ELETTRICHE, MISURE

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)

ELETTRICHE, MISURE

Claudio Egidi

(XIII, p. 685; App. I, p. 544; II, I, p. 832; III, I, p. 525; IV, I, p. 664)

Generalità. − Le m.e., che includono a pieno diritto anche le misure elettroniche, rientrano nel quadro più generale delle misure fisiche, di cui fanno parte, e hanno collegamenti anche con le misure chimiche. Usualmente vengono suddivise in m.e. di grandezze elettriche vere e proprie e m.e. di grandezze non elettriche.

Le m.e. richiedono a un tempo adatti circuiti e opportuni strumenti. La strumentazione oggi esistente, che ha subito dopo la seconda guerra mondiale un eccezionale sviluppo soprattutto per merito dell'elettronica, grazie all'invenzione e alle applicazioni dei componenti allo stato solido, ha assunto oggi dimensioni imponenti, invadendo tutti i campi metrologici con una straordinaria varietà di modelli. Tale strumentazione elettrica ed elettronica serve infatti tanto a completare quanto a facilitare e automatizzare molte misure correnti di grandezze non elettriche: l'esempio delle bilance elettroniche, ormai diffuse in tutti i negozi e magazzini che vendono merce ''a peso'', ossia misurandone la massa, ne è una dimostrazione particolarmente probante.

Ne segue che in questi ultimi decenni si è grandiosamente sviluppata l'industria della strumentazione, sia nel senso che le maggiori case costruttrici hanno arricchito e arricchiscono continuamente i loro cataloghi, sia nel senso che sono sorte nuove case, di minori dimensioni ma pur di ottima qualità, altamente specializzate. Queste infatti o si concentrano in settori particolari, per produzione di apparecchi specifici in quantità limitate, o forniscono, sotto forma di complessi originali, insiemi strumentali che includono apparecchi elettrici di altrui produzione.

Ai fini delle m.e. di grandezze non elettriche si sono sviluppati in particolare i ''sensori'', dispositivi che rivelano segnali di vario tipo e natura, per es. provenienti da misuratori termici, meccanici o altro, e ne permettono la conversione in segnali elettrici, tipicamente di tensione o di corrente, grazie alla facilità e convenienza di eseguire misure di queste grandezze elettriche a preferenza di altre non elettriche. Il complesso sensore-convertitore è più propriamente denominabile trasduttore.

''Precisione e accuratezza'' (in ingl. precision and accuracy), termini largamente usati, ma con significati non univoci, verranno qui limitati al riporto dei dati di catalogo. Negli altri casi si preferirà parlare in termini di ''incertezza'' (usualmente in senso relativo), definita come ''intorno limitato del parametro misurato''. Per le definizioni relative a questi argomenti si raccomanda la norma UNIPREA ''Misure e misurazioni. Termini e definizioni fondamentali'', UNI n. 4546, novembre 1984; essa è periodicamente aggiornata. Per i sistemi di unità verrà usato unicamente il Sistema Internazionale (SI), con 7 unità fondamentali e 2 supplementari, estensione del Sistema Giorgi, quadridimensionale.

L'enorme sviluppo dell'elettronica, oltre a facilitare in generale la singola m.e. e spesso a migliorarne la qualità, ossia a ridurne l'incertezza, ha reso facile e rapida la ripetizione della misura stessa, ossia ha reso di uso corrente la cosiddetta ''misurazione a letture ripetute''. Tale procedimento vale naturalmente nel caso di grandezze costanti nel tempo entro un adeguato intervallo, in cui vengano mantenute costanti anche le grandezze d'influenza. È stato in tal modo possibile, attraverso l'elaborazione elettronica, costruire in tempi ragionevoli la media, la varianza e altro, parametri che in passato venivano spesso calcolati su scarsa base statistica, a causa del tempo richiesto dai calcoli manuali. L'elettronica ha facilitato da una parte la raccolta di numerosi dati per tempi lunghi e dall'altra la regolazione automatica dei parametri d'influenza (come per es. la temperatura), rilevanti o addirittura determinanti in molti processi metrologici e, in particolare, nelle misure di alta precisione.

I dispositivi usati per la misurazione (o per la regolazione) sono i mezzi per eseguire misurazioni (o regolazioni) e si chiamano apparecchi per misurazione (o regolazione), ulteriormente classificati in campioni materiali e strumenti.

S'intende più in generale come campione primario un campione mediante il quale viene attuato il valore unitario di una grandezza (o un valore a esso riconducibile secondo un rapporto noto), come parametro di un sistema fisico che attua la definizione per via diretta o indiretta, attraverso le leggi fondamentali dell'elettromagnetismo, poste a base del Sistema Internazionale (per le unità di misura, v. unit'a, sistemi di, App. III, ii, p. 1016; IV, iii, p. 729; e in questa Appendice).

I riferimenti per alcune unità di misura, e precisamente quelle di tensione e di resistenza, vengono attuati oggi ai massimi livelli mediante ''campioni quantici''. Questi sono detti anche ''naturali'', poiché in un qualunque laboratorio attrezzato agente autonomamente essi producono un valore particolare della grandezza d'interesse, dipendente unicamente da costanti fisiche fondamentali. In particolare sono ''quantici'' i campioni di riferimento per le unità di tensione e di resistenza, in quanto basati su effetti quantistici di tipo macroscopico (effetto Josephson ed effetto Hall quantistico, o effetto von Klitzing), con i quali si consegue la massima coerenza universale, adottando naturalmente valori convenzionali per le costanti fisiche implicate.

In base a una raccomandazione del CCE (Comitato Consultivo per l'Elettricità), adottata dal CIPM (Comité International des Poids et Mesures) nel 1989 e accettata da tutti gli istituti primari mondiali, a partire dal 1° gennaio 1990 sono stati fissati i seguenti valori per le costanti di Josephson e di von Klitzing:

KJ=483 597,9·(1±0,4·10-6) GHz/V e RK=25 812,807·(1±0,2·10-6) Ω.

