RICCI, Michelangelo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 87 (2016)

RICCI, Michelangelo

Francesco Bustaffa

RICCI, Michelangelo. – Nacque a Roma nel gennaio del 1619 – fu battezzato il 31 – da Prospero, un commerciante di stoffe originario di Dongo, e dalla bergamasca Veronica Cavalieri.

Nel 1644 il padre lasciò gli affari per vivere more nobilium in un palazzetto in via Giulia, dove anche Michelangelo trascorse il resto della sua esistenza.

Degli altri figli, Girolamo ebbe un’unica figlia, Margherita, che nel 1667 andò in moglie a un nipote del cardinale Cesare Rasponi. Filippo sposò Anna Maria Orsini, appartenente a un ramo dell’antico casato. Giovanni, minore osservante riformato, insegnò teologia in vari studi dell’Ordine e fu autore di un trattato sugli aspetti logico-matematici delle opere di Giovanni Duns Scoto cui contribuì anche il fratello Michelangelo. Francesco Antonio, appartenente alla medesima famiglia religiosa, fu dal 1655 consultore della congregazione dell’Indice e nel 1664 divenne vescovo di Bisceglie. Giacomo, domenicano del convento della Minerva, fu segretario della congregazione dell’Indice. L’unica sorella di Michelangelo, Giulia, sposò nel 1642 il banchiere comasco Francesco Parravicini, uomo di fiducia di monsignor Benedetto Odescalchi, il futuro Innocenzo XI.

Ricci soffrì fin dall’infanzia di crisi epilettiche, il che favorì, forse, la sua scelta di entrare nello stato clericale, ricevendo gli ordini minori nel dicembre del 1638. Il 10 febbraio 1639 consegui alla Sapienza la laurea in diritto. Ricci frequentò alcuni cenacoli religiosi dell’Urbe, in particolare l’oratorio della Chiesa Nuova. Fu penitente di un sacerdote milanese, Paolo Motta, e intrattenne rapporti cordiali con alcuni domenicani della Minerva e di S. Sabina. Fu anche vicino agli scolopi e segnatamente al futuro superiore generale Carlo Giovanni Pirroni. Fra i minori osservanti riformati Michelangelo conobbe fra Carlo da Sezze; secondo il primo biografo del francescano, fu Ricci a insistere perché il religioso mettesse per iscritto il proprio itinerarium in Deum. L’interesse per la teologia mistica non lo abbandonò mai, come provano alcune sue dissertazioni in materia, inedite (Bologna, Biblioteca dell’Archiginnasio, A.709, cc. 243-368).

Negli studi di matematica ebbe probabilmente come primo maestro padre Benedetto Castelli, professore alla Sapienza dal 1624. Dopo la sua morte nel 1643, Ricci cercò di pubblicarne alcuni inediti ma, forse a causa delle teorie atomistiche ivi proposte ne fu distolto da Evangelista Torricelli, con il quale fu poi in stretto rapporto (1642-47).

Nel giugno 1644, questi gli indirizzò una lettera nella quale era descritta la celebre esperienza con l’argento vivo che avrebbe riaperto il dibattito europeo sull’esistenza del vuoto in natura. Ricci manifestò il timore che la riproposizione di una dottrina già propria degli epicurei potesse suscitare reazioni malevole in «alcuni teologi» abituati a «meschiar subito le cose di Dio ne’ ragionamenti naturali» (Le Opere dei discepoli…, I, 1975, p. 125).

Oltre ai galileiani di Roma Antonio Nardi e Raffaello Magiotti, a Gaspare Berti, e ai lincei superstiti Cassiano Dal Pozzo e Francesco Stelluti, Ricci frequentò i dotti minimi francesi del convento di Trinità dei Monti François Niceron ed Emmanuel Maignan, così come altri rappresentanti della scienza d’Oltralpe di passaggio per la città, quali François du Verdus e Melchisédec Thévenot. A questi rapporti è stata ricondotta la non comune conoscenza dell’algebra da parte del romano. Ricci fu il principale interlocutore di Marin Mersenne durante il soggiorno a Roma di questi, tra il 1644 e il 1645, e la sua biblioteca fu tra le prime in Italia ad accogliere opere di Cartesio, come prova anche la gratitudine tributatagli in seguito da Tommaso Cornelio, iniziatosi proprio nell’Urbe allo studio del filosofo francese. Un altro matematico straniero con cui Ricci ebbe familiarità fu il liegese René-François de Sluse, in Italia dal 1643 agli anni Cinquanta.

