ELETTRICHE, MISURE

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

ELETTRICHE, MISURE (XIII, p. 685; App. I, p. 544; II, 1, p. 832)

Massangioli Antonio PORRECA

Misure ad alta frequenza: Generalità. - La misurazione delle grandezze elettriche interessanti circuiti percorsi da correnti periodiche a frequenza elevata si pone in termini che spesso differiscono sensibilmente da quelli che si presentano nel caso di circuiti percorsi da corrente alternata a frequenza industriale. Tali differenze possono essere dovute all'entità delle grandezze misurate, alla più elevata precisione in molti casi richiesta o alla diversa importanza che certe grandezze (per es. la frequenza) assumono nei due casi.

Misure di tensione e di corrente.- a) Strumenti a raddrizzatore. - sono costituiti da un microamperometro a bobina mobile nel quale si fa passare la corrente pulsante ottenuta dal raddrizzamento della tensione applicata mediante un raddrizzatore: molto adoperati i raddrizzatori a ponte (v. App. p. I, 548). Gli elementi raddrizzatori possono essere a ossido di rame o a ferro selenio per frequenze fino a circa 100 kHz, ovvero a cristallo di germanio o di silicio per frequenze più alte. La deviazione dello strumento risulta proporzionale al valor medio della corrente che attraversa il ponte; la taratura è peraltro generalmente effettuata in valori efficaci, sicché l'indicazione risente della forma d'onda della tensione applicata. La precisione realizzabile è modesta (alcuni %) a causa dell'instabilità dei raddrizzatori. Lo strumento così realizzato è sostanzialmente un milliamperometro per corrente alternata, ma viene più spesso adoperato come voltmetro disponendolo in serie ad una resistenza di opportuno valore.

Lo strumento il cui schema è riportato in fig. 1 adopera come raddrizzatore un diodo termoionico e prende anche il nome di voltmetro a valvola. Se la resistenza R è sufficientemente elevata, il condensatore C in serie al diodo D viene caricato, durante i periodi di conduzione di questo ultimo, ogniqualvolta la tensione V applicata all'ingresso supera la tensione Vc esistente ai capi di C; la Vc pertanto aumenta fino a raggiungere il valore di cresta positivo della V; tale valore viene indicato dal voltmetro a corrente continua S. Lo strumento è pertanto un voltmetro di cresta. Con l'uso di diodi adatti, si possono misurare con esso tensioni di frequenza fino ad alcune centinaia di MHz, con errori non superiori a qualche per cento.

b) Strumenti quadratici. - Danno una deviazione che è funzione della media dei quadrati dei valori istantanei della corrente che li attraversa e sono perciò strumenti a valore efficace. I più adoperati fra gli strumenti di tale tipo sono amperometri a termocoppia (v. App. I, p. 549; App. II, 1, p. 833). I perfezionamenti raggiunti nella tecnologia costruttiva delle termocoppie ne hanno fatto degli strumenti di elevata precisione, per frequenze che possono raggiungere diverse centinaia di MHz. Usando termocoppie racchiuse in ampolle a vuoto e sfruttando più termocoppie in serie, è possibile realizzare strumenti della portata di appena qualche mA. Speciali disposizioni costruttive (termocoppie compensate) rendono lo strumento praticamente indipendente dalle variazioni della temperatura ambiente. Grave difetto delle termocoppie è la piccola sovraccaricabilità, che ne rende l'uso estremamente delicato.