I campioni materiali sono gli apparecchi che riproducono, durante l'uso, uno o più valori dichiarati di una grandezza, con un'incertezza nota. A titolo di esempio vanno considerati fra questi, in particolare, i resistori campione, i condensatori e gli induttori campione e anche le pile campione e i generatori di segnali campione: nell'ordine, essi attuano assegnati valori della resistenza, della capacità, dell'induttanza, della tensione continua e della tensione a radiofrequenza.

Una vasta categoria di strumenti usati per la misura di correnti, tensioni e potenze è ancora del tipo ''a bobina mobile'' e indicazione analogica, sebbene siano ora molto diffusi gli strumenti a indicazione numerica, grazie alla larga disponibilità commerciale di convertitori analogico-numerali (o numerici) (A/D, Analog/Digital) e numerale (o numerico)-analogici (D/A, Digital/Analog) e di visualizzatori numerali (o numerici), a elementi luminosi, a cristalli liquidi o di altro tipo.

La quarta unità, di natura elettrica, del SI è ancora oggi la corrente (o intensità di corrente). Essa è definita come segue: l'ampere è l'intensità di corrente che, percorrendo due fili rettilinei paralleli, di lunghezza infinita, di sezione circolare infinitesima, posti nel vuoto alla distanza di 1 m fra loro, produce a ogni metro di lunghezza la forza di 2·10-n,7 N. La relazione di base è F0 I2/2πa, con μ0=4π·10-n,7 H/m e a la distanza tra i conduttori uguale a un metro. Tale unità è ancorata alle unità di lunghezza e di forza (e quindi di massa) e pertanto dev'essere considerata una definizione assoluta, ma non autonoma.

Gli istituti che eseguono tali misure assolute dichiarano di avere raggiunto un'incertezza inferiore a 10−6. Tuttavia per gli usi correnti si preferisce ricorrere alle unità di tensione e di resistenza, che possono essere ''conservate'', data la loro natura ''statica'' (v. tab.). Gli istituti primari dispongono a tal fine di banchi di pile campione e di resistori campione, periodicamente confrontati e sistematicamente calibrati attraverso gli effetti Josephson e von Klitzing.

Un procedimento assoluto per determinare l'unità di resistenza è quello di passare attraverso la reattanza del ''condensatore calcolabile'', ideato e pubblicato (1956) da Thompson e Lampard.

Se un cilindro retto, infinitamente lungo, di sezione qualunque, è suddiviso in 4 sezioni come in fig. 1A e si chiamano C1 e C2 le capacità interne in croce, se inoltre C1=C2, la capacità per unità di lunghezza diventa, nel vuoto,

C= (ε0/π) ln 2=1,953 549 043 pF/m

e pertanto, postulando cilindri perfetti e con assi paralleli, la sua incertezza relativa è uguale a quella della misura della lunghezza, poiché ε0 ha oggi per definizione incertezza nulla. Piccole dissimmetrie fra le capacità in croce possono tuttavia essere ammesse, ove si assuma come valore di calcolo la media (C1+C2)/2.

Fra le possibili attuazioni, la migliore è quella realizzata con 4 cilindri circolari paralleli (sezione di fig. 1B e vista assonometrica di fig. 1C, con elettrodo centrale di guardia). Spostando l'elettrodo centrale, viene delimitata la zona di azione e la capacità varia linearmente con la distanza d, salvo che per piccole distanze, per le quali diventano rilevanti gli effetti terminali.

La fig. 2 fornisce un esempio schematico di un procedimento assoluto per la determinazione dell'unit'a di resistenza mediante la reattanza del condensatore calcolabile. Dopo aver determinato il valore dell'unit'a di capacit'a di 1 pF del condensatore calcolabile (C*), mediante le unit'a di lunghezza e di tempo, note con le incertezze indicate in fig. 2, si effettua la misura di un campione di 1 nF (C) per confronto fra capacit'a, eseguito con un ponte a corrente alternata. Il valore della reattanza capacitiva del campione di 1 nF (X) viene quindi confrontato con un campione di resistenza (R∼) di 100 kΩ con un ponte a corrente alternata alla pulsazione di 10.000 rad/s: nella determinazione di questa pulsazione (e quindi della reattanza capacitiva) interviene nuovamente l'incertezza della misura dell'unit'a di tempo. Il valore così ottenuto di questo campione di resistenza viene successivamente confrontato con quello di un campione di resistenza di 1 kΩ, ancora mediante un ponte a corrente alternata. Infine, dopo aver eseguito il confronto fra il campione di resistenza di 1 kΩ e un altro campione (R=) di 1 kΩ definito in continua (sempre con un ponte in corrente alternata), si perviene alla determinazione del valore del campione di resistenza di 1 Ω mediante il confronto con un ponte in corrente continua.

A causa dei numerosi passi di confronto e di divisione, l'incertezza finale dichiarata dai migliori istituti aumenta, ma è inferiore a 10-n,7; essa è stata sufficiente a valutare per la prima volta la deriva del campione di resistenza mantenuto al BIPM (Bureau International des Poids et Mesures) che, per es., nel periodo 1971-80 è risultata di circa 10-n,7 all'anno.

Misure in corrente continua. - Fin dagli inizi il miglior campione di tensione si è dimostrato (e ancor oggi si dimostra) la pila Weston satura al mercurio-cadmio, il cui valore a vuoto è 1,018636 xxx V a 20 °C; la stabilità di questa è di circa 1·10−7 in un anno, purché la temperatura del bagno in olio che la contiene sia costante entro 10-n,3 K. Negli istituti primari le pile Weston sature vengono riunite in termostati (in gruppi di decine di elementi ciascuno) e vengono confrontate periodicamente. Data la loro delicatezza, si preferisce per il trasporto ricorrere alle pile Weston non sature, più robuste ma non altrettanto costanti: la loro forza elettromotrice, meno sensibile alla temperatura, dipende invece dalla concentrazione dell'elettrolita, lievemente variabile nel tempo.

