Meteora

Dizionario delle Scienze Fisiche (2012)

meteora


metèora [Der. del gr. metéora "che sta in alto nell'aria"] [STF] [GFS] Denomin., un tempo assai più generale e più usata che non adesso, di ogni fenomeno che si verifica nell'atmosfera terrestre: m. acquee, o idrometeore, le precipitazioni (pioggia, neve, ecc.); m. aeree, i moti dell'aria (venti, turbini, ecc.); m. elettriche, i fulmini; m. luminose, quali aloni, arcobaleni, aurore polari, ecc.; m. sonore, il tuono, ecc.; ecc. In partic., si chiamarono m. ignee i materiali incandescenti (lapilli, pomici, ecc.) scagliati nell'aria dai vulcani in eruzione; il termine indicava anche i corpi solidi che penetrano dal-l'esterno nell'atmosfera terrestre (m. extraterrestri), per la maggior parte bruciando in essa e dando luogo alla m. luminosa delle stelle cadenti; questo signif. è l'unico (salvo la presenza "storica" nell'etimo di meteorologia, ecc.) che s'è conservato a tutt'oggi, nell'astrofisica (v. oltre). ◆ [ASF] [GFS] Come detto sopra, il termine m. denomina attualmente i corpi solidi che penetrano nell'atmosfera terrestre dagli spazi esterni; questa denomin. trae origine dal fatto che i più grandi di questi corpi danno luogo al fenomeno delle stelle cadenti (o stelle filanti), nel passato indicate per l'appunto tra le m. luminose. Il numero relativ. piccolo delle stelle cadenti (da 2 a 60 all'ora, secondo la stagione, visibili a occhio nudo in una notte serena) dà peraltro un'idea completamente errata del continuo, intensissimo bombardamento meteorico cui è sottoposta la Terra: si stima che penetrino nell'atmosfera terrestre circa 1029 m. al giorno. Di queste, una parte (circa 10 miliardi al giorno) "evaporano", a quote comprese tra 70 e 120 km, in seguito agli urti con le molecole dei gas atmosferici; soltanto le più grandi (massa maggiore di circa 100 grammi) e le più piccole (massa minore di circa un milionesimo di grammo) riescono a raggiungere la superficie terrestre, costituendo, rispettiv., i meteoriti o aeroliti o sideroliti o bolidi e il cosiddetto pulviscolo cosmico. L'"evaporazione" delle m. determina nei gas atmosferici fenomeni di eccitazione luminosa e di ionizzazione, grazie ai quali il percorso di ogni singola m. nella zona di evaporazione (scia della m.) è reso visibile all'osservazione ottica (l'appena ricordato fenomeno delle stelle cadenti) e all'osservazione radioelettrica (fenomeno degli echi radar meteorici). Nella generalità dei casi, le dimensioni lineari delle m. sono assai minori del cammino libero medio molecolare nell'alta atmosfera; il riscaldamento che produce l'evaporazione di una m. è pertanto dovuto prevalentemente non alla compressione dei gas atmosferici operata dalla m. (nel senso normale che si dà al termine compressione), ma a singoli urti tra la m. e le molecole dei gas. L'energia cinetica che la m. assorbe nell'urto con una molecola è abbastanza alta: le m. penetrano infatti nell'atmosfera con una velocità relativa dell'ordine delle decine di km/s. Poiché, d'altra parte, l'energia di legame degli atomi che costituiscono le m. è relativ. bassa, l'urto di una m. contro una sola molecola di gas sviluppa energia sufficiente a far "evaporare" un gran numero di atomi, i quali seguitano a muoversi con velocità confrontabili con quella della m. e quindi con notevole energia cinetica (tra 102 e 103 eV). Gli atomi evaporati posseggono così energia sufficiente per provocare nelle molecole da essi urtate fenomeni di eccitazione luminosa e di ionizzazione; si ritiene che l'energia degli atomi si ripartisca tra questi fenomeni all'incirca nella proporzione 104 (eccitazione luminosa): 102 (ionizzazione): 10 (parte residua ceduta come calore). Un meccanismo del genere probab. non è valido per le m. molto grandi, per le quali hanno importanza anche fenomeni di evaporazione provocati dal calore sviluppato dalla compressione dei gas atmosferici operata dalla m. nel suo rapidissimo moto; queste grandi m. peraltro quasi mai evaporano completamente: sono esse, o meglio i nuclei centrali di esse, che raggiungono, come meteoriti, la superficie terrestre. È da notare