PIRONTI, Michele

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 84 (2018)

PIRONTI, Michele

Giuseppe Ferraro

– Nacque il 24 gennaio 1814 a Misciano, un piccolo borgo di Montoro nel Principato Citra (Salerno), da Francesco Antonio e Rosa Belli.

Secondogenito di tredici figli, frequentò nel suo paese d'origine la scuola del parroco Giuseppe Grimaldi e successivamente il liceo di Nola, dove approfondì gli studi letterari e classici per poi passare a quelli di diritto a Salerno. Anche dopo essere diventato avvocato non tralasciò la giovanile passione per le materie classiche e la poesia scrivendo numerosi sonetti, liriche, odi e canti. Agli interessi per la letteratura in anni più tardi affiancò anche quelli per la filosofia tomistica. L’ambiente famigliare in cui visse influenzò certamente la sua formazione politica. Lo zio materno, Alfonso Belli, nella rivoluzione del 1820-21 si era infatti distinto per i suoi sentimenti favorevoli alla costituzione e per questo era stato condannato all’esilio.

La vita e la successiva attività politica di Pironti si svilupparono lungo tre assi diversi, ma non per forza contrapposti. Negli anni Trenta e  Quaranta dell’Ottocento si collocò tra i principali esponenti del liberalismo avanzato napoletano, venato anche da sentimenti democratico-mazziniani; nel decennio successivo la lunga detenzione nelle carceri borboniche fece di lui un ‘martire politico’; negli anni postunitari invece si distinse per le sue posizioni conservatrici e a volte autoritarie in difesa della stabilità dello Stato liberale italiano da poco edificato.

A partire dal 1837 le frequentazioni con Saverio Avossa portarono Pironti ad avvicinarsi maggiormente alle idee liberali e riformatrici. Nel 1844 entrò a far parte della loggia massonica lucano-salernitana, ed ebbe la possibilità di stringere amicizia con Luigi Settembrini. In quegli anni fu anche tra i firmatari di una sottoscrizione per offrire una spada d’onore a Giuseppe Garibaldi, cominciando a partecipare alle riunioni al Caffè del Campo, ma ben presto la sua stessa abitazione divenne luogo di incontro e di dibattito politico-culturale. Fervente sostenitore del sistema costituzionale, le sue critiche verso l’assolutismo – come dimostrò anche la pubblicazione a Salerno agli inizi del 1848 di una tragedia dal titolo Pandolfo Petrucci, dove i riferimenti al tiranno senese e a Ferdinando II di Borbone erano chiari – attirarono su di lui l’attenzione della polizia borbonica; ma le mutate condizioni politiche e istituzionali verificatesi in quei mesi gli evitarono conseguenze più pesanti. Il 1848 rappresentò quindi nella sua vita un momento di svolta: la concessione della costituzione e della libertà di stampa gli permisero, come a molti patrioti meridionali della sua generazione appartenenti ai quadri più avanzati dell'aristocrazia e della borghesia napoletana, di dedicarsi, anche se per un breve periodo, all’attività politica in pubblico. In Pironti era chiara la valutazione che il popolo, in quella congiuntura storica, fosse troppo lontano dal comprendere le conquiste costituzionali. Nelle elezioni del 27 aprile 1848 venne eletto deputato nel Principato Citeriore con 3904 voti, mentre l’8 maggio venne nominato giudice della Gran Corte criminale di Santa Maria Capua Vetere. All’azione politica affiancò quella giornalistica: il 20 febbraio uscì il primo numero del bisettimanale La Guida del popolo, da lui fondato e diretto.

Sulle pagine del giornale oltre alle questioni politiche e giuridiche venivano trattati temi legati al contesto economico-sociale del Regno, la questione del lavoro. Problematiche sulle quali Pironti aveva riflettuto già in passato quando era socio della Società economica e quando si era fatto promotore del periodico Il Picentino.