Di più recente introduzione, ma ormai ben noti, sono i dispositivi Zener, che sfruttano la costanza della tensione inversa del diodo (fig. 3). Con essi si ottengono stabilità dell'ordine di 10−6, con il pregio di una notevole robustezza. Combinando tra loro più dispositivi, si possono ottenere all'uscita variazioni di tensione estremamente ridotte. In tal caso emergono tuttavia altre cause d'instabilità, quali le variazioni di temperatura sullo Zener, e queste rappresentano la limitazione finale del dispositivo.

Per le misure delle alte tensioni continue s'impiegano i divisori (o partitori) resistivi, il cui rapporto è noto con ridotta incertezza, ossia (1÷2)·105 per una tensione primaria fino a 100 kV, salendo a ∼10−4 per tensioni fin verso i 500 kV.

Per la misura di forti correnti continue, la strumentazione consente incertezze fra 1·10−4 e 5·10−3, mediante derivatori (shunts) tarati, che risultano di particolare interesse applicativo nell'elettrochimica e nella trazione metropolitana.

Nei resistori campione a filo la scelta del conduttore viene effettuata in modo da assicurare, insieme con la resistenza all'ossidazione e ai fenomeni d'invecchiamento, basso coefficiente termico e basso potere termoelettrico. Per i resistori da 1 Ω, del ben noto modello Thomas a 4 morsetti, l'incertezza tipica è di 1·10−6, mentre per quelli di valori elevati si possono avere, per es., incertezze di 2·10−5 per valori fra 1 e 100 kΩ, con incertezze crescenti fino a 2·10−3 per valori fra 100 MΩ e 1 GΩ.

Per valori molto bassi, inferiori a 0,1 o a 0,01 Ω, si usano come resistori variabili fili calibrati di resistività e sezione quanto più possibile uniformi, di diametro non inferiore a 1 mm, per ottenere una variazione continua della resistenza tarata. Occorrono ovviamente due morsetti voltmetrici separati da quelli amperometrici.

Per valori molto elevati, compresi fra 1÷10 MΩ e 100 TΩ, si usano generalmente resistori a strato; quando questo sia di carbone, si manifesta un coefficiente termico negativo e un notevole effetto d'invecchiamento. Per i valori più elevati, tali resistori sono muniti di elettrodi di guardia.

Misure in corrente alternata a bassa frequenza e con forme d'onda impulsive. - I migliori strumenti oggi disponibili sono i cosiddetti calibratori; con questo nome s'intendono particolari generatori di misura per tensioni e correnti, dalla continua fino alle frequenze acustiche; per le tensioni, si sale anche a frequenze più alte, non eccedenti però 1 MHz.

I migliori calibratori hanno oggi caratteristiche molto raffinate e sono costruiti da poche ditte altamente specializzate, come per es. la Fluke/Philips e la Datron. A titolo di esempio, si riportano alcune caratteristiche dei migliori modelli disponibili sul mercato. Le portate di tensione continua variano fra circa 200 mV e 1 kV, con risoluzione compresa fra 10 nV e 100 μV. Entro assegnati intervalli di temperatura e di tempo, l'incertezza relativa non eccede 10−5. Le portate di tensione alternata sono comprese fra ∼2 mV e 1 kV, con frequenze da 10 Hz a 1 MHz e risoluzioni da 1 nV a 1 mV. Le incertezze variano fra ∼1·10-4 e 3·10-3, secondo la portata e la frequenza. Sono pure disponibili numerosi valori di resistenza tarata, compresi fra 0 e 100 MΩ. Per le correnti, sia continue sia alternate, le portate variano fra ∼200 μA e 2 A, con risoluzioni fra 0,1 nA e 1 μA per la continua e fra 1 nA e 10 μA per l'alternata e frequenze comprese fra 10 Hz e 10 kHz. Le incertezze relative nelle condizioni di cui sopra variano fra 1·10−4 e 4·10−3, secondo la portata e la frequenza.

I generatori di prova per alta tensione alternata (fino a 1 MV) o per forme d'onda di tipo impulsivo (fino a 2,4 MV) servono per prove su linee e isolatori (nelle condizioni normalizzate dalla IEC, International Electrotechnical Commission). Si tratta di grandi apparecchi, che richiedono ambienti ancora più grandi, per evitare le scariche contro le pareti metallizzate. Per tararli si usano divisori capacitivi oppure resistivi compensati: questi ultimi sono necessari per mantenere inalterata la forma d'onda. Mediante divisori calibrati a trasformatore (detti TV) si misurano tensioni alternate fino a 1 MV. Essi sono divisi in ''classi di precisione'' da 0,1, 0,2, ...3,0 (%), con ben precise caratteristiche. Un esempio può essere il TV 10.000 V/100 V.

Misure ad alta frequenza e a microonde. Generatori campione. - Sono oggi disponibili generatori con una notevole scelta di segnali, per i ricevitori di ogni tipo, professionali, per assistenza al volo, per ponti radio, per radar. Inoltre, per simulare la presenza dei disturbi, tali generatori sono modulabili con vari tipi di modulazione, anche simultaneamente.

Uno strumento assai raffinato (Hewlett Packard 8665 A) genera frequenze portanti comprese fra 100 kHz e 4,2 GHz, con la risoluzione di 0,01 Hz. La portante può essere modulata, anche simultaneamente, in ampiezza e in frequenza e, con un'opzione, anche in impulsi. In questo caso si garantiscono tempi di salita e di discesa inferiori a 5 ns, con un dislivello non inferiore a 80 dB fra le creste e le valli. Varie possibilità sono previste per la modulazione interna (da 0,1 Hz a 400 kHz), con onde sinusoidali, quadre, a dente di sega e triangolari e con rumore gaussiano. La potenza d'uscita nominale è regolabile fra +13 e −139,9 dBm, ossia fra 20 mW (1 V su 50 Ω) e 10,2 aW (22,6 nV su 50 Ω). Specialmente interessanti le misure di selettività e d'intermodulazione, consentite da questi generatori.

