METEORE

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

METEORE

Pietro DOMINICI

. Generalità. - Il termine meteore, inizialmente usato per indicare genericamente i varî fenomeni che avvengono nell'atmosfera terrestre (m. acquee, ignee, aeree, ecc.; v. anche meteorologia, XXIII, p. 73), è oggi usato, almeno nell'ambito dell'astronomia e della geofisica, per denominare i corpi solidi che penetrano nell'atmosfera terrestre dagli spazî esterni; questa denominazione trae origine dal fatto che i più grandi di questi corpi danno luogo al fenomeno delle stelle cadenti (o stelle filanti), nel passato indicate per l'appunto come m. luminose.

Il numero relativamente piccolo delle stelle cadenti (da 2 a 60 per ora, secondo la stagione, visibili a occhio nudo in una notte serena) dà peraltro un'idea completamente errata del continuo, intensissimo bombardamento meteorico cui è sottoposta la Terra: si stima che penetrino nell'atmosfera terrestre circa 1029 m. al giorno. Di queste, una parte (circa 10 miliardi al giorno) "evaporano", a quote comprese tra 70 e 120 km, in seguito agli urti con le molecole dei gas atmosferici; soltanto le più grandi (massa maggiore di circa 100 gr) e le più piccole (massa minore di circa un milionesimo di gr) riescono a raggiungere la superficie terrestre, costituendo, rispettivamente, i meteoriti (v. XXIII, p. 71) o aeroliti o sideroliti o bolidi e il cosiddetto pulviscolo cosmico.

L' "evaporazione" delle m. determina nei gas atmosferici fenomeni di eccitazione luminosa e di ionizzazione grazie ai quali il percorso di ogni singola m. nella zona di evaporazione (scia della m.) è reso visibile all'osservazione ottica (fenomeno delle stelle cadenti) e all'osservazione radioelettrica (fenomeno degli echi radar meteorici).

Nella generalità dei casi le dimensioni delle m. sono assai minori del libero cammino medio molecolare nell'alta atmosfera; per es., le m. di grandezza apparente + 5, la cui massa è dell'ordine del milligrammo, hanno un raggio dell'ordine di un decimo di millimetro, cioè circa cento volte minore del cammino medio libero molecolare nell'atmosfera a 80 km di quota. Il riscaldamento che produce l'evaporazione di una m. è pertanto dovuto prevalentemente non alla compressione dei gas atmosferici operata dalla m. (nel senso normale che si dà al termine compressione) ma a singoli urti tra la m. e le molecole dei gas.

L'energia cinetica che la m. assorbe nell'urto con una molecola è abbastanza alta: le m. penetrano infatti nell'atmosfera con una velocità relativa dell'ordine delle decine di km/sec. Poiché, d'altra parte, l'energia di legame degli atomi che costituiscono le m. è relativamente bassa, l'urto di una m. contro una sola molecola di gas sviluppa energia sufficiente a far "evaporare" un gran numero di atomi, i quali seguitano a muoversi con velocità confrontabili con quella della m. e quindi con notevole energia cinetica (tra 102 e 103 e V). Gli atomi evaporati posseggono così energia sufficiente per provocare nelle molecole da essi urtate fenomeni di eccitazione luminosa e di ionizzazione; si ritiene che l'energia degli atomi si ripartisca tra questi fenomeni all'incirca nella proporzione 104 (eccitazione luminosa): 102 (ionizzazione): 10 (parte residua ceduta come calore).

Un meccanismo del genere probabilmente non è valido per le m. molto grandi, per le quali hanno importanza anche fenomeni di evaporazione provocati dal calore sviluppato dalla compressione dei gas atmosferici operata dalla m. nel suo rapidissimo moto; queste grandi m. peraltro quasi mai evaporano completamente: sono esse, o meglio i nuclei centrali di esse, che raggiungono, come meteoriti, la superficie terrestre.