Per la memoria di Galileo Galilei Ricci manifestò più volte ammirazione e rispetto, pur rimproverando al pisano un amore per la disputa che lo aveva portato alla disgrazia. Da Roma collaborò alla biografia che ne andò scrivendo Vincenzo Viviani, al quale suggerì alcune correzioni e, soprattutto, maggiore prudenza nel trattare le vicende concernenti il Dialogo. L’ossequio nei confronti dei pronunciamenti della S. Sede, di cui fanno fede alcune censure per il S. Uffizio – come quella all’Astronomia geometrica (1656) di Seth Ward –, non impedì stima e amicizia con astronomi più o meno reticentemente copernicani come Giovanni Alfonso Borelli e Adrien Auzout. La morte di Torricelli, nell’ottobre del 1647, privò Ricci di un interlocutore privilegiato. Ricci non diede esecuzione alla volontà del defunto, il quale gli aveva affidato la pubblicazione di alcuni suoi inediti, sia per la difficile interpretazione dei manoscritti sia per il suo imminente ingresso nella Curia romana.

Matematica e geometria non erano, infatti, i soli interessi di Ricci. Nel 1645 intrattenne cordiali rapporti con il dottore della Sorbona Jean Bourgeois, a Roma allo scopo di difendere davanti al S. Uffizio la Fréquente Communion di Antoine Arnauld. Nel 1651, si avvicinò a Louis Gorin de Saint-Amour, inviato da alcuni vescovi francesi per scongiurare la condanna delle ‘cinque proposizioni’ di Giansenio.

Solo dopo l’elezione di Alessandro VII Chigi si hanno notizie precise circa la presenza nella Curia romana di Ricci, che l’11 gennaio 1656, su proposta del cardinale Lorenzo Raggi, fu deputato a consultore della congregazione dell’Indice. In tale veste Ricci diede più volte prova delle proprie tendenze severe in teologia morale. Significativo fu anche l’apporto ai lavori preparatori dell’Indice dei libri proibiti del 1664; il consultore si espresse più volte per una moderazione della censura a vantaggio degli studiosi.

Durante il pontificato chigiano Ricci strinse profonda amicizia con Agostino Favoriti, segretario del Sacro Collegio, e con l’abate cistercense Giovanni Bona, cui lo accomunavano l’interesse per la teologia positiva, la propensione per la morale severa, nonché l’apprezzamento per i moderni autori di mistica. Fu anche grazie a Bona che Ricci poté avvicinare gli agostiniani Lupo (Christiaan Wulf) ed Enrico Noris, il vicario apostolico in Olanda Johannes van Neercassel e altri dotti ecclesiastici oltremontani che, anche in seguito, avrebbero trovato in lui e Favoriti due attenti interlocutori e protettori romani.

Nel 1658 Ricci fu l’unico italiano a partecipare alla sfida sulle proprietà della cicloide lanciata da Blaise Pascal con lo pseudonimo di Dettonville. Quello stesso anno Michelangelo fu tra quanti accolsero a Roma Giovanni Alfonso Borelli, già allievo di Castelli, giunto dalla Toscana per curarvi, con Abramo Ecchellense e con lo scolopio Angelo Morelli, la traduzione di un manoscritto arabo delle Coniche di Apollonio. Ricci divenne un apprezzato interlocutore del principe Leopoldo de’ Medici e degli accademici del Cimento, collaborando anche alla revisione di quelli che sarebbero divenuti i Saggi di naturali esperienze. Nel 1663 fu aggregato all’Accademia della Crusca e nel 1666 pubblicò a Roma la sua unica opera edita in campo matematico, la Geometrica exercitatio.