Vanno ancora ricordati i generatori di forma d'onda che, con frequenza variabile per es. fra 0,1 mHz e 10 MHz, producono, oltre alla forma sinusoidale, la forma triangolare, rettangolare, a denti di sega, a impulso (positivo o negativo).

Una categoria a parte è quella costituita dai generatori d'impulsi, con frequenze di ricorrenza per es. comprese fra 10 MHz e 1 GHz e tensioni comprese fra 5 e 100 V. Il cosiddetto duty cycle (cioè il rapporto fra larghezza dell'impulso e intero periodo) può essere variato fra l'1 e il 99%. Nei modelli di classe elevata la ripidità del fronte di salita è ben nota e regolabile.

Una serie di altri generatori di onda sinusoidale copre tutte le gamme da 10 kHz a 40 GHz, con elevata purità spettrale e risoluzione assai fine: da 0,1 Hz per le frequenze più basse si sale a scatti fino a 4 kHz. Si veda in particolare la serie Hewlett Packard dall'8656 B in avanti (una trentina di apparecchi).

Alcuni di tali generatori hanno la frequenza altamente stabilizzata, generata per sintesi, e quindi rispondono anche alle caratteristiche dei campioni di frequenza.

A fianco di questi generatori ''fissi'' va ricordata la serie, pure completa, di generatori di spazzolamento (sweep generators), che consentono l'esplorazione continua in frequenza dello strumento in prova, per es. di un amplificatore, o di un filtro, o di un sistema più complesso, con una copertura completa fra la continua e 60 GHz. Nei circa 40 modelli disponibili si notano criteri costruttivi diversi: nei riguardi della copertura si passa infatti da una a 8 decadi.

Componenti campione per corrente alternata e alta frequenza fino alle microonde. - Ai resistori campione a filo si chiede che il valore della resistenza sia il più possibile costante e poco discosto da quello per corrente continua, minimizzando sia il suo incremento, sia i parametri parassiti induttivi e capacitivi. L'effetto di pelle viene ridotto usando conduttori sottili; l'induttanza, schiacciando gli avvolgimenti e usando per es. due fili avvolti in senso opposto e connessi in parallelo alle terminazioni. La capacità, di minore rilievo per i valori bassi di resistenza, si riduce allontanando gli elementi di conduttore a più alta differenza di potenziale. I testi di m. e. forniscono le formule per il calcolo della resistenza equivalente e della reattanza equivalente a partire dai parametri parassiti induttivi e capacitivi. Per frequenze fino a qualche kHz, i valori centrali di resistenza (fra 1 e 100 kΩ) si mantengono entro ∼10−4.

I resistori campione a strato mantengono praticamente costante la resistenza, compresa fra circa 1 e 100 kΩ, fino a un centinaio di kHz; oltre tali valori, si può avere una riduzione per effetto Boella.

Nel campo delle microonde fino a circa 60 GHz, vengono usati resistori campione a impasto per microonde di valore basso, in genere da 50 Ω, per lo più destinati alla chiusura adattata dei cavi coassiali, con ROS (Rapporto di Onde Stazionarie) variabili da 1,01 a 1,22 al crescere della frequenza.

Gli induttori campione fissi, o campioni d'induttanza, sono ottenuti mediante un filo sottile avvolto su nucleo non magnetico, preferibilmente con un solo strato, allo scopo di ridurre le capacità parassite. La capacità è compresa all'incirca fra 1 e 50 pF per induttori di qualche mH, la frequenza limite è di qualche kHz.

Per valori fra 1 mH e 10 H è preferito l'avvolgimento sopra un supporto toroidale non magnetico. Si costruiscono anche induttori variabili e mutui induttori, tanto fissi quanto variabili. Tuttavia gl'induttori sono i peggiori componenti dal punto di vista delle perdite. Per ridurre l'effetto di pelle, si usano fili multipli tipo litz (litzendrähte); per forti correnti, conduttori tubolari argentati.

I condensatori campione, tanto fissi quanto variabili, sono i più puri componenti reattivi alle frequenze alte, grazie anche alle raffinate tecniche di stabilizzazione della capacità e di riduzione delle perdite. Per assicurare la costanza della capacità campione, specie quando vengano avvicinate eventuali masse metalliche durante le misure, è necessario stabilizzare la capacità stessa mediante uno schermo, che la racchiuda pressoché completamente. In tal caso (fig. 4) il condensatore sarà provvisto di tre morsetti, eventualmente riducibili a due, nel caso in cui il morsetto 2 venga connesso con lo schermo. Si usano anche schermi doppi e condensatori a 4 porte coassiali.

Per ridurre le perdite, nei condensatori fissi per basse tensioni sono preferiti dielettrici quali quarzo, mica, polistirolo, nel caso di capacità elevate (fino a circa 1 μF); aria e quarzo, per quelli fissi di piccola capacità (fino a circa 1000 pF) e per quelli variabili. Il vuoto o un gas inerte compresso vengono usati per le alte tensioni. Gli elettrodi sono generalmente costituiti da strati metallici deposti sui dielettrici.

Cassette campione da 4 a 6 decadi vengono per es. garantite con un'incertezza nominale dello 0,1%, ma sono tarate all'1·10−4. I condensatori variabili di precisione, pur con incertezze superiori a quelli fissi, sono usati anche alle radiofrequenze, fin verso i 20 MHz. I profili delle lamine rotanti sono sagomati in modo da ottenere una variazione di capacità lineare in funzione dell'angolo di rotazione. Il comando meccanico assicura il recupero del gioco.

Gli strumenti. - Nei multimetri tradizionali a bobina mobile, destinati alla misura di correnti continue, tensioni continue e alternate a bassa frequenza, oltre che alla misura grossolana delle resistenze, si usa un unico strumento di base a bobina mobile, per es. un microamperometro da 50 μA fondo scala, di classe 1 (%), oppure 0,1, con scala a specchio e indice a coltello: la resistenza specifica è quindi di 20 kΩ/V.