Importanza molto minore degli strumenti a termocoppia hanno le altre categorie di strumenti quadratici. Voltmetri quadratici di tipo elettrostatico sono talvolta adoperati per frequenze di alcune centinaia di kHz.

c) Strumenti per misure di tensioni molto piccole. - La sensibilità degli strumenti a raddrizzatore e di quelli quadratici diminuisce rapidamente al diminuire della tensione in gioco. Per la misurazione di piccole tensioni, dell'ordine del decimo di volt o meno, si ricorre perciò all'artificio di far precedere lo strumento indicatore da un adatto amplificatore, la cui stabilità è assicurata dall'uso di una conveniente controreazione (v. fig. 2). Le portate minime di tali strumenti possono raggiungere alcuni millivolt, o anche qualche decina di microvolt se l'amplificatore è sintonizzabile sulla frequenza della tensione applicata (millivoltmetri selettivi). Se il guadagno dell'amplificatore è indipendente dall'ampiezza del segnale applicato, si hanno millivoltmetri lineari; in molte applicazioni si preferiscono peraltro amplificatori il cui guadagno decresce all'aumentare del segnale applicato, sicché la scala dello strumento possa essere tarata in unità logaritmiche, cioè in decibel o in neper (millivoltmetri logaritmici).

Misure di potenza. - Vengono generalmente eseguite mediante strumenti che si sostituiscono all'apparecchio utilizzatore, assorbendo per il loro funzionamento tutta la potenza destinata a quest'ultimo. Tali strumenti sono schematicamente costituiti da una resistenza R0, di valore eguale a quello dell'utilizzatore, e da un dispositivo atto a misurare la potenza P dissipata in R0, secondo i varî metodi illustrati nella figura 3. In a e b, P viene determinata misurando la differenza di potenziale V0 che si sviluppa ai capi di R0 (metodo voltmetrico; si ha: P = V²0/R0) o l'intensità I0 della corrente che attraversa R0 (metodo amperometrico; si ha: P = I²0R0). Nel metodo fotometrico (c) si confrontano, ad occhio o mediante adatto fotometro, gli splendori dei filamenti di due lampade eguali, di resistenza R0, una delle quali (L1) costituisce il carico, mentre l'altra (L2) è alimentata da una sorgente regolabile G di potenza a frequenza industriale. Un wattmetro W di tipo ordinario misura la potenza W′ dissipata su L2. Raggiunta l'uguaglianza degli splendori dei filamenti di L1 ed L2, si ha: P = W′. Nel metodo calorimetrico (d) il calore. sviluppato in R0 per effetto Joule viene asportato da una corrente fluida che scorre lungo R0. Dal valore della temperatura del fluido all'entrata, t1, e all'uscita, t2, si risale al valore di P, noti che siano la portata della corrente e il calore specifico del fluido. Il metodo bolometrico (e) è particolarmente adatto per la misurazione di piccole potenze (anche di qualche microwatt) a frequenza molto elevata. Il carico è costituito da due termistori T1, T2 disposti in serie su un braccio di un ponte di Wheatstone, gli altri tre bracci di questo essendo costituiti da resistori di valore R0. Regolando la tensione continua di alimentazione del ponte, varia la potenza dissipata sui termistori e con questa la loro resistenza: si profitta di ciò per variare questa ultima, fino a raggiungere l'equilibrio. A mezzo del cavo coassiale M si applica quindi ai termistori la potenza a radio frequenza da misurare. I termistori si riscaldano ulteriormente: ne consegue una variazione nella loro resistenza sicché il ponte si squilibra. Per ripristinare l'equilibrio occorre variare da V1 ad un nuovo valore V2 la tensione di alimentazione; risulta allora:

L'azzeramento del ponte può essere ottenuto anche automaticamente; il voltmetro V può essere tarato direttamente in μW. Mediante l'uso di adatti dispositivi (accoppiatori direzionali) il metodo bolometrico può essere esteso alla misurazione di potenze anche elevate.