In una ventina di pagine, riprendendo alcuni studi degli anni Quaranta, vi erano affrontati due problemi: determinare il massimo della funzione xm (a-x)n (con m e n interi positivi) e quindi le tangenti alla parabola ym = kxn, utilizzando un metodo nel quale si è vista un’anticipazione del moderno principio di induzione sui numeri naturali.

Il 4 dicembre 1666 Ricci fu nominato qualificatore del S. Uffizio e di lì a poco ne divenne consultore, prestando giuramento il 9 febbraio. Il 4 agosto 1667, poco dopo l’elezione di Clemente IX, il teologo romano fu designato dal pontefice a segretario della neocostituita congregazione per le Indulgenze e Reliquie. Negli anni di papa Rospigliosi, come consultore dell’Inquisizione, Ricci si espresse inutilmente perché si usasse moderazione verso opere provenienti da ambienti giansenisti, quali il Rituel della diocesi di Alet e la traduzione del Nuovo Testamento detta di Mons. Fu di Bona e Ricci il parere che certificò l’ortodossia della Perpetuité de la foy catholique di Arnauld e Pierre Nicole.

Al pontificato clementino risale anche l’apparire a Roma del Giornale de’ Letterati, il primo periodico scientifico-erudito italiano, il cui principale redattore fu il bergamasco Francesco Nazari. Ricci fu il vero ispiratore dell’iniziativa, che nacque con l’intento di affiancare alla traduzione di estratti del Journal des Sçavants e delle Philosophical Transactions la presentazione delle più importanti opere edite nella penisola. Uno dei tratti distintivi del Giornale fu il favore con cui guardò a una possibile conciliazione tra fede cattolica e atomismo.

Durante il pontificato di Innocenzo X Altieri, tra il 1670 e il 1676, la carriera di Ricci non conobbe avanzamenti. Risalgono a questi anni, tuttavia, due censure che ben riflettono gli orientamenti teologici e scientifici del romano.

La prima fu quella, perduta, alla traduzione degli scritti spirituali dell’orsolina francese Marie Bon de l’Incarnation, giudicati ortodossi da Ricci, pubblicati a Torino nel 1674 e messi all’Indice due anni dopo. Nel 1676, a differenza di gran parte dei colleghi, Ricci ritenne non imputabile di eresia un tentativo di spiegare la transustanziazione eucaristica con il ricorso a teorie atomistiche presente nel Naturalium doctrina (1675) dell’olivetano Andrea Pissini.

Dopo l’elezione di Innocenzo XI, nel settembre 1676, Ricci ebbe parte in molte delle più delicate vicende del pontificato, e questo anche per via dell’antico sodalizio con Favoriti, divenuto il principale collaboratore dell’Odescalchi. Secondo il diarista Cartari, il consultore del S. Uffizio fu subito compreso in una ristrettissima giunta informale di teologi-consiglieri del papa. Un’altra fonte nomina in suo luogo il confessore pontificio Ludovico Marracci, anche se ciò pare meno probabile. È certo, invece, che il teologo fu cooptato in un altro organismo di nuova istituzione, la congregazione per l’Elezione dei vescovi.

Tra il 1677 e il 1679, in occasione dell’esame di numerose proposizioni di morale lassa denunciate al S. Uffizio dalla facoltà di teologia di Lovanio, Ricci fu tra i consultori di orientamento più severo, e si oppose apertamente al gesuita Honoré Fabri quando questi tentò di dissuadere il pontefice dal pubblicare il decreto di condanna, datato al 2 marzo 1679 e giudicato dai più come una sconfitta della Compagnia. Tra il 1677 e il 1678, durante l’esame di alcune proposizioni presenti nell’Historia pelagiana di Enrico Noris, fu molto deciso nel respingere le accuse di giansenismo e baianismo mosse a un teologo che conosceva e stimava da tempo.

Ricci fu membro della congregazione particolare sulla régale – di cui era segretario Favoriti ̶– costituita nel gennaio 1678 per far fronte alle dichiarazioni con cui Luigi XIV aveva esteso a tutto il regno alcune prerogative della Corona in materia di benefici ecclesiastici. Divenne un ricercato interlocutore per gli emissari antiregalisti, quasi sempre sospetti di giansenismo, anche se personalmente credette nella possibilità di raggiungere un compromesso, come testimonia il suo resoconto di un incontro del febbraio 1681 con il cardinale César d’Estrées, appena giunto da Parigi per trattare con la S. Sede.