che non danno apprezzabili scie le cosiddette micrometeore, cioè le m. aventi un diametro minore di circa un centesimo di mm (massa minore di circa 10-6 g); per esse, l'energia assorbita negli urti con le molecole viene rapidamente irradiata senza che abbia luogo l'evaporazione; esse vengono semplic. frenate e raggiungono lentamente la superficie terrestre, sotto forma di polvere minutissima (pulviscolo cosmico). La lunghezza delle scie meteoriche risulta in media dell'ordine di 25 km; l'intensità luminosa (cioè la magnitudine stellare apparente) e la densità della ionizzazione prodotta risultano proporzionali alla quantità m cosχ, dove m è la massa della m. e χ è la distanza zenitale. L'osservazione delle scie consente pertanto di trarre informazioni sulle caratteristiche del moto e sulla massa delle m., nonché sulle condizioni fisiche regnanti nel-l'alta atmosfera. Vi sono così due principali punti di vista che rendono interessante lo studio delle m., uno di carattere astronomico (determinazione delle orbite, della massa, della frequenza, ecc.), l'altro di carattere geofisico (correlazioni con la fisica dell'alta atmosfera). A ciò è da aggiungere un terzo motivo di interesse, di carattere per così dire tecnico, costituito dal fatto che la diffusione e la riflessione di onde radio da parte delle scie meteoriche viene sfruttata in alcuni sistemi di radiocomunicazione a grande distanza per usi speciali. L'attuale intenso fiorire degli studi sulle m. è stato in gran parte determinato dall'introduzione dei metodi radioelettrici di osservazione (avvenuta intorno al 1946); questi metodi hanno consentito di ampliare il campo di osservazione alle ore diurne e alle m. sino alla 15a magnitudine stellare, e su essi s'è sviluppato un settore ben definito della radioastronomia, la radioastronomia delle m., di cui ricorderemo qui alcuni aspetti e i risultati principali. (a) Metodi d'osservazione. Il metodo ottico più largamente usato consiste nel fotografare, a mezzo di speciali macchine con ottica di Schmidt, la stessa regione di cielo contemporaneamente da due stazioni diverse; di fronte all'obiettivo della macchina è disposto un otturatore rotante che produce interruzioni periodiche (qualche decina al secondo) sulla traccia fotografica della m. (fig. 1); l'esame comparato delle riprese consente di determinare, con metodi trigonometrici, la posizione della m. e, in valore e direzione, la velocità apparente (o geocentrica), cioè la velocità della m. rispetto alla Terra; il punto all'infinito corrispondente a questa velocità sulla volta celeste viene detto radiante della meteora. Come tutti i metodi ottici, questo metodo si applica soltanto a m. relativ. luminose e per di più con cielo sereno e nelle ore notturne, anche usando obiettivi molto luminosi (apertura relativa dell'ordine di 1:0.5) ed emulsioni molto rapide; in pratica non si va oltre la quinta grandezza apparente, cioè oltre la sensibilità dell'occhio nudo. Un'altra notevole limitazione è costituita dal fatto che risultano utili le sole tracce che appaiono complete nelle riprese effettuate nelle due stazioni; l'osservabilità media risulta di circa una m. per 100 ore di posa fotografica. I metodi radioelettrici, pur essendo meno precisi di quelli fotografici, non soffrono in pratica di alcuna limitazione relativa allo stato del cielo e alla grandezza apparente delle meteore. Si ha una grande varietà di disposizioni sperimentali. L'apparato tipico è costituito da uno speciale radar distanziometrico ad alta risoluzione, operante su frequenze VHF (30÷300 MHz), sullo schermo del quale le m. danno luogo a tracce caratteristiche (fig. 2); nella disposizione più sofisticata, tre apparati del genere, disposti ai vertici di un triangolo avente i lati lunghi qualche km, consentono di determinare con sufficiente accuratezza posizione, velocità apparente e radiante di ogni m. che incida nella zona di cielo "illuminata" dalle tre antenne: sono all'uopo impiegati particolari metodi di riduzione e di calcolo. Si stima che l'approssimazione delle misure fotografiche sia di ±1° per i radianti, di ±1 % per le