I multimetri elettronici, con presentazione numerica dei dati, hanno il pregio di un'alta resistenza di entrata (∼10 MΩ), indipendente dalla portata, con portate per es. da 2 mA a 10 A, sia per continua sia per alternata, da 200 mV a 1000 V (rispettivamente 750 V) e da 200 Ω a 20 MΩ. Alcuni modelli hanno anche la selezione automatica della portata. Altri consentono invece di misurare tensioni ad audiofrequenza e a radiofrequenza. Si usano scale numeriche da 3 e 1/2, 4 e 1/2, 5 e 1/2 cifre (questa espressione, oggi molto diffusa, per intendere fondi scala di 1 999, 19 999 e 199 999, meriterebbe una più precisa definizione e normalizzazione).

In alcuni modelli più recenti, alla ben leggibile presentazione numerica ne viene associata una analogica, che assicura una specie d'ingrandimento delle divisioni sovrapposte e soprattutto consente di seguire, attraverso i piccoli spostamenti dell'indice, ogni minore fluttuazione della tensione.

I voltmetri elettronici a larga banda sono costituiti da un amplificatore preceduto da un divisore multiplo e si distinguono quelli a frequenza acustica (in realtà anche ultraacustica) da quelli a radiofrequenza. I primi, per es., coprono la gamma fra 10 Hz e 20 MHz, con la misura del valore efficace fino alla portata di 300 V e lettura minima di qualche decina di μV.

Ancora nel campo fra circa 10 Hz e 100 kHz si ricordano gli ''analizzatori audio'' (per es. i modelli UPA 3 e 4 della Rohde e Schwarz), che usano ''reti di pesatura'' del rumore preposte all'amplificatore, sia per l'uso telefonico, sia per quello radiofonico, e sono detti anche ''psofometri''.

I voltmetri elettronici possono misurare anche tensioni continue di piccolo valore, potendosi compensare le derive degli amplificatori. Nel campo delle radiofrequenze, per es. fra 10 kHz e 2 GHz, i voltmetri hanno portata massima di 1000 V e consentono letture minime inferiori al mV.

Di tipo diverso sono gli analizzatori armonici, veri e propri voltmetri selettivi dotati di filtri a quarzo, che consentono la misura delle componenti armoniche di una qualunque forma d'onda, la cui fondamentale sia compresa fra 10 Hz e 100 kHz. Da una lettura minima dell'ordine di 10 μV si passa per es. a una portata massima di 300 V. Essi non danno la fase, ma sono tuttavia di estrema utilità nell'analisi dei dispositivi a frequenza acustica. La larghezza di banda del filtro può essere variata a scatti, per es. fra 315 Hz e 12,5 kHz. Di categoria inferiore e di minor costo sono i distorsiometri (20 Hz÷100 kHz), che forniscono un risultato globale.

Gli strumenti elettrodinamici forniscono una buona approssimazione nella misura diretta del valore efficace, tanto per le tensioni quanto per le correnti a frequenza industriale (fino a circa 1000 Hz); essi assorbono però una corrente non inferiore a una decina di mA.

Fra gli strumenti termici attualmente si distinguono i convertitori termoelettrici, usati come campioni di trasferimento dal regime alternato a quello continuo, e strumenti a lettura diretta basati su sensori termoelettrici, che complessivamente coprono la gamma di frequenze da ∼10 Hz a 1 GHz. L'incertezza è minore di 10−4 fino a ∼1 MHz e va aumentando, fino a qualche percento, al crescere della frequenza. I convertitori vengono usati alle basse frequenze come misuratori di corrente e di tensione, mentre alle radiofrequenze fino alle microonde l'effetto termoelettrico viene utilizzato per la misura della potenza, sia pure con dispositivi costruttivamente diversi.

Per es., uno di tali strumenti, denominato ''misuratore di potenza'' (a termocoppia per le portate maggiori e a diodi per quelle minori), il power meter della Hewlett Packard 436 A, ha una dinamica di 114 dB (da −70 a +44 dBm), fra 100 kHz e 50 GHz. Nella disposizione ''potenza'' l'incertezza garantita è di ±0,5% e in quella ''livello assoluto'', ±0,02 dB ±0,001 dB/°C. Altri costruttori forniscono dispositivi a termocoppia e a diodi fino a frequenze di 300 GHz e oltre, in guida d'onda.

Uno strumento essenziale per costruire i circuiti a radiofrequenza è il Q-metro, che consente di misurare entro ampio campo di valori e larga banda di frequenze il Q, che è un parametro essenziale per definire la qualità di un componente, come una bobina o un condensatore, o di un circuito risonante già montato.

Per es., uno di tali apparecchi è suddiviso in 7 bande fra 22 kHz e 70 MHz e può misurare valori di Q nelle gamme 5-300, 300-600 e 600-1000. Viene assicurata un'accuratezza dal ±7 al ±20% circa.

Per le misure magnetiche in corrente continua, in particolare per il rilievo dei cicli d'isteresi, al tradizionale galvanometro balistico si preferisce oggi il flussometro elettronico. Per le misure in corrente alternata eseguite con l'apparecchio di Epstein, a causa dell'andamento non lineare del ciclo d'isteresi è essenziale che la forma d'onda dell'induzione magnetica sia mantenuta sinusoidale, mentre sarà necessariamente distorta la corrente magnetizzante.

La misura della potenza attiva alle frequenze industriali viene eseguita mediante wattmetri elettrodinamici tradizionali (uno o più, passando dal sistema monofase ai sistemi polifasi), tarabili in continua. Opportune connessioni consentono di tenere conto delle dissimmetrie delle tensioni e degli squilibri delle correnti. L'incertezza cresce al crescere dello sfasamento fra tensione e corrente e per bassi fattori di potenza occorrono quindi strumenti speciali. La misura dell'energia attiva viene eseguita mediante contatori, sebbene più elaborati, del tipo di quelli impiegati nelle utenze domestiche.