Misure Di impedenza. - Possono essere effettuate con metodi di zero oppure con metodi basati sulla risonanza. Per i primi si fa uso di ponti in alternata, derivati dal ponte di Wheatstone: l'impedenza incognita Zx (fig. 4) costituisce uno dei quattro bracci del ponte. Questo è alimentato su una diagonale da un generatore di corrente alternata G, mentre sull'altra diagonale è inserito un indicatore di zero D. L'equilibrio è raggiunto quando è soddisfatta la relazione:

essendo Z1, Z2, Z3 le impedenze dei tre bracci noti. L'azzeramento richiede la manovra di almeno due degli elementi costitutivi dei bracci noti, scelti opportunamente. La precisione può raggiungere l'1‰ od anche il o,1‰ per frequenze di alimentazione del ponte dell'ordine di alcune centinaia di Hz; essa decresce all'aumentare della frequenza, tanto che a frequenze dell'ordine della decina di MHz è già difficile trovare dei ponti con errori inferiori all'1‰. Nella fig. 5 sono riportati alcuni degli schemi più usuali di ponti in alternata.

I metodi di risonanza costituiscono, nella misura delle impedenze, un'alternativa all'uso dei ponti in alternata e vengono preferiti a questi ultimi, per la maggiore speditezza della misurazione, quando la precisione richiesta non sia troppo elevata, o quando, alle frequenze più elevate, le difficoltà inerenti all'uso dei ponti diventano eccessive. Caratteristica comune di tali metodi è l'uso di un circuito risonante, costituito in parte con elementi campione e in parte con l'impedenza incognita, che viene portato alla risonanza sulla frequenza f del segnale applicato. La componente reattiva dell'impedenza incognita si determina a mezzo della condizione di risonanza: 4π2f2LC = 1; la componente resistiva viene invece determinata con misure di tensione e di intensità di corrente. L'apparecchio più diffuso per misurazioni di tal genere è il Qmetro (v., in questa App.), peraltro specificamente destinato alla misurazione del fattore di merito di componenti circuitali.

Misure di frequenza. - vengono eseguite mediante campioni di frequenza, passivi o attivi. I primi sono dei dispositivi capaci di indicare direttamente la frequenza del segnale loro applicato; i secondi sono generatori di correnti alternate alla cui frequenza, nota con elevata precisione, viene confrontata la frequenza incognita.

Campioni passivi sono gli ondametri. Si tratta di circuiti oscillanti eccitati dalla corrente di cui si vuol misurare la frequenza. Si varia la capacità C (fig. 6) fino a che la corrente del circuito (indicata da un milli-amperometro a termocoppia M) raggiunga il valore massimo. Il valore della frequenza incognita fx si ricava allora dalla condizione di risonanza: 4π2f²xLC = 1. Spesso la manopola del condensatore variabile C è tarata direttamente in unità di frequenza. Per frequenze al disopra di 100 MHz sono generalmente usati circuiti risonanti a farfalla, a linee, o a ca vità.

Per frequenze acustiche si fa uso di frequenzimetri a ponte. costituiti da ponti in alternata il cui equilibrio dipende dalla frequenza. Uno dei più usati a questo scopo è il ponte di Wien (fig. 7). Applicato il segnale da misurare a una delle diagonali del ponte, si regolano il potenziometro Pe il doppio reostato R-R fino a raggiungere il silenzio nella cuffia telefonica applicata sull'altra diagonale. In tali condizioni vale la relazione fx = 1/(2πRC).

Altri campioni passivi a lettura diretta sono i frequenzimetri elettronici, nei quali uno strumento indicatore a bobina mobile misura l'intensità media Im della corrente di carica di un condensatore C, che, ad ogni periodo della frequenza da misurare, viene caricato ad una tensione fissa V e successivamente scaricato. In tali condizioni si ha Im = fx CV e lo strumento indicatore può pertanto essere tarato direttamente in unità di frequenza. Sono adatti per frequenze fra alcune decine di Hz ed alcune centinaia di kHz.

La precisione conseguibile mediante i campioni passivi è modesta, generalmente dell'ordine dell'i % e, solo raramente, di qualche unità per 1000. Essi vengono perciò adoperati soltanto nei casi in cui la speditezza della misurazione e la semplicità dell'apparecchio adoperato sono di importanza essenziale.