Si legò d'amicizia con Francesco Trinchera, con il quale diede vita a un altro giornale, L’Indipendente, che, nonostante la forte reazione borbonica dopo il ritiro della costituzione, fu stampato fino al 1849. La Guida del popolo aveva cessato invece le sue pubblicazioni già nel maggio del 1848, quando egli fu tra i firmatari della protesta scritta da Pasquale Stanislao Mancini contro Ferdinando II e le politiche repressive che accompagnarono la manomissione della legge fondamentale dopo i fatti del 15 maggio. Il fallimento dell’esperienza costituzionale, a cui fece seguito una forte reazione verso chi aveva sostenuto il cambiamento, vide in Pironti una delle principali vittime della giustizia borbonica. L’atteggiamento di ostracismo della monarchia nei confronti dei liberali moderati aveva infatti portato questi ultimi ad assumere una linea rivoluzionaria e li aveva spinti verso la cospirazione e non la collaborazione con il governo. Per queste ragioni nell’ottobre del 1848 venne sospeso dalla magistratura e il 3 agosto 1849 seguì il suo arresto con l’accusa di essere di princìpi anarchici. Durante una perquisizione nella sua abitazione la polizia ritrovò della documentazione considerata sovversiva. A queste accuse nelle settimane successive si aggiunsero quella di essere l’ispiratore dell’attentato del 16 settembre alla reggia e quella di essere tra i capi della setta denominata Unità Italiana. Il processo si concluse nel febbraio 1851 con la condanna a morte di Pironti; la sentenza venne però tramutata in ventiquattro anni di carcere duro. Da quel momento in poi, nelle carceri borboniche, cominciò per Pironti un decennio di sofferenze che minò profondamente il suo stato di salute. Proprio la salute malferma impedì la sua deportazione negli Stati Uniti. L’amnistia concessa in occasione delle nozze del principe ereditario Francesco II, l’8 gennaio 1859, permise a Pironti di ottenere la libertà.

Con gli stravolgimenti politici del 1860 e il crollo del Regno delle Due Sicilie, egli iniziò una fase nuova della sua vita, collocandosi tra gli esponenti principali del liberalismo meridionale che stava da quel momento diventando classe dirigente italiana. Il 17 settembre 1860 fu nominato consigliere della Corte suprema di Napoli e nel gennaio 1861 fu eletto deputato tra i banchi della Destra per il collegio di Nocera Inferiore. Ne decadde, però, per la nomina dal 25 luglio al 27 ottobre a segretario generale di Grazia, Giustizia e Culto nella Luogotenenza di Enrico Cialdini, dove si distinse per i provvedimenti contro il clero e per l’epurazione dei magistrati ritenuti vicini ai Borbone. Nei ballottaggi del 29 dicembre dello stesso anno venne rieletto alla Camera. La sua esperienza politica nazionale fu breve. Non fu infatti confermato deputato nel 1865. Nel 1867 venne nominato fino al 1868 commissario straordinario per il Comune di Napoli, dove si distinse per una gestione a tratti autoritaria in difesa della severa applicazione delle leggi dello Stato e per il contrasto alle posizioni politiche acquisite dalla Sinistra.

In Pironti sembrava emergere in quel periodo la necessità di preservare la stabilità del nuovo Stato sacrificando spesso le libertà tutelate dallo Statuto Albertino. Questo atteggiamento gli valse, da una parte, l’ammirazione e la stima dei settori legati alla Corona e al mondo più conservatore della Destra parlamentare, dall’altra, l’odio e le critiche delle opposizioni e in particolare di molte testate giornalistiche, soprattutto durante il suo ruolo di procuratore generale della corte d’appello di Napoli nel 1868. La stampa fu, infatti, più volte oggetto dei suoi interventi.

Che l’operato del Pironti fosse in linea con quello della Corona e dei settori più conservatori della Destra al governo fu evidenziato da molti suoi oppositori al momento della nomina del febbraio 1869 a senatore e successivamente a ministro della Giustizia nel terzo governo presieduto da Luigi Federico Menabrea fra maggio e dicembre dello stesso anno.

Come ministro si ritrovò a operare in un contesto assai delicato, quale quello dello scandalo della Regia dei tabacchi connesso all’affare Lobbia, che vedeva coinvolti alcuni parlamentari accusati di corruzione e, secondo le opposizioni, lo stesso Vittorio Emanuele II. Pironti esercitò tutta l’influenza e la forza del suo ruolo per difendere la Corona e il governo, facendo pressioni e trasferendo quei magistrati poco malleabili dalle esigenze politiche del momento. Anche in questo caso il suo operato fu messo sotto accusa dalla stampa (soprattutto i giornali l’Unità cattolica, la Riforma, il Roma) e dalle opposizioni.

