VAROTTO, Michele

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 98 (2020)

VAROTTO (Varotti, Varoltus), Michele

Francesco Saggio

Nacque forse a Novara, da Bernardino Varotto di professione sarto; ebbe un fratello più giovane, Geronimo (Jeronimo), pittore, decoratore e miniaturista, nonché organista nel duomo della stessa città dal 1558 (Dahnk Baroffio, 1987, pp. 115 s.). La data di nascita, ignota, può essere collocata attorno al 1525 sulla base di elementi indiziari relativi alla sua ordinazione sacerdotale, avvenuta certamente dopo il 1549 e prima del 1552, quindi nel biennio 1550-51, a un’età presumibile di circa 25 anni (Barbierato, 1991, p. 168).

Non si hanno notizie certe di Varotto prima dell’impiego nel duomo di Novara (1546). Lazaro Agostino Cotta (1701) registra «Michele Varotti già canonico di S. Giulio nell’Isola 1560», sul lago d’Orta: l’informazione, poi ripresa da altre biografie, non è al momento suffragata da alcuna fonte documentaria. Non meno incerta è l’identificazione di Varotto con il «Michele Novarese» che nel Dialogo della musica di Anton Francesco Doni (Venezia, Girolamo Scotto, 1544) compare sia come interlocutore (c. 2v) sia con un madrigale, Di tre rare eccellenze adorna e bella (cc. 17v s.), su un’ottava rima di Ludovico Domenichi.

Il primo documento in cui compare Varotto è un pagamento registrato nei libri delle spese del capitolo del duomo di Novara: dal 1° aprile 1546 è stipendiato come cantore in cattedrale (tutti i documenti d’archivio sono citati in Barbierato, 1991). Fin dall’inizio dovette ricoprire un ruolo preminente tra i cantori, godendo di una paga superiore rispetto ad altri in servizio già da più di un decennio. Al 1549 risale un pagamento per una «missa nova»: sembrerebbe una delle sue prime composizioni musicali. Nel 1553 le sue mansioni vennero stipulate in un atto notarile, entrato in vigore l’anno dopo: da quel momento lo stipendio gli venne aumentato e fu poi mantenuto costante fino alla morte, salvo i pagamenti aggiuntivi per servizi liturgici extra; esso comprendeva le attività corali ordinarie e per le funzioni del sabato nella cosiddetta cappella dei Tre Re (cappella dell’arcidiacono Melchiorre Langhi), oltre ai servizi per i ministralia pauperum (privi però di informazioni documentate). Nel 1566 venne retribuito anche come insegnante di cinque pueri cantores, mentre al 1559 risale il pagamento dell’affitto della casa di S. Giacomo, di pertinenza del capitolo, nella quale risiedeva.

La qualifica di maestro di cappella appare nei registri dal 1563 (Barbierato, 1991, p. 165). È l’anno della sua prima opera a stampa conosciuta, il Missarum liber primus (Venezia, Girolamo Scotto), che contiene quattro messe a sei voci (De Beata Virgine, Voicy le temps, Veni creator spiritusPro defunctis) e una a otto (Sancta Trinitas). È notevole che nella messa da Requiem, al posto del Dies irae, compaia la sequenza Homo natus in hoc mundo (cfr. Chemotti, 2020); mentre la messa a otto voci, composta a imitazione dell’omonimo mottetto di Dominique Phinot (1548), è forse la prima in due cori mai pubblicata in Italia. Il libro è dedicato al cardinal Giovanni Morone e reca un decastico encomiastico di (Ercole?) Cimilotti, che paragona Varotto, «Insubrum gloria, fama, decus», ad Anfione, Orfeo, Omero e Virgilio. L’inventario della Società musicale dell’Accademia della Vittoria di Verona registra al 19 giugno 1560 una «copia di Messe di Michel Varoto a 8» (cit. in Barbierato, 1991, p. 183), oggi non più esistente: qualora si fosse trattato di una prima edizione dello stesso Liber primus del 1563, oggi perduta, l’indicazione ‘a otto voci’ sarebbe stata desunta dall’ultima messa; peraltro una pubblicazione del libro prima del 1560 spiegherebbe anche la dedica al presule, che era stato vescovo a Novara dal 1552 al 1560.

Nel 1568 apparvero le Sacrae cantiones in omnes anni festivitates, tum vivae voci, tum omnibus musices instrumentis aptissimae a cinque voci (Venezia, Antonio Gardano), dedicate a Ottavio Farnese, duca di Parma e Piacenza, cui pure è rivolto il primo mottetto Farnesi heroum soboles. L’opera venne riedita nel 1590 a Milano (da Francesco ed eredi di Simone Tini), e poi ancora nel 1594 a Venezia (Angelo Gardano), entrambe le volte senza la dedica e il mottetto encomiastico. Risale allo stesso anno un Hymnorum liber, 5. voc. stampato a Venezia, di cui resta menzione unicamente in un catalogo della fiera libraria di Francoforte sul Meno dell’anno dopo (Göhler, 1902).