È inoltre da notare che non danno apprezzabili scie le cosiddette micrometeore, cioè le m. aventi un diametro minore di circa un centesimo di mm (massa minore di circa 10-6 gr). Per queste, l'energia assorbita negli urti con le molecole viene rapidamente irradiata senza che abbia luogo l'evaporazione; esse vengono semplicemente frenate e raggiungono lentamente la superficie terrestre, sotto forma di polvere minutissima (pulviscolo cosmico).

La lunghezza delle scie meteoriche risulta in media dell'ordine di 25 km; l'intensità luminosa (cioè la grandezza apparente) e la densità della ionizzazione prodotta risultano proporzionali alla quantità m cos χ, dove m è la massa della m. e χ è la distanza zenitale. L'osservazione delle scie consente pertanto di trarre informazioni sulle caratteristiche del moto e sulla massa delle m., nonché sulle condizioni fisiche regnanti nell'alta atmosfera.

Vi sono così due principali punti di vista che rendono interessante lo studio delle m., uno di carattere astronomico (determinazione delle orbite, della massa, della frequenza, ecc.), l'altro di carattere geofisico (correlazioni con la fisica dell'alta atmosfera). A ciò è da aggiungere un terzo motivo di interesse, di carattere per così dire tecnico, costituito dal fatto che la diffusione e la riflessione delle radioonde da parte delle scie meteoriche viene sfruttata in alcuni sistemi di radiocomunicazione a grande distanza (v. radiopropagazione: propagazione ionosferica, in questa App.).

L'attuale intenso fiorire degli studî sulle m. è stato in gran parte determinato dall'introduzione dei metodi radioelettrici di osservazione (avvenuta intorno al 1946); questi metodi hanno consentito di ampliare il campo di osservazione alle ore diurne ed alle m. sino alla 15a grandezza apparente, e su di essi s'è sviluppato un settore ben definito dell'astronomia radioelettrica, la cosiddetta radioastronomia delle meteore (v. anche radioastronomia e radarastronomia, in questa Appendice).

Metodi d'osservazione. - Il metodo ottico oggi più largamente usato consiste nel fotografare, a mezzo di speciali macchine con ottica di Schmidt, la stessa regione di cielo contemporaneamente da due stazioni diverse; di fronte all'obiettivo della macchina è disposto un otturatore rotante che produce interruzioni periodiche (qualche decina al sec) sulla traccia fotografica della m. (fig. 1). L'esame comparato delle riprese consente di determinare, con metodi trigonometrici, la posizione della m. e, in valore e direzione, la velocità apparente (o geocentrica), cioè la velocità della m. rispetto alla Terra; il punto all'infinito di questa velocità sulla volta celeste vien detto radiante della meteora.

Come tutti i metodi ottici, questo metodo si applica soltanto a m. relativamente luminose e per di più con cielo sereno e nelle ore notturne; anche con obiettivi molto luminosi (apertura relativa 1: 0,67) ed emulsioni molto rapide, in pratica non si va oltre la quinta grandezza apparente, cioè oltre la sensibilità dell'occhio nudo. Un'altra notevole limitazione è costituita dal fatto che risultano utili le sole tracce che appaiono complete nelle riprese effettuate nelle due stazioni; l'osservabilità media risulta di circa una m. per 100 ore di posa fotografica.

I metodi radioelettrici, pur essendo meno precisi di quelli fotografici, non soffrono in pratica di alcuna limitazione relativa allo stato del cielo e alla grandezza apparente delle meteore.

Si ha una grande varietà di disposizioni sperimentali. L'apparato tipico è costituito da uno speciale radar distanziometrico ad alta risoluzione, operante su frecuenze tra 30 e 80 MHz (fig. 2); tre apparati del genere, disposti ai vertici di un triangolo avente i lati lunghi qualche km, consentono di determinare con sufficiente accuratezza posizione, velocità apparente e radiante di ogni m. che incida nella zona di cielo "illuminata" dalle tre antenne: sono all'uopo impiegati particolari metodi di riduzione e di calcolo.

Si stima che l'approssimazione delle misure fotografiche sia di ± 10 per i radianti, di ± 1% per le velocità apparenti; con i metodi radioelettrici si ha invece, in media, ± 30 e ± 3%, rispettivamente.