Alle frequenze più elevate fino alle microonde, ove è essenziale l'adattamento fra sorgente e carico, si misura generalmente la potenza dissipata sul carico stesso, mediante l'impiego di dispositivi bolometrici, sia a termistore, sia a barretta, sia ancora dei tipi ricordati fra gli strumenti termici.

Speciali misuratori della cifra di rumore consentono di misurare tale parametro negli amplificatori e nei ricevitori fra 10 MHz e 18 GHz. A tale fine si dispone di sorgenti tarate, che oltrepassano tale gamma, fino a 50 GHz.

Strumentazione numerica (o numerale). − Un grande sviluppo hanno avuto gli strumenti numerici per la misura della tensione, non soltanto per la facilità di registrare le letture, ma anche e soprattutto per la ripetizione automatica delle medesime nel caso che, in condizioni di regime, si vogliano eseguire elaborazioni statistiche, come la media, la varianza o altro. Tali strumenti sono preceduti da un convertitore A/N (in ingl. A/D, Analog/Digital) e forniscono i dati sotto forma decadica, con un numero di cifre variabile da 3 a 8, dipendentemente dalla precisione e, più ancora, dalla risoluzione della misura. Come anticipato per i multimetri elettronici, secondo il valore massimo della prima cifra, che può essere 9 o 1, si parla rispettivamente di n cifre (per es., 3 cifre per 999, 4 cifre per 9999) oppure di n cifre e mezzo (per es., 2 cifre e mezzo per 199).

Sebbene la frequenza e il tempo non siano grandezze elettriche, la loro misurazione è rilevante o addirittura fondamentale in una gran parte degli strumenti elettrici, in particolare negli oscilloscopi cartesiani (o polari) in cui l'ascissa (rispettivamente l'azimut) è misurata in unità di tempo. Esiste inoltre l'intera categoria dei cosiddetti ''contatori'', destinati esclusivamente alla misurazione di tale grandezza, più precisamente della frequenza, del periodo, dell'intervallo di tempo, nei quali la presentazione numerica ha soppiantato completamente quella analogica, grazie alla caratteristica concettuale di tale misura, basata sul conto del numero di cicli di una tensione periodica che si susseguono nell'unità di tempo.

I contatori o frequenzi(o)metri possono avere un numero di cifra variabile da un minimo di 3 (per gli usi correnti o minori) a 10 e più per le misure di altissima precisione: essi contengono in genere un campione di frequenza a quarzo, ma possono usufruire di migliori segnali generati da campioni esterni (atomici), che servono a dare ''certezza'' a un maggior numero di cifre del visualizzatore. Si tratta della strumentazione più precisa attualmente disponibile sul mercato mondiale. I campi di frequenza sono compresi fra 0,1 e 100 MHz, con estensioni fino a 110 GHz.

Separatamente sono poi disponibili campioni di frequenza di varie prestazioni, a partire dai primari al cesio (incertezza nei modelli commerciali di ±(2÷5)·10-12 rispetto alla definizione dell'unità di tempo), per passare a quelli al rubidio (deriva di 1·10−11 in un mese) e infine al quarzo (deriva per invecchiamento dell'ordine di 10-10 entro 24 ore). Essi hanno in generale più uscite sincrone con il campione e, in particolare, ne hanno tutti una normalizzata a 5 MHz, che genera 1 V su 50 Ω.

Misure d'impedenza a microonde. - Lo strumento moderno attualmente utilizzato va sotto il nome di analizzatore di reti (network analyzer) che, corredato di apposito generatore, misura in modulo e fase l'onda incidente e l'onda riflessa all'entrata e contemporaneamente all'uscita di un doppio bipolo. Partendo da tali misure vettoriali di tensione, un microprocessore interno fornisce direttamente i ''parametri di diffusione'' nella forma desiderata (carta di Smith, oppure particolari diagrammi in funzione della frequenza). È possibile tarare lo strumento con campioni di riferimento, sia in coassiale sia in guida d'onda, in modo che di detta taratura l'apparecchio tenga conto automaticamente mediante correzione delle misure.

Un modello di analizzatore particolarmente rappresentativo è lo Hewlett Packard 8510 C (fig. 5), il cui campo di frequenza nella versione base va da 45 MHz a 50 GHz in coassiale (110 GHz in guida). La sua dinamica è di 80 dB, il che consente misure di coefficiente di riflessione e di attenuazione con risoluzione di 0,001 dB e 0,01°. Tale apparecchio, con un'opzione prevista, fornisce anche mediante calcolo la risposta nel dominio del tempo, con risoluzione di 0,01 ns.

Rispetto ai modelli precedenti dai quali deriva, esso presenta notevoli miglioramenti; fra questi, una migliore presentazione dei risultati (i 4 parametri di diffusione vengono visualizzati simultaneamente con schermi a colori) e una maggiore velocità di acquisizione dati.

Misuratori di campo elettromagnetico e di disturbi. - Tali strumenti si fondano su un apparecchio di base, che può considerarsi un voltmetro selettivo o, se si preferisce, un ricevitore misuratore, particolarmente sensibile e accordabile, secondo il modello, fra 9 kHz e 30 MHz (per tutta la gamma delle onde lunghe, medie e corte), oppure fra 20 e 1300 MHz (per tutte le gamme televisive di radiodiffusione terrestre). La loro sensibilità varia fra −30 e +137 dB (μV) (ossia fra circa 30 nV e 7 V), la larghezza di banda dell'amplificatore può essere variata entro ampi limiti. Quanto all'uscita, si può usare la posizione ''valor medio'', per le portanti non modulate, oppure le due posizioni di ''picco'' e di ''quasi-picco'', a scelta, per le misure di disturbo.

I segnali d'entrata possono essere portanti di trasmettitori dei quali si vuole verificare l'intensità di campo elettromagnetico. Generalmente si effettua la misura della componente elettrica, mediante antenne ''elettriche'' tarate e, se tale misura viene eseguita a grande distanza (campo lontano), si calcola la componente magnetica attraverso la Zo. Inversamente, si possono usare antenne ''magnetiche'' del tipo a telaio e si effettua l'operazione inversa. Altri procedimenti si usano nel caso della misura del ''campo vicino''.

