Metallurgia

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

Metallurgia

Leopoldo Benacchio
Manlio Mirabile

La scienza e la tecnica dei metalli

La metallurgia è la disciplina, con aspetti sia pratici sia teorici, che riguarda lo studio e l’ingegneria dei metalli. Il suo scopo principale è di indagare le proprietà fisico-chimiche dei metalli per poter poi ricavare nuovi materiali metallici con caratteristiche (come durezza, malleabilità o resistenza alla corrosione) adatte alle più diverse condizioni di impiego. La metallurgia si occupa dei metalli dal momento dell’estrazione e della raffinazione, alla produzione di manufatti metallici, fino allo smaltimento e al riciclo. Le conoscenze metallurgiche risalgono alla preistoria, con la lavorazione prima dell’oro e del rame, poi del bronzo e infine del ferro; quest’ultimo metallo è stato un grande protagonista della storia della tecnologia fino alla rivoluzione industriale

Seguire tutta la vita di un metallo

La metallurgia si occupa di tutto ciò che attiene ai metalli: dalla estrazione dei loro composti alla produzione tanto del metallo puro quanto delle diverse leghe, le cui caratteristiche chimico-fisiche possono rispondere alle più svariate esigenze. La metallurgia si occupa anche delle tecnologie necessarie per forgiare un pezzo metallico nella forma voluta. In particolare, la parte della metallurgia che tratta del ferro e dei suoi derivati viene chiamata siderurgia.

Oggi la metallurgia è chiamata ad assolvere nuovi compiti. Negli ultimi anni è cresciuta in modo considerevole l’esigenza di tenere conto del riciclo, a causa del sempre maggiore uso che se ne fa e per il fatto che i minerali metallici sono risorse non rinnovabili. Questa esigenza riguarda tutte le fasi della lavorazione: dall’estrazione del prodotto grezzo dal terreno o dalle rocce, alla fase di studio delle nuove leghe, dalla produzione fino all’utilizzazione dei singoli manufatti.

Metalli per ogni esigenza

Il metallo, quasi di qualunque tipo, non si trova puro in natura, ma nei giacimenti è in aggregati con altri componenti da cui deve essere estratto mediante procedimenti chimici, come l’elettrolisi o fisici come i trattamenti termici. Una volta che il metallo è stato sufficientemente affinato, ci si occupa della produzione e della lavorazione delle leghe da utilizzare per oggetti, o parti metalliche di oggetti, impiegati nella vita di ogni giorno o destinati alle applicazioni ingegneristiche più sofisticate o delicate.

Pensiamo alle applicazioni in medicina, e alla realizzazione, per esempio, delle moderne protesi ossee o dentarie: bisogna studiare e sperimentare costantemente nuove leghe che siano leggere e al tempo stesso molto resistenti agli sforzi impressi durante la deambulazione o la masticazione, e che, soprattutto, non provochino rigetto da parte del sistema immunitario del paziente nel quale vengono impiantate. È poi indispensabile che, con il passare del tempo, queste leghe non rilascino nell’organismo metalli dannosi per la salute. Questo esempio permette di capire come nelle fasi di realizzazione e applicazione di leghe metalliche si debba tenere conto di una pluralità di fattori, come la resistenza meccanica e quella alla corrosione, il peso specifico del materiale prodotto, la duttilità e facilità nella lavorazione, la resistenza alle temperature estreme.

Nella realizzazione di metalli e leghe di uso ingegneristico vanno considerate in primo luogo le condizioni nelle quali quel particolare metallo verrà utilizzato. Molti oggetti metallici, per esempio, che possono benissimo essere utilizzati a secco hanno invece notevoli problemi quando vengono a contatto con soluzioni elettrolitiche, come la normale acqua di mare, che li corrode in tempi rapidissimi. Oppure si deve tener conto di particolari condizioni criogeniche, ovvero situazioni di bassissima temperatura, in cui la duttilità di un metallo può diminuire bruscamente, diventando quasi nulla man mano che ci si avvicina allo zero assoluto. Per contro, le alte temperature possono aumentare considerevolmente la facilità dei materiali metallici a deformarsi in maniera irreversibile.

La metallurgia è spesso considerata come un repertorio di tecniche consolidate e ormai ‘vecchie’, ma in realtà è una disciplina in continuo sviluppo, dato che le esigenze di sempre nuove applicazioni per la nostra vita, la salute, il benessere, richiedono l’adozione di tecniche avanzate per realizzare leghe in grado di soddisfare i bisogni più diversi.