Dopo le sue dimissioni da ministro, il 21 ottobre 1869, il re lo nominò conte, un’onorificenza che sembrò, in quella congiuntura storico-politica, una sorta di ringraziamento da parte del sovrano per i servigi svolti in difesa della monarchia e del governo. Il 9 agosto 1873 fu eletto consigliere provinciale nel mandamento di Montoro e poi presidente della stessa amministrazione provinciale di Avellino. In quel periodo a Napoli fu anche presidente di sezione della Corte di cassazione (21 ottobre 1873) e primo presidente della corte d’appello (1° aprile 1875). Le mutate condizioni politiche, con l’avvento della Sinistra al governo, portarono nel 1876 al trasferimento di Pironti ad Ancona come primo presidente di corte d’appello, ma grazie a numerose pressioni a suo favore non prese mai possesso della sede. Nel 1879 accettò invece la nomina di procuratore generale della Corte di cassazione a Firenze.

Qui Pironti operò in un contesto umano e politico a lui congeniale che gli consentì una quieta pausa per lo studio dopo il turbolento periodo napoletano. A Firenze ritrovò molti suoi amici, tra i quali i coniugi Ubaldino ed Emilia Peruzzi, e gli venne conferita la cittadinanza onoraria della città.

Nel 1881 ritornò definitivamente a Napoli con l’incarico di procuratore generale presso la Corte di cassazione. Anche se venne bocciato alle urne, le sue condizioni di salute non gli impedirono di ricandidarsi nel 1883 alle elezioni amministrative. Da quel momento in poi si allontanò dalla scena pubblica.

Morì a Torre del Greco il 14 ottobre 1885.

Sposato con Giuseppina Mascilli; con lei ebbe una figlia, Carolina.

Scritti e discorsi: Inno nazionale, s.l., s.d. [ma 1848]; Varie liriche, Salerno 1848; Relazione sull’amministrazione della giustizia per l’anno 1868 e sul bisogno di una statistica generale giudiziaria, Napoli 1869; Rapporti giuridici tra Stato e Chiesa, e resoconto dell’amministrazione giudiziaria per l’anno 1870, Napoli 1871; L’amministrazione della giustizia nell’anno 1872. Discorso del procurator generale del Re conte M. P., senatore del Regno, all’assemblea generale della Corte di appello di Napoli del 9 gennaio 1873, Napoli 1873; Discorso del senatore P. conte M. intorno alla pena di morte. Stato attuale della questione, Roma 1875; Intorno agli usi degli atti parlamentari per la interpretazione delle leggi, Firenze 1880; Poche parole lette in assemblea generale della Corte di cassazione di Firenze nel dì 7 gennaio 1881 da S. E. il procuratore generale senatore P., Firenze 1881; Discorso pronunziato dal comm. M. P. nel prender possesso della carica di procurator generale presso la Corte di appello di Napoli, Napoli 1881; Relazione statistica dei lavori compiuti dalla Corte di cassazione di Napoli nell’anno 1881, Napoli 1882.

Fonti e Bibl.: N. Nisco, Alla memoria del grande cittadino M. P., Benevento 1885; C. Pironti, Un ignoto tomista (M. P.), in Samnium, VIII (1930), 2-3, pp. 65-87; A. De Marsico, M. P., in Rivista Irpina, III (1931), 7, pp. 367-387; A. Zazo, La convenzione del 1857 fra il Regno di Napoli e l’Argentina e tre lettere inedite di M. P., C. Poerio e S. Spaventa, Benevento 1932; G. Paladino, Il processo per la setta «L’Unità Italiana» e la reazione borbonica dopo il 1848, Firenze 1928, ad ind.; A. Moscati, M. P., in I ministri del Regno d’Italia, III, Napoli 1960, ad vocem; M. D’Addio, Politica e magistratura (1848-1876), Milano 1966, ad ind.; A. Scirocco, Il Mezzogiorno nell’Italia unita 1861-1865, Napoli 1979, ad ind.; T. Iermano, Per una biografia di M. P., Avellino 1985; M. P. nel primo centenario della morte 1885-1895, a cura di M.G. Giordano, in Riscontri, VII (1985), 3-4; A. Pepe, Momenti della rivoluzione del 1848: l’autodifesa di M. P., Napoli 1989; C. Lo Blundo Giarletta, M. P. Da Montoro per l’Italia, Fisciano 2014; A. Arisi Rota, 1869: il Risorgimento alla deriva. Affari e politica nel caso Lobbia, Bologna 2015, ad ind.; Camera dei Deputati, Portale storicohttp://storia.camera.it/deputato/michele-pironti-18140125#nav (18 giugno 2018); Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, II, Senatori dell’Italia liberale, sub voce, http://notes9.senato.it/web/senregno.nsf/P_l2?OpenPage (18 giugno 2018).

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