Per la misura dei radiodisturbi che interessano la gamma radiofonica da 0,15 a 30 MHz si può effettuare e registrare l'intera passata del segnale su appositi nastri di carta calibrati e recanti sovrastampati i limiti ammessi dalle norme CISPR, oppure si può procedere a una registrazione numerica, impiegando i moderni analizzatori di spettro. Un intero corredo di apparecchi ausiliari e, in particolare, di antenne calibrate, viene fornito dalle case specializzate (per es., Rohde e Schwarz).

Misure a microonde. Sintesi. - Sotto questo titolo vengono generalmente riuniti i metodi e gli strumenti tipici delle gamme di frequenza superiori a ∼1 GHz, in parte comuni alle gamme inferiori (misure a radiofrequenza), in parte invece del tutto separati, anche per l'uso dei conduttori a guida d'onda, non usabili alle frequenze più basse. Le case più importanti offrono un'imponente scelta di strumenti, per misure tanto in cavo coassiale quanto in guida d'onda.

Le grandezze da misurare sono in parte quelle oggetto delle altre gamme, ossia: potenza, frequenza, ROS (Rapporto di Onde Stazionarie); è inoltre di particolare rilievo la misura dell'intensità di campo elettromagnetico, specie per determinare la copertura delle stazioni e per l'analisi dei diagrammi di radiazione delle antenne, eventualmente calcolando il campo ''lontano'' a partire da quello ''vicino''.

La più rilevante strumentazione specifica in coassiale e in guida si può così riassumere: commutatori fino a 18 GHz, attenuatori fissi da 3 a 60 dB e frequenze fino a 50 GHz, cassette di attenuatori a scatti e continui, accoppiatori direzionali, isolatori, frequenzimetri, rivelatori a cristallo e mescolatori, generatori di segnali con modulazione di ampiezza, frequenza, fase e impulso, sintetizzatori, oscillatori di spazzolamento (sweep oscillators), analizzatori di spettro, amplificatori, generatori d'impulsi, misuratori di potenza su carico adattato. Esistono tuttavia anche dei veri e propri wattmetri, che misurano la potenza di transito, sia incidente sia riflessa, in qualunque condizione di adattamento del carico. Altri strumenti di pregio sono i già ricordati misuratori della cifra di rumore e gli analizzatori di reti, corredati delle scatole di elementi tarati (calibration kits).

Oscilloscopi e oscillografi. - La moderna strumentazione in questo settore è particolarmente ricca di modelli, tanto che le maggiori case offrono apposite guide per la scelta dello strumento più adatto a ogni particolare applicazione, come per es. l'Oscilloscope Reference della Tektronix. A titolo di esempio, ci sono modelli con larghezze di banda di 50 MHz, 300 MHz, 1 GHz, per fenomeni periodici (con riduzione di banda per impulsi isolati). Le portate variano da una decina di mV a 40÷50 V. I tempi di salita possono scendere fino a 100 ps e anche meno.

Si nota inoltre la tendenza ad abbandonare in molti casi i tradizionali apparecchi analogici a favore di quelli numerici che, sebbene risultino più complessi e costosi, offrono tuttavia migliori prestazioni, pur senza raggiungere le estreme velocità, caratteristiche degli oscilloscopi analogici. I parametri da tenere in conto sono: il ritmo della numerizzazione (digitizing rate), la larghezza di banda, la risoluzione in tensione e in tempo, la durata della memoria. Fra gli elementi ausiliari, il colore della traccia.

Fra le prestazioni più attraenti si nota la possibilità di registrazione rapida di un segnale su apposita micropiastra (microchannel plate) e successiva scansione e numerizzazione molto più lenta, passando attraverso una telecamera allo stato solido. Interessante pure un accessorio, che può essere installato su qualunque oscilloscopio numerico per memorizzare circa 500 forme d'onda su dischetto da 89 mm (3,5″).

Per ovviare alle limitazioni di banda degli amplificatori verticali, sono stati da tempo introdotti dispositivi campionatori che, a imitazione dello stroboscopio, prelevano o con assegnata periodicità o in modo casuale campioni dell'onda in esame per ricostruirla fedelmente ma con frequenza molto ridotta.

Un apparecchio di pregio (Hewlett Packard 54121 T) viene per es. descritto come segue: larghezza di banda da 0 a 20 GHz; tempo di salita 17,5 ps; ''accuratezza'' degli intervalli di tempo 10 ps; risoluzione temporale 0,25 ps; base di tempo variabile fra 10 ps/div e 1 s/div; ''accuratezza'' verticale 0,4%; risoluzione verticale 32 μV; sensibilità verticale da 1 a 80 mV/div; 4 canali di entrata; possibilità di tracciare istogrammi.

Tuttavia col progresso dei dispositivi elettronici e il conseguente aumento delle larghezze di banda dei moderni amplificatori è oggi meno sentita la necessità dei campionatori, che fra l'altro sono anche molto costosi.

Sono disponibili sul mercato numerosi modelli di oscilloscopi a memoria, tanto analogica quanto numerica. Per quelli a memoria analogica si usano o fosfori ad alta persistenza oppure speciali schermi interni al tubo catodico, del tipo a maglia, dei quali, mediante comando elettronico, si può variare la persistenza.

Le memorie numeriche fanno parte di più completi sistemi, nei quali la numerizzazione si applica tanto all'informazione verticale quanto a quella orizzontale. Vengono a tal fine utilizzati indirizzi di memoria orizzontali, che vengono poi esplorati a velocità maggiore o minore, a piacere, e successivamente il contenuto delle memorie viene convertito in forma analogica per la visione sullo schermo. Queste memorie sono particolarmente utili nel caso di fenomeni transitori, oppure di fenomeni periodici a periodicità molto lunga. Si nota altresì il pregio di conservare la traccia sullo schermo anche per ore, senza degradazione apprezzabile.