Qual è il migliore?

È meglio usare la plastica o il metallo? Costa meno il ferro del legno? È preferibile adottare il polistirolo o l’alluminio? Non esiste una risposta precisa a domande come queste. La scienza dei materiali ha sviluppato in campo metallurgico una serie veramente impressionante di tecniche di produzione e di lavorazione delle leghe metalliche. Per ogni concreta situazione occorre capire qual è il materiale o la lega migliore da usare in funzione delle specifiche richieste avanzate da chi progetta la soluzione di un determinato problema. In genere, si tratta di trovare un compromesso che tenga conto dei costi e di caratteristiche fisiche come densità, capacità di resistenza alla corrosione e alle tensioni meccaniche. Se dovessimo, per esempio, realizzare un semplice tavolino per la casa, potremmo servirci praticamente di qualunque tipo di metallo fra quelli usati abitualmente nell’arredamento: ferro, alluminio, acciaio. Ma se invece dobbiamo costruire un manufatto che deve rimanere esposto alle intemperie, come un’altalena o una giostra per bambini di un parco pubblico, il metallo utilizzato dovrà essere resistente alla corrosione e avere le giuste caratteristiche di resistenza alle tensioni meccaniche.

Riciclare i metalli

Oggetti metallici, anche sotto forma di una delle moltissime leghe che oggi siamo in grado di produrre, sono presenti in ogni ambito della nostra vita: in casa, nelle parti metalliche dei mobili o nei tanti utensili domestici realizzati interamente o in parte in metallo; in strada, nei lampioni e nei semafori, fino alle vetrine dei negozi, alle biciclette, alle moto o alle automobili. Cosa succede a tutto il metallo che ci circonda quando non serve più? Il metallo deve essere possibilmente riciclato, specie quando si tratta di leghe costose, o la cui produzione è fortemente inquinante.

Prendiamo le lattine delle bibite: in genere sono realizzate con leghe di alluminio, metallo piuttosto pregiato, in modo da essere leggerissime e contemporaneamente in grado di resistere alla pressione esercitata dal gas in esse contenuto. Si calcola che ogni giorno in tutto il mondo si utilizzino più di un miliardo di lattine per bibite gassate: messe una sopra l’altra, formerebbero una pila alta la metà della distanza tra la Terra e la Luna. Oggi si riesce, con le tecniche più avanzate, a produrre una nuova lattina da tre usate.

L’esempio delle lattine è solo uno fra i tanti: se ne potrebbero citare moltissimi altri riguardanti metalli fortemente inquinanti, come il piombo o il mercurio, che devono essere utilizzati con accortezza e parsimonia, e le cui procedure di riciclo sono molto rigide.

Un obiettivo importante per la moderna metallurgia è quindi quello di utilizzare, nella produzione di leghe, quantità sempre minori di metalli potenzialmente dannosi, e di non trascurare alcun aspetto del ciclo della vita di un metallo, a cominciare dall’estrazione fino al suo riciclo.

I primi metalli: oro e rame

È stata la natura a introdurre l’uomo nella straordinaria avventura della metallurgia, regalando un metallo di magica bellezza, l’oro. Il più prezioso dei metalli fu per l’uomo primitivo anche il più facile da trovare. Oltre che semplice da estrarre, l’oro è anche facile da trasformare in oggetti preziosi, perché è splendente, incorruttibile, malleabile. È impiegato per lungo tempo soprattutto per realizzare gioielli di lusso, uso di cui si hanno tracce, in Egitto, risalenti a 3.000 anni prima di Cristo. Nello stesso periodo l’uomo scopre un altro metallo che può esistere in natura come l’oro, e come l’oro lavorabile e trasformabile in oggetti utili. È il rame, che rispetto all’oro è più duro, e per questo permette di realizzare oggetti di maggiore utilità pratica.

Sin dal 7° millennio a.C. alcune comunità cominciano a lavorare il rame trasformandolo in utensili per primitive lavorazioni agricole (agricoltura), utensili simili per prestazioni a quelli in pietra, ma più durevoli. Inizia così il periodo, intermedio tra l’Età della Pietra già trascorsa e l’Età del Bronzo ancora da venire, chiamato Calcolitico, combinazione di due termini greci: chalkòs «rame» e lìthos «pietra».