Velocità eliocentriche e orbite. - Come dianzi accennato, le osservazioni, ottiche o radioelettriche, forniscono la velocità apparente Va delle m.; assai più interessante è peraltro la conoscenza della velocità eliocentrica, cioè della velocità Ve di cui le m. sono animate rispetto a un sistema di riferimento solidale col Sole, in quanto essa consente di determinare la forma dell'orbita descritta dalle m. nel sistema solare. Risulta infatti dalla teoria che m. aventi velocità apparenti maggiori di 72 km/sec descrivono orbite iperboliche, mentre quelle aventi orbite ellittiche o paraboliche non possono superare la suddetta velocità apparente.

Come mostra la fig. 3, Ve si ottiene sottraendo vettorialmente da Va la velocità eliocentrica VT della Terra, cioè la velocità con cui la Terra descrive la sua orbita annuale intorno al Sole.

Com'è noto dalla meccanica, l'orbita di una m. di massa m facente stabilmente parte del sistema solare è ellittica, il valore della velocità eliocentrica Ve, e essendo dato dall'equazione:

dove f è la costante attrazionale, r il raggio vettore, a il semiasse maggiore dell'orbita, M la massa del Sole. Posto che è M 〉〉 m, la precedente equazione può ridursi a:

Se invece la m. proviene dagli spazî interstellari ed è semplicemente catturata dal campo attrazionale solare, l'orbita è iperbolica e il valore della velocità eliocentrica Ve, i è dato dall'equazione:

Il caso discriminante tra i due ora menzionati è quello di una m. descrivente un'orbita parabolica; il valore della velocità risulta dato dalla relazione:

Supponendo, per semplicità, l'orbita terrestre circolare di raggio ro, si ottiene dalla [4] per la velocità della m. "parabolica" al suo ingresso nell'atmosfera il valore V²s,p = 2fM/ro; si ha d'altra parte, dalla [2], per la Terra il valore: V²T = fM/ro, onde risulta la relazione

nota come equazione di Schiaparelli. Poiché è VT = 29,8 km/sec, risulta Ve,p = 42,2 km/sec. Tenendo conto del legame tra velocità eliocentrica e velocità apparente, quest'ultima dovrebbe essere compresa, per le m. paraboliche, fra 12,4 e 72 km/sec, corrispondenti, rispettivamente, alla disposizione parallela e antiparallela delle velocità eliocentriche della m. e della Terra. Essendo Ve,pVe,p, è escluso senz'altro che una m. ad orbita ellittica possa presentare una velocità apparente maggiore di 72 km/sec.

In base alle osservazioni visuali effettuate da varî astronomi fra il 1841 e il 1934 era opinione corrente che le m. ad orbita ellittica fossero una minoranza; per es., la teoria di G. V. Schiaparelli (1866), al quale si debbono studî fondamentali in questo settore dell'astronomia, considerava come generale il caso delle orbite paraboliche. Le assai più precise osservazioni fotografiche e, soprattutto, le numerosissime, recenti osservazioni radioelettriche hanno peraltro dimostrato che tutte o quasi tutte le m. descrivono orbite ellittiche.

Per es., su 52 orbite calcolate da L. G. Jacchia (1949) in base a osservazioni fotografiche, soltanto in una si aveva una velocità apparente di poco superiore al valore critico (per l'esattezza: 73,49 km/sec). Su oltre 1000 m. osservate radioelettricamente da M. Almond, J. G. Davies e A. C. B. Lovell in Inghilterra tra il 1948 e il 1951, soltanto 7 presentavano velocità intorno a 80 km/sec, mentre delle 10.933 m. osservate in Canada da D. W. R. Mc Kinley (1951), soltanto lo 0,3% aveva velocità apparente fra 72 e 79 km/sec.

Di fronte a questi risultati, la stragrande maggioranza degli studiosi considera come cosa ormai certa che le m. facciano stabilmente parte del sistema solare, nel quale, come i componenti maggiori del sistema, descrivono orbite ellittiche di cui il Sole occupa uno dei fuochi. Gli sporadici casi osservati (meno dell'i % del totale) di m. aventi piccole velocità iperboliche sembrano con tutta probabilità dovuti a perturbazioni planetarie delle orbite piuttosto che a un'origine interstellare delle m. in questione.