Il 1° settembre 1681 fu compreso nella prima creazione cardinalizia del pontificato, ma rifiutò la porpora, che dovette poi accettare per obbedienza il 15 ottobre. Il nuovo cardinale prese possesso della diaconia di S. Maria in Aquiro in dicembre, e nel mese successivo fu nominato protettore dei camaldolesi. Il cardinale d’Estrées scrisse che Odescalchi considerava l’ingresso nel Sacro Collegio di Ricci il capolavoro della promozione.

Fu inoltre coinvolto nelle polemiche intorno all’orazione di quiete e alla contemplazione acquisita che seguirono l’apparire delle opere di Juan Falconi, François Malaval e, soprattutto, della Guida spirituale (1675) dell’aragonese Miguel Molinos, a Roma fin dal 1663 e al quale era personalmente legato.

In quanto consultore del S. Uffizio, Ricci fu al corrente dell’esame a cui furono sottoposti, tra il 1680 e il 1681, sia i libri dei maestri della nuova spiritualità, sia gli scritti a essi contrari dei gesuiti Gottardo Belluomo e Paolo Segneri. Come cardinale inquisitore, partecipò alla congregazione del 26 novembre 1681 nella quale, dopo la relazione di Lorenzo Brancati di Lauria, furono messe all’Indice le opere dei due religiosi della Compagnia. Una lettera di qualche mese prima, scritta a Malaval da Giovanni Pastrizio, professore al Collegio Urbano, rivela quanto i fratelli Michelangelo e Giacomo Ricci si fossero spesi personalmente nella difesa del teologo francese.

In coincidenza dell’avvio dell’Assemblea del clero di Francia, convocata nell’ottobre del 1681, il nuovo porporato fu indicato da Jacques Bénigne Bossuet e dal vescovo di Grenoble Étienne Le Camus come un auspicabile mediatore nelle gravi vertenze tra la Corona e la S. Sede. Si ha perfino notizia, nel gennaio 1682, di una lettera che sarebbe stata indirizzata a Ricci da Luigi XIV in persona. La malattia e la morte del cardinale impedirono a queste ipotesi di avere alcun seguito, anche se restò il ricordo di un tentativo di sminuire di fronte al papa la portata della lettera con cui, il 3 febbraio 1682, l’Assemblea aveva accettato le decisioni di Luigi XIV sulla régale, sia pure con le notevoli limitazioni concesse dal sovrano. Questa iniziativa avrebbe provocato un temporaneo raffreddamento dei rapporti con Favoriti e con lo stesso pontefice. Anni dopo, sia Lorenzo Casoni, cugino e successore di Favoriti, sia l’antiregalista Sébastien-Joseph du Cambout de Pontchâteau avrebbero difeso il defunto cardinale dal sospetto di aver agito, in tale occasione, mosso da un qualche interesse personale.

Dalla metà del marzo successivo Ricci andò incontro a un repentino declino fisico e psichico, causato da un’infezione alla bocca, che lo portò alla morte il 12 maggio.

Ebbe i funerali in S. Maria in Vallicella e fu sepolto in S. Francesco a Ripa. Qualche anno dopo, un cugino di Ricci scrisse che l’Odescalchi aveva chiesto che si avviasse l’iter canonico per la beatificazione della sua creatura. Ammesso che ciò fosse vero, ogni eventuale intenzione in tal senso dovette svanire dopo che il S. Uffizio ebbe iniziato i processi ai quietisti romani.