Nel 1575 Varotto risulta debitore di una casa in Pagliate, dipendente dalla prebenda di S. Michele, per la quale doveva corrispondere un affitto annuo perpetuo: il documento relativo lo qualifica, per la prima volta, come canonico (Barbierato, 1991, pp. 165 s.). Con questo titolo figura in testa a Li otto Magnificat a cinque voci a dui chori (Venezia, Giovanni Antonio de’ Antoni, 1580), dedicati al cardinal Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano: i due cori si alternano versetto per versetto senza mai sovrapporsi; in coda, una messa e un Magnificat a dieci voci in dialogo. Gli otto Magnificat, limitatamente al coro II, furono accolti en bloc in una collettanea tedesca, fianco a fianco con quelli di Vincenzo Ruffo e Francisco Guerrero (Norimberga, Katharina Gerlach, 1591). Quattro anni dopo, nel 1584, Varotto dedicò le Sacrae cantiones partim senis, partim octonis vocibus decantandae tum vivae voci tum omnibus musices instrumentis aptissimae, liber primus (Brescia, Vincenzo Sabbio) a un altro personaggio eminente della Milano spagnola, il magistrato Antonio Landonio (o Londonio).

Nel 1585 prese parte alla collettanea Sdegnosi ardori, musica di diversi auttori, sopra un istesso soggetto di parole a cinque voci (Monaco di Baviera, Adamus Berg; edd. mod. in Musik der Bayerischen Hofkapelle zur Zeit Orlando di Lassos, a cura di H. Leuchtmann, II, Wiesbaden 1989, pp. 11-15; e in Settings of “Ardo sì” and its related texts, a cura di G.C. Schuetze, I, Madison, Wi., 1990, pp. 55-59). L’«istesso soggetto» è il madrigale di Battista Guarini, Ardo sì, ma non t’amo, divenuto poi celeberrimo, musicato qui trentun volte da ventotto compositori diversi. Non si sa per quali vie il novarese Varotto sia stato mobilitato dal promotore della collettanea, Giulio Gigli da Imola, cantore alla corte bavarese. Lo stesso madrigale fu ristampato l’anno dopo in una miscellanea d’ambito assai meno cosmopolitico, promossa da un cantore nel duomo novarese, Giovan Battista Portio, che di Varotto si proclama allievo: Fiamma ardente de madrigali et canzoni a cinque voci, con un dialogo a dieci de diversi soggetti (Venezia, Giacomo Vincenzi e Ricciardo Amadino, ad istanza del libraio milanese Pietro Tini). Accanto a una serie di opere del defunto organista milanese Giuseppe Caimo, Varotto vi figura con quattro composizioni di varia pezzatura: oltre al già citato Ardo sì, ma non t’amo, collocato in apertura, il madrigale Prometter vi potete e star sicura, la canzonetta in cinque parti In una valle a’ piè d’un alto poggio, e il curiosissimo dialogo A segnor hermano, io digo io digo, a dieci voci. Vi si intrecciano dialoghi e monologhi di diversi linguaggi: Spagnuolo e Napolitano; Ser Gratiano (bolognese) e Milanese; Cingaretto; Magnifico e Zani; Ciciliano e Genoese; Francese (ed. a cura di W. Kirkendale, in Das Chorwerk, 125, Wolfenbüttel 1975). Sono queste le sole sortite note nel campo della musica di società da parte di un sacerdote, a quest’epoca sessagenario, che, a giudicare dalle pubblicazioni pervenute, fu altrimenti votato in toto alla musica da chiesa. Ma non si può escludere che siano esistiti altri libri suoi, oggi perduti, e tra di essi qualche libro di madrigali: in quest’epoca, infatti, tantissimi compositori, anche ecclesiastici secolari o regolari, ne diedero in luce almeno uno, intorno ai venticinque anni d’età, a mo’ d’un pubblico attestato della compiuta formazione musicale.