Nel Calcolitico l’uomo mette a punto anche primitive tecniche di fusione dei metalli, probabilmente quasi per caso: forse un attrezzo di rame puro cade in un campo che brucia, il rame si fonde, ma una volta raffreddato ha perso la sua forma originale per solidificare in forma diversa. Grazie al fuoco ci si accorge che alcune pietre colorate, quando riscaldate ad alta temperatura, lasciano fluire metallo liquido: si scopre così che quelle pietre contengono rame.

L’uso del fuoco rende possibili due passi fondamentali: modellare il metallo versandolo liquido in forme già predisposte, e fondere minerali esistenti in natura per estrarne metallo puro.

Le miniere

Molti minerali sono presenti sulla superficie della Terra. Tuttavia con il passare del tempo l’uomo intuisce che, scavando, si possono scoprire nuovi giacimenti di minerali. La discesa nelle viscere della Terra è all’origine di un altro strepitoso salto della civiltà, quello che porterà allo sviluppo delle tecnologie per lo sfruttamento delle miniere.

I primi reperti di miniere di rame trovati nelle regioni balcaniche, fatti risalire a circa 4.000 anni prima di Cristo, testimoniano una primitiva capacità di estrazione del minerale, se non del metallo puro. Le miniere trovate nel Sinai, risalenti al 3880 a.C., provano invece che era già stata acquisita la capacità di estrarre il minerale e di fonderlo per ottenerne metallo puro.

Adiacenti alle miniere di rame vengono trovate miniere contenenti minerali di stagno. Un altro salto fondamentale diventa così possibile. Si scopre infatti che il rame e lo stagno colati assieme danno luogo a una lega più dura di ciascuno dei due metalli allo stato puro: il bronzo, metallo la cui importanza è tale da dare il nome a un intero periodo. La tecnologia del bronzo, sviluppata nel Medio Oriente attorno al 2800 a.C., si diffonde rapidamente anche verso il continente europeo attorno al 2000 a.C.

La disponibilità del bronzo rappresenta una ricchezza eccezionale per tutte le regioni. Con esso gli utensili e le armi cessano di essere di pietra e gli oggetti domestici diventano più eleganti e a volte lussuosi. Il bronzo a quel punto diviene merce da commerciare, e gli scambi procurano ingenti guadagni: Cipro, ricca di rame, e la Cornovaglia (nel Sud dell’Inghilterra), ricca di stagno, divengono nel primo millennio a.C. le regioni più floride d’Europa.

Entra in scena il ferro

Il successivo sviluppo della metallurgia riguarda un metallo abbondante sulla crosta terrestre, ma rispetto al rame e allo stagno più difficile da estrarre e da lavorare. È il ferro, che fonde a temperature così elevate che era impossibile ottenerlo puro con le fornaci primitive. Tuttavia alcuni oggetti in ferro fatti risalire a circa 2.000 anni prima di Cristo provano già una certa capacità di lavorazione, anche se minima. Attorno al 1500 a.C. la lavorazione del ferro diventa invece tecnica diffusa e praticata. Sono gli Ittiti, che vivono in Anatolia, i primi a dominare tale tecnica.

Nella sua composizione più semplice il ferro è meno duro del bronzo e meno adatto a essere usato nella fabbricazione di attrezzi da difesa. Tuttavia diventa immediatamente di largo impiego per alcune qualità che lo rendono modificabile in forme diversissime, mediante trattamenti meccanici semplici che devono svolgersi però a temperature elevate. Ingenuamente, l’uomo primitivo ha attribuito quelle qualità all’atmosfera magica che avvolge il metallo: si tenga presente, infatti, che il primo ferro a essere lavorato è stato quello presente nelle meteoriti ‘piovute’ dal cielo, e quindi considerato ‘dono’ celeste.

Nell’11° secolo a.C. si scopre che le proprietà del ferro possono essere molto migliorate. Se infatti è riscaldato in forni in cui è presente carbone di legna, parte del carbonio presente nel carbone si trasferisce nel ferro. Il procedimento rende il metallo più duro, e tale durezza può essere aumentata raffreddando immediatamente il metallo in acqua (tempra). Si ottiene così il ferro ricoperto da uno strato superficiale di acciaio, progenitore dell'acciaio vero e proprio, un materiale che può essere lavorato (o battuto) come il ferro, ma anche affilato fino a ottenere punte aguzze. Gradualmente questo ferro ‘migliorato’ sostituisce il bronzo, e viene adottato dapprima in Medio Oriente, che per questo diviene la culla dell’Età del Ferro.

