Moltiplicatore

Dizionario di Economia e Finanza (2012)

moltiplicatore

Andrea Boitani

In macroeconomia, concetto connesso a fenomeni diversi. Il più noto è il m. del reddito, secondo il quale ogni aumento di spesa autonoma, cioè indipendente dal reddito (come, per es., la spesa pubblica) genera aumenti di reddito maggiori dell’originale aumento di spesa, poichè un incremento di spesa autonoma consente un aumento di reddito, che a sua volta consente un aumento di spesa per i consumi, che genera un nuovo aumento di reddito e così via.

Il moltiplicatore nel modello keynesiano

Nel più semplice modello keynesiano con prezzi fissi, consumi che dipendono solo dal reddito corrente e investimenti esogeni (modello reddito-spesa), data la propensione al consumo c<1, l’incremento di reddito (ΔY) dovuto a un aumento di spesa autonoma (ΔA) è calcolabile come ΔY=mΔA, dove m è il moltiplicatore. Se la tassazione (a livello aggregato) è proporzionale al reddito (per cui T=tY), si avrà

formula

Il valore del m. è tanto più alto quanto maggiore è la propensione al consumo c e tanto più basso quanto maggiore è l’aliquota del prelievo fiscale t, poiché questo sottrae ai consumatori reddito disponibile per la spesa. Se reddito e occupazione sono legati da una semplice relazione lineare del tipo Y=θN (dove θ misura la produttività media del lavoro), il m. dell’occupazione sarà m/θ, ovvero sarà tanto minore quanto maggiore è la produttività del lavoro. Infatti, una produttività del lavoro alta consente di avere un certo PIL reale, occupando un numero inferiore di lavoratori rispetto a quanti se ne occuperebbero con una produttività bassa.

Il valore del moltiplicatore

In economie aperte al commercio internazionale il valore del m. sarà ridotto dalla propensione a importare beni dall’estero. Il saldo della bilancia delle partite correnti ‒ supponendo che valga la condizione di Marshall-Lerner (➔ Marshall-Lerner, condizioni di) ‒ è esprimibile come una funzione del tasso di cambio (e) e della propensione a importare (z): Bc=βezY . D’altro canto, il saldo della bilancia delle partite correnti entra nella determinazione del reddito nazionale: Y=C+I+G+Bc. Si ricaverà perciò un m.

formula

da cui è evidente che mx< . Infatti, ogni aumento del reddito generato da un incremento di spesa autonoma si traduce in maggiori importazioni e, quindi, oltre ai risparmi e alle imposte, un’altra parte dell’accrescimento di reddito viene sottratta alla domanda interna. Tornando all’economia chiusa, se si tiene conto della dipendenza degli investimenti dal tasso di interesse e di quest’ultimo dalla domanda di liquidità e dall’offerta di moneta (➔ IS-LM, modello), il m. è minore di quello appena formulato. Risolvendo il modello IS-LM, si ottiene un m. della spesa autonoma pari a:

formula

dove il rapporto

formula

al denominatore fa sì che ma<m. Si supponga che la spesa autonoma aumenti. A parità di tasso di interesse, ciò genera una crescita di domanda aggregata e perciò di reddito, il che farà crescere i consumi e metterà in moto il processo di moltiplicazione. Al contrario che nel modello reddito-spesa, però, questa volta le cose non finiscono così, perché l’aumento di reddito farà crescere la domanda di moneta per fini transattivi (in ragione di k). Data l’offerta di moneta, ne sarà disponibile una quantità inferiore per i fini speculativi. L’eccesso di domanda di moneta per fini speculativi farà crescere il tasso di interesse in ragione di (k/h). Un tasso d’interesse più alto farà ridurre gli investimenti in ragione di q. Tale effetto di spiazzamento degli investimenti − che passa per l’aumento del tasso di interesse, dovuto a sua volta all’eccesso della domanda sull’offerta di moneta − è noto come effetto di retroazione monetaria. Quindi, l’effetto espansivo di un aumento di spesa autonoma è in parte compensato da una riduzione di investimenti causata dall’incremento del tasso di interesse.

Il moltiplicatore della politica monetaria. Nel modello IS-LM anche l’offerta di moneta ha un suo m., diverso da quello della spesa autonoma:

formula

Si tratta del m. dell’offerta di moneta, la cui dimensione esprime l’efficacia reale della politica monetaria (cioè il suo impatto sul reddito reale), nonché l’efficacia relativa della politica monetaria e della politica di bilancio. Con prezzi flessibili, il valore del m. si riduce ulteriormente, dal momento che una parte dell’aumento di spesa autonoma viene assorbito dall’aumento dei prezzi. Tale parte è tanto più grande quanto più rapidamente vengono riviste le aspettative di inflazione. Al limite, con aspettative razionali, il valore del m. tende a 0. Da sempre, e con particolare intensità negli anni 2000, è stato vivace il dibattito tra i macroeconomisti circa la dimensione empiricamente misurabile del m. del reddito e dell’occupazione.

Il moltiplicatore della moneta e del credito. Nell’ipotesi che il bilancio delle banche abbia all’attivo soltanto riserve (R) e prestiti (L) e al passivo soltanto depositi (D), il m. del credito (λ) è dato dal rapporto tra credito e base monetaria (➔)

formula

dove c=C/D, r=R/D. Esiste una semplice relazione tra m. del credito e m. monetario. Quest’ultimo è dato dal rapporto tra moneta e base monetaria:

formula

quindi si vede immediatamente che m=1+λ.

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