Per misurazioni di frequenza di elevata precisione si fa uso di campioni di frequenza attivi, il più importante dei quali è l'oscillatore a quarzo; assai usato è l'oscillatore Pierce (v. oscillatore elettrico, in questa App.). Con una costruzione molto accurata e con un adeguato proporzionamento del circuito, cui viene assicurata una temperatura costante mediante un termostato, è possibile raggiungere una precisione della frequenza generata anche di 1/100.000.000. Risultati ancora migliori si ottengono a mezzo di circuiti particolarmente elaborati.

I campioni di frequenza attivi si dicono primarî quando la loro frequenza viene determinata con riferimento diretto all'unità di tempo astronomica, oppure secondarî, nel caso che la loro taratura venga effettuata per riferimento ad un campione primario o ad un campione secondario di precisione maggiore. Per i primi la frequenza campione generata, compresa di solito fra 100 kHz ed alcuni MHz, viene divisa elettronicamente in modo da ricavarne una frequenza molto bassa, generalmente 1.000 Hz, con la quale si pilota un orologio elettrico del tipo a motore sincrono. La marcia di quest'ultimo viene confrontata giornalmente con i segnali orarî emessi appositamente da alcuni osservatorî astronomici ed eventualmente corretta mediante un'opportuna regolazione del circuito oscillatore.

La misurazione della frequenza mediante i campioni attivi può essere effettuata secondo due procedimenti distinti. Nel primo metodo la frequenza da misurare fx viene confrontata con le frequenze campione di uno spettro, ottenuto per distorsione di un sottomultiplo f/m della frequenza del campione; la frequenza f/m si ottiene per divisione elettronica della frequenza f generata dal campione. Introducendo la fx e lo spettro in un radioricevitore (o, più semplicemente, in un qualsiasi elemento distorcente), si ottiene, all'uscita di quest'ultimo, la frequenza fΔ = fxkf/m, derivante dal battimento tra la frequenza fx e la riga kf/m dello spettro che risulta immediatamente inferiore ad essa. Il valore di fΔ viene determinato per confronto con un oscillatore a frequenza variabile tarato: per tale confronto ci si serve generalmente di oscillografi a raggi catodici. Nota fΔ, dalla precedente relazione si ricava fx. Nella fig. 8 è riportato lo schema a blocchi dell'apparato. Analogo procedimento viene seguito con i campioni secondarî di frequenza, oggi molto diffusi per il controllo delle apparecchiature elettroniche.

Il secondo metodo è quello adottato nei frequenzimetri a contatore (fig. 9). In questi strumenti, dalla frequenza campione generata dall'oscillatore a quarzo viene ottenuta, per successive divisioni elettroniche, una sequenza di impulsi intervallati l'uno dall'altro di un secondo. Una "porta elettronica" interposta lungo il cammino del segnale di cui si vuol misurare la frequenza, viene aperta da uno degli impulsi suddetti e chiusa da quello immediatamente successivo, per modo che la durata dell'apertura è di un secondo esatto. Un contatore aperiodico, a scala di demoltiplica o a decatron, conta i periodi del segnale applicato che gli vengono addotti durante il secondo di apertura della porta; la frequenza incognita fx applicata all'ingresso viene letta direttamente cifra per cifra sull'indicatore decimale di cui il contatore è dotato.

Bibl.: V. Savelli, Misure di corrente, tensione e potenza in alta frequenza, Milano 1934; S. Malatesta, Lezioni di misure radiotecniche, Livorno 1951; R. Monelli, Elementi di misure elettriche per le telecomunicazioni, Milano 1955; E. Fromy, Mésures en radiotecnique, Parigi 1948; F. E. Terman e J. M. Pettit, Electronic measurements, Londra 1952; L. Hartshorn, Radio frequency measurement by bridge and resonance methods, Londra 1947; B. Haghue, Alternating current bridge methods, Londra 1957.

TAG

Differenza di potenziale

Intensità di corrente

Misure elettriche

Frequenzimetri

Potenziometro