Molinos, arrestato nel luglio del 1685, ricordò Ricci fra coloro ai quali aveva condonato alcuni atti, di per sé peccaminosi, avendoli giudicati effetto di violenze demoniache. Il nome dell’ex teologo del S. Uffizio comparve anche in altri processi, tanto che su mandato del cardinale inquisitore Pietro Ottoboni fu compilato un Ristretto di quanto era emerso a carico del defunto. Era dunque inevitabile che gli avversari del quietismo – in massima parte anche antigiansenisti – considerassero Ricci uno dei principali responsabili della titubanza con cui il pontefice era intervenuto contro quella che ritenevano una grave minaccia alla purezza della fede. Il coinvolgimento postumo in simili vicende aiuta certamente a spiegare il silenzio calato rapidamente sulla memoria di un personaggio che, in vita e in morte, era stato celebrato per virtù e dottrina.

Fonti e Bibl.: La più cospicua raccolta di lettere di Ricci si trova nella Biblioteca nazionale di Firenze, nei fondi Autografi Palatini e, soprattutto, Galileiano, ai quali attingono Fabroni (1778) e Le Opere dei discepoli… (1975). Una miscellanea di argomento scientifico proveniente dall’archivio del romano è il ms. 1531 della Biblioteca municipale di Tolosa (Costabel, 1969). Un’Algebra di Ricci è conservata presso la Biblioteca Gino Loria dell’Università di Genova (Ms. A-XXIX-29). Molte scritture del teologo sono nell’Archivio della congregazione per la Dottrina della fede, s. Protocolli (Indice), Censurae Librorum e Stanza Storica (S. Uffizio). Alcune di esse sono trascritte con altre nel ms. A.709 della Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna. Una miscellanea di documenti ricciani, comprendente lettere a Favoriti, in Archivio segreto Vaticano, Segreteria di Stato, Nunziature Diverse, 276A. Altri manoscritti sono segnalati in Campedelli (1975). Per i dati biografici e una bibliografia più estesa si rimanda ai contributi di Bustaffa (2010-11; 2012; 2014).

G. Ricci, Apparatus ad imaginativam Doctoris Subtilissimi suscitandam…, Ticini Regii 1650; A. Fabroni, Vitae Italorum doctrina excellentium qui saeculis XVII et XVIII floruerunt, II, Pisis 1778, pp. 200-221; L. Tenca, Relazioni fra Vincenzio Viviani e M. A. R., in Rendiconti dell’Istituto lombardo di scienze e lettere. Classe di scienze matematiche e naturali, LXXXVII (1954), pp. 212-228; J.E. Hofmann, Über die Exercitatio Geometrica des M. A. R., in Centaurus, IX (1964), pp. 139-193; P. Costabel, Un registre de manuscrits témoin de l’activité de Mersenne en Italie en 1645, in Revue d’histoire des sciences et leur applications, XXII (1969), pp. 155-162; L. Campedelli, R., M., in Dictionary of scientific biography, XI, New York 1975, pp. 404 s.; Le Opere dei discepoli di Galileo Galilei, I, Carteggio 1642-1648, a cura di P. Galluzzi - M. Torrini, Firenze 1975; U. Baldini, La scuola galileiana, in Storia d’Italia. Annali 3. Scienza e tecnica nella cultura e nella società dal Rinascimento ad oggi, a cura di G. Micheli, Torino 1980, pp. 381-463; M. Torrini, Una lettera inedita di Mersenne a M. R., in Giornale critico della filosofia italiana, LX (1981), pp. 178-185; J.-M. Gardair, Le «Giornale de’ Letterati» de Rome (1668-1681), Firenze 1984; S. Rotta, L’accademia fisico-matematica Ciampiniana: un’iniziativa di Cristina?, in Cristina di Svezia. Scienza ed alchimia nella Roma barocca, Bari 1990, pp. 99-174; E. Rebellato, La fabbrica dei divieti. Gli indici dei libri proibiti da Clemente VIII a Benedetto XIV, Milano 2008; F. Bustaffa, M. R. (1619-1682). Biografia di un cardinale innocenziano, tesi di dottorato in storia moderna, Scuola superiore di studi storici di S. Marino, a.a. 2010-11; Id., Comaschi a Roma in età innocenziana, in Gli Odescalchi a Como e Innocenzo XI, Como 2012, pp. 163-171; Id., Innocenzo XI e M. R., in Innocenzo XI Odescalchi. Papa, politico, committente, Atti del Convegno... 2012, Roma 2014, pp. 57-74.

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