Una strumentazione specifica viene costruita per le misure sulle catene televisive, riunendo spesso in un medesimo strumento varie funzioni. Le principali misure riguardano: generazione e verifica dei segnali di prova con impulsi 2T e 20T, rilievo del ritardo di gruppo e della risposta in frequenza, misura del rumore, del guadagno e della fase differenziale, del ritardo crominanza-luminanza, della profondità di modulazione dei segnali di prova, in particolare delle barre di colore. Un apparecchio specifico è il cosiddetto ''vettoriscopio'' (fig. 6), che fornisce una presentazione vettoriale dei segnali, mentre numerosi altri accessori completano la dotazione televisiva, che si va continuamente arricchendo.

Infine gli schermi a colori consentono la riproduzione stereoscopica delle immagini, generalmente con la tecnica dei cristalli liquidi, permettendo di soddisfare ogni più raffinata esigenza nei più svariati settori, come per es. la progettazione meccanica automatica (CAD, Computer Aided Design), la gestione delle risorse terrestri, l'animazione, la simulazione, l'architettura.

Trasduttori per misure fisiche in generale. - Tali apparecchi, che spesso vengono trattati nei testi di m.e. e nelle riunioni scientifiche del settore sotto il titolo di ''misure elettriche di grandezze non elettriche'', hanno ormai una larghissima diffusione nei più svariati campi tecnici. Di solito viene usato il termine ''sensore'', limitandosi così alla caratteristica del trasduttore di ''sentire'' la grandezza d'interesse, come per es. la temperatura, e omettendo la sua funzione convertitrice in grandezza elettrica.

I sensori "sentono'' per es. una temperatura, un'intensità luminosa, uno spostamento, una massa e così via, e la convertono o la "trasducono'' in una grandezza elettrica, usualmente una tensione. Quindi si procede a una conversione dei segnali analogici in segnali numerici. Questa conversione di segnali consente così di poter usufruire di tutta l'elaborata strumentazione oggi disponibile nel campo elettrico ed elettronico, ai fini della ripetizione, della registrazione, dell'elaborazione statistica dei dati, oltre che dell'utilizzazione dei segnali elettrici per azionamenti e comandi vari.

Si distinguono in genere i sensori attivi, che producono direttamente i segnali elettrici, come per es. le coppie termoelettriche, in cui la forza elettromotrice generata è funzione della temperatura della giunzione, da quelli passivi, come per es. resistori a filo che vengono fatti percorrere da corrente esterna, per misurarne la resistenza al variare della temperatura del filo.

Una gran parte della strumentazione meccanica tradizionale viene oggi completata con dispositivi elettronici, acquisendo vantaggi di vario genere, come in particolare una grande facilità e sicurezza di lettura, associate a un'aumentata precisione. Vengono dati due esempi: il primo è un calibro per officina di modello tradizionale con microprocessore incorporato, in cui viene assicurata una risoluzione di 0,01 mm (e pari ''precisione''), con lettura numerica a cristalli liquidi, fra 0 e 160 mm. Il secondo esempio è una bilancia elettronica commerciale di un tipo comune, che in varie forme e modelli è reperibile ormai in quasi tutti i negozi di generi alimentari. Fra le caratteristiche più comuni vanno ricordate le seguenti: portate da 5 o 10 o 25 kg; uso di visualizzatori a cristalli liquidi; indicazione del peso (massa), della tara, del prezzo unitario (in lire/kg), dell'importo totale; possibilità di sottrazione della tara, con eventuale arrotondamento.

Acquisizione dei dati, elaborazione, memorizzazione. - Dai paragrafi precedenti emerge una caratteristica fondamentale dell'attuale tecnica delle misure, come metodologia e come strumentazione, ossia il pieno intervento dell'informatica, che ha aperto nuovi orizzonti metrologici, non meno rilevanti di quelli che hanno prodotto la diffusione dei mezzi di calcolo negli uffici e nei laboratori.

Infatti l'acquisizione dei dati strumentali di un sistema di misure può avvenire in forma automatica e sequenziale (fig. 7) con un ben determinato programma, rilevando i segnali di uscita di un sistema di strumenti e/o sensori, misurandoli ed elaborandoli, per fornirne poi una registrazione sistematica. I consueti mezzi informatici si utilizzano a tal fine per raccogliere, ordinare, memorizzare ed elaborare i dati, oltre che per modificare a programma le condizioni sotto le quali i dati stessi sono stati rilevati. In altri termini è possibile rilevare automaticamente una curva o un sistema di curve caratterizzanti un assegnato fenomeno e tener conto di eventuali fenomeni d'isteresi.

Gli attuali strumenti di misura, in una forma piuttosto generale, sono spesso predisposti in un sistema come quello della fig. 7, in modo da poter accettare in forma preferibilmente numerica i necessari comandi, generati dal programmatore centrale.

In altri termini, quello che una volta era il principale oggetto di studio, ossia lo strumento in sé, oggi non è più che uno degli elementi, pur indispensabili, che fanno parte dell'intero sistema. I mezzi tecnici si sono dunque espansi e i concetti di affidabilità e sicurezza debbono essere scrupolosamente seguiti, per non perdere i vantaggi di così complesse e costose strutture. Resta poi sempre il problema, progressivamente ogni volta più difficile e delicato, di controllare la correttezza dei dati finali ai fini dell'uso cui essi sono destinati. È questo un problema spesso aperto, specie nel caso di segnali complessi e non ripetitivi sottoposti a misura: alla sua soluzione si stanno dedicando i migliori specialisti di strumentazione elettronica.

Bibl.: G. Zingales, Metodi e strumenti per le misure elettriche, 3ª ed. aggiornata, Torino 1986. Per dati e argomenti aggiornati cfr. poi i cataloghi (di periodicità generalmente annuale) delle principali casi produttrici: Datron Instruments; Fluke and Philips; General Radio Company; Hewlett Packard; Rohde und Schwarz; Tektronix.

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