velocità apparenti; con i metodi radioelettrici si ha invece, in media, ±3° e ±3 %, rispettivamente. (b) Velocità eliocentriche e orbite. Le osservazioni, ottiche e radioelettriche, forniscono la velocità apparente va delle m.; assai più interessante è peraltro la conoscenza della velocità eliocentrica, cioè della velocità ve di cui le m. sono animate rispetto a un sistema di riferimento solidale con il Sole, in quanto essa consente di determinare la forma dell'orbita descritta dalle m. nel sistema solare. Risulta infatti dalla teoria che m. aventi velocità eliocentriche maggiori di 42 km/s descrivono orbite iperboliche, mentre quelle aventi velocità minori descrivono orbite ellittiche. Come mostra la fig. 3, ve si ottiene aggiungendo a va la velocità eliocentrica vT della Terra, che è la velocità con cui la Terra descrive la sua orbita annuale intorno al Sole. In base alle osservazioni visuali effettuate da vari astronomi fra il 1841 e il 1934 era opinione corrente che le m. a orbita ellittica fossero una minoranza; per es., la teoria di G.V. Schiaparelli (1866), al quale si debbono studi fondamentali in questo settore dell'astronomia, considerava come generale il caso delle orbite paraboliche. Le assai più precise osservazioni fotografiche e, soprattutto, le numerose osservazioni radioelettriche hanno invece dimostrato che la stragrande maggioranza delle velocità eliocentriche sinora determinate è minore della velocità critica di 42 km/s dianzi ricordata, e che quindi, almeno per quanto è noto sinora, le m. descrivono, quasi tutte, orbite ellittiche. Di fronte a questi risultati, la maggioranza degli studiosi considera cosa ormai certa che le m. facciano stabilmente parte del Sistema Solare, nel quale, come i componenti maggiori del Sistema, descrivono orbite ellittiche di cui il Sole occupa uno dei fuochi. Gli sporadici casi osservati (meno del-l'1 % del totale) di m. aventi orbite iperboliche sembrano con tutta probabilità dovuti a perturbazioni di orbite ellittiche, piuttosto che a un'origine interstellare delle m. in questione. (c) Frequenza oraria; sciami meteorici. Accurate statistiche, condotte specialmente sui risultati delle osservazioni radioelettriche, hanno mostrato che la distribuzione delle m. nello spazio extraterrestre è sensibilmente uniforme, mentre non è costante la frequenza media delle m. osservate. La spiegazione di ciò fu data da Schiaparelli, il quale dimostrò come, anche ammettendo una uniforme distribuzione dei radianti meteorici "veri" sulla volta celeste, il moto diurno e annuo della Terra introduca una variabilità diurna e annua nell'osservabilità delle meteore. Infatti, la composizione vettoriale delle velocità eliocentriche delle m. e della Terra ha per effetto di addensare i radianti verso l'apice del moto terrestre (punto all'infinito di vT), come chiaramente risulta dalla fig. 3. La frequenza oraria delle m. osservate dipende quindi dall'altezza dell'apice sull'orizzonte dell'osservatore; poiché tale altezza varia in rapporto con l'ora locale e con la stagione, è ragionevole attendersi le riscontrate variazioni, diurna e annua, nella frequenza delle meteore. Per quanto riguarda in particolare la variazione diurna, poiché l'apice è sfasato di 90°, cioè di 6h, in anticipo rispetto al Sole (fig. 4), la frequenza oraria delle m. presenta un massimo che cade circa alle 6 antimeridiane di tempo solare vero del luogo d'osservazione (apice al meridiano) e un minimo circa alle 18 (apice all'antimeridiano). A parte queste variazioni regolari dovute al moto terrestre, la frequenza oraria delle m. presenta, a intervalli più o meno costanti di tempo, degli aumenti più o meno intensi; si nota altresì che in queste circostanze un gran numero di m. proviene all'incirca da uno stesso radiante. Ciò avviene allorché la Terra interseca l'orbita di uno sciame meteorico, cioè di un raggruppamento di m. procedenti con uguali velocità eliocentriche su orbite sensibilmente parallele. Di questi sciami, generalm. associati con comete planetarie (fig. 5) ne sono stati identificati parecchi con ricorrenza annuale (sciami permanenti) e