Frequenza oraria; sciami meteorici. - Accurate statistiche, condotte specialmente sui risultati delle osservazioni radioeiettriche, hanno mostrato che la distribuzione delle m. nello spazio extraterrestre è sensibilmente uniforme, mentre non è costante la frequenza media delle m. osservate. La spiegazione di questa contraddizione fu data molti anni or sono da G. V. Schiaparelli, il quale dimostrò come, anche ammettendo una uniforme distribuzione dei radianti meteorici "veri" sulla volta celeste, il moto diurno e annuo della Terra introduca una variabilità diurna e annua nell'osservabilità delle meteore.

Infatti, la composizione vettoriale delle velocità eliocentriche delle m. e della Terra ha per effetto di addensare i radianti verso l'apice del moto terrestre (punto all'infinito di VT), come chiaramente risulta dalla fig. 3. La frequenza oraria delle m. osservate dipende quindi dall'altezza dell'apice sull'orizzonte dell'osservatore; poiché tale altezza varia in rapporto con l'ora locale e con la stagione, è ragionevole attendersi le riscontrate variazioni, diurna e annua, nella frequenza delle m. Per quanto riguarda in particolare la variazione diurna, poiché l'apice è sfasato di 90o, cioè di 6h, in anticipo rispetto al Sole (fig. 4), la frequenza oraria delle m. presenta (fig. 5) un massimo che cade circa alle 6 antimeridiane di tempo solare vero del luogo d'osservazione (apice al meridiano) e un minimo circa alle 18 (apice all'antimerid.).

A parte queste variazioni regolari dovute al moto terrestre, la frequenza oraria delle m. presenta, a intervalli più o meno regolari di tempo, degli aumenti più o meno intensi; si nota altresì che in queste circostanze un gran numero di m. proviene all'incirca da uno stesso radiante. Ciò avviene allorché la Terra interseca l'orbita di uno sciame meteorico, cioè di un raggruppamento di m. procedenti con uguali velocità eliocentriche su orbite sensibilmente parallele. Di questi sciami, generalmente associati con comete planetarie (fig. 6), ne sono stati identificati parecchi con ricorrenza annuale (sciami permanenti) e qualcuno con ricorrenza più lunga (sciami periodici; per es. lo sciame delle Andromedidi, associato con la cometa di Biela, con periodo di circa 7 anni). Alcuni di questi sciami sono così densi da dar luogo al fenomeno noto come pioggia di stelle cadenti. Imponenti fenomeni del genere (centinaia di stelle cadenti al minuto) furono osservati, per es., nel 1833 allorché la Terra passò attraverso la coda della cometa 1866 I. L'ultimo evento del genere, in ordine di tempo, accadde nel 1946, per l'intersezione con la cometa Giacobini-Zinner: nella notte del 10 ottobre 1946 furono osservate, per un periodo di qualche ora, sino a 70 stelle cadenti al minuto.

Nella tabella 1 sono riportate alcune caratteristiche dei principali sciami permanenti che sono noti a tutt'oggi; come si rileva, la denominazione degli sciami viene fatta con riferimento al nome latino della costellazione o della stella presso la quale è situato il radiante. L'attività di cui si fa menzione nella tabella è il numero di m. osservabili in un'ora a occhio nudo da un singolo osservatore in una notte senza luna; se l'osservazione è radioelettrica, gli apparecchi s'intendono regolati in modo che le m. osservate siano quelle che sarebbero visibili a un osservatore nelle condizioni anzidette.

Alle m. non facenti parte di sciami si dà il nome di m. sporadiche: esse, come dianzi accennato, sono distribuite in maniera pressoché uniforme nello spazio circumterrestre.

Massa; flusso totale. - La determinazione della massa m delle m. può farsi, come mostra la teoria, in base alla grandezza apparente della scia luminosa oppure in base alla forma dell'eco radar prodotto dalla scia ionizzata.