Fino a quest’epoca tuttavia il ferro non è ancora stato fuso: la sua temperatura di fusione (1.528 °C) è troppo elevata per i forni primitivi, capaci di raggiungere solo i 1.300 °C necessari per fondere il rame. Sono i Cinesi a superare tale limite: nel 513 a.C. sviluppano un forno in grado di raggiungere la temperatura di fusione del ferro. Ciò rende possibile costruire in ferro i pilastri di alcune pagode. Nel mondo occidentale la prima fonderia di ferro vede la luce solo dopo molti secoli, attorno al 1161, in Inghilterra.

Dalla legna al carbone

Fino ai primi anni del 18° secolo la disponibilità di ferro rimane limitata dalle notevoli quantità di legna richieste per la sua fusione e dai costi per ottenerle. Per ridurre tali costi le fonderie vengono solitamente situate nel mezzo di grandi foreste, in zone inaccessibili. Questa difficile collocazione porta nel tempo al declino dell’uso del legno come combustibile e all’inizio dell’era del carbone.

Tuttavia anche il carbone si dimostra non del tutto adatto per ottenere il ferro dai suoi minerali. Attorno al 1710, però, un fonditore inglese, Abraham Darby, scopre che riscaldando opportunamente il carbone estratto, ed eliminandone le impurezze, si ottiene il coke, un carbone molto più idoneo a essere usato nelle fonderie di ferro. La scoperta dà l’avvio allo spostamento della produzione del ferro dalle regioni con molte foreste alle regioni ricche di miniere di carbone. Occorrono tuttavia circa 70 anni perché la transizione si compia definitivamente. È solo nel 1779 infatti che sul fiume Severn nello Shropshire viene costruito il primo ponte in ferro di 30 m di lunghezza e 378 t di peso. Si tratta della prima infrastruttura in ferro, cui seguirono altre che consacrarono la regione dello Shropshire a culla della rivoluzione industriale.

Negli anni successivi un altro fonditore inglese, Henry Cort, deposita due brevetti relativi ad altrettanti processi chiave nella storia della metallurgia. Il primo brevetto riguarda il processo detto di affinazione necessario perché il ferro molto carburato (contenente molto carbonio e chiamato comunemente ghisa) risultava duro ma fragile: il ferro liquido carburato è miscelato con l’aria, il cui ossigeno, combinandosi con il carbonio presente nel liquido, trasforma il ferro liquido in ferro quasi puro. Questo, essendo deformabile senza frantumarsi, sostituisce la ghisa in una gamma molto vasta di processi industriali. Il secondo brevetto di Cort riguarda una macchina in grado di trasformare un blocco caldo di metallo in una barra, grazie a passaggi successivi attraverso due rulli dotati di scanalature. È il dispositivo da cui deriva un impianto chiave delle industrie siderurgiche moderne: la laminazione.

La famiglia dei metalli si allarga

Alla fine del 18° secolo d.C. si è dunque capaci di produrre ferro e lavorarlo in forme avanzate. La maturità raggiunta dalle tecnologie di produzione e trasformazione porta a cercare altri metalli, da combinare con il ferro per renderlo più versatile. Nel 1791 in un minerale, la menachite, viene scoperto il titanio, chiamato così per richiamare i mitologici Titani, figli della dea Terra. Nel 1797 si scopre che riscaldando smeraldi verdi in presenza di carbone si ottiene un metallo fino a quel momento sconosciuto, che per la diversità cromatica cui dà origine viene chiamato cromo, così detto per il colore intenso dei minerali da cui viene estratto. Nel 1803 vengono scoperti minerali dai riflessi cangianti secondo l’esposizione alla luce. Da questi minerali viene isolato il vanadio, da Vanadis, la dea germanica della bellezza e della fertilità.

Con l’avanzamento delle tecniche di produzione e di lavorazione del ferro, e la disponibilità di nuovi diversi metalli che a esso aggiunti gli conferiscono nuove e diversissime proprietà, si avvia definitivamente a maturazione la rivoluzione industriale.

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