino 1933. Per la tecnica: J. Babelon, Traité des monnaies grecques, I parte, I vol.; G. F. Hill, Ancient Methods of Coining, in Num. Chr., 1922, tradotto in Atti e Mem. dell'Ist. It. di Numismatica, V, 1925, pp. 209-242; O. E. Ravel, Numismatique grecque, Falsifications, Moyens pour les connaître, Marsiglia 1946, p. 19 ss.; E. Gabrici, La tecnica delle monete antiche, Roma 1951; K. Lange, op. cit.