L'intensità luminosa Imax del punto più luminoso della scia risulta data dalla seguente relazione:

dove A è il peso atomico degli atomi della m., H la scala delle altezze (aumento di quota che determina il ridursi della pressione da p a p/e), χ la distanza zenitale del punto considerato e α la probabilità che un singolo atomo evaporato dalla m. produca un fotone nell'interazione con le circostanti molecole atmosferiche. D'altra parte, com'è noto, la grandezza apparente M di un oggetto celeste è legata alla luminosità intrinseca I dalla relazione:

le [6] e [7] costituiscono il legame fra la massa e la grandezza apparente.

Nel caso dell'osservazione radioelettrica, il fenomeno al quale si fa riferimento è la riflessione delle radioonde da parte degli elettroni contenuti nella scia ionizzata. Per quest'ultima, la densità elettronica lineare massima (qmax numero massimo di elettroni prodotti per unità di lunghezza) risulta espressa da una relazione del tutto analoga alla [6]:

salvo il fatto che in luogo di α viene considerata la probabilità β che un singolo atomo evaporato dalla m. produca un elettrone interagendo con le molecole; β, come del resto α, è una quantità calcolabile con i metodi della meccanica statistica. Le densità elettroniche lineari prodotte sono assai elevate: per es. qmax è dell'ordine di 1015 el/m per le m. di grandezza apparente + 4, appena visibili a occhio nudo, la cui massa è soltanto di 1 mgr. La densità elettronica cubica, N, che è poi la grandezza determinante nei riguardi del coefficiente di riflessione per le radioonde, risulta assai elevata durante la fase di formazione della scia, stanti le esigue dimensioni trasversali di questa; essa però decade rapidamente a causa della diffusione degli elettroni nell'ambiente. Precisamente, considerato un punto a distanza r dall'asse della scia, N varia, durante la fase di diffusione, in accordo con la relazione:

dove qo è la densità lineare iniziale, D è il coefficiente di diffusione (circa 3 m2/sec a 90 km) e ro è il raggio iniziale della scia (dell'ordine di 14 cammini medî liberi molecolari). La teoria approfondita della riflessione delle radioonde sulle scie meteoriche mostra che se qo è non maggiore di 1014 el/m (scie sottodense) la riflessione è diffusa e il segnale riflesso ha l'andamento schematizzato nella fig. 7,A: l'ampiezza iniziale ao risulta proporzionale a qo (e quindi, secondo la [8], a m) e il decadimento è esponenziale, in accordo con la [9]. Se invece è qo > 1014 el/m (scie sovradense), intervengono risonanze di plasma e la riflessione ha carattere metallico: risulta proporzionale a q, e quindi a m, non l'ampiezza ma la durata del segnale riflesso (fig. 7,B). La massa delle singole m. può pertanto determinarsi misurando, a seconda dei casi, le quantità αo o τ.

La durata del segnale varia anche con la frequenza: essa è dell'ordine di 2,5 sec su 30 MHz per scie sovradense prodotte da m. aventi una massa di circa 1 mgr. La costante di tempo delle scie sottodense è, sempre per frequenze intorno a 30 MHz, dell'ordine di 0,3 sec indipendentemente dalla massa.

Le osservazioni mostrano che il numero dN delle m. aventi massa tra m e m + dm raccolte in un determinato intervallo di tempo dall'atmosfera terrestre è espresso con buona approssimazione, almeno nel campo fra 0,1 gr e 0,001 gr, dalla relazione:

dove k è una costante. La distribuzione delle m. in rapporto alla massa è quindi tale che la massa totale del materiale meteorico raccolto dalla Terra in un determinato intervallo di tempo, per es. in un giorno, è sensibilmente la stessa in intervalli mr ÷ ms di massa per i quali si abbia mr/ms = cost, per es. in intervalli di decade (10-1 ÷ 10-2; 10-2 ÷ 10-3; ecc.).

Nella tabella 2 sono raccolti alcuni dati riassuntivi sul flusso delle m. sporadiche sull'intera atmosfera terrestre.