Tra il 1587 e il 1588 il canonico Varotto funse da segretario responsabile del Liber administrationis folii del duomo novarese (Barbierato, 1991, p. 166). Nel 1587, con le Lamentationes Hieremiae Prophetae, aliaeque divinae laudes in maiori hebdomada a cinque e otto voci, avviò la collaborazione con gli editori milanesi Francesco ed eredi di Simone Tini, che licenziarono poi quasi tutti i suoi successivi libri. La dedica, datata 1° luglio, è rivolta a Cesare Speciano, vescovo di Novara negli anni 1584-85, indi nunzio apostolico a Madrid, come risulta anche dalla dedica («Hispaniarum regi Philippo nuntius»). Sempre al 1587 risale la Psalmodia vespertina a quattro e otto voci, a cori alterni (il colophon è firmato da Michele Tini, stampatore per conto dei cugini), questa volta dedicata all’abate Sforza Speciano, fratello del vescovo. Nel 1590 uscì la Hymnorum musica secundum ordine Sanctae Romanae Ecclesiae a cinque voci, sempre per gli stessi editori e stampatori milanesi, con una dedica al francescano Carlo Bottigelli, firmata dall’editore e libraio Francesco Tini. Il frontespizio recava in origine la dicitura noviter ristampatum, ma la parola ristampatum è stata corretta in impressum mediante un tassello incollato: difficile accertare se si tratti di una effettiva novità oppure di una ristampa del perduto libro di inni del 1568.

Una nuova Psalmodia vespertina in dialogo, a otto voci con cori alterni, apparve nel 1594, con dedica di Varotto ai canonici del duomo di Novara, in data 12 ottobre, mentre l’anno dopo uscì il Liber primus missarum a otto voci, con una a dodici, dedicato il 15 luglio al nuovo vescovo di Novara, Carlo Bascapè (in latino: «a Basilica Petri»). Entrambi i libri portano il marchio editoriale dei Tini di Milano. Nel 1596 Varotto partecipò a una Psalmodia vespertina collettiva a cinque voci, dedicata a Timoteo Baroffio, prefetto della certosa di Garignano, dai Tini col loro nuovo socio, Filippo Lomazzo. Dei diciassette musicisti qui convocati, Varotto è l’unico che figuri con due brani, il Domine ad adiuvandum me festina iniziale e Confitebor tibi Domine in toto corde meo.

Dal 1597 Varotto fu affiancato, tanto nelle attività corali quanto nell’insegnamento, da don Francesco Ramella, il sacerdote che gli subentrò poi in tutte le funzioni dopo la morte. Nel 1598 un suo madrigale spirituale apparve nella collettanea Delli pietosi affetti, dedicata dall’editore veneziano Giacomo Vincenti in data 1° febbraio 1597 (more veneto?) al poeta stesso, il monaco cassinese Angelo Grillo. Infine nel 1599, in data incerta, vennero in luce le Sacrae cantiones in omnes anni solemnitates a otto voci (Milano, Agostino Tradate), dedicate al fratello Geronimo, canonico in S. Maria Maggiore a Novara.

Morì il 16 febbraio 1599 e venne tumulato in duomo, «nella sepoltura de’ sacerdoti accanto ali scallini [sic] del choro». Il suo ultimo stipendio, relativo appunto al mese di febbraio 1599, fu incassato dal fratello Geronimo.

Un mottetto a sei voci, Spiritus meus super mel, apparve post mortem nella Promptuarii musici … pars altera curata da Abraham Schadaeus (Strasburgo, Kieffer, 1612): non se ne conosce alcuna edizione anteriore, il che avvalora il sospetto che qualche libro di Varotto manchi all’appello.

Fonti e bibliografia

L.A. Cotta, Museo novarese, Milano 1701, p. 297; A. Göhler, Verzeichnis der in den Frankfurter und Leipziger Messkatalogen der Jahre 1564 bis 1759 angezeigten Musikalien, Leipzig 1902, p. 45; V. Fedeli, Le cappelle musicali di Novara dal secolo XVI a’ primordi dell’Ottocento, Milano 1933, p. 56; E. Dahnk Baroffio, Jeronimo V., pittore novarese del ’500, in Novarien., XVII (1987), pp. 115-128; A. Einstein, The Italian madrigal, II, Princeton 1949, p. 770; K. Fischer, Nuove tecniche della policoralità lombarda nel primo Seicento: il loro influsso sulle opere di compositori di altre aree, in La musica sacra in Lombardia nella prima metà del Seicento, a cura di A. Colzani - A. Luppi - M. Padoan, Como 1985, p. 42; L. Prete, Vita musicale nel Duomo di Novara. Un catalogo, tesi di laurea, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, a.a. 1988/89; R. Barbierato, Un musicista ed una istituzione troppo sconosciuti. M. V. e la cappella musicale del duomo di Novara, in Novarien., XXI (1991), pp. 159-184; M. Donà, V., M.The new Grove dictionary of music and musicians, London 2001, p. 329; R. Bayreuther, V., M.Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XVI, Kassel 2006, coll. 1347 s.; A. Chemotti, Polyphonic music pro mortuis in Italy, 1550-1650, Lucca 2020, pp. 44 s. – Si ringrazia Rodobaldo Tibaldi per i suggerimenti.

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