qualcuno con ricorrenza più lunga (sciami periodici; per es., lo sciame delle Andromedidi, associato con la cometa di Biela con periodo di circa 7 anni). Alcuni di questi sciami sono così densi da dar luogo al fenomeno noto come pioggia di stelle cadenti. Il più imponente fenomeno del genere di cui si abbia certa memoria storica (centinaia di stelle cadenti al minuto) fu osservato, nel 1833, allorché la Terra passò attraverso la coda della cometa 1866; un altro grande evento di questo genere accadde nel 1946, per l'intersezione con la cometa Giacobini-Zinner: nella notte del 10 ottobre 1946 furono osservate, per un periodo di qualche ora, sino a 70 stelle cadenti al minuto. Nella tab. 1 sono riportate alcune caratteristiche dei principali sciami permanenti; come si può rilevare, la denomin. degli sciami trae la sua origine dal nome latino della costellazione o della stella presso la quale è situato il radiante. L'attività di cui si fa menzione nella tab. è il numero di m. osservabili in un'ora a occhio nudo da un singolo osservatore in una notte senza luna; se l'osservazione è radioelettrica, gli apparecchi s'intendono regolati in modo che le m. osservate siano quelle che sarebbero visibili a un osservatore nelle condizioni anzidette. (d) M. sporadiche. Sono le m. che non fanno parte di sciami; esse, come dianzi accennato, sono distribuite in maniera pressoché uniforme nello spazio circumterrestre. Nella tab. 2 sono riportati alcuni dati e alcune caratteristiche relativi a queste meteore. Mentre il problema dell'origine degli sciami meteorici sembra risolto, essendosi per esso accertata nella generalità dei casi un'abbastanza chiara connessione con comete planetarie, del tutto aperto è ancora il problema dell'origine delle m. sporadiche. La determinazione delle orbite di qualche migliaio di m. sporadiche ha consentito di trarre l'importante conclusione che gli elementi orbitali di queste m. sono assai simili a quelli degli asteroidi. Questi dati costituiscono il punto di partenza per futuri studi destinati a chiarire se queste m. siano residui della materia primordiale da cui si sono formati i componenti del Sistema Solare o non derivino piuttosto dalla disgregazione di un astro planetario. (e) Massa; flusso totale. La determinazione della massa delle m. può farsi, come mostra la teoria, in base alla grandezza apparente della scia luminosa oppure in base alla forma del-l'eco radar prodotta dalla scia ionizzata. Le osservazioni mostrano che il numero dN delle m. aventi massa tra m e m+dm raccolte in un determinato intervallo di tempo dall'atmosfera terrestre è espresso con buona approssimazione, almeno nel campo fra 0.1 e 0.001 g, dalla relazione dN=k m-2 dm, dove k è una costante positiva. La distribuzione delle m. in rapporto alla massa è quindi tale che la massa totale del materiale meteorico raccolto dalla Terra in un determinato intervallo di tempo, per es. in un giorno, è sensibilmente la stessa in intervalli (mr, ms) di massa per i quali si abbia mr/ms= cost, per es. in intervalli di decade (10-1÷ 10-2; 10-2÷10-3; ecc.). Escludendo i meteoriti e le micrometeore, si stima che complessivamente entrino nell'atmosfera terrestre circa 500 t all'anno di m. sporadiche, che liberano in essa un'energia di circa 1022 joule al giorno. A ciò va aggiunto l'apporto degli sciami, valutabile, in media, a circa 130 t di materia all'anno (di cui oltre un terzo dovuto agli sciami diurni delle ζ-Perseidi e delle Arietidi). La massa totale dei meteoriti è relativ. esigua, intorno alle 200 t per anno (naturalmente, escludendo i casi eccezionali); enorme è invece la massa raccolta dalla Terra sotto forma di micrometeoriti: si tratta, con tutta probabilità, di milioni di tonnellate per anno. A proposito delle micrometeore è da osservare che esse sfuggono all'osservazione radioelettrica; i dati sulla loro frequenza vengono ricavati dall'osservazione del pulviscolo a bassa quota e dall'osservazione diretta a mezzo di speciali contatori installati a bordo di satelliti artificiali terrestri e di sonde spaziali.

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