Escludendo i meteoriti e le micrometeore, si stima che complessivamente entrino nell'atmosfera terrestre circa 500 t all'anno di m. sporadiche, che liberano in essa circa 1012 joule per giorno. A ciò va aggiunto l'apporto degli sciami, valutabile, in media, a circa 130 t di materia all'anno (di cui oltre un terzo dovuto agli sciami diurni delle ζ-Perseidi e delle Arietidi). La massa totale dei meteoriti è relativamente esigua, intorno alle 200 t per anno (naturalmente, escludendo i casi eccezionali); enorme è invece la massa raccolta dalla Terra sotto forma di micrometeoriti: si tratta, con tutta probabilità, di milioni di t per anno.

A proposito delle micrometeore è da osservare che esse sfuggono all'osservazione radioelettrica; i dati sulla loro frequenza vengono ricavati dall'osservazione del pulviscolo a bassa quota e dall'osservazione diretta a mezzo di speciali contatori installati a bordo di missili d'alta quota e di satelliti artificiali terrestri.

Origine delle meteore sporadiche. - Mentre il problema dell'origine degli sciami meteorici sembra risolto, essendosi per essi accertata nella generalità dei casi un'abbastanza chiara connessione con comete planetarie, del tutto aperto è ancora il problema dell'origine delle m. sporadiche. La determinazione delle orbite di qualche migliaio di m. sporadiche ha consentito di trarre l'importante conclusione che gli elementi orbitali di queste m. sono assai simili a quelli degli asteroidi.

È risultato che circa il 50% delle orbite sinora calcolate ha un'inclinazione compresa tra + 15o e − 15o e che il 15% circa ha un'eccentricità praticamente nulla; in quest'ultima classe si trovano peraltro soltanto le m. relativamente poco luminose (M > + 6).

Questi dati costituiscono il punto di partenza per futuri studî destinati a chiarire se queste m. siano residui della materia primordiale da cui si sono formati i componenti del sistema solare o non derivino piuttosto dalla disgregazione di un astro planetario.

Alcuni risultati di carattere geofisico. - a) Pressione atmosferica. La determinazione della pressione regnante alle quote in cui avviene l'evaporazione delle m. può farsi in base alla determinazione della velocità apparente, della posizione e della massa della meteore.

La pressione pmax nel punto in cui è massima la luminosità o la ionizzazione della scia è data infatti dalla relazione:

dove C è il calore latente di evaporazione della m., g l'accelerazione di gravità, F un fattore di forma e T è un coefficiente con cui si tien conto del trasferimento di calore dalle molecole urtate alla m.; le quantità Va, m e χ, definite precedentemente, sono fornite dalle osservazioni. La variazione della pressione con l'altezza viene determinata statisticamente, in relazione all'altezza media delle scie delle m. aventi assegnate velocità apparenti.

Alcuni risultati sono riportati nella fig. 8.

b) Venti nell'alta atmosfera. - La determinazione della direzione e della velocità dei venti esistenti alle quote di evaporazione viene fatta con metodi radioelettrici, basati sulla distorsione della scia ionizzata operata dai venti stessi.

Uno di tali metodi consiste nel misurare l'effetto Doppler dovuto alla riflessione del segnale sulle varie porzioni distorte della scia, animate da velocità differenti; poiché in tal modo è determinata la sola componente radiale della velocità dei venti, per determinare la velocità assoluta e la direzione si effettuano le misurazioni con un'antenna direttiva orientata successivamente secondo due direzioni perpendicolari fra loro.

L'applicazione di questi metodi ha consentito di determinare con sufficiente accuratezza i movimenti atmosferici a quote tra 80 e 110 km (fig. 9).

Bibl.: A. C. B. Lovell e J. A. Clegg, Radio astornomy, Londra 1952; A. C. B. Lovell, Meteor astronomy, ivi 1954; R. Hanburory Brown e A. C. B. Lovell, The exploration of space by radio, ivi 1957; L. A. Manning e V. R. Eshleman, Meteors in the ionosphere, in Proceedings Inst. Radio Engineering, XLVII (febbraio 1959), p. 186.

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